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Il presente lavoro di tesi ha cercato di mettere in luce alcune delle caratteristiche salienti della cultura artistica contemporanea mediorientale, ma soprattutto di indagare come, all’interno di due comunità “contrapposte” – quella israeliana e quella palestinese – le pratiche artistiche siano mosse da intenti comuni, si confondano, e anzi divengano un pretesto per la comprensione della storia e delle attività quotidiane di questi luoghi, non solo a livello locale, ma anche e soprattutto internazionale.

Si è tentato di raggiungere questi obbiettivi nello specifico studiando l’opera delle artiste Sigalit Landau, israeliana, e Emily Jacir, palestinese.

Al termine dell’analisi proposta è utile dunque porre in evidenza alcune costanti e soddisfare la necessità di considerare unitariamente, nella sua complessità e organicità, l’intera produzione delle due artiste. Questo alla luce di una condivisione ed intercambiabilità delle diverse tematiche affrontate, oltre ad una profonda affinità nelle tecniche utilizzate, testimoni di un sistema di idee e valori comune sotteso alla loro attività artistica. La Landau e la Jacir sviluppano parallelamente queste inclinazioni, in ogni lavoro e in ogni espressione del loro pensiero come si è avuto modo di mostrare anche attraverso un confronto e un’attenta conoscenza dell’arte contemporanea occidentale.

Innanzitutto occorre ricordare le fasi iniziali di questo lavoro, quando le osservazioni principali vertevano sul fatto che, malgrado tutto, in Israele e Palestina fosse possibile oggi riscontrare una concentrazione di personalità artistiche molto ricca e una scena artistica vivace dominata da una spiccata creatività. Negli ultimi anni questa zona è apparsa infatti traboccante di proposte, soprattutto da parte di giovani artisti contemporanei che partecipano talvolta ad un numero eccessivo di esposizioni locali. E’ più che evidente che la scena nazionale sia in intenso fermento; ma la voce degli artisti di questi paesi è riuscita alcune volte a superare i confini regionali, facendosi sentire all’estero, dove tra l’altro molti di loro, una volta ottenuti i primi riconoscimenti e successi, si sono trasferiti.

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D’altro canto sono sempre più frequenti anche mostre e iniziative locali la cui ambizione – nonostante le connotazioni negative legate alla situazione di profondo conflitto del territorio – è attrarre in Medio Oriente personaggi chiave della scena artistica internazionale affinché possano osservare di persona questa realtà e rivolgere uno sguardo attento alla scena artistica locale.

Inoltre le rubriche e le riviste internazionali, sulla scia di una curiosità generale, concedono uno spazio sempre maggiore agli artisti mediorientali, richiamando l’attenzione del pubblico sulla loro produzione e sui valori universali che essa rispecchia.

L’aumento del numero delle Biennali internazionali e di altre fiere commerciali, così come l’uso della rete informatica, quale mezzo privilegiato per accedere a immagini e dati, hanno determinato cambiamenti nell’abilità di classificare e catalogare anche questi nuovi artisti. La questione della loro identità nazionale, l’ansia e il senso di insicurezza spesso espressi – tematiche condivise d’altra parte con numerosi artisti - sono divenuti centro delle discussioni teoriche più attuali.

Durante le primissime fasi di ricerca finalizzata alla stesura di questa tesi, sono stati individuati dunque moltissimi profili, senza riuscire bene a comprendere quali fossero semplici comparse all’interno dell’ampio panorama artistico mediorientale – giovani personaggi che come delle meteore appaiono con un’opera di impatto, ma poi declinano irrimediabilmente senza lasciare produzioni corpose significative - e quali invece avessero un ruolo definitivo e stabile all’interno di questo contesto. Malgrado le diverse individualità identificate, essi si presentavano con molteplici tratti comuni, provenienti per lo più da esperienze condivise.

Nello svolgersi della ricerca si è tentato di delineare quali tra queste figure esprimessero effettivamente, nella specificità di un lavoro continuato e duraturo, esperienze fondamentali, autentiche e pregne di tensione, derivata dalla difficile realtà moderna e composita che li aveva segnati. Attraverso un attento vaglio sono stati individuati dunque gli artisti più noti e significativi, coloro che hanno assunto e assumono l’aspetto di sinceri giornalisti, la cui arte non è motivata dal desiderio di soddisfare le mere richieste del mercato artistico, ma che al contrario sono parsi ossessionati dal bisogno di dar voce ai conflitti, sogni, aspirazioni, radicati nella loro stessa condizione. La loro espressione è varia, va dall’autocommiserazione

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all’autocritica, bilanciando tra l’amore per la madre patria e la delusione o lo spaesamento. Usano l’arte come mezzo per esprimere un messaggio che riguarda la loro terra e il popolo, consentendo agli osservatori di toccare con mano le loro esperienze, le paure, i dubbi, e i timori nei confronti degli ostacoli quotidiani.

Nel caso della produzione di Sigalit Landau e Emily Jacir esaminata in questo lavoro, tutto questo si ritiene possa emergere con particolare forza, in quanto entrambe esprimono nelle loro opere lo speciale contesto storico e sociale del paese di provenienza, declinando la drammatica coesistenza del popolo israeliano e palestinese. In questo tipo di attività interagiscono ed agiscono con colleghi e spettatori delle opere stesse: il condividere uno spazio ed esperienze comuni di vita attraverso l’arte è forse l’aspetto che più le unisce.

Si tratta di due personalità che si ritiene sappiano osservare in maniera accurata la realtà, trasmettendo fedeltà e un viscerale piacere derivante dal proprio operato. L’atto creativo, infatti, spesso faticoso e doloroso, è sempre accompagnato in loro da una gioia profonda, che funge da trampolino per l’immaginazione, e ciò è elemento fondante dell’importanza dei loro contributi alla teoria e alla pratica artistica contemporanea mediorientale, che si riflette poi sul piano globale. Due sono le caratteristiche distintive che le hanno fatte risaltare rispetto agli altri artisti considerati nelle fasi iniziali dell’indagine: da un lato la presenza di una forte consapevolezza di sé, che le conduce spesso a mostrare il proprio giudizio personale; dall’altro l’esigenza, altrettanto ardente, di socializzare al fine di sublimare le pulsioni interiori verso la realizzazione di opere dense, che possano rivelare la loro storia al mondo intero.

Nel momento in cui partecipano al fatto artistico, non lo fanno con accettazione passiva, ma piuttosto in un modo che è attivamente critico, offrendo, con le loro interpretazioni, una dimensione di lettura delle opere stesse più sensibile e profonda. È proprio qui che risiedono le motivazioni alla base della scelta di queste due artiste, nella grinta e nella vitalità incontaminate dimostrate nelle loro creazioni.

Dal punto di vista metodologico si deve sottolineare una certa difficoltà riscontrata nel reperire una bibliografia adeguata e le informazioni esaustive riguardanti l’artista palestinese e le sue opere. Motivo per cui mentre il secondo capitolo di questa tesi

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descrive nel dettaglio l’intera produzione della Landau, il quarto capitolo non comprende tutte le opere di Emily Jacir, ma si concentra solo sui suoi lavori principali, rintracciati grazie ai cataloghi consultati e ad alcuni siti internet citati nelle note a piè di pagina e nella bibliografia.

L’auspicio è che in un prossimo futuro risulti più facile conoscere il lavoro della Jacir anche nel nostro paese e che quindi questo elenco parziale di opere possa diventare presto completo.

Si è deciso poi di dedicare un capitolo specifico – il terzo – alla descrizione del padiglione israeliano e del suo peculiare allestimento alla Biennale di Venezia del 2011, in quanto si tratta dell’unica opera analizzata in questa tesi che, a suo tempo, ho avuto modo di vedere, visitare ed apprezzare in prima persona.

Venendo ora alle opere d’arte descritte e alle tematiche in esse affrontate, è importante ribadire l’approccio realistico all’attualità, l’unico valido metodo per la Landau e la Jacir di interpretare il mondo e cambiarlo, in un tentativo di sensibilizzazione volto a migliorare le condizioni di vita di determinati strati sociali e ad annullare le disuguaglianze. Questa visone realistica del mondo conferisce l’impianto di base dell’attività che svela l’anima delle due artiste ed è fonte diretta e indiretta di molte delle opere, delle scelte e delle azioni da loro effettuate (basti pensare alle performances svolte in prima persona quali Somnanbulin/Bauchaus tra gli anni 2000-2004 o alle prove di tiro al poligono del 2005).

Collegate a questa visione realistica sono inoltre l’impegno sociale delle due artiste e il loro ruolo civile, e l’importanza della diffusione della cultura artistica. Nello specifico, vale la pena sottolineare come esse ritengano che un ampliamento e un rafforzamento della conoscenza nella società israeliana e palestinese attraverso l’arte - anche nel mondo occidentale - rappresentino una strategia indispensabile per il vero progresso: non solo inteso come progresso tecnologico e miglioramento delle condizioni di vita, ma anche e soprattutto come progresso mentale, atto ad eliminare qualsiasi forma di discriminazione.

Manifestazioni evidenti di questa “missione” che si ritrova spesso alla base delle opere della Landau e della Jacir, sono la scelta dei media artistici tra più moderni e diretti (fotografie, video, musiche, etc.) ma anche la demistificazione di alcuni falsi