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1. — Ci proponiamo di esaminare, dal punto di vista delle imposte di registro, il regime degli atti giuridici che sono oggetto dell’azione pauliana o dell’azione di dichiarazione di simulazione.

Ricordiamo subito le regole fondamentali che reggono la percezione delle tasse afferenti ad un atto giuridico nel momento in cui si dà la forma all’atto strumentale che lo constata.

1) La percezione deve essere stabilita secondo il tenore dell’atto strumentale. Questo atto costituisce la confessione scritta, fatta dalle parti, dell’esistenza della materia imponibile (arg. Cod. Reg. art. 4 e 5).

2) L’atto giuridico è assoggettato all’imposta anche se è intaccato da una causa di nullità, assoluta o relativa, apparente o latente

(Cod. Reg. art. 209, 2°, a c o n t r a r io ).

La confezione dell’atto strumentale e la sua presentazione alla for­ malità sono gli interpreti del volere delle parti di realizzare l’atto giu­ ridico di cui Tatto strumentale fa prova, nonostante i vizi, per gravi che siano, che possano intaccarlo. Il Ricevitore del Registro non è affatto giudice delle nullità, e queste d’altronde, quale che sia la loro intensità, non impediscono affatto che l’atto giuridico sia stato apparentemente conchiuso, che la sua esistenza sia stata affermata dalle parti e che solo una decisione giudiziale proclamante la nullità sia suscettibile di distrug­ gere gli effetti di tale apparenza e di tale affermazione.

3) L’imposta colpisce l’operazione realmente intervenuta fra le parti, nel senso che se l’atto strumentale presentato alla formalità con­ tiene una simulazione di contratto od una dissimulazione di prezzo o di valore, di natura tale da ridurre il montante dell’imposta, tale simu­ lazione o tale dissimulazione costituisce una contravvenzione alla legge fiscale che Famministrazione è autorizzata ad accertare attraverso tutti i mezzi giuridici e che è punita da sanzioni severe (Cod. Reg. articoli 185 e 283-207).

In altri termini, la materia imponibile non può essere inferiore nè a quella che è affermata e rivelata dall’atto strumentale (supra 1° e 2°), nè a quella che è generata dall’atto giuridico realmente intervenuto fra le parti.

4) La percezione dei diritti, relativi ad un atto sottomesso alla formalità, deve essere stabilita tenendo conto della « proprietà appa­ rente ». gì intende con questa espressione la situazione giuridica preesi­ stente, risultante dagli atti ostensibili anteriormente registrati. Si tratta

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d’imporre il cambiamento di proprietà, elle appare dal confronto fra l’atto anteriormente registrato e l’atto nuovo presentato alla formalità

(God. Keg. art. 208).

2. — Il trattamento fiscale riservato all’annullamento, alla soluzione o alla revoca di un atto giuridico, sia clie la messa nel nulla risulti da una sentenza o da un atto amichevole extragiudiziale, è egualmente regolato dalle norme precedenti e specialmente dal principio della pro­ prietà apparente, che interpreta la messa nel nulla come una retroces­ sione, a menochè non vi sia una deroga in virtù di disposizioni particolari della legge.

Gli articoli 149 e 209, 2°, della legge sulle tasse di registro conten­ gono tali disposizioni.

A r t . U fi. — Le sentenze, che comportano annullamento, risoluzione

o revoca di una convenzione traslativa o dichiarativa di proprietà di immobile, non danno punto luogo alla tassa proporzionale a carico di tale messa nel nulla, a meno che esse non siano pronunziate a favore di una persona diversa da ciascuna delle parti, dai suoi eredi e dai suoi legatari.

A r t . 2 0 9, 2°. — Sono soggette a restituzione le tasse proporzionali

percepite a carico di una convenzione messa nel nulla, per causa di nullità, da una sentenza passata in forza di cosa giudicata.

Pertanto bisogna distinguere secondo che l’annullamento, la riso­ luzione o la revoca dell’atto giuridico risulti da un atto amichevole o che sia stata pronunziata in giudizio.

In caso di annullamento, risoluzione o revoca a m ic h e v o l e , la messa nel nulla dell’atto giudirico deve, dal punto di vista della legge fiscale, essere sempre considerata come una retrocessione a vantaggio della persona, che ritrova la proprietà del suo bene. Basta, per decidere cosi, di applicare il principio della proprietà apparente.

Se, al contrario, la messa nel nulla dell’atto giuridico risulta da una

se n te n z a , l’art. 149 interdice la richiesta di una nuova tassa propor­

zionale. Yi è di più. Se si tratta del l’ a n n u lla m e n to dell’atto giuridico, i diritti proporzionali ai quali esso ha dato luogo devono essere r e s t i t u i t i , secondo il disposto dell’art. 209, dopo che la sentenza di annullamento ha acquistato forza di cosa giudicata. Yi è annullamento ogni volta che la messa nel nulla dell’atto giuridico sia fondata su un vizio di consenso, su una incapacità, su una causa illecita o sull’assenza di una formalità sostanziale. La legge fiscale non distingue affatto fra sentenze di annul­ lamento che siano fondate su una nullità assoluta (sanzione di mia regola di interesse generale) e quelle che siano fondate su una nullità relativa (protezione di interessi privati).

Non ha punto luogo la restituzione se la messa nel nulla dell’atto giuridico proviene da una r i s o l u z i o n e o da una revoca. La risoluzione è la messa in opera della condizione risolutiva di cui le parti abbiano fornito l’atto giuridico al tempo della sua conclusione oppure della con­

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dizione risolutiva implicita e x -le g e nei contratti sinallagmatici per il caso in cui una delle parti non soddisfi, alle sue obbligazioni. La revoca non è nient’altro eli e la risoluzione applicata alle donazioni fra vivi.

3. — Applichiamo le regole sopra enunziate alle decisioni giudiziarie che accolgono l’azione pauliana intentata dal creditore del venditore o dell’alienante, oppure l’azione di dichiarazione di simulazione.

L ’ a zio n e p a u lia n a non ha affatto per risultato quello di far rien­

trare i beni alienati nel patrimonio del debitore. Essa non è affatto una azione di nullità. Il creditore che riesca nella sua azione, è autorizzato a far pignorare il bene per farlo vendere, come se si trovasse ancora nelle mani del suo debitore. Se egli ha un subacquirente di buona fede, il creditore si deve accontentare di una indennità a carico del primo acquirente. Tra il debitore ed il suo acquirente l’atto sussiste.

La soluzione fiscale si deduce facilmente dall’osservazione dei risul­ tati dell’azione pauliana dal punto di vista civile. Questa azione non fa affatto sparire la convenzione impugnata. La sentenza che fa stato non è affatto una sentenza di annullamento. Da una parte, essa non può dar luogo alla tassa proporzionale perchè essa non dà luogo ad alcun cam­ biamento di proprietà e, inoltre, perchè l’art. 149 vi si oppone, e, d’altra parte, essa non può giustificare la restituzione in virtù dell’art. 209 dell’imposta percepita sull’atto di alienazione.

L a s i m u la z i o n e non è affatto, in sè, una causa di nullità. Essa è, in

linea di principio, lecita, e costituisce essa stessa un atto giuridico. Essa suppone due convenzioni contemporanee, di cui luna, apparente (atto ostensibile), è modificata o distrutta nei suoi effetti dall’altra, rimasta segreta (contro-scrittura).

Prendiamo un esempio: si presenta alla formalità della registra­ zione un atto che comporta la vendita fra A e B di un immobile al prezzo di 500.000 frs. Esiste una contro-scrittura da cui risulta che l’atto precitato è simulato. Non si è avuta affatto una vendita, poiché B ha accettato di essere il prestanome di A quale proprietario dell’immobile apparentemente venduto. Ma se è vero che, nella realtà delle cose, non si è avuta punto vendita, ciò non di meno è intervenuta una convenzione di prestanome tra A e B, con questa conseguenza voluta dalle parti, che riguardo ai terzi l’immobile è stato «trasmesso al prestanome e deve essere considerato come a lui appartenente.

Tuttavia il creditore dell’alienante non è per nulla vincolato dal­ l’atto ostensibile. L’immobile apparentemente alienato continua ad appartenere al suo debitore e, come tutti i beni del debitore, costituisce la garanzia dei creditori. E’ a questo titolo che l’azione di dichiarazione di simulazione è a costoro consentita, senza che essi debbano provare nè la frode nè il pregiudizio.

La sentenza che fa seguito a tale azione non profitta che al credi­ tore richiedente. Essa non influisce punto sui rapporti del debitore e dell’acquirente apparente e non giova punto ad altri creditori. K e s i n t e r

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si può dunque ragionare come per l'azione pauliana. Nei due casi, un creditore cerca di farsi pagare su un bene alienato dal suo debitore. Non si opera, quanto al resto, alcun cambiamento nè nella situazione reale, nè nella situazione apparente della proprietà. Nessun diritto nuovo, ma neanche nessuna restituzione.

Supponiamo ora che sia una delle parti che agisca per la dichiara­ zione della simulazione e che vinca.

Bisogna distinguere, pensiamo, secondo che la decisione del giudice è fondata su una c a u s a d i n u llità della convenzione del prestanome (vizio di consenso, incapacità, frode alla legge) o sulla volontà di una parte di por fine a tale convenzione. Nel primo caso, la doppia conven­ zione originaria (di prestanome e di vendita apparente) è messa nel nulla da una sentenza di annullamento; ciò non dà affatto luogo ad imposta proporzionale (Cod. Reg. art. 149) e i diritti percepiti sulla vendita apparente vanno restituiti (Cod. Reg. art. 209). Nel secondo caso, il giudizio da diritto alla d e n u n z ia della convenzione di presta­ nome da parte di quella parte che pretende di mettervi fine. Non si può trattare che di risoluzione di convenzione fondata su un diritto di ree­ scissione riconosciuto al richiedente, e che non può dedursi che dalla stessa economia della convenzione di prestanome alla quale la sentenza mette fine. Questa risoluzione cade sotto l’applicazione dell’art. 149, che non distingue affatto fra la messa nel nulla e x fu n e e la messa nel nulla

e x n u n c . E’ risaputo in effetti, che nel caso della revocazione di una do­

nazione, per es, l’art. 149 si applica tanto alla revocazione per causa di ingratitudine, che opera e x n u n c , quanto nel caso di revoca per man­ cata esecuzione delle condizioni, che opera e x tu n c .

Infine, se le parti presentano alla formalità un a tto a m ic h e v o le rivelante la convenzione di prestanome e denunziante questa per l’avve­ nire, si applicherà la teoria della proprietà apparente e si percepirà il diritto di retrocessione. Vanamente, le parti tenteranno di sfuggire a questa percezione producendo la contro-scrittura, poiché questa non è punto opponibile airAmministrazione. Non perchè il Fisco debba essere considerato come un terzo ai sensi dell’art. 1321 del Cod. Civile che proclama che le contro-scritture non hanno effetto contro i terzi. Il Fisco si limita, nell’occorrenza ad applicare la legge d’imposta, di guisa che le convenzioni nate fra i privati gli sono del tutto estranee. Ma esso è protetto dal Codice delle tasse di registro, il cui art. 18 dispone che la data degli atti compiuti per scrittura privata in generale (e a

f o r t i o r i le contro-scrittture) non è opponibile all’Amministrazione che

n e lla m is u r a in cui è opponibile ai terzi. Ora i terzi posono invocare

l’atto apparente e respingere l’atto segreto,, anche se quest’ultimo è stato redatto in forma autentica o se abbia data certa (Planiol e Ri- pert, t. VI, n. 337).

Ed g a r d So h r e u d e r (Trai, dal Francese di Francesco Forte).