Rendimenti post giugno
4.6 Considerazioni finali relative alle analisi effettuate
Dopo aver effettuato le analisi nei precedenti paragrafi, appare evidente come il referendum britannico sia stato l’evento che ha causato più sconvolgimenti nel mercato. Tuttavia gli effetti della vittoria del leave sono stati limitati ai giorni immediatamente successivi al voto.
La volatilità è iniziata a crescere qualche giorno precedente al referendum, ed intorno alla prima decade di giugno 2016, il mercato ha dato alcune avvisaglie di quello che sarebbe potuto essere l’effetto di una vittoria del fronte antieuropeista. Tuttavia, estendere il periodo interessato dagli effetti della Brexit fino al 9 giugno 2016 non ha portato un incremento significativo del valore delle misure di rischio rispetto ai portafogli post-23 giugno, dal momento che le osservazioni rilevanti in queste due settimane non erano così pericolose.
126
I titoli più collegati ai mercati finanziari sono stati senza dubbio i più colpiti, dato che la Brexit ha messo in discussione l’organizzazione dei più importanti intermediari: infatti Londra era ritenuta la piazza borsistica preminente in Europa e molte banche d’affari situavano nella city la loro base per operare nei mercati europei, con la possibilità di avere accesso ad ogni altro paese dell’Unione a condizioni favorevoli. Nell’eventualità di una Hard Brexit le istituzioni finanziarie potrebbero quindi perdere il passaporto che gli permette di vendere i loro prodotti e muoversi alla pari nel continente.
Inoltre, la prevedibile ripercussione che la vittoria del leave avrebbe potuto esercitare sulla sterlina è stata fonte di incertezza, propagatasi in tutte le piazze europee.
I mercati, a seguito del risultato del voto, si aspettavano interventi espansivi delle banche centrali che avrebbero determinato un’ulteriore riduzione dei rendimenti e dei tassi di mercato: tale eventualità non ha aiutato i titoli finanziari e creditizi. In particolare, i bilanci bancari stavano già soffrendo a causa del basso livello dei tassi, ed un ulteriore ritocco verso il basso avrebbe potuto quindi essere molto pericoloso per la tradizionale attività creditizia delle banche. Tale considerazione era ancor più rilevante per gli istituti di credito italiani, legati ad un’economia territoriale ancora più debole rispetto a quella a cui erano connesse le altre banche europee.
Un'altra motivazione che contribuisce a non farci stupire del tracollo dei titoli bancari è che la BCE protegge tutt’ora i titoli di stato dei paesi dell’area Euro, quindi se gli speculatori desiderassero colpire un paese lo farebbero tramite la vendita dei suoi titoli creditizi66.Infatti, prendendo in esame il nostro paese, le banche detengono più di 400 miliardi di euro di titoli di stato italiani.
Sicuramente la fragilità del nostro sistema bancario è stato un fattore determinante per spiegare l’andamento dei titoli del settore creditizio nel periodo successivo al
66 Lops V., “Ecco perché nel giorno del Brexit gli investitori si rifugiano nei titoli di Stato inglesi e vendono
127
referendum britannico: come si sa, l’incertezza degli investitori si ripercuote in primis sugli investimenti percepiti dal mercato come più rischiosi. Il nostro sistema bancario è al momento sotto la lente di ingrandimento degli operatori a causa dei recenti scandali: in primo luogo i casi Monte dei Paschi e Banca Etruria, per arrivare fino ai più recenti esempi relativi alle banche venete. Oltre alla mala gestione, il problema principale delle banche italiane sono i non-performing-loans, che appesantiscono enormemente i bilanci delle aziende bancarie, rendendo quindi più complicato per i risparmiatori decidere di investire in titoli del settore creditizio.
Data la situazione della nostra penisola, non c’è da stupirsi quindi che il settore bancario abbia risentito molto del voto britannico, dato che la situazione del settore non era rosea neppure prima che in Gran Bretagna trionfassero i sostenitori del
leave.
D’altro canto, anche il periodo dell’inverno 2016 è sicuramente degno di nota, dal momento che vi è stato un incremento di volatilità unito a performance negative dell’indice italiano. L’importanza di tale periodo si nota soprattutto per quanto riguarda il portafoglio bancario, il cui VaR inizia a percepire l’incremento di rischio causato dagli eventi del 2016, capacità che non aveva nel caso del portafoglio post-Brexit. Infatti sono stati proprio i titoli bancari a trascinare il ribasso del FTSE MIB nei primi mesi del 2016, segnale ancora di una forte debolezza del comparto creditizio italiano.
La complicata situazione della Grecia, collegata ai difficili colloqui tra i creditori e le autorità elleniche, ha provocato un rialzo della volatilità a giugno 2015. Il referendum greco, riguardante l’accettazione delle condizioni imposte dall’Unione europea, ha creato sicuramente qualche difficoltà alle borse del Vecchio continente, soprattutto dopo la vittoria della fazione del primo ministro ellenico. Tuttavia, dopo la performance negativa del 6 luglio, il listino milanese ha mostrato segnali incoraggianti, concludendo il mese in positivo.
Ad agosto il FTSE MIB è tornato però ad arrancare a causa delle difficoltà dell’economia cinese e della scelta del governo della repubblica asiatica di
128
svalutare la moneta per ben tre volte. La giornata del 24 agosto è stata sicuramente molto rilevante, ma abbiamo osservato che ha impattato maggiormente sulle misure di rischio dei titoli con volatilità minore, in quanto gli asset creditizi, e più in generale finanziari, potevano annoverare diversi movimenti di entità simile. Dunque l’evento che ha determinato uno shock maggiore sui mercati è stato il voto britannico, tuttavia, osservando un grafico con un orizzonte temporale maggiore, è rilevabile come il panico post referendum sia concentrato nei giorni immediatamente successivi al voto, mentre il trend ribassista dell’inverno 2016 appare evidente anche aumentando il periodo di osservazione. Incrementando l’orizzonte temporale di studio, gli effetti del referendum non sembrano più significativi di quelli dell’estate 2015.
Grafico 43: Andamento settimanale del FTSE MIB
Fonte: ProRealTime.com
Ciononostante, nel calcolo del rischio di portafoglio risulta fondamentale la violenza delle oscillazioni nell’arco temporale prescelto, quindi, nel caso in questione, la grande rilevanza delle performance giornaliere successive al referendum è risultata più significativa anche rispetto al peso di un trend ribassista più prolungato come quello dell’inverno 2016.
129
CONCLUSIONI
Nel lavoro effettuato è stato messo in luce come i più classici metodi di minimizzazione del rischio trovino applicazione anche nella pratica. È stato quindi dimostrato come il valore delle misure di rischio reagisca positivamente alla diversificazione di portafoglio ed al metodo di Markowitz.
Tuttavia, la misurazione del rischio tramite la sola deviazione standard risulta incompleta e talvolta fuorviante in quanto ciò che il risk manager deve monitorare è la coda sinistra della distribuzione, mentre la deviazione standard si limita a occuparsi dell’entità degli scarti dalla media, senza fornire indicazioni riguardanti il segno di tale scostamento. L’incremento registrato nel valore della deviazione standard successivo ad importanti turbolenze è insoddisfacente, se confrontato con le impennate relative al valore dell’ES e dell’SDR. Nonostante ciò, è apparsa evidente la relazione intercorrente tra la deviazione standard e le misure di downside risk, malgrado sia risultato necessario proprio un approccio più incentrato sulla coda sinistra delle distribuzioni da analizzare per addivenire ad una misurazione precisa del rischio.
Sono stati inoltre verificati i limiti del VaR, osservando come spesso non risulti esaustivo nella descrizione del rischio di una determinata attività: nella trattazione l’ES si è rivelato molto spesso fondamentale per decidere se un portafoglio fosse più o meno rischioso rispetto ad un altro. Infatti le osservazioni nella coda sinistra della distribuzione potevano essere catturate solamente da una misura di rischio più precisa del VaR; era necessario quindi un approccio che studiasse le caratteristiche della distribuzione oltre il livello di confidenza selezionato.
È stata inoltre presa in esame una misura di rischio ulteriormente prudenziale come l’SDR, notando come i risultati ad essa collegati siano nettamente più elevati rispetto al VaR, ma anche all’ES. Se un tale livello di precisione da un lato potrebbe essere un incentivo all’uso dell’SDR, dall’altro l’adozione di tale misura di rischio per il calcolo del capitale degli intermediari potrebbe incontrare più di un ostacolo, a causa dell’enorme quantità di fondi propri che sarebbe necessario detenere.
130
Entrando nel cuore della trattazione, è stato mostrato come il rischio di portafoglio sia influenzato dalle turbolenze presenti sui mercati. In particolare è parso evidente come i risultati del referendum britannico siano stati la causa di importanti perdite del listino milanese. Tale andamento di Piazza Affari è colto dai valori delle misure di rischio, che hanno registrato un deciso rialzo nel periodo successivo alla Brexit. Ovviamente la precisione della misurazione determinerà una maggiore o minore reattività all’evento destabilizzante: proprio in questo caso è stato semplice comprendere la necessità di superare il VaR. Infatti quest’ultimo non era in grado di rilevare significative differenze tra i portafogli pre e quelli post-Brexit, dal momento che il numero delle osservazioni estremamente negative era ridotto. Solo uno studio più approfondito della coda sinistra delle distribuzioni, effettuato tramite l’ES e l’SDR, ha potuto testimoniare un effettivo aumento del rischio dopo la vittoria del leave.
Gli altri periodi di tensione presi in considerazione non sono stati rilevanti quanto la Brexit: infatti, spostando lo spartiacque dal 23 al 9 giugno 2016, non è stato possibile notare un aumento generalizzato del valore delle misure di rischio. Le turbolenze dell’inverno 2016 sono state sicuramente significative, ma le incertezze relative al sistema creditizio non hanno causato reazioni violente quanto quelle successive alla diffusione dei risultati del referendum. La stessa cosa vale per le tensioni dell’estate 2015, dovute alla situazione greca ed al rallentamento dell’economia cinese, responsabili sì di un aumento della volatilità, ma non paragonabile a quanto accaduto il 24 giugno.
In conclusione, possiamo dunque rilevare che non è possibile effettivamente asserire che il rischio di un portafoglio rimanga invariato in ogni istante temporale. Per questo motivo il rischio di una determinata posizione può variare, a seconda delle condizioni che si realizzano; nel presente lavoro è stato proprio osservato come l’alea in capo all’investitore effettivamente si modifichi a seconda dello scenario di mercato considerato.
L’approccio più indicato è parso quello teso a misurare il rischio tramite l’ES, integrando quindi le indicazioni fornite dal VaR e dall’approccio media-varianza.
131
Il problema principale della gestione del rischio è infatti quello di misurare le potenziali perdite, ed essere preparati ad incappare in realizzazioni assai sfavorevoli, la cui probabilità di accadimento si avvicina molto allo zero. Chiaramente né il VaR né (tantomeno) la deviazione standard sono in grado di fornire una protezione adeguata nei confronti di perdite di tale entità.
133