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La dimensione economica della povertà

II. MULTIDIMENSIONALITÀ DELLA POVERTÀ. Un confronto tra concetti e

5. Un richiamo ad altre prospettive teoriche multidimensionali

1.2. La dimensione economica della povertà

Sebbene, come sinora illustrato, la dimensione economica non sia l‘unica componente della povertà e l‘unica causa di impoverimento, essa rimane comunque di per sé causa di disagio in quanto impedisce non solo il

raggiungimento di standard adeguati di vita ma anche la realizzazione delle aspirazioni e delle potenzialità delle persone. L‘enfasi sulle ―nuove povertà‖ se ha il merito di sottolineare l‘importanza della dimensione relazionale dell‘impoverimento rischia di metterne in secondo piano l‘aspetto economico. Quest‘ultimo però non di rado sta all‘origine delle situazioni di povertà relazionale o concorre al loro sviluppo. L‘insufficienza di reddito, infatti, molto spesso ha un effetto a cascata che la porta a ripercuotersi su altre dimensioni dell‘esistenza, sia materiali come quella abitativa, ad esempio, sia relazionali come il deterioramento delle relazioni coniugali o la perdita di equilibrio e di autostima.

La povertà economica è inoltre una delle prime forme con cui l‘impoverimento può manifestarsi a seguito di crisi di carattere economico. I cosiddetti ―poveri della crisi‖, a differenza delle forme più tradizionali, più permanenti, più consuete, della povertà, sono costituiti da individui e famiglie che affrontano situazioni finora impreviste di disagio e deprivazione materiale dovute in sostanza all‘improvvisa decurtazione o in taluni casi al venir meno del reddito da lavoro (per una parte considerevole delle famiglie, l‘unica entrata), che impone un drastico ridimensionamento del tenore di vita, la necessità di compiere delle rinunce, l‘impossibilità di far fronte ad impegni di spesa assunti in precedenza (l‘affitto, in primis) (CIES, 2009, 120). Anche in Friuli Venezia Giulia i primi effetti della crisi economica e occupazionale si sono manifestati con difficoltà di questo tipo. A contrastare lo sviluppo di situazioni di povertà economica pertanto si sono rivolte in via prioritaria tanto le politiche sociali e del lavoro, quanto gli interventi di solidarietà del volontariato.

La povertà economica è quella condizione ―delineata dall‘unione di fattori specifici di debolezza economica con tipologie familiari fondamentalmente fragili dal punto di vista dell‘età, della composizione, della capacità di guadagno, della presenza di eventi critici‖ (Malerba, 2003, 150). Essa si può manifestare sottoforma di carenza di potere di acquisto,

deficit di solvibilità finanziaria e mancanza di opportunità rispetto al tenore di vita medio delle famiglie.

Un primo indicatore di tale disagio è il basso reddito della famiglia, che si presenta come carenza del numero di redditi percepiti rispetto alle dimensioni familiari, reddito derivante prevalentemente da lavoro, redditi da trasferimenti molto modesti e redditi da capitale quasi assenti, mancanza di un‘abitazione di proprietà e conseguente necessità di pagare un canone d‘affitto che non di rado rappresenta una componente consistente di un bilancio corrente già precario col quale si devono spesso sostenere anche figli.

Quando il deficit di bilancio è persistente si è in presenza di un secondo indicatore di disagio economico. In questo caso, infatti, le famiglie non sono in grado di adottare una strategia di risparmio che consenta loro di costruirsi una disponibilità patrimoniale in grado di tutelarle nei confronti di possibili future necessità. ―Chi attualmente ha un risparmio negativo non è forse povero ma sta certamente vivendo una situazione di precarietà finanziaria che lo potrebbe rendere anche più vulnerabile nell‘affrontare gli eventuali imprevisti, soprattutto se lo squilibrio di bilancio non è solo corrente, ma ha in sé una dimensione cronica che lo porta a perdurare nel tempo‖ (ibidem, 157). Si tratta quindi di un segnale che merita di ricevere particolare attenzione per l‘effetto di spirale che può innescare.

Un terzo indicatore di disagio economico è rappresentato dalla carenza di solvibilità finanziaria, ossia dall‘incapacità delle famiglie di risparmiare, di investire, di dotarsi di un patrimonio e anche di indebitarsi attraverso il mercato del credito. Si trovano in questa situazione famiglie che hanno delle passività finanziarie da onorare col reddito corrente, come capita di frequente a famiglie abbastanza giovani e con figli indebitatesi per la casa. Più preoccupante però diventa la situazione in cui la passività finanziaria non deriva da un debito col mercato creditizio, ma da debiti con la rete parentale o amicale. Nel primo caso, infatti, le famiglie sembrerebbero dimostrare comunque di avere un patrimonio immobiliare e

una solidità che consentono loro di accedere al credito, mentre nel secondo la loro situazione parrebbe troppo precaria e incapace di fornire le garanzie richieste dal mercato creditizio, per cui l‘unico sostegno potrebbe derivare dalle reti relazionali, la cui carenza diventa un predittore di disagio per molti aspetti strategico rispetto a possibili processi di impoverimento.

Un ultimo indicatore di disagio economico è costituito dalla carenza delle opportunità a disposizione della famiglia in ragione del debole legame dei loro componenti col mercato del lavoro. In questo caso segnali importanti di disagio provengono dalla difficoltosa ricomposizione dei redditi familiari, causata dalla mancanza di un secondo reddito dovuta spesso all‘impossibilità per uno dei due componenti adulti della famiglia, in genere la donna, di lavorare per poter accudire figli piccoli ma non di rado, soprattutto a seguito della crisi, legata anche alla perdita del lavoro da parte del capofamiglia che, in molti casi, rappresenta ancora la principale fonte di reddito. La difficoltà nella ricomposizione di redditi stabili all‘interno delle famiglie costituisce ―un importante canale che potrebbe veicolare famiglie, già fragili strutturalmente per le elevate dimensioni familiari, verso forme di impoverimento e di privazione, soprattutto in quei casi in cui vi sono segnali di stratificazione nel tempo di queste realtà penalizzanti‖ (ibidem, 165).