Illeciti e responsabilità
Paragrafo 6- Gli strumenti di garanzia previsti negli accordi internazionali contro la tortura
Accordi che vietano la tortura predispongono, oltre agli obblighi di adozione del reato di tortura e di misure preventive, anche strumenti di garanzia quali l’inchiesta e l’obbligo di
risarcimento, che sono strumenti interni. Inoltre sono previsti strumenti internazionali come le inchieste
poste in essere da terzi (come il Comitato previsto all’articolo 20 della Convenzione ONU) ed eventualmente la possibilità di
ricorso all’arbitrato. Quest’ultimo non costituisce un sistema di garanzia, quanto un
modo di soluzione della controversia.
Gli strumenti previsti contro la tortura nascono da quelle fonti
pattizie di cui abbiamo parlato all’inizio di questo elaborato. Oltre infatti ad individuare che cosa si intenda con il termine
‘tortura’ le principali Convenzioni, prevedono delle misure legislative, amministrative e giudiziarie, efficaci per impedire la commissione di atti di tortura, come l’obbligo, visto sopra, di previsione di pene adeguate.
L’articolo 12 della più volte citata Convenzione delle Nazioni
Unite contro la tortura recita:
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immediatamente ad un'inchiesta imparziale, ogni volta che vi siano motivi ragionevoli di ritenere che un atto di tortura sia stato commesso su qualsiasi territorio sottoposto alla sua giurisdizione”.
Per prima cosa, qualunque Stato che vada ad istituire una commissione d’inchiesta deve individuare l’oggetto delle sue indagini: deve quindi dotare tale commissione dei poteri di
indagine limitatamente a quel campo di azione. Viene pertanto redatto un vero e proprio mandato che
individua i limiti entro i quali tale commissione è legittimata ad
agire. Così facendo, la commissione di indagine avrà la possibilità di
ottenere tutte le informazioni essenziali. La Convenzione prevede l’istituzione di una commissione di
inchiesta imparziale, “ogni volta che vi siano motivi ragionevoli di ritenere che un atto di tortura sia stato commesso su qualsiasi
territorio sottoposto alla sua giurisdizione”. L’articolo 20 prevede inoltre l’istituzione di un Comitato il
quale, qualora ricevesse informazioni certe che atti di tortura sono compiuti in un determinato Stato “invita detto Stato a collaborare nell'esame delle informazioni e, a tal fine, a comunicargli
le sue osservazioni in merito”. Un obbligo di indagine è previsto ad esempio all’art. 18 della
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Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle
pene o trattamenti inumani o degradanti. Deve essere inoltre previsto il diritto di sporgere denuncia da
parte di ogni persona che pretende di essere stata sottoposta a tortura (art. 13), così come il diritto di ottenere riparazione e di essere equamente risarcito ed in maniera adeguata (art. 14). L’articolo 8 della Carta araba recita inoltre:
“Nessuno sarà soggetto a tortura fisica o psicologica o ad un
trattamento crudele, degradante, umiliante o inumano. Ogni Stato Parte proteggerà qualunque individuo si trovi soggetto
alla sua giurisdizione dalle suddette pratiche e adotterà misure effettive per prevenire tali pratiche. La commissione o la partecipazione a simili atti sarà considerata tra i delitti punibili in base alla legge e ad essi non si applicherà la prescrizione. Ogni Stato Parte dovrà garantire, all'interno del proprio sistema giuridico, riparazioni per chi sia vittima di tortura, compreso un sistema di riabilitazione e indennizzo.”
Il Protocollo di Istanbul (o Manuale per un'efficace indagine e documentazione di tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti), è stato redatto dalle Nazioni Unite nel 1999 al fine di prevedere una serie di norme e procedure allo scopo di aiutare l’organo inquirente ad individuare e documentare con
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efficacia, questo tipo di atti. Sono previste proprio in tale Protocollo le linee guida da seguire
affinché possano essere reperite tutte quelle informazioni fondamentali per la vicenda: al termine dell’indagine, il consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani avrà il compito di redigere e rendere pubblico un rapporto nel quale descriverà gli strumenti utilizzati e le prove trovate, nonché una propria
conclusione in merito ai fatti basata sulla legge applicabile. Diverso è il caso dell’arbitrato internazionale.
Un arbitrato ha per oggetto il regolamento di liti fra Stati per
opera di giudici di loro scelta e sulla base del rispetto del diritto. Fare ricorso all’arbitrato implica ovviamente l’impegno di
rispettare la pronuncia. Sono quindi gli Stati parte della controversia a decidere di agire
per una risoluzione pacifica, nominando pertanto un arbitro che individui una soluzione, la quale poi le parti si impegneranno a
rispettare. La procedura si attiva sia con la dichiarazione di volontà da
parte degli Stati che con l’accordo che va ad individuare linee guida e criteri da seguire per arrivare alla decisione finale; in
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La procedura si conclude invece con una sentenza vincolante per le parti in causa.
L’articolo 30 della Convenzione europea contro la tortura recita inoltre:
“Ogni controversia tra due o più Stati Parti relativa all'interpretazione o all'applicazione della presente Convenzione che non possa essere composta per via di negoziato, verrà sottoposta ad arbitrato su domanda di uno di essi. Qualora, nei sei mesi successivi alla data della domanda di arbitrato, le parti non riescano ad accordarsi in merito all'organizzazione dell'arbitrato, una qualunque di esse può sottoporre la controversia alla Corte internazionale di giustizia, depositando una richiesta in conformità allo statuto della Corte.” Il terzo ed ultimo strumento è poi costituito dall’attivazione di
comitati ad hoc. La stessa Convenzione europea sulla prevenzione della tortura
ha istituito il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle
pene o trattamenti inumani o degradanti o CPT. Questo meccanismo ha natura extra-giudiziale e si occupa del
controllo e del rispetto dell’attuazione proprio della Convenzione che l’ha istituito, limitatamente alle sole parti
contraenti di tale trattato. Poiché è dotato di un’illimitata libertà di spostamento in tutti i
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Paesi contraenti, si reca periodicamente nei luoghi di privazione della libertà, quali ad esempio le carceri, per ispezionare e valutare che le condizioni di detenzione siano idonee rispetto alla stessa Convenzione.
Un cenno meritano poi due comitati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che hanno lo scopo di stimolare gli Stati ad applicare in maniera conforme le regole degli accordi pattizi: il
Comitato per i diritti dell’uomo ed il Comitato contro la tortura. Il Comitato per i diritti dell’uomo è stato istituito in base
all’articolo 28 del Patto sui diritti civili e politici ed ha il compito di formulare, ove lo ritenga necessario, delle ‘osservazioni’ in
merito a questo o a quel punto del Patto stesso. Queste osservazioni hanno lo scopo di andare a costituire la
giurisprudenza del Comitato così da indurre gli stati ad
applicare, come visto, in maniera uniforme le norme del Patto. Il Comitato contro la tortura è previsto agli articoli 17 e ss. della
Convenzione contro la tortura: il compito di tale organo è quello di indagare, una volta ricevuta una dichiarazione circa la pratica di atti di tortura in un determinato Stato, che abbia ratificato la Convenzione, e presentare le proprie osservazioni, arrivando anche ad istituire una inchiesta.
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