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LA PRESENZA DEGLI ESULI AFRICANI IN CAMPANIA NEL V SECOLO

P. Arthur, C De Mitri, E Lapadula, Nuovi appunti sulla circolazione della ceramica

38. Nell’epistola V Paolino fa riferimento in modo esplicito al clero africano e scrive: Afr

3.4 Influssi africani sull’agiografia e sul monachesimo napoletan

L’immigrazione di personalità africane alla fine del V secolo intensificò i rapporti fra la Chiesa di Napoli e l’Africa cristiana dal punto di vista sia culturale sia cultuale, favorendo in Campania il diffondersi della devozione per alcuni santi africani337. Fenomeni simili interessarono tra V e VI secolo anche altre aree, come la Spagna, la Corsica e in particolare la Sardegna338. Per quanto concerne la componente agiografica, numerosi sono i punti di contatto tra il calendario cartaginese, in cui compaiono importanti tracce di culti campani, e il calendario marmoreo napoletano, risalente al IX secolo, dove sono menzionati vari santi africani. Tra questi, alla data del 17 luglio, compare san Sperato, primo dei martiri scillitani, al quale era dedicata a Napoli una chiesa. Attestato in varie provincie d’Occidente e d’Oriente, il

335 M. Amodio, La componente africana cit., p. 38. 336

M. Ptschening (ed. a cura di), Victor Vitensis, Historia cit., p. 8.

337 G. Fiaccadori, Il cristianesimo cit., p. 164; D. Ambrasi, I rapporti cit., p. 326; M.

Amodio, Note sulla presenza di stranieri cit., p. 1102.

338 Ibidem. Cfr. anche M. Amodio, La componente africana cit. pp. 47-48: in particolare per

quanto riguarda la Sardegna la diffusione dell’ideale monastico, l’incremento del culto per santi e martiri africani, a cui furono dedicate chiese, gli scambi dottrinali lasciano pensare che i legami dell’isola con l’Africa fossero antichi e profondi. Agli inizi del IV secolo la Sardegna prese parte al Concilio di Arles relativo a questioni riguardanti la chiesa africana; successivamente, nel 484, cinque vescovi sardi furono presenti al Concilio di Cartagine. Durante la dominazione vandalica nell’isola furono mandati in esilio numerosi vescovi africani, che, come avvenne in Campania, furono accolti con onore dalle chiese locali. Il prestigio acquisito da questi personaggi è testimoniato anche per la Sede romana che onorò degnamente le vittime della persecuzione vandalica.

120 culto di S. Sperato potrebbe essersi diffuso a Napoli proprio in seguito

all’arrivo degli esuli cartaginesi 339

. Una testimonianza indiretta della devozione per il martire è forse rintracciabile nelle catacombe di S. Gennaro, dove, sotto un affresco datato al V secolo, compare l’iscrizione Spera[tus]; l’immagine non riproduce il santo africano ma un defunto che portava questo nome, tuttavia è significativa poiché permette di ipotizzare la diffusione in Campania, come in Sardegna, tra V e VI secolo, di nomi appartenenti a martiri africani340.

Già attestato a Napoli tra il 415 e il 420, anche un altro culto, quello di S. Stefano, che era particolarmente diffuso in alcune zone dell’Africa Proconsolare e della Numidia, conobbe un incremento con l’arrivo degli esuli africani. A documentarlo sono varie fonti letterarie, attestazioni epigrafiche e alcune testimonianze presenti nelle catacombe napoletane341. A una seconda fase dell’esodo, avvenuta agli inizi del VI secolo, potrebbe essere invece collegata l’introduzione del culto di Emiliano medico, perseguitato sotto Unerico342.

Tra i santi africani menzionati nel calendario marmoreo napoletano compaiono, inoltre, Saturnino, Cipriano, Restituta, il vescovo Felice e lo stesso s. Agostino343, mentre fra i santi campani particolarmente venerati in Africa si ricordano Gennaro, Sosso e Felice, martiri la cui presenza nel calendario cartaginese potrebbe essere stata in parte determinata dalla devozione nutrita da Paolino di Nola nei loro confronti344.

Per quanto non sia stato provato da un punto di vista archeologico e storico, si può supporre che gli esuli in fuga dalla persecuzione vandalica abbiano portato con sé reliquie di santi africani. Si tratta di un’ipotesi plausibile, se si considera che all’epoca il fenomeno della traslazione delle

339 M. Amodio, La componente africana cit., p. 43. Sul culto di Sperato e degli altri martiri

scillitani cfr. D. Ambrasi, I rapporti cit., pp. 327-329.

340

D. Ambrasi, I rapporti cit., p. 328; M. Amodio, La componente africana cit., p. 43. Per quanto riguarda la Sardegna l’argomento è trattato in maniera approfondita nel contributo di L. Pani Ermini, La Sardegna e l’Africa nel periodo vandalico in L’Africa Romana. Atti del II Convegno di studio (Sassari, 14-16 dicembre 1984), a cura di A. Mastino, Sassari 1985, pp. 105-122.

341 Ibidem, p. 44.

342 Ibidem, p. 45. Cfr. anche D. Ambrasi, Il cristianesimo cit., p. 707. 343 Per tutti questi personaggi cfr. D. Ambrasi, I rapporti cit., pp. 329-336. 344

121 reliquie era assai frequente e aveva una profonda e significativa valenza345.

È probabile, inoltre che dall’Africa arrivassero codici importanti, come quello contenente la Vita di S. Agostino di Possidio346. È inoltre possibile ipotizzare che l’arrivo degli africani abbia favorito il sorgere di nuove comunità monastiche, la più antica delle quali sarebbe stata proprio quella fondata dal vescovo Gaudioso.

Alla fine del VI secolo, ai tempi di Gregorio Magno, Napoli aveva già quattordici monasteri e, tra VI e VII secolo, la città era seconda solo a Roma per numero di centri monastici347. La proliferazione di queste fondazioni potrebbe essere stata in parte sollecitata dalla presenza di africani e dalla diffusione dell’opera di Agostino348.

Tra i monasteri napoletani va ricordata in particolare la comunità nata nel

Castrum Lucullanum349 in seguito alla deposizione delle spoglie di

Severino, santo morto nel Norico nel 482, comunità che agli inizi del VI secolo divenne un vero e proprio centro di irradiazione culturale per tutto l’Occidente soprattutto per merito del quarto abate, l’africano Eugippio, che la dotò di un attivissimo Scriptorium 350.

345 La traslazione delle reliquie aveva nel Medioevo un valore non solo religioso, ma anche

economico e sociale <<cui non era estraneo>>, afferma Fonseca, <<un interesse di portata morale costituito da una sorta di preminenza di un determinato luogo nei confronti di altri>>, cfr. C.D. Fonseca, Le feste liturgiche , in Strumenti, tempi e luoghi di

comunicazione nel Mezzogiorno normanno-svevo. Atti delle undicesime giornate

normanno-sveve 1993, a cura di G. Musca e V. Sivo, Bari 1995, pp. 231-251, p. 248. Sui viaggi delle reliquie nel medioevo cfr. anche i contributi di Luigi Canetti: Pignora salutis.

Le reliquie dei santi tra soteriologia e scambio simbolico nei secoli IV-VII, in <<Quaderni

del Medii ævi Sodalicium>>, III (2000), pp. 143-172 e Mnemostoria e archeologia rituale

delle traslazioni di reliquie tra Antichità e Medioevo, in Liturgia e agiografia tra Roma e Costantinopoli, a cura di K. Stantchev e S. Parenti, Grottaferrata 2007 (Analekta Kruptoferrhs, 5), pp. 131-151. Spunti interessanti presenta inoltre il testo, sempre di Luigi

Canetti, dal titolo Frammenti di eternità. Corpi e reliquie tra Antichità e Medioevo, Roma 2002.

346

M. Amodio, La componente africana cit., p. 46.

347 D. Ambrasi, Papa Gregorio Magno a Napoli, in <<Campania Sacra>>, XXI 1990, pp.

30-36.

348 M. Amodio, La componente africana cit., p. 46: il De ordine monasterii, la seconda

delle tre regole che vanno sotto il nome di Agostino, potrebbe essere stata composta in Italia meridionale da monaci africani provenienti dall’ambiente del vescovo di Ippona.

349 Sull’ubicazione del Castrum Lucullanum cfr. J. Beloch, Campania. Storia e topografia

della Napoli antica e dei suoi dintorni, Napoli 1989, p. 98-100; e più recentemente V.

Jolivet, Xerses Togatus: Lucullus en Campanie, in <<MEFRA>> 99 (1987), pp. 891-897; P. Arthur, Naples cit., pp. 69-71; E. Savino, Campania tardoantica cit., p. 226, n. 415.

350 V. Von Falkenhausen, La Campania tra Goti e Bizantini, in Storia e Civiltà della

Campania cit., p. 9 e p. 14. Sulla biblioteca del monastero di Eugippo cfr. D. Ambrasi, Il cristianesimo cit., pp. 717-723 e 625-759.

122 Discepolo di S. Severino, di cui redasse la Vita (511), Eugippio compose

una Regola mixta351 , unendo brani estratti da varie Regole, e raccolse una serie di scritti di Agostino in un’opera dal titolo Excerpta ex Operibus S.

Augustini352. Morto nel 533, l’abate del Lucullanum fu noto per i suoi

contatti con importanti personalità del tempo, tra cui il cronografo scita Dionisio Esiguo, il diacono romano Pascasio, il diacono Ferrando da Cartagine, la monaca Proba, figlia del senatore Simmaco e parente di Cassiodoro, e soprattutto il vescovo africano Fulgenzio di Ruspe, per il quale avrebbe fatto copiare alcuni codici del suo Scriptorium, passati quindi in Africa tramite i monaci dello stesso Fulgenzio353.