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Tipologie di interventi

IV. OSSERVANDO LA FRONTIERA. Interventi di contrasto alla povertà ed

4. Gli strumenti di sostegno e accompagnamento economico delle Caritas in Friuli

4.1 Tipologie di interventi

Si configurano in questi termini gli interventi di sostegno economico attivati dalle Caritas del Friuli Venezia Giulia e sinteticamente presentati nelle schede che seguono. Si tratta, infatti, di interventi previsti per essere erogati o come aiuto immediato di fronte a situazioni caratterizzate da urgenza e grave necessità, o come supporto per la realizzazione di iniziative di più ampio respiro. Consistono in fondi utilizzati per acquistare beni e servizi di primaria ed immediata necessità per la persona, per fornire contributi a singoli o famiglie che si trovano in condizioni di bisogno grave ed urgente, oppure per attivare micro prestiti di carattere etico­sociale finalizzati all‘acquisto di beni o servizi, al pagamento di utenze o all‘avvio di attività lavorative.

Questa tipologia di interventi riflette il metodo di lavoro seguito dalla Caritas con le persone in situazioni di povertà o di impoverimento di carattere economico e materiale. Esso prevede in prima istanza di rispondere nel modo più diretto possibile ai bisogni della persona, fornendole i beni di cui necessita o aiutandola a trovarli da altre parti, e di ricorrere alla mediazione del denaro solo non nei casi in cui la risposta al bisogno lo renda assolutamente necessario. Il denaro, infatti, rappresenta per le Caritas solo uno degli strumenti con cui rispondere ai bisogni della persona in condizioni di povertà, e non la risposta a tali bisogni. Quest‘ultima, nell‘impostazione della Caritas, si trova sempre e solo nella persona stessa, nella sua volontà di uscire dalla condizione di bisogno in

cui si trova e nella sua disponibilità a farsi aiutare e a mettersi in gioco per raggiungere questo risultato, nella sua capacità di stare in relazione con altri.

La prima risposta alla povertà, quindi, si può dire che sia la persona stessa che si trova in questa situazione. È lei quindi che va resa protagonista di un processo di aiuto che, per la complessità che lo caratterizza, deve avvalersi di una pluralità di strumenti, tra i quali può esserci, seppur non necessariamente, anche il denaro.

Ed è proprio sulla visione della persona che si trova in condizione di povertà o di impoverimento che è necessario soffermarsi e trovare condivisione. Tale visione, infatti, è fondamentale per la comprensione e la successiva attuazione degli interventi di aiuto economico. Il microcredito, su cui le Caritas diocesane del Friuli Venezia Giulia stanno investendo, ―costituisce infatti una rivoluzione culturale più che economica, e antropologica ancor prima che politica‖ (Andreoni e Pelligra, 2009, 13). Sono i presupposti su cui si basa pertanto ciò che deve essere compreso e valorizzato prima che gli aspetti tecnici ed operativi, perché sono presupposti capaci di favorire lo sviluppo umano e non solo quello materiale. Sono fondamentali quindi, perché lo sviluppo materiale senza quello umano conduce alla morte dell‘uomo e della società. Possono pertanto essere estesi a tutti gli interventi di tipo economico e non solo al microcredito etico-sociale, perché anche il semplice contributo, qualora non adeguatamente erogato e inserito in una progettualità più ampia, può aggravare invece che migliorare la condizione della persona, inducendolo a rimanere in una condizione di passività oppure mortificandone la dignità.

Affinché un intervento di tipo economico promuova lo sviluppo umano è necessario che la visione di uomo che lo ispira non sia quella dell‘agente economico classico che persegue il proprio esclusivo vantaggio personale, né quella dell‘individuo autonomo la cui dignità deriva dalla capacità di ragionamento, ma quella fondata sull‘assunto della socialità che porta a considerare gli uomini non solo costitutivamente fatti per vivere

insieme ma anche mossi dal principio di reciprocità53. Si tratta di una visione secondo la quale l‘uomo agisce in virtù di principi comportamentali spiccatamente relazionali, primi fra tutti la reciprocità e la rispondenza fiduciaria, che non lo portano solo a ricercare il proprio interesse personale, ma anche a considerare le intenzioni e le aspettative degli altri.

In questa prospettiva, la vita civile non si caratterizza come una competizione destinata a far sopravvivere il più forte, dove gli istinti egoistici dell‘uomo possono essere controllati solo tramite un contratto, ma come un contesto di convivenza fondato su un «patto fiduciario» e caratterizzato dalla tendenza alla «reciproca assistenza». Solo all‘interno di una visione dell‘uomo e della società di questo tipo può maturare quella fiducia generalizzata in grado di generare affidabilità e, quindi, relazioni capaci di promuovere fioritura umana e coesione sociale. E solo all‘interno di una tale visione dell‘uomo e della società si possono attivare forme di contrasto alla dimensione economica della povertà, rispettose della dignità della persona, efficaci e sostenibili. Sono, infatti, ormai confermati tanto la debole efficacia quanto l‘insostenibilità – oltre che il rischio di svilimento della dignità della persona – degli interventi di tipo economico che prevedono l‘erogazione di contributi a fondo perso. Così come altrettante conferme di efficacia, sostenibilità e promozione della dignità della persona hanno ricevuto forme di aiuto economico basate sul prestito. Eppure la diffusione di queste ultime trova non poche difficoltà a causa di resistenze di tipo culturale prima che tecnico e finanziario. Fa fatica, infatti, ad essere condivisa l‘idea che chi si trova in condizioni di povertà non sia l‘artefice della propria sventura e meriti quindi di essere aiutato. E ancor più fatica fa ad essere accettata l‘idea che chi è povero non tenda a sfruttare tale situazione, approfittandosi degli aiuti che da essa gli derivano. È

53 Sono questi, in estrema sintesi, i principali assunti dell‘antropologia del filosofo Antonio Genovesi, il primo economista accademico che agirà come mediatore tra le tradizioni differenti della concezione hobbesiana dell‘uomo come agente egoista e asociale, da un lato, e quella aristotelica delle virtù sociali dall‘altra, portandolo a porre le fondamenta dei quella che saranno la successiva economia civile e, più in generale, il successivo umanesimo economico.

difficile fidarsi di lui e dargli credito, come persona ancor prima che come debitore. Per questo gli interventi di tipo economico basati sul prestito, quelli che danno fiducia e credito alla persona che vive esperienze di disagio, alle sue idee o alla sua capacità di recupero, sono ancora poco praticati e non vengono sufficientemente valorizzati. Per essere compresi e attuati richiedono di condividere una diversa visione della persona in condizione di povertà, una visione che non parte da pregiudizi negativi, ma nemmeno da idealizzazioni buoniste; una visione capace di comprendere la complessità della persona che può essere responsabile della sua sventura a causa di comportamenti errati messi in atto anche consapevolmente, ma non per questo è destinata necessariamente a perseverare nell‘errore, allo stesso modo in cui può essere fragile e vulnerabile a causa di condizioni ad essa del tutto estranee e sulle quali ha ben poche possibilità di influire. Una visione che sa riconoscere i limiti della persona, ma anche le sue infinite potenzialità; che ritiene sia possibile superare i primi e portare a compimento le seconde e per questo considera la persona degna di ricevere fiducia e credito.

Se si assume questa visione della persona in condizione di povertà si riescono anche a comprendere la logica e le potenzialità degli interventi di tipo economico attivati dalle Caritas del Friuli Venezia Giulia e sintetizzati nelle schede che seguono. Si tratta, infatti, di interventi che pongono sempre al centro la persona e si calibrano in modo flessibile su di essa, a seconda dell‘urgenza del suo bisogno, della gravità delle sue necessità, delle potenzialità che ella può attivare e della sua affidabilità. Ma sono anche interventi che non lasciano mai da sola la persona, partendo dal riconoscimento che l‘isolamento è esso stesso una forma di povertà che può essere, a sua volta, causa di ulteriori forme di povertà, tra cui anche quella economica. Per questo prevedono sempre forme di sostegno e di accompagnamento della persona, siano esse quelle provenienti dalla rete familiare, oppure quelle attivabili nella comunità in cui la persona vive, o

quelle appositamente costruite attorno ad essa attraverso il ricorso ai servizi o al volontariato.

Personalizzazione dell‘intervento, accompagnamento della persona e costruzione di una rete di sostegno costituiscono tre strategie forti dell‘approccio delle Caritas al fronteggiamento dei processi di impoverimento. La povertà infatti si incarna in volti di persone, ognuno diverso dall‘altro, ognuno impronta di un passato e traccia di un futuro diversi, che vanno conosciuti e interpretati, per poterli comprendere. E questo avviene attraverso l‘accoglienza e l‘ascolto. La povertà si manifesta in biografie, accidentate, spesso interrotte, di frequente affossate da un cumulo di difficoltà che richiedono di essere ricomposte, risollevate, talvolta ricostruite. E questo avviene attraverso l‘accompagnamento. La povertà mette ai margini le persone con un processo progressivo che porta ad isolarle sempre più con un processo che, qualora non venga arrestato, le porta all‘esclusione. E questo avviene costruendo una rete attorno alla persona e con la persona.

Gli interventi di sostegno economico presentati nelle schede che seguono derivano dalla lunga attività di osservazione e analisi che le Caritas stanno portando avanti a livello diocesano e triveneto attraverso i loro Osservatori delle povertà e delle risorse. Tale attività ha consentito loro di rilevare i limiti insiti negli aiuti economici basati sulla semplice erogazione di contributi, ma anche quelli dei sistemi assistenziali locali che spesso prevedono soglie di accesso troppo rigide per forme di povertà sempre più indefinite e oscillanti, e procedure burocratiche troppo lunghe rispetto a bisogni la cui urgenza richiede tempestività d‘intervento. Con i loro centri di ascolto diocesani e parrocchiali, infatti, le Caritas hanno intercettato non solo la povertà classica, quella che si presenta con l‘assenza o grave carenza di reddito, ma anche quella nuova, quella cosiddetta transitoria in quanto soggetta ad andare e venire, a seconda della condizione lavorativa e familiare in cui una persona con estrema facilità può venire a trovarsi, ed anche quella particolare forma di povertà legata

all‘incapacità delle persone di gestire il proprio reddito, alla loro tendenza a spendere più di quanto guadagnano e a ricorrere, di conseguenza, a forme di indebitamento con finanziarie, se non addirittura con usurai.

Si tratta di forme di povertà che non sempre riescono a raggiungere i servizi sociali dei Comuni, in alcuni casi perché colpiscono persone refrattarie all‘istituzione e a tutto ciò che ne presenta una sia pur vaga sembianza; in altri casi perché le persone si sentirebbero ferite nella loro dignità di persone che hanno sempre saputo provvedere a se stesse e alla propria famiglia ed un lavoro sempre più precario o difficile da trovare rende oggi incapaci di soddisfare le primarie esigenze di vita; in altri casi ancora perché le persone hanno bisogno di compiere un percorso di revisione del proprio modello di vita e di rieducazione rispetto alla gestione delle proprie responsabilità personali e familiari. Per tutte queste persone i servizi sociali dei Comuni costituiscono un interlocutore al quale è difficile rivolgersi, col quale è difficile entrare in relazione e dal quale, a causa dei vincoli normativi e burocratici che devono rispettare, si ricevono spesso risposte tardive, parziali. L‘approccio informale e relazionale che contraddistingue il metodo di lavoro della Caritas, insito nelle sue stesse finalità, la rende vicina a questo tipo di persone, ne facilita l‘accesso. Le Caritas, infatti, con la loro rete di volontari e di parrocchie si trovano là dove vivono le persone in difficoltà, conoscono le loro situazioni particolari e sentono il bisogno di fare qualcosa di concreto, in affiancamento alle iniziative attive delle istituzioni comunitarie, pubbliche e non.