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Considerazioni conclusive

Nel documento Democrazia e istituzioni di garanzia (pagine 99-102)

Forse non sarebbe necessario provare a trarre delle conclusioni da questo scritto, ri- sultando esse da molti parti del discorso che abbiamo tracciato.

Si possono tuttavia richiamare alcuni concetti chiave, riprendendo ancora una volta, opinioni di studiosi che, pur seguendo traiettorie non coincidenti, convergono su soluzioni simili.

Intanto deve essere qualunque connotazione polemica o degenerativa ad espressioni quali Juridisdiktionsstaat328, Juristocracy329 o Courtcracy330, ormai diventate di uso comune,

per segnalare lo spostamento del baricentro decisionale dal potere legislativo a quello giudi- ziario negli assetti costituzionali più evoluti della tradizione giuridica occidentale. A tali defini- zioni, che prendono atto di fenomeni reali, ma non patologici (se si escludono ipotesi ecce- zionali), può essere riconosciuto solo un valore descrittivo.

In sistemi costituzionali ispirati al principio della divisione dei poteri e caratterizzati da un accentuato pluralismo sociale e istituzionale, sono assolutamente minimi i rischi di una supremazia giudiziaria; in un ordinamento fondato sulla sovranità dei valori non esiste un soggetto politico istituzionale cui sia data l’ultima parola assoluta; esistono più soggetti che incarnano, volta per volta, quella sovranità. Alle corti spetta un ruolo di primo piano perché sono destinata a chiudere con le loro pronunce le contraddizioni normative e gli squilibri del sistema di potere diviso, ma è la dinamica concreta dei poteri che alla fine definisce il loro ruolo effettivo331.

Inoltre, la Corte costituzionale non è antidemocratica perché può annullare le leggi votate del Parlamento, ma è antisettica, dato che può impedire a maggioranze transitorie di intaccare la costituzione per favorire interessi ristretti332. Ed una tale funzione di contrappeso è maggiormente percepibile nelle democrazie maggioritarie, dove più concreto è il pericolo derivante da possibili tendenze totalizzanti delle forze politiche vincitrici nel confronto eletto- rale.

E, per richiamare ancora Ferrajoli, è autoevidente che nella democrazia costituziona- le si registra una limitazione dei poteri politici in relazione ai vincoli di procedura e di contenu- to che devono essere osservati dagli organi politico-rappresentativi e si amplia la sfera di in- tervento del potere giurisdizionale (in senso lato, comprensivo della giurisdizione costituzio-

328 L’espressione è di E. W. BOCKENFORDE, Stato, Costituzione, Democrazia : studi di teoria del-

la Costituzione e di diritto costituzionale, cit.

329Cfr.R.HIRSHL, Towards Juristocracy: The Origins and Consequences of the New Constitutionalism,

HARWARD UN. PRESS, 2007; CFR. ANCHE L. F. GOLDSTEIN, From Democracy to Juristocracy,

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/j.0023-9216.2004.00059.x

330K.L.SCHEPPELE, Democracy by Judiciary (or why Courts can sometimes be more Democratic than

Parliaments), https://law.wustl.edu/harris/conferences/constitutionalconf/ScheppelePaper.pdf.

331 Cfr. G. S

ILVESTRI, La Corte costituzionale nella svolta di fine secolo, in Le garanzie della Repubblica,

cit., pp. 104-105, riferendosi alla Corte costituzionale italiana, ricorda come essa non disponga del potere di auto- definire la sua struttura e la sua composizione; e, in secondo luogo, che non dispone di un potere di iniziativa tale da decidere autonomamente la propria agenda.

332 Ancora G. S

nale), chiamato a vigilare sul rispetto di quei vincoli e ad annullare e decisioni che si pongono in contrasto con essi333.

Il riferimento agli assetti pluralistici oltre che nei rapporti tra poteri, rileva anche nei rapporti con le comunità di riferimento, in quanto le corti non maturano le proprie decisioni in un contesto autoreferenziale o separato dal pluralismo, ma rientrano in un processo pubbli- co, nell’ambito del quale si misurano con interlocutori istituzionali e sociali334: la società aper- ta degli interpreti della costituzione335 ; e il risultato della loro azione richiede anche un con-

senso diffuso.

Si tratta di un aspetto talora trascurato: le corti possono offrire un importante “contri- buto democratico”, rappresentando delle vie necessarie per intercettare interessi ed aspetta- tive dei cittadini e dare loro voce336; questo anche pur essendo prive di un mandato rappre-

sentativo ed in funzione integrativa e collaborativa con le autorità politicamente legittimate337. Questo punto, con riguardo alla Corte costituzionale italiana, ci pare sia stato colto in maniera magistrale dal Presidente Paolo Grossi nella sua Relazione sulla giustizia costitu- zionale nel 2017338; tra gli altri passaggi di questo importante documento, sono tre quelli che

destano l’attenzione maggiore. In primo luogo si riconosce alla Corte l’importante compito di garantire “i nuovi valori o interessi o bisogni” che si affermano nella società civile (ma anche in quella politica) e che “i legislatori non hanno potuto o saputo tutelare adeguatamente”. Se- condariamente, si richiama la visione dinamica che la giustizia costituzionale è chiamata a

333 Cfr. L. FERRAJOLI, La democrazia costituzionale, cit.

334 Cfr. P. RIDOLA, Preistoria, origini e vicende del costituzionalismo, in P. CARROZZA – A. DI GIOVINE

– G. F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, II, cit., pp. 769-770 e, da ultimo, ID., Il costituzionalismo e lo

stato costituzionale, in Nomos, Anticipazioni del convegno “Passato, presente, futuro del costituzionalismo e dell'europa”, tenutosi a Roma l’11-12 maggio 2018, p. 14 Come sottolineato da Paolo Ridola, “La supremazia

della costituzione garantita dal controllo di costituzionalità si è sviluppata nel quadro della tendenza alla raziona- lizzazione normativa dei processi di decisione pubblica nelle democrazie. Ma quanto più la costituzione si pone al centro della cultura politica di un gruppo sociale, tanto più assume rilievo il ruolo di interpretazione affidato alle corti costituzionali. Esso si svolge peraltro all’interno di un circuito, del quale il legislatore, le corti costituzionali, i giudici comuni e l’opinione pubblica sono attori dinamici, nel quale si svolge dialetticamente il confronto tra la co- stituzione “praticata” nella sua quotidiana applicazione e le aspettative che inizia la società ripone.”

335 Cfr. Dalla staatsrechslehre alla società aperta del diritto costituzionale comparato ed europeo. Peter

Häberle in un’intervista di Robert Christian van Ooyen, http://www.nomos-leattualitaneldiritto.it/wp-

content/uploads/2016/09/Haeberle_Nomos22016.pdf.

336Cfr.G.BOGNETTI, La divisione dei poteri, cit., pp. 86 ss.

337 In alcuni scritti recenti, riprendendo una nozione di sintesi che era già stata elaborata dalla scienza

del diritto comparato e diffusamente utilizzata ad altri fini, si è introdotto il concetto italian style riferito al nostro Giudice delle leggi, quale atteggiamento tipico e consolidato dall’esperienza. L’essenza dello stile italiano, cui sono riconducibili anche alcune originali tecniche di giudizio, sarebbe caratterizzato dalla elevata capacità di in- staurare buone relazioni (relationality) con gli interlocutori che a diverso titolo entrano in contatto con la Corte; cfr. V. BARSOTTI, P. G. CAROZZA, M. CARTABIA, A. SIMONCINI, Italian Constitutional Justice in Global Context, Oxford Un. Press, 2015; M. CARTABIA, Of bridges and walls: the “Italian Style” of constitutional adjudication, relazione di Bled del 23/06/ 2016 per il 25° anniversario della Corte costituzionale slovena , in Italian Journal of

Public Law, VIII, 1/2016, 37 ss. , che descrivendo stile e successi, fa trasparire l’auto-percezione che la nostra

Corte ha di se stessa. A prescindere da valutazioni di merito sulla nozione e sulla sua effettiva operatività nel no- stro sistema (su cui E. LAMARQUE, Giustizia costituzionale italiana nel contesto globale; T. GROPPI, Giustizia

costituzionale “Italian style”? Sì, grazie (ma con qualche correttivo); N. ZANON, Italian Constitutional Justice in Global Context, tutti in DPCE online, 2016-2), merita di essere ricordato il richiamo forte al principio collaborativo,

sul quale ci siamo soffermati in precedenza (v. Supra, § 6).

fare propria e ad esprimere, ricorrendo all’efficace metafora secondo cui la “Costituzione non deve essere considerata un museo” e la Corte non deve limitarsi a custodire “cimelii del pas- sato imbalsamati in formule giuridiche”, quanto, piuttosto, sia chiamata a cogliere le dinami- che pubbliche in senso lato (non limitate ai pubblici poteri ed estese alla vita della comunità e delle persone che la compongono), per “innestarle” in una “dimensione costituzionale e nella trama dei principii e delle regole condivise”. Infine, per svolgere fino in fondo questo ruolo la Corte deve essere capace di cogliere i “segnali del mutamento e della continuità” di quelle dinamiche pubbliche già evocate e delle “istanze perfino ancora inespresse”, per valorizzarli e travasarli opportunamente nei suoi giudizi, “nella vigile coscienza del tempo che fluisce e delle generazioni che si sovrappongono e si succedono”.

Ne consegue, allora, la Corte costituzionale risulta essere come un organo dello Sta- to-comunità (della Repubblica, secondo la formula usata anche dall’art. 114 Cost.) e non, quindi, dello Stato-persona (cui appartengono gli altri organi costituzionali), o dello Stato- apparato (integrato anche dal sistema delle autonomie). Una posizione di estraneità e, in qualche modo di superiorità: non caso la Corte costituzionale è l’unico organo del nostro si- stema costituzionale le cui decisioni sono sempre definitive e non giustiziabili. Peraltro, que- sta asserita estraneità, che colloca la Corte all’esterno del circuito politico e, quindi, dalle di- namiche della forma di governo (proprie dello Stato-persona) è una precondizione necessa- ria per l’adempimento della funzione tipica della giustizia costituzionale, che non si riduce alla garanzia della superiorità della Costituzione e del suo rispetto, ma deve esprimere la sin- tesi ultima, anche se non definitiva (in quanto operante in una prospettiva sempre dinamica) dei principi fondamentali che ispirano il nostro ordinamento, per come essi sono stati concre- tamente inverati dagli altri attori istituzionali in funzione anche delle aspettative più generali che vengono riposte in essi.

Nel complesso, viene esposta una visione suggestiva che evoca un’idea di living

constitution, attenta e condizionata dalle dinamiche reali e richiama un modello di judicial re- view non distante da quello che ha caratterizzato l’esperienza nord americana, almeno nel

suo percorso novecentesco. Non si configura, quindi, un giudice costituzionale in senso pu- ramente formale, così come siamo lontani da un’interpretazione formalistica della Costituzio- ne, prefigurando una Corte calata nella realtà e permeabile alle sensibilità sociali.

La formazione storica del Presidente Grossi, che non sappiamo se è stato influenzato dalle note teorie che parte della scienza giuridica americana ha elaborato a sostegno dell’attivismo giudiziario, piuttosto che dell’esercizio delle passive virtues339, lo ha certamente

aiutato a cogliere queste dinamiche, che, a nostro avviso, non fotografano tanto la situazione

339 Più che alle tesi procedurali di J. H. Ely ed alla difesa dell’attivismo giudiziario di R. Dworkin, quale

principale forma di garanzia dei diritti, si intravedono delle affinità con J. M. BALKIN e S. LEVINSON, op. cit., per i quali le questioni di fronte alle corti di giustizia rappresentano momenti di alta politica, con la presenza di movi- menti popolari e di opinione che cercano di influenzare la Corte suprema, di fronte alla quale si registrano un di- battito pubblico ed una partecipazione maggiore di quanto non avvenga per la politica ordinaria. Anche per que- sto il judicial review of legislation viene ad integrarsi nel processo democratico, cooperando con altre istituzioni pubbliche alla Constitutional construction, senza riflettere passivamente gli orientamenti politici maggioritari

esistente, quanto propongono un modello virtuoso che deve ancora svilupparsi appieno ed è proiettato verso il futuro e che ripone sulla Corte grande fiducia ed enormi responsabilità.

Dobbiamo chiederci, però, se l’attuale configurazione del sistema italiano di giustizia costituzionale sia effettivamente attrezzato a cogliere questa sfida e, possibilmente a vincer- la, o, invece si renda in qualche misura necessario un suo parziale ripensamento.

Conclusivamente vorrei richiamare le considerazioni che non un giurista, ma un lette- rato, aveva formulato oltre due secoli fa; Johann Wolfgang (von) Goethe, nel dramma in ver- si del 1802, La figlia naturale (Die natürliche Tochter) esprime, in sintesi il seguente concetto: “il diritto svolge una lotta diseguale con il potere, perché il suo principale obiettivo è quello di razionalizzare il suo esercizio e ridurre gli effetti della hybris" (forza)"340.

Questa resta la sfida per tutti i sistemi costituzionali contemporanei.

340 Ci pare questa la sintesi che possiamo trarre dalla frase che, la protagonista, Eugene, formula rivol-

gendosi ad un giudice (Parte IV, scena II): "Che cos'è la legge e l'ordine? Possono queste proteggere l'innocenza dell'infanzia? Chi siete voi che, con vuoto orgoglio, vi vantate di riuscire a delimitare la forza con il diritto?"

Nel documento Democrazia e istituzioni di garanzia (pagine 99-102)