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In d ic e-So m m a r i o: 1. Premessa. — 2. La tesi fondamentale del progetto sulla natura della giurisdizione tributaria. — 3. Critica. Analisi delle situazioni giuridiche relative all’imposizione tributaria. L’imposizione come fatto co­ stitutivo dell’obbligazione tributaria. — 4. Segue. Obbligo del contribuente di fare la dichiarazione, potere d’imposizione, diritto soggettivo all’impo- sta- — 5. Rapporti fra potere d’imposizione e diritto soggettivo all’impo­ sta. — 6. Interessi legittimi e diritti soggettivi del contribuente di fronte all’imposizione. — 7. Si indicano le controversie d’imposta da attribuire al giudice speciale. — 8. La giurisdizione del giudice speciale deve esten­ dersi anche alle controversie di diritto.

1. P r e m e s s a . — Il progetto che si esamina ha destato vivo interesse

fra gli studiosi e i contribuenti, anche se non può dirsi abbia incontrato il favore generale della critica. La ragione è nel fatto che esso rappre­ senta il primo tentativo di eliminare i gravi difetti, ormai tradizionali, dell’ordinamento processuale tributario, i quali hanno fino ad ora osta­ colato molto seriamente l’avvento di una migliore perequazione nella distribuzione del peso delle imposte dirette.

Sembra peraltro che il progetto, postosi sulla giusta strada nel pro­ posito di aumentare il più. possibile le garanzie giurisdizionali dei con­ tribuenti, abbia eccessivamente ubbidito alla tendenza di prendere a modello la schema del processo civile trascurando talvolta le partico­ lari esigenze e i particolari problemi che il processo tributario pone a chi voglia regolarne lo svolgimento. Ed è appunto a illustrare taluni di questi particolari esigenze e problemi, che ritengo opportuno dedicare il presente scritto.

2- — Il primo e pili importante rilievo da fare al progetto è quello di essere partito dalla premessa che la giurisdizione tributaria in materia di imposte dirette è giurisdizione di diritti soggettivi, senza, a quanto sembra, sottoporre la tesi ad un’approfondita discussione. Era naturale che con tale punto di partenza si dovesse giungere a formulare la propo­ sta di attribuire al giudice ordinario le relative controversie, in osse­ quio alle norme costituzionali che reclamano l’abolizione delle giurisdi­ zioni speciali e l’unità della giurisdizione. Se infatti tale conclusione

(1) Il progetto con la relazione della Commissione è pubblicato in que­ sta Riv. 1951, I, 99 ss.

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presenta gravi inconvenienti sul terreno pratico (basti per tutti quello di attribuire le c.d. controversie di estimazione al giudice ordinario), essa diviene peraltro con quella premessa ineccepibile sul piano teo­ rico. Una volta affermato ebe le controversie d’imposta vertono esclu­ sivamente in materia di diritti soggettivi e una volta constatato ebe Part. 102 della Costituzione cbiaramente intende attribuire tutte queste controversie al giudice ordinario, non si saprebbe come giungere a con­ clusione diversa da quella ebe il progetto suggerisce. D’altra parte l’ec­ cezione di cui parla l’art. 103 della Costituzione si riferisce soltanto alle controversie in materia di interessi legittimi e quando accenna a quelle che vertono su diritti soggettivi allude necessariamente a quei casi in cui il diritto soggettivo si presenta in qualche modo connesso con un in­ teresse legittimo, onde chiara risulterebbe l’inapplicabilità della nor­ ma alle controversie d’imposta considerate come riguardanti esclusiva- mente diritti soggettivi.

Senoncbè quella che a me sembra errata è la premessa da cui il progetto è partito. La dimostrazione di ciò richiede una indagine abba­ stanza approfondita dalle situazioni giuridiche attive e passive cui dà luogo l’imposizione tributaria in questa materia, sia dal punto di vista statico come da quello dinamico.

3. — E’ ben noto come in base alPordinamento fino ad oggi vigente, la migliore dottrina abbia dimostrato come l’obbligazione tributaria in tema di imposte dirette non sorga col solo verificarsi del presupposto imponibile (2). Su questo punto basta elencare gli argomenti che sono stati addotti, per rendersi conto del rigore della dimostrazione : a) il fatto che l’adempimento dell’obbligazione tributaria sia g iu r id i c a m e n te im­ possibile fino all’iscrizione a ruolo del tributo; i ) il fatto che il ricorso al giudice ordinario, generalmente consentito in materia tributaria, lo sia solo dopo la pubblicazione del ruolo; c) il fatto che solo l’iscrizione a ruolo costituisca il contribuente debitore del tributo (art. 24 legge riscossione imposte dirette). Ora non c’è sottigliezza che possa indivi­ duare un’obbligazione il cui adempimento sia giuridicamente impossibile, nemmeno col consenso di tutte le parti interessate, che possa spiegare l’esistenza di un diritto soggettivo in materia tributaria, sfornito della tutela del giudice ordinario, in un ordinamento dove tale tutela è sempre ammessa, che possa superare il chiaro significato di tassative norme di legge sulla costituzione dell’ obbligo d’ imposta. Non è perciò neces­ sario insistere ulteriormente su questo punto (3). E’ invece più

(2) Gkiziotti, matura ed effetti dell’accertamento e del concordato tri­ butario, in questa Riv., 1938, II, 265 ss. ; Bep.lip.i, Il processo tributario ammi­ nistrativo, Reggio Emilia, 1940, I, 124 ss.; Aixorio, Diritto Processuale Tri­ butario, Padova, 1942, 85 ss. ; cfr. poi da ultimo Vignocchi, Gli accertamenti costitutivi nel diritto amministrativo, Milano, 1950, 210 ss.

(3) Per la confutazione delle obiezioni mosse alla tesi di cui nel testo dalla dottrina che ricollega il sorgere dell’obbligazione tributaria al solo ve­ rificarsi del presupposto imponìbile rinvio, per non appesantire inutilmente il

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importante in questa sede, in cui si discute una proposta di modifica dell’ordinamento vigente, porre in rilievo il carattere permanente e insop­ primibile delle esigenze elle consigliano di collegare la nascita dell’obbli- gazione tributaria in materia d’imposte dirette all’attività d’imposizio­ ne della Finanza e non al verificarsi del presupposto imponibile. Astrat­ tamente nulla vieterebbe lo stabilire che il contribuente debba adempiere all’obbligazione tributaria nel momento stesso in cui si verifica il pre­ supposto imponibile, così come talvolta accade nell’ imposta di bollo o in quella sull’entrata; ma in materia di imposte dirette osta a tale di­ sposizione la particolare complessità dell’accertamento e della valuta­ zione del presupposto imponibile, e tale circostanza rende necessario affiancare all’opera del contribuente quella dell'amministrazione finan­ ziaria nel determinare l’imposta applicabile nonché obbligare il contri­ buente, al momento in cui si verifica il presupposto d’imposta, non al pagamento del tributo, ma alla dichiarazione del presupposto imponibile da sottoporsi al controllo degli organi amministrativi competenti. Non si potrà mai fare a meno di richiedere tale dichiarazione nell’ applica­ zione delle imposte dirette, poiché questa costituisce una traccia prezio­ sa e insostituibile per l’amministrazione finanziaria, ai fini di una valu­ tazione sufficentemente esatta dei presupposti d’imposta, e giustamente il legislatore nelle sue recenti manifestazioni ne ha fatto il perno della riforma tributaria in atto; nè si potrà mai ovviamente fare a meno di richiedere all’amministrazione finanziaria il controllo più attento di tale dichiarazione. D’altra parte, è giocoforza prevedere l’ipotesi che la dichiarazione del contribuente non ci sia e in tal caso garantire agli or­ gani amministrativi la potestà di operare direttamente l’accertamento del presupposto e l’imposizione del tributo. Ne consegue che la neccessità di richiedere al contribuente la dichiarazione del presupposto imponi­ bile porta con sé la necessità di far precedere il pagamento del tributo da un’attività di accertamento e d’imposizione degli organi finanziari sia sot­ to forma di controllo della dichiarazione del contribuente sia in modo di­ retto e indipendentemente da tale dichiarazione. In questo stato di cose non solo non è possibile chiedere al contribuente il pagamento del tri­ buto al momento in cui si verifica il presupposto d’imposta, ma tale pa­ gamento deve essere obbligatoriamente differito in attesa che l’obbliga- zione tributaria venga concretamente definita dagli organi finanziari. Ora tutto questo significa che le esigenze particolari e permanenti del­ l’imposizione diretta rendono necessario spostare al momento dell’av- venuto esercizio dell’attività degli organi finanziari la possibilità giu­ ridica di adempimento e con essa la nascita dell’obbligazione tributaria.

Non si deve ritenere che la detta esigenza di ricollegare la na­ scita dell’obbligazione tributaria all’attività d’imposizione della Finan­ za sia stato misconosciuta dal legislatore nella recente legge di

perequa-lavoro, ad Allobio, o.l.c., avvertendo che quanto verrà più oltre esposto ser­ virà sia a rettificare talune affermazioni della dottrina ora citata, sia a me­ glio chiarire la portata della tesi qui sostenuta.

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zione 1951, n. 25, per il fatto di aver questi stabilito l’obbligo della Finan­ za di iscrivere a ruolo l'imposta corrispondente alla dichiarazione unica del contribuente. Invero tale imposta, proprio per il fatto di dover corrispondere alla dichiarazione del contribuente, può considerarsi de­ finitivamente accertata colla presentazione della dichiarazione stessa così da far ritenere superflua a questo effetto ogni ulteriore attività di accertamento degli organi finanziari; in secondo luogo l’obbligo di tali organi di iscrivere a ruolo l’imposta non si riferisce al tributo offerto dal contribuente nella dichiarazione, ma, ciò che è ben diverso, al tri­ buto corrispondente ai dati ed elementi resi noti dal contribuente median­ te la dichiarazione, così che l’iscrizione a ruolo del tributo non può pre­ scindere dal controllo dell’ufficio finanziario per quanto attiene all’indi­ viduazione del tributo corrispondente ai dati ed elementi resi noti dal con­ tribuente; in terzo luogo la possibilità giuridica del pagamento del tri­ buto non sorge per effetto della dichiarazione, ma per effetto dell’iscri­ zione a ruolo, la quale sola costituisce il contribuente debitore dell’im­ posta e rappresenta al tempo stesso l’atto d’imposizione della Finanza; in quarto e ultimo luogo l’iscrizione a ruolo del tributo corrispondente alla dichiarazione non pregiudica minimamente il potere della finanza di rettificare la dichiarazione stessa inscrivendo a ruolo l’eventuale tri­ buto suppletivo. Da tutto ciò deriva che anche col nuovo sistema di ac­ certamento e di riscossione delle imposte dirette introdotto colla legge di perequazione, l’esigenza di ricollegare la nascita dell’obbligazione tri­ butaria all’attività d’imposizione della Finanza è stata in pieno rispet­ tata (4).

4. — Acquisita questa dimostrazione ,si può subito fare una constata­ zione importante, e cioè che nelle imposte dirette, prima di giungere alla legale costituzione dell’obbligo tributario e non appena si sia verifi­ cato il presupposto imponibile, si determina, direi, si d e v e determinare la seguente situazione giuridica: da un lato l’obbligo del contribuente di fare la dichiarazione corrispondente al presupposto, dall’altro lato un potere d’imposizione dell’amministrazione finanziaria. A una prima e superficiale considerazione potrebbe sembrare che in corrispondenza dell’obbligo del contribuente di fare la dichiarazione debba sorgere un diritto soggettivo della Finanza a pretenderla. Ma basta una scorsa

(4) Anche se si pensa di poter giungere a stabilire l’obbligo del contri­ buente di versare in Tesoreria il tributo corrispondente alla dichiarazione, come è già stabilito nell’ordinamento degli Stati Uniti, la situazione non mu­ terebbe, perchè anche in tal caso col verificarsi del presupposto imponibile nascerebbe l’obbligo di pagare il tributo corrispondente alla dichiarazione, ma non quello corrispondente al presupposto di fatto effettivamente verificatosi. Il che dimostra che per far sorgere dal solo verificarsi del presupposto impo­ nibile l’obbligo del contribuente di pagare il tributo corrispondente a tale pre­ supposto, bisogna rinunciare alla dichiarazione, così come accade da noi per talune ipotesi dell’imposta entrata e per l’imposta di bollo ; ma per le ragioni che si sono dette nel testo, il tempo di tale rinuncia sembra ancora lontano.

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all’ordinamento vigente per convincersi die nessun diritto soggettivo di tal genere è previsto. E infatti nessuna azione può la Finanza esercitare per ottenere l’esecuzione di tale obbligo in forma specifica e del resto la previsione di una tale azione sarebbe troppo assurda per poter essere fatta. Si noti che l’assurdità non dipenderebbe dalla natura personale della prestazione cui l’obbligo si riferisce, ben potendosi ammettere in rerum natura la possibilità per la Finanza di sostituirsi al contri­ buente nell’esecuzione di tale obbligo; ma l’assurdità dipenderebbe dal fatto che l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di fare la dichiara­ zione non darebbe alla Finanza alcuna utilità, poiché evidentemente nel caso che il contribuente non adempia al suo obbligo torna alla Fi­ nanza ben più utile operare direttamente l'accertamento del presupposto imponibile irrogando al contribuente le sanzioni previste dalla legge. Manca dunque nella Finanza un qualunque diritto soggettivo che corri­ sponda all’obbligo del contribuente di fare la dichiarazione d’imposta, poiché tale diritto viene assorbito dal suo potere d’imposizione, per cui essa può operare l’accertamento e irrogare al contribuente le previste sanzioni.

Festa dunque da esaminare la portata giuridica del potere d’impo­ sizione, al fine di vedere se e quando esso possa dar luogo a un diritto soggettivo all’imposta.

I concetti di potere e di diritto soggettivo sono stati variamente ela­ borati dalla dottrina (5), ma qui non è il caso di esaminare partitamente o di prendere posizione per questa o quella corrente dottrinale. Qui ba­ sta fare una constatazione e cioè identificare l’interesse per la cui tu­ tela l’ordinamento giuridico attribuisce alla Finanza il potere d’impo­ sizione e l’interesse per la cui tutela attribuisce invece alla stessa un diritto soggettivo all’imposta. Posto il problema in questi termini, è fa­ cile constatare che l’interesse per la cui tutela la legge attribuisce alla Finanza il potere d’imposizione è l’interesse pubblico specifico di far concorrere i cittadini ai carichi pubblici secondo i criteri di capacità contributiva indicati dalla legge stessa. Ciò spiega e giustifica la posi­ zione di supremazia in cui la Finanza si trova nei confronti del cittadino nell’esercizio di questo potere così come la necessità che la Finanza stessa adegui i propri atti ai criteri di capacità contributiva indicati dalle nor­ me che fissano il presupposto imponibile. E’ facile altresì constatare che l’interesse per la cui tutela la legge attribuisce alla F. un diritto sog­ gettivo all’imposta, in altri termini il credito tributario, non può essere più il pubblico interesse di far concorrere il cittadino ai carichi pubblici secondo certi principi di capacità contributiva, ma un interesse proprio e patrimoniale dell’amministrazione. Invero il fatto stesso del

riconosci-(5) Il lettore che desidera informarsene può consultare: Garbagnati, La sostituzione processuale, Milano, 1942, cap. II ; Miele, Potere, diritto sogget­ tivo e interesse, Riv. Dir. Comm., 1944, 114 ss.; Guarino, Potere giuridico e diritto soggettivo, Rassegna di diritto pubblico,1949, 238 ss. e autori ivi citati ; Giannini M. S., Lezioni di diritto amministrativo, Milano, 1950, 1°, 265 ss.

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mento alla Finanza di un diritto soggettivo all’imposta presuppone non solo la già avvenuta individuazione del cittadino debitore, ma la già avvenuta applicazione di quei principi di capacità contributiva in base ai quali il cittadino deve diventare debitore, presuppone in altri termini come già soddisfatto l’interesse pubblico specifico dell’imposizione. Senza di ciò un credito tributario della Finanza sarebbe in aperto contrasto colla legge. Ma se il diritto soggettivo all’imposta presuppone il già avve­ nuto soddisfacimento dell’interesse pubblico dell’imposizione, significa cbe diverso da questo deve essere l’interesse per la tutela del quale la legge lo riconosce, significa cioè che tale interesse deve essere proprio dell’ammi­ nistrazione finanziaria considerata come distinto soggetto e precisamen­ te quello puramente patrimoniale di rendere massima l’entrata dispo­ nibile. Bisogna però dissipare preventivamente un possibile equivoco. Si potrebbe infatti osservare che l’interesse patrimoniale della Finanza non è mai scisso dall’interesse pubblico, sia perchè quando questa esercita il proprio potere d’imposizione lo esercita anche collo scopo di rendere mas­ sime le proprie entrate, sia perchè quando esercita il diritto soggettivo all’imposta essa lo fa per fronteggiare le pubbliche spese e conseguire quindi altro pubblico interesse. Ora questo è verissimo ; ma se ci si riferi­ sce non al generico interesse per il soddisfacimento del quale l’ammini­ strazione finanziaria svolge la propria attività, ma all’interesse con­ creto che vien tutelato dalle norme che attribuiscono ad essa ora il po­ tere d’imposizione, ora il diritto soggettivo all’imposta, si può osservare che nel primo caso l’ordinamento, con tutte le sue prescrizioni circa i requisiti di legittimità degli atti di imposizione, si preoccupa esclusi­ vamente che i carichi pubblici vengano distribuiti secondo certi principi di capacità contributiva, si preoccupa cioè dell’interesse pubblico del­ l’imposizione, ritenendo che il soddisfacimento dell’interesse patrimo­ niale deH’amministrazione sia puramente consequenziale ed assorbito in quello; all’opposto nel secondo caso l’ordinamento riconoscendo alla Fi­ nanza il diritto soggettivo all’imposta e ponendo le sue disppsizioni che mirano a facilitare l’acquisizione dell'entrata da parte di essa, si preoc­ cupa esclusivamente dell’interesse patrimoniale dell’amministrazione, ritenendo che solo la più precisa e completa attuazione di questo inte­ resse patrimoniale garantisca in futuro il più completo soddisfacimento dell’interesse pubblico relativo alla copertura delle pubbliche spese (6). Si conferma così nel campo dell’imposizione la esattezza di una distinzione già posta dal Oarnelutti fra il concetto di potere o potestà e quello di diritto soggettivo (7), secondo la quale è potere il mezzo di tutela accor­ dato dall’ordinamento giuridico ad un soggetto per il soddisfacimento di un interesse pubblico (o di un interesse altrui), ed è invece diritto sog­ gettivo il mezzo di tutela accordato dall’ordinamento giuridico ad un

sog-(6) Sul concetto che la pubblica amministrazione è da considerarsi por­ tatrice di interessi propri oltre che di interessi pubblici cfr. da ultimo Alessi,

La responsabilità della Pubblica amministrazione, Milano, 1951, 28 ss., 55 ss. (7) Oabneltjtti, Sistema di diritto processuale civile, Padova, 1936, 57,

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getto per il soddisfacimento di un interesse proprio. No deriva che potere e diritto soggettivo sono mezzi di tutela degli interessi tra loro alterna­ tivi e incom patibili: dove è potere non vi può essere diritto soggettivo e viceversa, poiché l’ordinamento giuridico, dove ha per fine di tutelare un interesse pubblico ritenendo in questo assorbito l ’interesse proprio del soggetto a cui attribuisce il mezzo di tutela, non può, per la contraddi­ zione che non lo consente, avere per fine la tutela dell’interesse proprio del soggetto, ritenendo assorbito in questo il pubblico interesse. E così si aiferma nel nostro campo un’assoluta incompatibilità fra potere d’im­ posizione e diritto soggettivo all’imposta, per cui dove la Finanza è tito­ lare del primo, ivi non può esser titolare del secondo (8).

(contìnua).

Federico Maffezzoni

(8) Devo notare che con ciò non intendo considerare tale distinzione fra potere e diritto soggettivo come senz’altro valida agli effetti della teoria gene­ rale del diritto, bensì solo come strumento d’indagine al fine di distinguere il più esattamente possibile il potere d’imposizione dal diritto soggettivo al­ l’imposta. Tale risultato non si potrebbe infatti conseguire, definendo ad es. il potere come forza di produrre una modificazione giuridica e il diritto sog­ gettivo come posizione giuridica di vantaggio (Gaebagnati, Sostituzione pro­ cessuale, o.l.c.; Miele, o.l.c.) perchè, a prescidere da altre osservazioni, si verrebbe così a ricomprendere nel potere ogni facoltà di agire che operi sia sul piano del diritto pubblico come su quello del diritto privato, e nel diritto soggettivo situazioni giuridiche di vantaggio di applicazione altrettanto estesa ; così pure e per la stessa ragione definendo il potere come potestà di volere o di agire che produca situazioni giuridiche dalle quali altri soggetti sono vincolati e il diritto soggettivo come situazione giuridica di vantaggio rispetto a un bene determinato (M. S. Giannini, Lezioni cit. 265 ss.) ; così pure defi­ nendo il potere come potestà di comando e il diritto soggettivo pure come potere ma sfornito della potestà di comando (Ranelletti, Le guarentigie della giustizia nella puì>t>lica amministrazione, Milano, 1934 ; In., Il problema della giustizia nella pubblica amministrazione, Riv. amm. 1948, 1°, 197 ss. ; Zano- bini, Corso di diritto amministrativo, 1940, 1“, 230 ss.) si trascurerebbe il fatto che non solo il potere di imposizione ma anche il diritto soggettivo alla imposta può contenere potestà di comando (es. potere di autotutela dell’esat­ tore nell’esecuzione forzata), e via dicendo. Bastano questi pochi cenni per