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La revisione costituzionale come garanzia

Nel documento Democrazia e istituzioni di garanzia (pagine 65-68)

5. Il dibattito dottrinale intorno alla nozione di “garanzia”

5.8. La revisione costituzionale come garanzia

Altra questione di sicuro rilievo riguarda la revisione costituzionale. È possibile inclu- derla tra gli istituti di garanzia? L’opinione prevalente, muovendo dall’argomento letterale del- la formulazione della rubrica del Titolo della Costituzione, propendo per una risposta positiva, anche se, come abbiamo già accennato, sul punto sono state proposte in dottrina soluzioni opposte. Limitandoci a richiamare i due degli autori che abbiamo già più volte citato in questo studio, Costantino Mortati dava al quesito sopra formulato una risposta positiva210.

In senso contrario, Serio Galeotti propendeva per la soluzione negativa; per conver- so, Galeotti include tra le garanzie della Costituzione, addirittura come una sorta di garanzia

208 Sull’evoluzione della riserva di legge, cfr., per tutti, R.B

ALDUZZI –F.SORRENTINO, Riserva di legge, in Enciclopedia del diritto, Giuffré, Milano, 1989, pp. 1207 ss.

209 Così P. R

IDOLA, Garanzie, diritti e trasformazioni del costituzionalismo, in

www.scienzegiuridiche.uniroma1.it

210 Cfr. C.M

ORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, cit, pp. 1223 ss., nonché ID., Costituzione dello Stato (dottrine generali e Costituzione della Repubblica italiana), in Enciclopedia del diritto, Milano, Giuffrè, 1962, pp.

suprema, il referendum costituzionale, di cui si lamentava al tempo la mancata disponibili- tà211.

Sul procedimento di revisione si possono condividere le conclusioni di Galeotti, per la ragione, da lui richiamata, che non ci può essere coincidenza tra una garanzia ed il suo og- getto, in quanto il procedimento di revisione altro non è se non l’altra faccia della rigidità co- stituzionale.

Proverebbe troppo, invece, argomentare che il procedimento di revisione è lo stru- mento mediante cui sono rese possibili le modifiche della Costituzione, che, in questo senso non sarebbe garantita nella sua esistenza. È evidente, invece, come le modifiche non soltan- to sono ammesse, ma possano efficacemente assolvere ad una funzione di adeguamento o, per meglio dire, di manutenzione costituzionale, al fine di preservare nel tempo il disegno costituzionale complessivo ed i principi fondamentali su cui regge, in modo proattivo212. Ed in questo, forse, può essere recuperato un nucleo incomprimibile di finalità garantistica, della quale deve essere tuttavia definita la natura.

Se si accede alla nozione rigorosa che abbiamo in precedenza enunciato, il referen- dum costituzionale non può essere considerato come una garanzia costituzionale in senso proprio o giuridico, ma come una garanzia politica, che opera come un “veto popolare” in senso atecnico, funzionale al mantenimento dei principi costituzionali, dei quali “potenzia la resistenza”213

Anche sulla natura garantistica in senso solo politico del referendum costituzionale possono ora nutrirsi dei dubbi, alla luce dell’esperienza maturata in questi anni, che ha rive- lato la natura ambivalente dell’istituto in questione214. Con tutta probabilità l’intento originario del Costituente andava nella direzione indicata da Serio Galeotti, configurando “un’evidente

211 Cfr. S.G

ALEOTTI, Garanzia costituzionale, cit., pp. 50-51, nella ricostruzione del disegno composto e articolato delle garanzie costituzionali introdotte dalla nostra legge fondamentale, imperniate, da un lato, nel Pre- sidente della Repubblica, come istanza indipendente e supra partes, dall’altro nella Corte costituzionale come suprema istituzione di garanzia costituzionale, aggiungeva, poi, che “alla base del sistema era previsto, in via straordinaria, cioè limitatamente alla revisione costituzionale, l’intervento del popolo-corpo elettorale. Tale inter- vento con il referendum d’approvazione provocato non ad iniziativa di un’istanza autoritaria dello Stato (come ad esempio nella configurazione propria del referendum nella Costituzione della Quinta Repubblica francese, ove la scelta dell’an, del quale, del quando della proposta di referendum è lasciata sostanzialmente al Presidente della Repubblica), bensì ad iniziativa di gruppi dall’interno dello stesso popolo, con la richiesta di cinquecentomila elet- tori, oppure da articolazioni istituzionali distinte dallo Stato, come le regioni, o, infine, da un quinto dei componenti di una Camera, cioè verosimilmente dai gruppi dell'opposizione parlamentare”; proseguendo nella sua analisi, Galeotti lamentava poi, la mancata implementazione, all’epoca, dei meccanismi referendari.

212 In questo senso ci pare di poter cogliere il pensiero di L. E

LIA, Cinquantanove anni dopo, in

www.astrid-online.it, 28 giugno 2006

213 È la tesi di M.L

UCIANI, La formazione delle leggi. Tomo I, 2. Art. 75, Il referendum abrogativo, in Commentario della Costituzione, fondato da G. Branca e continuato da A. Pizzorusso, Bologna – Roma, Zani-

chelli, 2005, p. 7 (e nota 14).

214 Come rileva ancora M. L

UCIANI, La formazione delle leggi, cit., p. 6, il “rendimento istituzionale” dell’istituto non era definibile a priori.

funzione di protezione della Costituzione”215, ma non si è realizzato appieno nel senso auspi-

cato.

Salvo osservare che l’attivazione dell’istituto referendario in questione non è sempre attivabile, essendone preclusa la richiesta nei casi di revisioni approvate a maggioranza qua- lificata, il problema si pone soltanto qualora all’approvazione della riforma si proceda con maggioranza assoluta, in difetto, quindi, di una condivisione ampia ed in presenza, verosi- milmente, di opinioni contrarie in sede politico-parlamentare.

Solo in questi casi il referendum ex art. 138 Cost. può essere utilizzato a difesa della Costituzione esistente per impedirne le modifiche (già approvate in sede politico- parlamentare), come, di fatto, è avvenuto in tre circostanze, nel 2001, nel 2006 e nel 2016, con esiti, peraltro, diversi nel primo caso rispetto ai successivi.

La prassi che si è consolidata in questi tre passaggi decisivi ha, a nostro avvivo, di- svelato l’essenza eminentemente politica del referendum costituzionale, cui viene rimessa la decisione finale del procedimento avviato, di fronte a richieste di intervento popolare che chiedono, alternativamente, di confermare la decisione parlamentare già presa o di opporsi ad essa, inibendone definitivamente l’efficacia216. Non solo: l’attivazione di richieste plurime di ricorso alla consultazione popolare, anche da parte di parlamentari dei gruppi che hanno approvato la legge di revisione, oltre a depauperare il passaggio referendario della sua va- lenza oppositiva, quella che storicamente gli era stata attribuita217, determina il rischio di una

torsione in senso plebiscitaria dell’istituto (e dell’intero procedimento di revisione costituzio- nale), che sembrerebbe estranea alla ratio ad esso sottesa218.

In definitiva, il referendum costituzionale ha finito per acquisire una funzione arbitrale (in questo senso di ultima e inappellabile istanza decisionale) tra due posizioni politiche (fa- vorevoli o contrarie) che si sono manifestate e confrontate in sede politico parlamentare; ciò

215 Sono le parole usate da M.L

UCIANI, Il referendum. Questioni teoriche e dell’esperienza italiana, in Rev. catalana de dret públic, n. 37, 2008, p. 171.

216 Sulla questione v. ora L.G

ENINATTI SATÉ, Il carattere non necessariamente oppositivo del referendum costituzionale, Torino, Giappichelli, 2018, ove si rilava la duplice funzione che il referendum è in grado di svolge-

re; oltre a quella di consentire l’espressione del dissenso da parte di minoranze rispetto a una legge di revisione costituzionale, emerge quella che viene definita “funzione integrativa del referendum, che consiste nell’utilizzo di esso per consentire alle maggioranze di esprimere il proprio consenso alle riforme.

217 A partire dalla ricostruzione classica di G.G

UARINO, La revisione della Costituzione – Il Referendum,

in Rass. Dir. pubbl., 1948, pp. 130 ss.; di recente, cfr. M.LUCIANI, La formazione delle leggi, op. loc. cit., cui si rinvia anche per la completezza delle citazioni; ID., Il referendum, op. cit., il quale precisa chi si tratta di uno stru- mento oppositivo, messo a disposizione di minoranze fortemente motivate e organizzate che contano di ribaltare sul terreno della votazione popolare il risultato di quella parlamentare. Ciò che dimostrato dalla natura facoltativa nella consultazione, dal conferimento dell’iniziativa ad una frazione minoritaria di elettori o di parlamentari e dalla mancata previsione del quorum di partecipazione per la sua validità.

218 Per una valutazione critica di questa prassi, G.S

CACCIA, Revisione di maggioranza e «qualità» della Costituzione, in Teoria e prassi dello Stato, 2002, n. 1, p. 119; M. LUCIANI, Il referendum, cit., loc. cit.

Cfr., inoltre,R.ROMBOLI, Il referendum costituzionale nell’esperienza repubblicana e nelle prospettive di riforma dell’art. 138 Cost., in A. Pisaneschi – L. Violini (a cura di), Poteri, garanzie e diritti a sessanta anni dalla Costituzione: scritti per Giovanni Grottanelli de’ Santi, Milano, Giuffrè, 2007, pp. 573 ss., ove si rileva come il ri-

corso al referendum inevitabilmente sia divenuto non più uno strumento eccezionale, per ipotesi particolari (“quando c’è dissenso, c’è referendum”), ma un qualcosa di pressoché inevitabile, allorché l’approvazione della riforma si sia svolta in un clima di contrapposizione tra due opposti raggruppamenti di forze politiche, comprensivi praticamente dell’intero panorama politico nazionale.

che carica (o sovraccarica) il referendum stesso di una componente volontaristica e di una natura politica che si esplicita attraverso l’applicazione di un principio di maggioranza allo stato puro219, anche per l’assenza di quorum strutturali di partecipazione al voto.

Del resto, una lettura di questo tipo sembra essere stata avallata dalla stessa giuri- sprudenza costituzionale, che ha posto in alternativa l’istanza garantistica con quella con- fermativa; nella sent. 496/2000 il giudice delle leggi ha affermato che la decisione politica di revisione “è opzione rimessa in primo luogo alla rappresentanza politico-parlamentare”, in considerazione del carattere meramente eventuale del passaggio referendario220 e che, so- prattutto, “all’interno del procedimento di formazione delle leggi costituzionali il popolo inter- viene infatti solo come istanza di freno, di conservazione e di garanzia, ovvero di conferma successiva, rispetto ad una volontà parlamentare di revisione già perfetta, che, in assenza di un pronunciamento popolare, consolida comunque i propri effetti giuridici”.

Ci pare, quindi, di poter concludere sul punto riconoscendo come, considerate le mo- dalità concrete con cui ha operato, anche nel referendum costituzionale l’anima politica della decisione risulti del tutto prevalente, restando in secondo piano la finalità di garanzia, che pure è ricompresa nella sua capacità oppositiva.

Nel documento Democrazia e istituzioni di garanzia (pagine 65-68)