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Contemporaneità e soggettività

IV. OSSERVANDO LA FRONTIERA. Interventi di contrasto alla povertà ed

2. Contemporaneità e soggettività

Un tratto distintivo della società occidentale contemporanea è individuabile nella soggettività, intesa come bisogno di auto rappresentazione e realizzazione personale59.

La complessità dell‘argomento è legata a due ordini di ragioni. La prima è di natura antropologica. Dalla sua comparsa all‘interno del pensiero greco sino alle più recenti riflessioni sociologiche della seconda

56 Per una rassegna più approfondita, si veda Di Franco (1989), Nuvolari e Zajczyck (1997) 57 Una delle prime eccezioni è il lavoro di Easterlin (1974). Egli esamina la relazione tra la

crescita economica e felicità

58

Database elettronico dell‘American Economic Association; contiene riferimenti

bibliografici e abstract relativi alla letteratura internazionale di scienza economica a partire dal 1969.

59 Per Bell (1973) la soddisfazione dei desideri personali e il culto di sé sono caratteristiche proprie della società postindustriale. A sua volta Inglehart (1983), teorizzando la ―rivoluzione silenziosa‖ provocata dalla crescita dei valori post-materialistici, individua la realizzazione personale tra i più significativi di essi.

modernità (Giddens, 1991), la soggettività ha dato origine ad una molteplicità di interpretazioni.

La seconda questione è più di natura storico-sociologica e riguarda la particolare condizione in cui la soggettività viene a trovarsi nella società contemporanea. Il suo emergere sull‘orizzonte sociale contemporaneo è infatti prevalentemente dovuto a processi di de-istituzionalizzazione e frammentazione che hanno significato il passaggio dalla modernità societaria (Giaccardi e Magatti, 2001) alla ―seconda modernità‖ o ―post-modernità‖, accelerato dalle dinamiche di globalizzazione. Questa transizione ha in realtà reso liquidi quegli elementi che facevano della società un tutto compatto e coerente all‘interno della quale la persona trovava la propria collocazione e la risposta alla domanda di senso (Giaccardi e Magatti, 2003). Questa problematicità assume i tratti dell‘incertezza e dell‘instabilità alla luce della quale gli stessi esseri umani leggono e interpretano la loro condizione. Se per alcuni incertezza e instabilità provocano smarrimento e causa di sentimenti depressivi, per altri assumono il significato di liberazione ed emancipazione dai rigidi schemi della società.

La stessa sociologia ha mostrato interesse nei confronti della soggettività a partire dagli anni Settanta. Non a caso autori come Crespi (2004), Sciolla (2004), Beck (2000), Bauman (1999, 2002), Touraine (1993, 1997), Melucci (1991) e Bovone (1990), hanno elaborato intorno ad essa importanti riflessioni, sia critiche sia favorevoli.

La questione della soggettività comunque entra all‘interno della contemporaneità in virtù della domanda di senso che i mutamenti sociali e culturali hanno riproposto in maniera radicale. La finire della modernità, con l‘abbandono degli ideali di progresso, sono emersi problemi di senso analoghi a quelli riconducibili alla ―gabbia d‘acciaio‖ di weberiana memoria. L‘essere umano post-societario (Giaccardi e Magatti, 2003) si trova di fronte ad un‘alternativa. Da un lato, si tratta di fare propri i principi del post-moderno che, davanti a una società carente di senso, aveva iniziato

a diffondere l‘idea di un soggettivismo a forte valenza psicologica e a costruire in tal modo il senso del proprio esistere, facendo leva esclusivamente sulle proprie risorse. Dall‘altro lato, si tratta di rimanere intrappolato in una situazione alienante, in cui le esigenti richieste provenienti dalla società non riescono più ad essere controbilanciate dall‘offerta di stabilità e ordine che in precedenza la stessa società aveva saputo garantire a livello economico, culturale e politico. In entrambe le alternative, quello che si inaugura con lo sfaldamento della società moderna è un‘epoca di frammentazione per l‘incapacità del sistema sociale di fornire quei riferimenti che sono la base stessa per la costruzione ed il mantenimento della solidarietà sociale (Crespi e Moscovici, 1999).

Tra gli elementi caratterizzanti tale sfaldamento innanzitutto vi è la contrazione della sfera pubblica e la conseguente autoreferenzialità della politica istituzionale, incapace di dialogare con i cittadini, di intercettare i bisogni e tradurli in istanze di governance. Tale indebolimento di ruolo suscita presso i cittadini un senso di profonda sfiducia nei confronti delle istituzioni politiche, che finiscono per essere rese marginali dalla vita sociale delle persone che pertanto abbandonano la già contratta sfera pubblica (Dahrendorf, 2001).

In tal modo il tessuto sociale si sfibra, le stesse relazioni sociali divengono più fragili, mentre l‘autoreferenzialità si riproduce a livello individuale poiché le persone sono troppo impegnate nella cura di sé per potersi aprire a ―rivendicazioni‖ pubbliche. Anche la sfera dei media riflette in trionfo di un ―biografismo‖ diffuso, all‘interno del quale è il soggetto ad essere al centro della scena.

Non a caso gli studi psicologici (Ehrenberg, 1999) vedono nell‘attuale diffusione della sindrome depressiva proprio la conseguenza di ciò che la letteratura sociologica definisce appunto frammentazione.

Questa situazione ha avuto ripercussioni sulla sociologia. La forte centralizzazione della società moderna aveva portato questa disciplina a porle al centro della vita sociale, spesso a scapito delle persone.

Lo sfaldarsi dei sistema sociale e l‘indebolimento dei vincoli posti dalla struttura sociale hanno quindi contribuito a rendere incerto l‘ oggetto della sociologia, facendo sì che essa spostasse progressivamente la propria attenzione dalla struttura sociale all‘individuo.

Mentre per la sociologia classica à la Parsons permane la centralità del nesso tra azione e sistema, le sociologie del periodo successivo (anni Settanta-Ottanta), chiamate a confrontarsi con un società in via di de-istituzionalizzazione e di frammentazione, spostano l‘attenzione sull‘agire (come per esempio l‘‖agire comunicativo‖ di Habermas).

Sono soprattutto i sociologi americani ad essere attualmente influenzati dal‘idea di un ―attore senza sistema che crea un‘immagine di se stesso ed elabora una strategia in rapporto ad altri attori ugualmente indefiniti socialmente‖ (Touraine, 1998, 57). A partire dagli anni Novanta, l‘attenzione del pensiero sociologico tende a concentrarsi sull‘identità piuttosto che sull‘azione, favorendo la diffusione di una sociologia contrassegnata da una concezione atomistica della società. In tale riflessione la persona viene indotta a percepirsi come sempre più slegata da qualsiasi contesto di appartenenza e di conseguenza a legittimare il suo stesso atteggiamento di disimpegno. Alcuni sociologi hanno proposto di definire questo orientamento teorico ―minimalismo sociologico‖ (Cesareo e Vaccarini, 2006).

2.1 Per un nuovo approccio alla soggettività

L‘approccio a cui ci si riferisce in questo paragrafo prende il nome di costruzionista-umanista (Cesareo-Vaccarini, 2006) ha il suo orizzonte di riferimento teorico nella corrente di pensiero sociologico contemporaneo denominata ―costruzionismo sociale‖ (Corcuff, 1995) e si colloca all‘interno del solco già tracciato da studiosi come Simmel (1998), Schutz (1979) e da esponenti dell‘Interazionismo simbolico, impegnati a sottolineare la necessità di non prescindere dall‘azione degli individui, dalle dinamiche scaturite dai loro scambi simbolici, dalle loro

rappresentazioni e dai loro sistemi categoriali. Allo stesso tempo altri studiosi hanno cercato di elaborare modelli teorici capaci di raccordare approcci sistemici con sociologie dell‘azione e dell‘interazione sociale. Ci riferiamo in particolare ai contributi di Bordieu (1995), Giddens (1991) e Elias (1988) che, muovendo dall‘analisi della struttura, sono progressivamente approdati sulla sponda dell‘azione (costruzionismo).

Per il costruzionismo ―la realtà sociale costituisce un insieme articolato di costruzioni storiche, cioè di prodotti della costante attività quotidiana di ―costruzione‖ e ―ricostruzione‖ svolta dagli esseri umani‖ (Cesareo e Vaccarini, 2006, 19). Costoro sono quindi impegnati come attivi protagonisti della costruzione sociale in virtù delle loro reciproche interazioni.

Questa ―costruzione della realtà sociale‖ assume la forma di una circolarità tra azione e struttura, che è scandita da un duplice movimento: il primo, che procede dall‘oggettività alla soggettività, è il movimento di interiorizzazione; il secondo, che procede dalla soggettività all‘oggettività, è il movimento di esteriorizzazione.

Sotto il profilo dell‘oggettività l‘essere umano si affaccia da subito su un mondo culturale e sociale che si pone come una realtà difficilmente plasmabile e trasformabile, cioè come un ―fatto sociale‖ à la Durkheim (1963). Sotto il profilo della soggettività l‘essere umano costruisce la propria personalità mediante ―l‘assimilazione dell‘oggettività culturale e sociale nel corso dei processi di socializzazione‖ (ibidem). Al crescere della soggettività si apre la possibilità da parte di costoro di esteriorizzare. Essi diventano quindi artefici della ―costruzione della realtà sociale‖, in quanto proiettano all‘esterno della loro sfera interiore la propria soggettività, costruendo modelli di comportamento e valori. Più precisamente, gli esseri umani modellano la struttura sociale oggettivata e preesistente nel senso che le forme sociali ereditate dal passato vengono acquisite, eventualmente problematizzate e superate, cioè de-costruite.

Vale a dire che sono trasformate o eliminate, mentre altre forme sociali vengono inventate o stabilizzate.

2.2 Da individuo a persona

Nel costruzionismo umanista l‘aggettivo ―umanista‖ sta ad indicare che l‘essere umano partecipa alla costruzione della realtà sociale non già come individuo ma come persona. Sociologicamente il concetto di individuo è astratto e generale, nel senso che ―astrae‖ l‘essere umano dal suo contesto relazionale e lo considera nella sua generalità piuttosto che nella sua unicità. La modernità ha comportato un miglioramento della condizione degli esseri umani in termini di dignità, libertà e riconoscimento dei diritti individuali e collettivi. Dall‘altra parte però la modernità ha fatto si che gli esseri umani venissero presi in considerazione sulla base di categorie generali piuttosto che per la concretezza della loro individualità, riferita ad un determinato contesto e ad una particolare rete di legami interpersonali.

Per contro, il concetto di persona considera l‘essere umano nelle sue qualità esistenziali che lo determinano come persona unica, identificata dalla sua storia e dai suoi legami sociali. La persona è quindi sempre in divenire, unica e relazionale. Per quanto si riconosce che l‘essere umano appartenga a contesti socio-culturali che lo trascendono e lo condizionano, le sue condotte non sono mai del tutto prevedibili. Nell‘analisi sociologica occorre quindi sempre tener presenti sia le cause oggettive sia le intenzioni soggettive.

Alla persona si riconoscono la capacità di creatività e di non omologazione, nel senso che l‘essere umano può agire con una certa libertà che varia a seconda delle situazioni. Su di lui tuttavia operano sempre dei condizionamenti per cui egli è un essere nel contempo libero e condizionato. Ma affermare che la persona è condizionata è molto diverso dal sostenere che essa sia soggetta a determinismi.

Il costruzionismo umanista riconosce alla persona una potenziale capacità di liberarsi dai condizionamenti, anche se essa deve sempre confrontarsi con vincoli e condizionamenti stessi.

2.3 Per un linguaggio della soggettività

Nel mio ragionamento finora ho fatto ricorso a quattro diverse accezioni di soggettività:

1. la soggettività come definita dal senso comune. Si tratta di un significato molto generale con cui si vuole designare la recuperata centralità della emotività e dell‘arbitrarietà in ambito etico, secondo cui l‘uomo è misura di tutte le cose;

2. soggettività come polarità opposta all‘oggettività, secondo l‘accezione di Berger – Luckmann (1969). In questo senso il termine acquisisce un significato fenomenologico;

3. soggettività secondo l‘accezione di Weber, cioè come sfera dei significati che le persone e i gruppi attribuiscono alle loro azioni tramite i quali rendono comprensibili se stessi e il mondo. In tale accezione il termine abbraccia una concezione della società come insieme di persone, anziché una concezione olista della società come un ―intero‖ che sovrasta le persone stesse;

4. soggettività come pieno compimento della persona, vale a dire come piena attuazione delle sue potenzialità. La persona diventa soggetto nella misura in cui è autrice della propria storia.

A queste quattro definizioni ne aggiungo una quinta che si assumerà come ipotesi per il lavoro di ricerca empirica. In questo caso si specificano tre elementi distintivi della persona che sono: la riflessività, l‘autonomia di scelta e l‘originalità. Ritengo che lo studio della soggettività non possa prescindere da tre fondamentali attenzioni:

1. attenzione alla persona;

2. attenzione all‘antropologia umanista;

Come prima cosa, porre al centro dell‘analisi sociologica la persona significa non dimenticare la concretezza e la situazionalità che caratterizzano l‘essere umano, sempre radicato all‘interno della sua sfera di vincoli, possibilità e relazioni.

Il riferimento all‘antropologia umanista premette di concepire la persona come dotata di potenzialità e di limiti, ma anche di cogliere i suoi differenti livelli di realizzazione. Questi livelli possono variare all‘interno di tre possibilità: persona come agente, che mette in campo azioni di tipo adattivo; persona come attore, che adotta modalità di tipo normative; persona come soggetto, che adotta modalità di azione storiche.

Infine il riferimento alla storicità (Weber) l‘attenzione alla dimensione storica nello studio dei fenomeni sociali, come indicato dalla metodologia weberiana degli idealtipi.