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CONTENZIOSO IN MATERIA DI IMPOSTA SULL’ENTRATA

II

I l i PROCEDIMENTO DAVANTI ALLE C O M M IS S IO N I TRIBUTARIE

7. C o n tr o v e r s i e p o s s ib il i. — Dopo l’indispensabile premessa sul si­

stema instaurato con i decreti n. 469 del 1946 e 799 del 1948, si può ora passare all’esame specifico delle questioni che si presentano in tema di contenzioso.

Mi sembra innanzi tutto che nel nuovo sistema non si verifichino le due categorie di controversie di cui ho fatto cenno a proposito della legge del 1940: quelle per e r r o n e a c o r r e s p o n s i o n e di imposta non dovuta e quelle per e v a s io n e . Non si vede, infatti, come possa praticamente accadere una corresponsione e r r o n e a quando l’imponibile viene fissato attraverso la dichiarazione del contribuente, il successivo controllo del­ l’ufficio e l’eventuale procedimento contenzioso davanti alle Commissioni. E poi con il nuovo sistema il contribuente paga perchè glielo impone l’amministrazione e non per attività ed iniziativa propria come nel sistema dell’autoapplicazione ; sicché l’errore del contribuente non può acquistare il ruolo di causa giuridica del pagamento. Quel che residua è il fatto in sè della eventuale inesistenza dell’obbligo d’imposta, mentre l’errore in quanto tale perde rilievo.

E quanto all’evasione, questa si manifesta, nel nuovo sistema, sotto forma di mancato o infedele dichiarazione circa l’entrata annuale e non,

to u t c o u r t, di mancato pagamento di imposta già dovuta in misura de­

terminata; e si risolve attraverso l’intervento correttivo o sostitutivo dell’ufficio che procede alla notifica del proprio accertamento. Dal quale potrà nascere una controversia da risolvere non attraverso la procedura della legge del 1929 ma attraverso il consueto ricorso alle Commissioni.

Se però da un lato il nuovo sistema impedisce o quanto meno atteggia diversamente le due categorie di controversie ora accennate, d’altro canto esso dà luogo a quelle controversie fra contribuente ed ufficio sulla tas­ sazione giusta che, viceversa, non potevano sorgere con il sistema del- l’autoapplicazione dell’imposta su ogni singolo atto economico, proprio della legge istitutiva del 1940.

8. - C o n te n u to d e lla c o m p e te n z a d e lle s e z io n i I . G . E . ; V a r i. 29 d e l

d e c r e to ». 1639 d el 1936 ; le c o n t r o v e r s i e d i e s tim a z io n e . — Venendo quindi

a trattare della competenza delle Commissioni tributarie in materia (13) C fr., p er tu tti Gi a n n i n i, Istituzioni cit., pag. 163 e segg.

d’imposta sull’entrata, occorre in primo luogo precisare il contenuto di tale competenza.

E’ stata affacciata la tesi che le sezioni I.G.E. abbiano competenza

s o lo in materia di e s tim a z io n e dell’entrata imponibile, salva la possi-

biltià di risolvere in v ia in c id e n ta le questioni di rito o di legittimità (14). Altri ha invece sostenuto che la cognizione delle sezioni I.G.E. deve rite­ nersi p i e n a : per l’estimazione, per le questioni di fatto in genere, ed anche per quelle di diritto (15).

Se ci si limita a leggere l’art. 16 del decreto n. 469 del 1946 e l’art. 18 ch»l decreto n. 799 del 1948 si dovrebbe, in effetti, propendere per questa seconda soluzione. Questi due articoli usano l’identica espressione : « la risoluzione in via amministrativa delle controversie tra l’Amministra­ zione finanziaria ed i contribuenti, relative all’applicazione dell’imposta sulla entrata... » è devoluta alle Sezioni I.G.E. Non mi sembra si possa negare che la dizione « controversie relative all’applicazione dell’imposta sull’entrata » è talmente vasta che vi si ricomprendono agevolmente, alla lettera, così le controversie in fatto, e in particolare quelle di estimazione, come le controversie in diritto.

Senonchè simile interpretazione letterale si pone già in dubbio se si estende l’attenzione ad altre disposizioni dello stesso decreto del 1946. L’art. 15, infatti, di tale decreto desta l’impressione che il legislatore abbia, avuto presenti essenzialmente le controversie di estimazione. Perchè ivi, al terzo comma, la disposizione che conferisce al contribuente il potere di ricorso è strettamente connessa con la precedente che prevede il concordato « ai fini della determinazione definitiva dell’entrata » . E la determinazione dell’entrata è, tipicamente ,attività di estimazione. L’im­ pressione è poi confermata dal successivo quarto comma il quale, fis­ sando le modalità di trasmissione del ricorso alla Commissione da parte dell’ufficio del registro, dispone che questo faccia una relazione sulla

« fo n d a te z z a dell’accertamento » . Ora l’accertamento è fo n d a t o o meno in

relazione al q u a n tu m e in genere ai criteri di estimazione; dell’accerta­ mento contrario alla legge si dice che è i l le g it t i m o . Non mi nascondo che l’argomento non è del tutto sicuro; ma mi sembra acquisti una certa consistenza se nel leggere il quarto comma si tenga presente il comma precedente ove l’espressione « determinazione dell’entrata » appare vera­ mente univoca nel senso della estimazione.

Quando poi con il decreto del 1948 è stata creata anche la sezione I.G.E. presso le commissioni distrettuali, si è istituito un così preciso parallelismo fra contenzioso in materia d’imposta sull’entrata e

conten-(14) Di CiauIìA, in Riv. di legisl. fise., 1948, I, 801 sgg. ; Comm. Centrale, sez. un., 6 luglio 1049, n. 5156, in Riv. dir. fin. e se. fin., 1949, II, 227 e sgg. Anche il Berliri deve aver ricevuto la stessa impressione perchè in un suo re­ cente scritto (in Qiur. ìt., 1949, III, 27), pur non affrontando la questione ex

professo, sembra presumere questa soluzione.

(15) Cooivera, op. cit.,p. 192 e sgg. e in Foro ìt., 1949, III, 21 ; Giacobbe, in Riv. dir, fin. e se. fin., 1949, II, 227 sgg. ; Manfredonia, Rapporti fra il ri­

corso alle Commissioni amministrative e l’azione giudiziaria eoe., Napoli,

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zioso relativo alle altre imposte indirette, che mi sembra corra ormai l’obbligo per l’interprete di non limitarsi a considerare le sezioni I.G.E. come fenomeno isolato ed autonomo ma di allargare l’orizzonte in modo da esaminarle nel quadro generale delle Commissioni tributarie nelle quali sono inserite. Si coglie così, a mio avviso, l’esatto regolamento della competenza in materia d’imposta sull’entrata, giungendo, in modo che mi sembra corretto, a conclusioni difformi sia dalla tesi della com­ petenza piena delle sezioni I.G.E. sia dalla tesi che, affermando la com­ petenza limitata all’estimazione, sembra lasciare scoperto tutto il campo delle controversie nelle quali di estimazione non si discuta. E valga il vero.

Che, in primo luogo, le sezioni I.G.E. siano state inquadrate nelle Commissioni tributarie che furono regolate con tendenza unitaria dal decreto 7 agosto 1936 n. 1639 c dal relativo regolamento 8 luglio 1937, n. 1516, non credo si possa dubitare. Non solo e non tanto, infatti, l’art. 16, comma 5° del decreto n. 469 del 1946 e Pari. 19, comma 6°, del decreto n. 799 del 1948 hanno fatto espresso richiamo, in ordine alla costituzione ed al funzionamento, alle « norme vigenti per le Commis­ sioni amministrative delle imposte » ; ma gli stessi articoli, ai rispet­ tivi primi comma, hanno chiaramente stabilito che le sezioni I.G.E;, distrettuale e provinciale, sono costituite p r e s s o le Commissioni distret­ tuali e provinciali delle imposte, già esistenti e funzionanti in base ai citati decreti del 1936 e del 1937. In sostanza, quindi, con i decreti del 1946 e del 1948 non si è fatto altro che aggiungere una nuova sezione a quelle delle Commissioni già esistenti.

Neppure mi sembra si debba indugiare molto per dimostrare che nella bipartizione fondamentale del decreto n. 1639 del 1936 fra impo­ ste dirette (artt. 22 - 27) e imposte indirette sui trasferimenti della ric­ chezza (artt. 28-31) l’imposta sull’entrata debba essere situata in que­ sta seconda categoria (16). Infatti non è certo un’imposta basata sulla esistenza stessa della persona o sul patrimonio o sul reddito nè colpi­ sce una manifestazione immediata della capacità contributiva com’è di regola delle imposte dirette (17). E’ un’imposta che colpisce il fatto in sè del trasferimento di ricchezza nella sua entità lorda (art. 1 e segg. della legge istitutiva) a prescindere da ogni considerazione della per­ sona del contribuente, del suo patrimonio, del suo reddito netto. Che poi dall’entrata lorda di una persona si possa s o lo in d ir e tta m e n te (ed anche con ben scarsa sicurezza) valutare la sua capacità contributiva è di tutta evidenza.

Del resto lo stesso legislatore ha considerato l’imposta sull’entrata come imposta indiretta. Infatti l’art. 52 della legge istitutiva del 1940

(16) Conforme un accenno di Napolitano, L’imp. gen. sull’entrata, p. 1.

Dello stesso parere dovrebbe essere anche il Giannini, dal momento che nel

Codice delle leggi tributane, Giuffrè, 1949, da lui curato con la collaborazione di Soooa e Buzzurri, l’imposta sull’entrata è collocata fra le imposte indi­ rette. Vedi pure nello stesso senso, Cocivera, op. cit., p. 193 ; Manfredonia, op.

cit.,p. 15 sgg e 28.

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(vedi anche l’art. 17, comma 2°, del decreto n. 169 del 19161 ha espressa- mente richiamato, come sopra detto, per le violazioni in materia d’im­ posta sull’entrata, le s o le norme della legge 7 gennaio 1929, n. 1. Le «inali, com’è noto, si applicano in t o t o soltanto nel campo delle imposte indirette, perchè per le dirette vigono anche le speciali norme del de­ creto 17 settembre 1931, n. 1608, che contengono delle disposizioni so­ stanzialmente diverse in punto di procedura per l’applicazione delle pene pecuniarie (competenza dell’ufficio delle imposte anziché dell’In­ tendente e ricorso alle Commissioni tributarie anziché al Ministro, art. 32). Ora l’inquadramento fatto dal legislatore ha importanza deci: siva in una materia come questa della classificazione di una imposta fra le indirette o le dirette, che si basa su criteri meramente dommatici e tutt’altro che sicuri ed evidenti.

Non mi sembra poi che si possa sostenere com’è stato fatto (18), che l’imposta sull’entrata abbia mutato natura e sia divenuta un’im­ posta diretta per quelle categorie di contribuenti che la debbono corri­ spondere mediante canoni annui ragguagliati al volume degli affari (che è per l’appunto il settore che interessa in ordine alla materia, che si sta trattando, della risoluzione delle controversie mediante il proce­ dimento dinanzi alle Commissioni tributarie). Certo che le nuove forme di accertamento e di pagamento dell’imposta regolate dai decreti n. 469 del 1946 e 799 del 1948 costituiscono delle modifiche profonde e multi­ formi del sistema originario della legge del 1940. Ma si tratta di modi­ fiche inerenti, appunto, alle modalità di pagamento e di accertamento; modifiche, quindi, attinenti a momenti marginali ed estrinseci, che non incidono sulla natura dell’imposta. I tributi non sono diretti o indi­ retti a seconda che si corrispondano di volta in volta in relazione ad ogni singolo fatto economico oppure una volta 1 anno con una valuta­ zione globale e presuntiva, ma a seconda della loro struttura sostan­ ziale, del presupposto sul quale si basano. E a questo riguardo nulla è mutato, rispetto al sistema della legge istitutiva, per i casi di paga­ mento dell’imposta mediante canoni annui.

E allora, se da un lato le sezioni I.G.E. sono inquadrate nelle Com­ missioni tributarie regolate dai decreti del 1936 e del 1937 e dall’altro l’imposta sull’entrata va classificata fra le imposte indirette sui trasfe­ rimenti della ricchezza, io credo che per risolvere la questione circa il contenuto della cognizione (piena o limitata all’estimazione) della se­ zione distrettuale I.G.E, e di quella provinciale in quanto giudice di appello, così come per risolvere varie altre questioni che saranno esami­ nate in prosieguo, si debba far capo all’art. 29 del decreto n. 1639 del 1936.

E’ diffusa l’opinione che le norme dell’art. 29 trovino applicazione unicamente alle controversie relative alle imposte indicate nel prece­ dente art. 28 (19). Ma non mi sembra opinione esatta.

(18) Così, Provini, in Rw. legisl. fise., 1948, 897.

(19) L’opinione è espressa in maniera particolarmente categorica nella citata sentenza del Trib. Firenze, 25 luglio 1949, in Oiur. it., loc. cit.

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Nella prima parte dell’art. 29 c’è scritto che i comma successivi re­ golano la competenza delle commissioni tributarie « in materia di im­ poste indirette sui trasferimenti della ricchezza ». Non vedo come si possa sostenere che questa espressione si riferisca solo ad alcune im­ poste indirette; data la sua genericità essa le comprende tutte.

Nè c’è una ragione di carattere sistematico che imponga e neppure permetta di superare il significato letterale della prima parte dell’art. 29 attraverso il collegamento con l’art. 28. Non si deve nè si può dire, cioè, che se il legislatore ha elencato nominativamente determinate imposte indirette nell’art. 28, a queste e soltanto a queste ha inteso riferirsi, quando poi, nell’art. 29 prima parte, ha genericamente parlato di im­ poste indirette.

In primo luogo, infatti, fra questi due articoli c’è una frattura, una discontinuità che si nota del resto anche in altre parti del decreto n. 1639 del 1936, che non è certo un modello legislativo. L’art. 28 c l’art. 29 sono infatti del tutto autonomi per il loro oggetto. Il primo attribuisce alle Commissioni amministrative per le imposte d i r e tte la cognizione delle controversie relative all’applicazione di determinate imposte indirette e quindi non attiene in senso stretto al procedimento. 11 secondo, per parte sua, detta l’organizzazione della competenza delle commissioni tributarie quando sono chiamate a giudicare in materia di imposte indirette, e quindi fissa delle norme per il funzionamento del processo tributario, intrinseche al processo stesso e meramente formali, rispetto alle quali è indifferente che, in concreto, l’applicazione loro avvenga per questa o per quella imposta e per un numero maggiore o minore di imposte. Onde non solo manca l’esigenza, ma anche la giusti­ ficazione di operare il collegamento fra la dizione generica della prima parte dell’art. 29 e l’elencazione specifica dell’art. 28.

D’altra parte, invece, tutto il sistema del decreto n. 1639 del 1936 mi sembra sostenga in pieno l’interpretazione letterale dell’art. 29, primo comma. Perchè tale decreto costituisce, tendenzialmente, una re­ golamentazione uniforme e generale della materia tributaria e, in parti­ colare, del contenzioso tributario; e se sulla uniformità si debbono con­ statare delle gravi deviazioni, l’intenzione legislativa di dettare norme di carattere generale si è in effetti attuata in ampia misura. Sicché nel sistema di questa legge bene s’inquadra ed è conforme alla r a tio una norma ampia e comprensiva come quella che risulta dalla lettera del- l’art. 29 prima parte.

Così inteso il primo comma, tutto l’art. 29 acquista, nel suo complesso, la portata di regolamento generale della competenza delle commissioni tributarie in materia di imposte indirette, a prescindere dal riferimento a questa o a quella imposta. E’ quindi un sistema aperto, che in con­ creto trova applicazione a quelle controversie d’imposta che in un de­ terminato momento siano devolute dalla legge alle Commissioni tribu­ tarie, ma che in sè è pronto a ricevere qualsiasi controversia relativa ad imposte indirette quando sia attribuita a tali commissioni. In altri termini se esistano in pratica dei limiti all’applicazione dell’art. 29 alle controversie d’imposte indirette, ciò deriva dal fatto che tale arti­

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colo regola le controversie deferite alle Commissioni tributarie e quindi non può operare in ordine alle liti che debbano essere risolte attra­ verso ricorsi gerarchici o comunque con una procedura diversa. C’è quindi un limite di applicazione pratico ed estrinseco; non c’è invece un limite istituzionale ed intrinseco nel senso che l’art. 29 sia in sè scritto solo per determinate controversie d’imposta indiretta.

Dopo di che è agevole comprendere la portata dell’art. 28 del de­ creto n. 1639 del 1936. Il quale, senza incidere, limitandolo, nel sistema in sè stesso dall’art. 29, indicava semplicemente quale ne era il campo di applicazione pratica, in quanto determinava le controversie di im­ poste indirette che venivano, in quel momento, concretamente devolute alle commissioni tributarie.

Ma quando, con i due decreti n. 469 del 1946 e 799 del 1948, sono state istituite, in seno alle commissioni già esistenti, le sezioni I.G.E., e a queste è stata attribuita la cognizione delle liti in materia d’impo­ sta sull’entrata riscossa mediante canoni annui, si è verificato il pre­ supposto (devoluzione delle controversie alle commissioni delle imposte) per l’applicabilità dell’art. 29 del decreto del 1936, il quale è la legge comune in punto di competenza delle commissioni in materia d’imposte indirette e, come tale, non può cedere che di fronte ad eventuali norme speciali che siano appositamente dettate per le controversie relative ad una determinata imposta indiretta.

Ne consegue che le disposizioni dei decreti del 1946 e del 1948 rela­ tive alla competenza delle sezioni I.G.E. vanno intese inquadrandole nel sistema comune e generale dell’art. 29. Il quale, contrariamente a quanto avviene per le controversie d’imposte dirette (per le quali le commis­ sioni distrettuali e provinciali hanno competenza piena, per l’estima­ zione e per le questioni di diritto, art. 22 del decreto del 1936), pone una distinzione netta fra controversie d’estimazione e controversie re­ lative all’applicazione della legge, quelle devolvendo in primo grado alle commissioni distrettuali e in appello alle provinciali, queste in primo grado alle provinciali ed in appello alla commissione centrale. Sicché la regola della cognizione delle commissioni tributarie in materia d’im­ poste indirette è che la distrettuale ha competenza solo per l’estima­ zione e che anche la provinciale ha quest’unica competenza quando giu­ dica in sede di appello. Un diverso sistema non può accogliersi se non siano previste espresse eccezioni nelle leggi relative alle singole imposte.

Non mi sembra che eccezioni si rinvengano nei decreti del 1946 e del 1948 in materia d’imposta sull’entrata. In particolare l’art. 18 di quest’ultimo, nell’attribuire alle commissioni distrettuali e a quelle pro­ vinciali la competenza di primo grado e d’appello, parla, come si è visto sopra, di « controversie relative all’applicazione dell’imposta » ; espres­ sione questa talmente generica che se, considerata in se stessa, può dare adito ad un’interpretazione nel senso della competenza piena, non è però suscettiible, quando sia inquadrata nel sistema dell’art. 29 del decreto del 1936, di essere intesa come eccezione al sistema stesso. Essa diviene semplicemente una generica devoluzione delle liti d’imposta

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sull’entrata alle commissioni tributarie, per le quali poi non può non trovare applicazione la regola dell’art. 29.

La conclusione è che la sezioni distrettuale I.G.E. è competente uni­ camente per l’estimazione e che questa limitata cognizione è propria anche della sezione provinciale I.G.E. in (pianto giudice di appello ri­ spetto alle decisioni della distrettuale.

9. C o m p e te n z a p e r le c o n t r o v e r s i e n o n d i e s tim a z io n e . - Questa

conclusione pone il quesito circa il regolamento della cognizione delle controversie nelle quali non si discuta di estimazione. Certo che se il legislatore avesse avuto una visione più esatta ed orga­ nica della materia ed avesse fornito delle disposizioni chiare e com­ plete, il compito dell’interprete sarebbe più semplice e sicuro. Ma, co­ munque, mi sembra che il terreno sia spianato dalle osservazioni espo­ ste circa l’applicabilità d i r e tta dell’art. 29 del decreto del 1936 alle controversie d’imposta sull’entrata.

In mancanza di diverse norme specifiche si deve, in punto di com­ petenza per le liti relative a questioni diverse dall’estimazione, far ri­ corso all’ultimo comma del citato art. 29. Onde la cognizione appartiene in primo grado alla speciale sezione presso le commissioni provinciali di cui all’art. 30, comma Io, dello stesso decreto del 1936 ed in secondo grado alla Commissione centrale.

Su questo punto mi sembra interessi precisare innanzi tutto (piali siano le controversie alle quali si applica tale regolamentazione della competenza.

L’art. 29, dopo avere, nei comma secondo e terzo, stabilito le norme per le controversie d’estimazione, inizia il suo quarto comma con le parole : « tutte le altre controversie relative all’applicazione della leg­ ge... ». Non si può nascondere che repressione «controversie relative al­ l’applicazione della legge» richiama, in sè, le questioni di legittimità, cioè di diritto. In senso contrario si deve però osservare che d’altra parte le parole « tutte le altre » tolgono, in primo luogo, significato pre­ ciso all’espressione « controversie relative all’applicazione della legge ». Se infatti le controversie di cui al quarto comma sono « le altre» rela­ tive all’applicazione della legge, vuol dire che anche le liti di cui ai comma precedenti (cioè quelle di estimazione) sono considerate dal legi­ slatore come liti sull’applicazione della legge. Onde risulta che questa espressione è usata in senso vago e non in senso tecnico. In secondo luogo, poi, queste parole « tutte le altre » hanno inequívocamente valore comprensivo di tutte indistintamente le liti diverse da quelle contem­ plate nei comma precedenti, e cioè da quelle di estimazione.

Inclinerei pertanto nel senso che il quarto comma dell’art. 29 re­ goli non solo le controversie di diritto in senso stretto ma tutte in ge­ nere quelle non limitate alla sola estimazione. Questa soluzione sembra, oltre tutto, preferibile anche perchè evita una lacuna in ordine a tutte quelle controversie che non sono nè d’estimazione nè, in stretto senso,