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LA FIGURA DEL VESCOVO CARTAGINESE QUODVULTDEUS NELL’HISTORIA PERSECUTIONIS AFRICANAE PROVINCIAE D

2.1 La storia di Quodvultdeus

CAPITOLO SECONDO

LA FIGURA DEL VESCOVO CARTAGINESE QUODVULTDEUS NELL’HISTORIA PERSECUTIONIS AFRICANAE PROVINCIAE DI VITTORE DI VITA

2.1 La storia di Quodvultdeus

La leggenda dei santi Castrese e Prisco ha probabilmente avuto inizio nella prima metà del V secolo nell’Africa proconsolare: in quel tempo e in quei luoghi, infatti, Quodvultdeus, le cui vicende hanno funto da modello per gli autori delle agiografie campane, visse le dure conseguenze dell’invasione vandalica203

.

Come è noto nel 429 Genserico e i suoi uomini sbarcarono dalla Spagna in territorio africano, dove il governo dell’impero era ormai inefficace, indebolito dai durissimi contrasti con i donatisti E dalle incursioni delle popolazioni maure provenienti dall’interno204

. Dopo aver conquistato quello stesso anno la capitale della Mauretania Iol Caesarea e l’anno successivo Hippo Regius, nel 439 i Vandali assediarono Cartagine, rompendo così l’accordo stipulato tre anni prima con Roma; in breve tempo

203D. Mallardo, San Castrese cit., pp. 24-25; A. Vuolo, La nave dei santi cit., p. 63; I.

Aulisa, Capua nel Martirologi<o cit., p. 244; A. Galdi, E. Susi, Santi, navi e Saraceni, cit., p. 59.

204 A. H. Merrills, Vandals, Romans and Berbers: New Perspectives on Late Antique North

Africa, Ashgate Publishing 2004, pp. 91 ss.; C. Neri, La fuga di fronte al pericolo: opportunità politica o esempio morale (Possidio, Vita Augustini, 30)?, in l’Africa Romana. Mobilità delle persone e dei popoli, dinamiche migratorie, emigrazioni ed immigrazioni nelle province occidentali dell'Impero romano. Atti del XVI convegno di studio. Rabat, 15-

19 dicembre 2004, Roma 2006, pp. 959-976, pp. 973-975. B. Ward-Perkins, The Fall of

80 occuparono anche i territori a ovest della Tripolitania e successivamente la

stessa Tripolitania205.

Se l’opinione degli studiosi diverge circa gli effetti devastanti che l’inarrestabile avanzata vandala avrebbe avuto per la vita politica, economica e sociale delle città nordafricane206, è fuor di dubbio che il terreno religioso fu quello in cui lo scontro tra vandali ariani e africani cattolici si manifestò in modo particolarmente acceso e ben più violento rispetto a quanto accaduto in altre zone dell’impero207. Fu proprio intorno al contrasto di fede, come ha notato Manlio Simonetti, che di fatto si polarizzò in modo determinante l'ostilità fra invasori e invasi, al punto che cattolicità divenne sinonimo di romanità208.

Quanti tra i cattolici rifiutarono di farsi ariani furono esiliati o messi a morte209: tra loro c’era anche il vescovo di Cartagine Quodvultdeus. Le informazioni su questo personaggio non sono molte. Gli studiosi gli

205 A. Nazzaro, Quodvultdeus: un vescovo dell'Africa vandalica a Napoli, in Società

multiculturali nei secoli V-IX: scontri, convivenza, integrazione nel Mediterraneo occidentale. Atti delle VII Giornate di studio sull'età romanobarbarica, Benevento, 31

maggio-2 giugno 1999, a cura di M. Rotili, Napoli 2001, pp. 33-51, pp. 33-35; T. W. Potter, Le città romane dell'Africa Settentrionale nel periodo Vandalico, in Le invasioni

barbariche nel meridione dell'impero visigoti, Vandali, ostrogoti, Atti del convegno a cura

di P. Delogu, Soveria Mannelli 2001, pp.119-150,119-120.

206 A. Platanica, La cristianità africana fra Arrianus furor e subreptiones Acephalorum, in

Le invasioni barbariche nel meridione dell'impero cit., pp. 181-242, 181-182; T. W. Potter, Le città romane cit., p. 129. Antonio Platanica pone l’accento sulle distruzioni operate dai

Vandali descritte da Possidio nei capitoli finali della Vita Augustini e riferite anche da Onorato di Tiabe, Capreolo e Quodvultdeus. Timothy W. Potter ritiene tuttavia che i Vandali non siano stati selvaggi distruttori della civiltà romana, come solitamente vengono considerati, ma che il loro arrivo nell'Africa settentrionale nel 429 abbia coinciso con un periodo di sostanziali trasformazioni delle città romane, la cui fine fu determinata piuttosto dal crescente potere dei berberi, dal disastroso intervento dei bizantini e più in generale dal complesso delle vicende che investirono il Mediterraneo. Secondo Potter, i dominatori Vandali non fecero che inserirsi su un tessuto in cambiamento nel quale il panorama urbano presentava già i segni marcati, e per molti aspetti irreversibili, della crisi dei sistemi politici, indeboliti soprattutto dal crescente potere del clero.

207 M. Simonetti, Romani e barbari. Le lettere latine alle origini dell’Europa (secoli V-

VIII), a cura di G.M. Vian, Roma 2006, p. 31.

208 Ibidem.

209 S. Lancel (ed. a cura di), Victor de Vita, Histoire de la persécution vandale en Afrique,

Paris 2002, pp. 41-42; M. Amodio, La componente africana nella civiltà napoletana tardo-

antica. Fonti letterarie ed evidenze archeologiche , in Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, Memorie in 8°- Volume VI, Roma 2005, p. 38 nota 34: la politica

anti-cattolica fu portata avanti con particolare rigore da Unerico (477-484), figlio di Genserico; dopo un periodo di maggiore tolleranza che coincise con il regno di Guntamondo (486-494), le persecuzioni ripresero con il re Trasamondo (496-523). Sui tempi e i modi dell’attività persecutoria portata avanti dai Vandali cfr. C. Bourgeois, Les

Vandales, le Vandalisme et l’Afrique, in <<Antiquités africaines>>, XVI 1980, pp. 213-228

e A. Isola, I cristiani dell’Africa Vandalica nei Sermones del tempo (429-534), Milano 1990, pp. 25-68.

81 attribuiscono un forte impegno a difesa dell’ortodossia cattolica, giustificato

dalla necessità di contrastare il progressivo diffondersi dell’arianesimo ma anche di evitare che, nel disordine spirituale e disciplinare seguito all’invasione vandala, potessero risollevare il capo altre forme di eresia come il manicheismo, il donatismo e il pelagianesimo, contro le quali la Chiesa africana aveva già in passato dovuto confrontarsi. Le omelie che avrebbe composto, in effetti, rivelano l’immagine di un predicatore che esorta strenuamente i fedeli a resistere all’inganno eretico210.

Nato a Cartagine tra il 380 e il 390211, la sua figura è oggi quasi unanimemente identificata con quella dell’omonimo diacono che fu corrispondente di Agostino, al quale inviò i Gesta episcopalia e indirizzò due lettere per chiedergli di scrivere il De haeresibus212. Eletto dopo Capreolus primate di Cartagine213, Quodvultdeus, convinto difensore della fede cattolica, fu esiliato nel 439 per aver espresso nelle sue omelie una profonda indignazione nei confronti degli invasori Vandali214. Giunto quello stesso anno sulle coste della Campania, si diresse a Napoli, dove proseguì la sua lotta all’eresia, mettendo il vescovo della città Nostriano in guardia contro il pelagiano Floro215. In Campania l’esule africano avrebbe

210

Sulla figura del vescovo africano cfr. A.V. Nazzaro, Quodvultdeus: un vescovo

dell'Africa Vandalica a Napoli cit., pp. 33-51; A. Platanica, La cristianità africana cit., pp.

186 ss. e p. 190; D. Van Slyke, Quodvultdeus of Carthage: the apocalyptic theology of a

Roman African in exile, Sidney 2003, pp. 147 ss.; M. Simonetti, Romani e Barbari cit., pp.

49-52; A.V. Nazzaro, v. Quodvultdeus, in Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità

cristiane, III: P-Z, dir. A. Di Berardino, Genova-Milano 2008, coll. 4449-4453.

211 Egli afferma di trovarsi a Cartagine al tempo della consacrazione del tempio di Caelestis

come Chiesa nella Pasqua del 399 (secondo la cronologia tradizionale) o del 408 e si definisce adulescens in quell’epoca: cfr. A.V. Nazzaro, Quodvultdeus, un vescovo

dell’Africa Vandalica cit., p. 35.

212Ibidem, pp. 36-37. Cfr. anche R. Braun (trad. a cura di), Quodvultdeus, Livre des

promesses et des predictions de Dieu, Paris 1964, p. 91; M. Simonetti, Romani e barbari

cit., p. 49; C. Neri, La fuga di fronte al pericolo cit., pp. 961-962. Sull’attività letteraria di Quodvultdeus cfr. più avanti la nota 216.

213 A.V. Nazzarro, Quodvultdeus, un vescovo dell’Africa Vandalica cit., p. 35:

Quodvultdeus sarebbe diventato vescovo di Cartagine tra il 432 e il 439.

214

VICT. VIT. I, V, 15. Si è proposto di datare l’arrivo degli esuli cristiani a Napoli nel 440, cfr. in proposito M. Amodio, La componente africana cit., p. 18 nota 49.

215 M. Ptschening (ed. a cura di), Victor Vitensis, Historia cit., p. 8. Cfr. A. V. Nazzaro,

Quodvultdeus, un vescovo dell’Africa Vandalica, cit, p. 38: Nazzaro ricorda che l’esilio

napoletano di Quodvultdeus è menzionato verso la metà dell’XI secolo da Pier Damiani nel

De abdicatione episcopatis 10 (PL 145, 440). Secondo tale testimonianza insieme a

Quodvultdeus sarebbe stato costretto alla fuga anche il beato Gaudioso, vescovo di Abitine, che durante la devastazione Vandalica dell’Africa si rifugiò appunto a Napoli dove fondò un monastero.

82 composto il Liber promissionum et praedictorum Dei216, per poi morire,

probabilmente a Napoli, nel 453 o nel 454217. La morte, come suggerisce Maria Amodio, deve essere avvenuta prima del 25 ottobre del 454, data dell’elezione, verificatasi dopo un lungo intervallo di tempo, del suo successore Deogratias. La tradizione dei calendari napoletani, che va dal IX al XV secolo, indica costantemente come giorno della deposizione il 19 febbraio; il calendario cartaginese, databile alla prima metà del VI secolo, riporta invece l’8 gennaio, mentre alcuni martirologi fanno riferimento a date differenti (quello di Floro di Lione riporta il giorno 1 dicembre; quello di Adone il 28 novembre). La tradizione napoletana è comunque da considerarsi la più autorevole, perché fondata sulla visione diretta della tomba del vescovo, identificata con una sepoltura presente nel cimitero di S. Gennaro che doveva riportare l’epitaffio con la data precisa della depositio218.

2.2 Cenni sull’Historia persecutionis africanae provinciae di Vittore di