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Contesti regional

1.3 Il quadro italiano 1 Storia degli stud

1.3.2 Contesti regional

Come già evidenziato nel paragrafo precedente l’intensità della ricerca presenta spiccati caratteri di disomogeneità: in alcune aree, per esempio quella centro-padana e genericamente settentrionale, mancano quasi completamente, non hanno avuto gli sviluppi necessari5, gli studi6. In altri contesti invece il problema è stato affrontato in profondità in maniera monografica (Puglia, Calabria, Sardegna) o nell’ambito di tematiche a carattere generale o parzialmente coincidenti (Emilia- Romagna, Toscana, Lazio, Sicilia).

1 R APETTI 2000, pp.20-29. 2 PIRILLO 2008, pp.40-42. 3 P ANERO -PINTO 2012. 4 SAGGIORO- VARANINI 2012, pp.257-8. 5 G IANNICHEDDA 1996, p.245. 6 G HIDOTTI 2000.

Gianluigi Marras, I villaggi medievali abbandonati del Meilogu. Tesi di Dottorato in Storia, Letterature e Culture del Mediterraneo- Indirizzo Archeologico. Università degli studi di Sassari

35 In generale nell’Italia settentrionale la struttura dell’insediamento sembra resistere alla crisi, all’interno di processi di dispersione e utilizzo delle risorse rurali leggibili nel lungo periodo1. La Klapish-Zuber sottolinea inoltre la differenza fra mezzogiorno e Italia “comunale”, con la diffusione della mezzadria e delle case sparse, che sembrano contenere gli abbandoni2. È certo che in molte aree la crisi cominciò prima della peste con spiegazioni malthusiane3. Il quadro degli abbandoni differisce anche per ragioni cronologiche visto che in alcune aree (Toscana, Liguria) le fase maggiore di abbandoni sono precedenti o successive al XIV secolo4.

Il Piemonte è stata una delle regioni prima indagate grazie soprattutto ai contributi di A.Settia5; in seguito è da registrare uno spostamento dell’interesse su temi adiacenti, quali incastellamento e borghi nuovi, sebbene i villaggi abbandonati non siano mai usciti dalle coordinate degli studiosi, come dimostrano i recenti studi di Riccardo Rao e i convegni di Cherasco. Quest’ultimo studioso, occupatosi in particolare del vercellese, inserisce le diserzioni trecentesche, che interessano soprattutto i centri più fragili, in un complesso processo di selezione degli abitati e formazione di un paesaggio che coinvolge anche le nuove fondazioni6, anch’esse talora scomparse come Gazzo, oggetto di una monografia7. In Liguria, nonostante sia qui da porre la culla dell’archeologia medievale italiana, dopo l’esperienza di Zignago (esemplare in quanto metteva in collegamento diretto lo studio di un insediamento abbandonato con il suo territorio, indagato con le metodologie della ricognizione e dell’archeologia dell’architettura)8, “…poco…è stato fatto…per indagare altri villaggi abbandonati”9. È tuttavia da segnalare che dal 2014 è ripreso lo scavo del villaggio di Zignago, che ha permesso di capire l’organizzazione pianificata del villaggio10.

1 R APETTI 2000, pp.35-6. 2 CHERUBINI 1974, p.662. 3 C HERUBINI 1974, p.668. 4 KLAPISCH ZUBER 1973,p.314

5 Si richiamano a titolo esemplificativo S

ETTIA 1973, 1975, 1984, 2011.

6 R

AO 2011a. 7 RAO 2011.

8 F

ERRANDO CABONA -GARDINI-MANNONI 1978;FERRANDO CABONA -MILANESE -CABONA 1978;BOATO A. ET ALII 1990; GIANNICCHEDDA 1996.

9 A

A.VV. 2014b, p.27.

10 A

Gianluigi Marras, I villaggi medievali abbandonati del Meilogu. Tesi di Dottorato in Storia, Letterature e Culture del Mediterraneo- Indirizzo Archeologico. Università degli studi di Sassari

36

Regione Villaggi

1° ½ XIV Villaggi fine XV Abbandoni Percentuale abbandono Italia

Vercellese1 71 41 30 59%

Liguria2 10%

Toscana3 10%

Contadi di Volterra e San Gimignano4 68 14 20%

Contado di Pistoia5 124 44 5% Maremma Pisana6 39 24 62% Casentino7 33% Contado Lucchese8 144 129 15 Chianti9 9 Lazio 25010 Provincia Romana11 25% Distretto romano12 366 100 Tuscia 50% Maritima 45%

Romagna Farfa- Campagna 30%

Collina 19% Tivoli-Carsoli 4% Sabina 4% Molise13 45% Puglia Provincia di Lecce14 212 136 86 36% Capitanata15 64 32 50% Vescovato di Siponto16 64 25 39% Calabria

Diocesi di Reggio Calabria e Bova17 30

1 R

AO 2014, p. 374. RAO 2011°, p.22 precisa meglio i termini cronologici (ultimo quarto del ‘300- 1406)

2 K

LAPISCH ZUBER 1973,p.314. 3 KLAPISCH ZUBER-DAY 1965,p.456.

4 K

LAPISCH ZUBER 1973,p.312, periodo di riferimento inizio XIV-1551. KLAPISCH ZUBER-DAY 1965,p.437.

5 K

LAPISCH ZUBER 1973,p.312, periodo di riferimento prima metà XIII- 1401; in realtà già nel 1427 il numero di

insediamenti sale a 69. Indagini accurate dicono che dei 162 centri di inizio XII solo il 7% è stato abbandonato definitivamente.. KLAPISCH ZUBER-DAY 1965,pp.442-3, periodo di riferimento 1226-1745, danno 8 abbandoni su

162 centri.

6 K

LAPISCH ZUBER-DAY 1965,p.445, periodo di riferimento 1260-1575, dati relativi alle Pievi di San Lorenzo alla

Piazza, Scotriano e Tiana.

7 Dato desumibile da C

URTIS 2005, pp.96-98.

8 L

EVEROTTI 1988, p.1 {Edizione digitale}, dati riferiti a inizio trecenti e metà quattrocento.

9 VALENTI 1995, p.411, in riferimento ai villaggi aperti del comprensorio di Castelnuovo Berardenga. Estremi

temporali 1359-1400. Bisogno ricordare anche l’accorpamento di altri 13 villaggi al capoluogo

10 Q

UAINI 1973, p. 715 con bibliografia precedente. Di tali insediamenti si era fornita un’ubicazione certa per 37 e

probabile per 150.

11 K

LAPISCH ZUBER-DAY 1965,p.437; periodo di riferimento XIV-XV. 12

KLAPISCH ZUBER 1973,p.341, periodo di riferimento 1350- 1416.

13 K

LAPISCH ZUBER 1973,p.342.

14 A

RTHUR 2006, p.111; ARTHUR-GRAVILI 2008, p.15;GRAVILI 2009, p.11. Periodo di riferimento XIII-XVI.

ARTHUR 2006, p.111 conta inoltre 228 siti abbandonati sui 372 villaggi individuati tramite l’utilizzo di tutti i metodi, con una percentuale del 61%.

15

KLAPISCH ZUBER-DAY 1965,p.447, periodo di riferimento 1310/28-1560.

16 K

LAPISCH ZUBER 1973,p.313, periodo di riferimento prima metà XIV- fine XV.

17 K

Gianluigi Marras, I villaggi medievali abbandonati del Meilogu. Tesi di Dottorato in Storia, Letterature e Culture del Mediterraneo- Indirizzo Archeologico. Università degli studi di Sassari

37

Diocesi di Gerace e Squillace1 20

Diocesi di Mileto e Oppido2 35

Calabria3 393 245 148 38% Basilicata4 148 97 51 34% Sicilia 50% Val di Noto5 56 Val di Mazara6 100 Val Demone7 60 Provincia di Palerrmo8 263 195 68 74% Sardegna9 805 360 445 55%10 Totale 1201

Tab. 1.3. Villaggi abbandonati in Italia fra XIV e XV secolo. La tabella presenta dati disomogenei per periodo di riferimento e modalità e non assicura completezza delle informazioni fornite; le fonti sono esplicate nelle note a piè pagina.

In Veneto nell’area veronese si ha avuto un precoce interesse per il tema dell’insediamento in generale negli anni Settanta, soprattutto per opera di Castagnetti, tuttavia presto tralasciato fino ad anni recenti. Grande eco ha avuto soprattutto il periodo compreso fra IX e XII secolo con scarsi slittamenti cronologici in avanti11. In quest’area, fortemente caratterizzata dalla forte presenza urbana di Verona, si può osservare un’espansione e antropizzazione nei secoli XIII e XIV, specialmente (ma non esclusivamente) nei territori prima marginali: nell’area pianeggiante della Campanea Maior tramite l’impianto di insediamenti spesso pianificati dalla città o da famiglie, talora fortificati, che ben resisteranno alla crisi trecentesca12. Nella montagna veronese i nuovi insediamenti, programmati e realizzati per opera di coloni tedeschi, resistono ugualmente fino agli spopolamenti sub-contemporanei13. Nella piana veronese invece si assiste a nuove fondazioni (specialmente lungo l’Adige) e gemmazioni di ville, che generano centri minori. Si può dunque mettere in luce che confrontando documenti del XII e XIV secolo si

1

KLAPISCH ZUBER-DAY 1965,pp.449, periodo di riferimento XIV-XV, altri 2 abbandoni fino al XIX secolo.

2 K

LAPISCH ZUBER-DAY 1965,pp.449, periodo di riferimento 1310-1570, altri 9 abbandoni fino al 1736 e 38 fino

al XIX secolo.

3 KLAPISCH ZUBER 1973,p.313, periodo di riferimento 1273/77- 1505.

4 K

LAPISCH ZUBER 1973,p.313, periodo di riferimento 1273/77- 1505.

5 K

LAPISCH ZUBER-DAY 1965,p.453, periodo di riferimento XIV-XVI, totale degli abbandoni 125 ma almeno 50

insediamenti furono abbandonati prima del 1300.

6 K

LAPISCH ZUBER-DAY 1965,p.453, periodo di riferimento XIV-XVI, totale degli abbandoni 280 ma almeno 150

insediamenti furono abbandonati prima del 1300.

7 K

LAPISCH ZUBER-DAY 1965,p.453, periodo di riferimento XIV-XVI, totale degli abbandoni 100.

8 M

AURICI 1998, pp.58-64, dati iniziali di inizio XII secolo. 9 MELONI 2004, pp.125-6, periodo di riferimento 1320 e 1485.

10 K

LAPISCH ZUBER-DAY 1965,p.456, calcolavano una percentuale del 50%.. 11

Veloce rassegna in SAGGIORO- VARANINI 2012, pp.233-236

12 S

AGGIORO- VARANINI 2012, pp. 236-244

13 S

Gianluigi Marras, I villaggi medievali abbandonati del Meilogu. Tesi di Dottorato in Storia, Letterature e Culture del Mediterraneo- Indirizzo Archeologico. Università degli studi di Sassari

38 osservano spostamenti, dovuti anche a fattori geomorfologici, ed “erosioni” con successivi ripopolamenti di ville, spiegabili anche per le iniziative dall’alto, mentre l’impatto degli abbandoni sul quadro generale dell’insediamento sia poco profondo1 e questi interessino soprattutto centri minori2. Nel Friuli episodica è l’analisi del contesto di Budoia con il caso del villaggio abbandonato di Longiarezze, studiato con un ampio ventaglio di metodologie3.

In Emilia- Romagna4 lo studio degli insediamenti abbandonati è stato affrontato per quanto riguarda aspetti settoriali della ricerca (incastellamento- decastellamento) e nell’ottica più generale delle dinamiche territoriali, in relazione alla formazione degli abitati accentrati, anche nel quadro dei rapporti con l’insediamento intercalare. Dal punto di vista metodologico si ha avuto un ampio utilizzo delle ricognizioni di superficie con il ricorso a interessanti tecniche di campionatura. Di grande significato lo scavo stratigrafico di un villaggio fondato nel IX secolo e abbandonato nell’XI come quello presso S. Agata Bolognese5.

In Toscana il fenomeno è abbastanza contenuto e legato a fenomeni più generali quali la trasformazione degli assetti della proprietà e della gestione delle terre6, ad eccezione del pisano, dove una decisa crisi demografica, causata da peste, crisi economica, episodi bellici si accompagna allo spostamento verso il contado urbano e allo spopolamento di molti villaggi, specialmente aperti e deboli7.

Nel Lazio si assiste ad un’inversione di tendenza: dopo il fenomeno dell’incastellamento studiato da Toubert, con una forte spinta all’accentramento e alla gerarchizzazione di insediamento e sfruttamento agricolo nel XIII-XIV si assiste, in concomitanza allo spopolamento delle campagna, ad un atrofizzazione, più che all’abbandono, dei villaggi, che si trasformano in casali, nuovo centro di organizzazione economico- produttiva8. Il quadro muta a dipendere dall’area, con le aree di montagna meno colpite delle colline, della Maremma e delle aree costiere, dove i centri erano meno abitati e vengono

1 S

AGGIORO- VARANINI 2012, pp.247- 256. 2

SAGGIORO- VARANINI 2012, pp.264-5: sembra invece che nel padovano il fenomeno sia decisamente maggiore.

3 Baccichet 2013.

4 Quadro generale desunto da G

ELICHI 2006.

5 Sintesi, con bibliografia precedente, in GELICHI 2006, pp.89-95.

6 C

HERUBINI- FRANCOVICH 1973.KLAPISCH ZUBER 1973,pp.336-39. 7

LEVEROTTI 1988.FRANCESCHI 2012, p.1137, ricorda anche al riguardo l’opinione simile di Riccardo Francovich e Giovanni Cherubini

8 R

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39 maggiormente colpiti rispetto alle alture. Alle distruzioni segue il disomteresse dei proprietari, che preferiscono terre spopolate1.

Nell’italia meridionale il quadro è diversificato, sebbene ancora nel 2006 Paul Arthur evidenziava la “poca tradizione” degli studi ricordando come i primi risultati delle foto aeree scattate durante la seconda guerre mondiale non avessero sostanzialmente avuto seguito, nonostante gli studi pioneristici di Whitehouse in Calabria, dell’Istituto di Archeologia ed Etnologia dell’Accademia Polacca delle Scienze a Capaccio Vecchia (SA). In Basilicata e Puglia ha avuto particolare riguardo il tema dell’insediamento rupestre, sia per quanto riguarda le chiese che i siti abitativi, da leggere tuttavia necessariamente in parallelo allo studio delle strutture in alzato2. Si può comunque affermare che tutta l’Italia a sud della Maremma (Lazio, Molise, Abruzzi, Puglie), comprese le isole, vede la distruzione dell’ossatura insediativa rurale, fra abbandoni e fortissima concentrazione, in concomitanza con un diverso uso delle terre, riconvertite alla pastorizia transumante, che causa ulteriori abbandoni3.

La Puglia4 è uno dei contesti regionali maggiormente interessati dalle ricerche in merito, condotte dai tre atenei di Bari, Lecce e Foggia, mediante ricognizioni di superficie e scavi stratigrafici.

Nella provincia di Lecce sono stati censite almeno 544 testimonianze di età medievale (1 sito ogni 5 Kmq5) e sono stati scavati sei insediamenti rurali, fra cui quelli di Apigliano6, Quattro Macine e Muro Leccese7, allo scopo di costruire una base materiale di conoscenza: sono state quindi individuate fasi di selezione e trasformazione dell’insediamento, con fasi di crisi e crescita, abbandoni e nuove fondazioni dal VI al XV secolo. La fase iniziale degli insediamenti di Apigliano e Quattro Macine sono da porre fra la fine del VII e l’inizio dell’VIII secolo e si stabilizzano in età bizantina, fino a giungere all’età normanna con centinaia di villaggi sparsi già formati, Fra XIV e XV secolo si ha una fase di abbandono generalizzato dei villaggi, con percentuali che variano dal 36%, ove si contino i soli centri

1

KLAPISCH ZUBER 1973,pp.341-2.

2 A

RTHUR 2006, pp.97-8. Sulla lettura contestuale di strutture ipogeiche ed in elevato applicata ad un contesto

territorial cfr. ATTOLICO -MICELI 2011. 3 KLAPISCH ZUBER 1973,pp.341 ss. 4 A RTHUR 2006. 5 ARTHUR 2006, pp.99-100. 6 A RTHUR-BRUNO 2007. 7 A RTHUR 2006.

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40 per i quali si dispone di una seppur minima presenza nelle fonti scritte, al 61% (228 siti) dei 372 villaggi individuati tramite l’utilizzo di tutti i metodi. L’abbandono è in realtà spesso una trasformazione in masseria, fenomeno che, unito alla fortificazione (le “terre murate”, alcune delle quali indagate) e al rinnovamento urbanistico dei centri sopravvissuti e alle nuove fondazioni, suggerisce la trasformazione dei modi di gestione della terra1. Nella Puglia centrale le Università di Bari e Foggia hanno condotto scavi pluriennali di città imperiali e castelli abbandonati della Capitanata come Castel Fiorentino e Montecorvino2, indagini peraltro sconfinanti nelle vicine tematiche dei borghi nuovi, specialmente quelli derivanti dall’azione di Federico II, e dell’incastellamento3. Altri centri sono stati indagati solo topograficamente come Frassineto4.

Nel Tavoliere lo spopolamento, legato a processi di selezione dei siti in funzione dell’organizzazione della transumanza ovicaprina a largo raggio, può essere letto in superficie grazie alle dispersioni di materiale5. Ancora nella Capitanata6 è importante lo studio “leggero” di Corleto, condotto mediante aerofotointerpretazione e ricognizione archeologica7

In Basilicata alcuni siti sono stati recentemente studiati con un approccio metodologico interdisciplinare e “leggero”, mediante l’uso di metodologie non invasive (LIDAR), per esempio il casale di Monteserico, ubicato ai confini con la Puglia, e Monte Irsi8.

La Calabria ha conosciuto fin dagli anni Sessanta una ricerca costante sugli insediamenti abbandonati, con contributi di carattere storico, urbanistico-architettonico e lo scavo di molti siti (Mileto Vecchia, Rocca Angitola, Oppido Vecchia, Motta San Demetrio etc.)9, che continua tuttora tramite l’attività del C.R.I.S.S.A. (Centro Ricerche Iniziative Spopolamenti Spostamenti Abbandoni) dell’Università di Reggio Calabria, diretto da

1 ARTHUR 2006, p.111.

2 Sintesi del tema e delle ricerche, con bibliografia precedente, in C

ALÒ MARIANI 2007, che definisci

esplicitamente i due centri come “villages désertés” già nel titolo dell’articolo. Sulle analisi di superficie di Montecorvino cfr. anche FAVIA -GIULIANI –MARCHI 2007.

3 FAVIA 2012. 4 LABATE 2002. 5 F AVIA 2006, p.193. 6 F AVIA 2008, pp.349-53.