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Illeciti e responsabilità

Paragrafo 7 – Diritto alla verità

42 Constant de Rebeque, Benjamin-Henri (1797) Des réactions politiques, in

Immanuel Kant, Benjamin Constant, Il diritto di mentire, Passigli Editori, Firenze 2008.

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come quello egiziano, il potere giudiziario manchi di indipendenza assicurando impunità ai componenti delle forze di sicurezza dei regimi militari del Paese: inoltre, a prescindere da queste considerazioni iniziali, l’Egitto ha dimostrato scarsa

volontà di collaborare. In Egitto si sembra negare il diritto alla verità, imponendo un

unico punto di vista che sia utile al fine di evitare dubbi sul

sistema. I metodi per negare il diritto alla verità risultano svariati: si può

partire dal controllare chi produce la conoscenza, quindi dal controllare l’insegnamento all’interno delle scuole, fino ad

arrivare alle notizie divulgate dai mass media. La condanna a tale mancata indipendenza era arrivata anche

dalla Commissione africana per i diritti umani e dei popoli, la quale nella risoluzione n. 287/2014 affermava “calls on the authorities to investigate and prosecute the perpetrators of human rights violations in order to end the culture of impunity in the country”.

Come ipotizzato precedentemente, anche lo Stato italiano deve attivarsi, prendendo spunto dalla citata sentenza El-Masri l’interesse in primis alla risoluzione del caso, alla punizione dei

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Il diritto alla verità appare fondamentale al fine di costituire una società civile, che possa realmente identificarsi come tale.

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Conclusioni

Lo scrittore egiziano Alaa Al-Aswani, in un’intervista rilasciata alla televisione italiana, racchiude molto bene il modo di agire del suo Paese con questa frase: “Se chi governa non è eletto dal popolo, si sente al di sopra della legge e trova la scusa di giustificare

una lotta al terrorismo con la totale soppressione dei diritti umani”. Sappiamo, infatti, che in Egitto la democrazia non è affermata e

gli atti di violazione dei diritti umani sono all’ordine del giorno. Questa tesi si è proposta di analizzare le norme del diritto internazionale che vietano la tortura e di valutare la vicenda dell’uccisione per tortura del ricercatore italiano Giulio Regeni, alla luce degli obblighi pattizi posti in capo all’Egitto.

La norma che vieta la tortura è prevista, in primis, in fonti pattizie nonché in una norma consuetudinaria avente il

carattere di norma di ius cogens. LA norma consuetudinaria che quella pattizia che vieta la

tortura, pongono obblighi erga omnes che potrebbero autorizzare, in caso di violazione, la reazione degli Stati della comunità internazionale o degli Stati parti contraenti delle

Convenzioni che contengono il divieto di tortura. L’analisi ha evidenziato un problema circa la definizione di

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inumani e degradanti). È stata evidenziata in un paragrafo ad hoc, la situazione

dell’ordinamento italiano, ancora privo di una norma che vieta la tortura, nonostante le ripetute condanne della Corte europea

dei diritti dell’uomo. In Italia, come visto, un disegno di legge è stato presentato al

Parlamento, ma i tempi per la sua approvazione appaiono ancora molto lunghi.

Dopo un inquadramento generale relativo agli obblighi internazionali in tema di divieto di tortura, si è affrontata la questione della responsabilità internazionale per violazione

delle norme sul divieto di tortura. Una volta ricordate le norme internazionali sui presupposti

della responsabilità (elemento oggettivo e elemento soggettivo dell’illecito) e dopo avere definito sinteticamente il contenuto della responsabilità, abbiamo cercato di applicare queste norme al caso Regeni partendo dall’ipotesi di una attribuzione

all’Egitto della morte per tortura del ricercatore italiano. Dopo avere indicato quali obblighi pattizi l’Egitto ha assunto in

materia, ed ipotizzata l’imputabilità della tortura all’Egitto per azione dei suoi organi (o di responsabilità per omissione) abbiamo ipotizzato le possibili conseguenze sul piano

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interstatuale (obblighi di riparazione dell’Egitto nei confronti dell’Italia come Stato leso) e le azioni che l’Italia sarebbe autorizzata a porre in essere in caso di mancata riparazione. Abbiamo quindi considerato altre ipotesi di reazione di Stati terzi o l’attivazione di strumenti di garanzia anche previsti dalle norme pattizie vincolanti l’Egitto ed esaminate

nell’elaborato. Infine, è stato fatto cenno all’ipotesi di un’azione per

risarcimento danni presso Tribunali italiani e alla questione dell’immunità degli Stati esteri dalla giurisdizione civile, nei

casi di commissione di crimini internazionali. Il caso, ancora aperto nel momento di stesura di questa tesi, e

non pare vicino ad una soluzione. Si ribadisce, ovviamente, l’auspicio ad una giusta risoluzione

della vicenda: si richiede a gran voce l’affermazione del diritto alla verità per Giulio, in primis, per la sua famiglia, per lo Stato italiano ma anche per la generazione Regeni, ragazzi che si sono formati all’interno delle Università dove hanno visto crescere e maturare il loro interesse a scoprire, conoscere, analizzare, confrontare e, nel caso, denunciare.

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