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LA PRESENZA DEGLI ESULI AFRICANI IN CAMPANIA NEL V SECOLO

3.1 I contatti commerciali tra Africa e Campania nel V secolo

I contatti fra la Campania e l’Africa attestati tra V e VI secolo rappresentano un aspetto di quella ‘vocazione mediterranea’ che in epoca antica e medievale contraddistinse il Mezzogiorno e l’Italia meridionale in genere e soprattutto le regioni tirreniche269.

Per quanto riguarda la Campania, recenti indagini archeologiche hanno dimostrato come, insieme alla Puglia, alla Basilicata e ad alcune zone della Calabria, essa fosse parte di una ‘catena regionale’ che conservò per tutto il IV e fino agli inizi del V secolo un forte dinamismo economico e un ruolo attivo, sia nell’approvvigionamento dei centri direzionali (primo fra tutti Roma) sia negli scambi commerciali con l’area balcanica, con l’Africa settentrionale e con il Mediterraneo orientale e occidentale270.

Nel caso specifico delle città campane, per tutto il IV e fino agli inizi del V secolo, centri come Capua, Puteoli, Napoli e Benevento serbarono intatto il loro carattere urbano e continuarono a partecipare ai traffici che si

268 Ibidem, pp. 6-7 e p. 166. 269

Il mar Tirreno, come il Mediterraneo in genere, per la sua facile navigabilità si è rivelato una via di comunicazione particolarmente adatta a favorire la circolazione di merci, popoli e culture: diversi contributi in proposito sono pubblicati nel volume L'Africa romana. Lo

spazio marittimo del Mediterraneo occidentale, geografia storica ed economia. Atti del

XIV Convegno di studio (Sassari, 7-10 dicembre 2000) a cura di C. Vismara, Roma 2002. Per il tema specifico degli scambi commerciali nel Mediterraneo occidentale i rinvia, invece a L. Paroli, C. Citter, C. Pellecuer, J.M.Péne, Commerci nel Mediterraneo

Occidentale nell'alto medioevo, in Early Medieval Towns in West Mediterranean,

Convegno 22-24 settembre 1994, a cura di G. P. Brogiolo, Mantova 1996, pp. 121-142.

270 G. Volpe, C. Annese, G. Disantarosa, D. Leone, Ceramiche e circolazione delle merci in

Apulia fra tardoantico e altomedioevo, in S. Gelichi, C. Negrelli (a cura di) La circolazione delle ceramiche nell’Adriatico tra Tarda antichità e Altomedioevo, III Incontro di studio

107 svolgevano in area mediterranea271. In seguito, alcune di queste città

subirono una battuta d’arresto, legata alla più generale crisi economica che nel corso del V e del VI secolo colpì i mercati occidentali 272.

Per ciò che concerne gli scali campani, il porto di Pozzuoli, che dal I al III secolo d. C. aveva primeggiato ed era stato sede di attività mercantili intensissime, perse progressivamente il suo primato a favore di Napoli, a causa dell’instabilità geologica dovuta ai continui fenomeni di bradisismo e per le invasioni di Vandali e Goti, che amplificavano la diffusa condizione di insicurezza 273. Nel corso del V e del VI secolo, dunque, il predominio spettò allo scalo napoletano, che continuò a essere frequentato e a scambiare merci con varie regioni, tra cui la Tunisia e la Tripolitania274.

I reperti archeologici rinvenuti nei contesti neapolitani di Carminiello ai Masseni e di Pollena Trocchia sembrerebbero indicare che in quell’area, tra IV e V secolo, i prodotti di provenienza africana andarono progressivamente sostituendosi alle produzioni adriatiche del periodo tardorepubblicano e imperiale e a quelle della Betica, della Lusitania e della Gallia275.

In particolare, come ha evidenziato Soricelli, nel sito di Carminiello ai Mannesi la percentuale di anfore di provenienza africana risalenti al V secolo è doppia rispetto a quella delle anfore riferibili alla fine del secolo precedente e costituisce, come nei coevi contesti archeologici di Ostia/Roma, circa il 50% delle importazioni totali276.

La significativa quantità di ceramiche da mensa, anfore e lucerne in sigillata africana ritrovate sia nel contesto di Carminiello ai Mannesi sia in quello di Pollena Trocchia e riconducibili al V secolo farebbe pensare che, in quel periodo, insieme a questo genere di manufatti, dall’Africa

271 E. Savino, Campania tardoantica (284-604 d.C.), Bari 2005, pp. 68-69: secondo

Eliodoro Savino, ciò fu anche dovuto al fatto che l’aristocrazia senatoria di Roma, legata da interessi politici ed economici alla provincia, e più modestamente i ceti municipali continuarono a donare denaro alle città campane e a promuovere opere pubbliche nella regione.

272 M. Tangheroni, Commercio e navigazione nel Medioevo, Roma-Bari 1996, pp. 3-5. 273 Ibidem, pp. 15-16; cfr. anche E. Savino, Campania tardoantica cit., pp. 68-69 e pp. 218-

220.

274 C.S. Martucci, G. Boemio, G. Trojsi, G.F. De Simone, Pollena Trocchia (NA), località

Masseria De Carolis. L'analisi dei reperti per la ricostruzione del contesto economico e sociale della villa romana, in <<Amoenitas>> II (2012), pp. 87-117, p. 96.

275

Ibidem, pp. 93-96. Sul contesto di Carminiello ai Mannesi cfr. P. Arthur (a cura di), Il

complesso archeologico di Carminiello ai Mannesi: Napoli (scavi, 1983-1984), Galatina

1994.

276 G. Soricelli, "Terra Sigillata" della prima, media e tarda età imperiale, in P. Arthur (a

108 giungessero in area napoletana anche alcuni beni alimentari, tra cui

principalmente olio e grano, prodotti per i quali la Campania non era forse più in grado di garantire l’autosufficienza277. A Napoli la necessità di questi prodotti potrebbe essersi intensificata proprio in seguito all’arrivo degli esuli africani e al nuovo afflusso di gente in città278

Nei contesti neapolitani le ceramiche comuni di provenienza africana sono presenti in percentuale nettamente inferiore rispetto alle ceramiche da mensa in sigillata africana279. Quest’ultime, oltre che a Napoli, compaiono in quantità considerevole oltre che negli altri siti litoranei della Campania, dove l’affluenza di prodotti di importazione africana risulta essere ancora alta tra V e VI secolo, e anche in aree più interne della provincia280.

Il numero di anfore in sigillata africana relative al V secolo rinvenute a Capua, ad esempio, risulta di poco inferiore a quello dei reperti simili recuperati nel coevo contesto di Carminiello ai Mannesi. Si tratta di un interessante elemento di riflessione, poiché consente di valutare l’incidenza che i prodotti africani potrebbero aver avuto anche nel mercato di città dell’entroterra che, come Capua, erano ben collegate tramite la viabilità principale ai maggiori centri di approvvigionamento e smistamento281. A partire dalla metà del V secolo alcuni di questi siti affiancarono, alla non

277 P. Arthur, Naples from Roman Town to City-State: an archaeological perspective,

London 2002, pp.122-133 e pp. 250-251 ; E. Savino, Campania tardoantica cit., pp. 93 ss.; 68-69 C.S. Martucci, G. Boemio, G. Trojsi, G.F. De Simone, Pollena Trocchia cit., pp. 93- 96. Sull’ipotesi che i Vandali esportassero in Campania derrate alimentari in cambio di denaro cfr. C. Wickham, Early medieval archaeology in Italy: the last twenty years in <<Archeologia Medievale>>, 26 (1999), pp. 7-20, p. 9.

278 P. Arthur, Naples cit., pp.122-133. A Napoli le ceramiche e le anfore africane sono più

numerose di quelle di provenienza orientale e costituiscono addirittura il 50% dei reperti ritrovati. Dall’Oriente e dall’Italia meridionale giungevano soprattutto le anfore vinarie, anche se in misura minore rispetto ai materiali nordafricani. In età ostrogota quando, pur persistendo una maggioranza di contenitori africani, crebbero sensibilmente quelli provenienti dall‟Oriente.

279

V. Carsana, Ceramica da cucina tardoantica e altomedievale, in P. Arthur (a cura di), Il

complesso archeologico cit., pp. 251-258, p. 257.

280 La sigillata africana è presente, ancora agli inizi del VI secolo, nella Campania costiera,

comprese le isole, a Capua, e, più a nord, a Sperlonga, Ostia e Porto: cfr. in proposito S. Tortorella, La sigillata africana in Italia nel VIe nel VII secolo d. C.: Problemi di

cronologia e distribuzione, in L. Saguì (a cura di), Ceramica in Italia: VI-VII secolo. Atti del convegno in onore di John W. Hayes Roma, 11-13 maggio 1995, Firenze 1998, pp. 41-

69, p. 53.

281

109 irrilevante presenza di prodotti di importazione africana, una produzione

locale che imitava modelli in terra sigillata chiara nord africana282. . Le testimonianze archeologiche sembrerebbero dimostrare che nel V secolo Napoli, pur nelle difficoltà in cui la Campania venne a trovarsi a causa dalle incursioni di Visigoti, Vandali e Mauri, riuscì ad assumere un peso rilevante nella difesa del territorio circostante e a garantire la sopravvivenza delle attività urbane. Intorno al 440 d. C., per volere di Valentiniano III, la città venne cinta da nuove mura, divenendo forse un polo di attrazione sia per la popolazione in fuga dai villaggi limitrofi sia per chi, come Quodvultdeus, fosse alla ricerca di un luogo in sicuro in cui riparare283. In virtù della favorevole posizione geografica e per l’importanza del suo porto, inoltre, Napoli, come si è detto, continuò a partecipare pienamente ai traffici commerciali che si svolgevano nel Mediterraneo, restando aperta, come dimostrerebbe la presenza in città degli esuli cartaginesi, al contatto e al confronto con altre componenti etniche284. È probabile che a mantenere in vita i rapporti economici tra Campana e Africa abbiano in qualche modo contribuito anche gli stretti legami esistenti, nella tarda antichità, tra le élites civili attive nelle due regioni: non è da sottovalutare, ad esempio, il fatto che non di rado i membri della classe dirigente campana, rappresentata in primo luogo dall’aristocrazia senatoria, avessero interessi forti e consolidati sulla sponda opposta del Mediterraneo, trattandosi in qualche caso di famiglie provenienti da quelle stesse zone o che lì avevano avuto modo di ricoprire molteplici incarichi285. In proposito Marco Niccolai menziona tre membri dell’aristocratica gens dei Ceionii, famiglia che, pur essendo originaria probabilmente dell’Etruria, ebbe rapporti molto stretti con le province africane: Ceionius Rufius Volusianus, appartenente al ramo dei Ceionii Iuliani, che fu proconsul in Africa tra il

282 S. Fontana, Le “imitazioni” della sigillata africana e le ceramiche da mensa italiche

tardo-antiche, in L.

Saguì (a cura di ), Ceramica in Italia cit., pp 83-100, pp. 91-92.