7 F AVIA G OFFREDO 2012 F AVIA G OFFREDO V ALENZANO 2012.
1.4 Il caso sardo
1.4.2 Storia degli stud
La ricerca in ambito sardo, contrariamente al contesto italiano, ha mantenuto negli ultimi decenni un costante interesse sul tema dell’insediamento bassomedievale e in particolare sui villaggi abbandonati1, tema che peraltro ha sempre attratto gli storici sardi a partire dal Cinquecento.
Le discontinuità insediative sopra elencate sono infatti state sottolineate da ricercatori ed eruditi a partire dal XVI-XVII secolo (Fara2, Vico3, Aleo), specialmente in relazione alle grandi ondate di abbandono del XIV- XV secolo, di cui quali descrivono i risultati materiali citando i ruderi di numerosi abitati distrutti. Dalla prima metà dell’Ottocento e per un secolo circa gli studiosi “fondatori” della storiografia sarda (Angius4, Manno, Besta5, Solmi6, Loddo Canepa) hanno elencato i centri abbandonati delle varie curatorie in cui era divisa l’isola, ponendo però scarsa attenzione alla tipologia delle fonti utilizzate (con grande confusione fra quelle documentarie e quelle narrative), all’aspetto diacronico e al tipo di insediamenti citati7.
Questo approccio, tendente all’appiattimento cronologico (il termine medioevo descrive infatti un arco cronologico di circa 400 anni, durante il quale si sono verificati numerosi e importanti mutamenti istituzionali, congiunture storico-economiche e sociali e avvenimenti vari, che tutti hanno avuto ricadute sull’insediamento con i suoi poli e dinamiche) e morfologico (come sopra accennato si possono elencare diverse modalità e forme d’insediamento) del panorama storico, è ancora caratteristico di una stagione di studi, quella degli anni Sessanta e Settanta del Novecento, che ha comunque prodotto i grandi repertori di John Day8 e Angela Terrosu- Asole9.
Costoro, che si inserivano con orientamento storico- geografico all’interno del panorama europeo di studi sui villages désertés, proponevano inoltre delle ubicazioni dei centri spopolati (elemento peculiare e di grande novità), ancora da considerare come punti di
1 Vd. sintesi e discussioni in SERRELI 2009, pp.109-12; 2014, pp.281-4; MILANESE- CAMPUS 2006, CAMPUS 2008.
2 F
ARA 1992a, 1992b, passim. 3 VICO 2004, passim. 4 A NGIUS 2006, passim. 5 B ESTA 1909, passim. 6 SOLMI 2001, pp.113-124.
7 Vd. la disanima e la storia degli studi in M
ILANESE- CAMPUS 2006. Cfr. anche CAMPUS 2008, SERRELI 2009,
p.110; 2014.
8 D
AY 1973.
9 T
Gianluigi Marras, I villaggi medievali abbandonati del Meilogu. Tesi di Dottorato in Storia, Letterature e Culture del Mediterraneo- Indirizzo Archeologico. Università degli studi di Sassari
51 partenza imprescindibili per le ricerche in tale ambito ed in tale ottica i repertori sono stati informatizzati e georeferenziati in un database e in un sistema informativo geografico consultabili1.
Ai repertori si deve aggiungere da parte dello studioso franco-americano2 tutta una serie di letture ed interpretazioni generali del fenomeno, di carattere economico e strutturalista: in particolare viene proposta una specie di malthusianesimo inverso (esplicitato nella celebre formula “Malthus démentì”), con un sottopopolamento cronico, rilevabile fino ai giorni nostri, che impedisce la crescita demografica e l’espansione agraria. La geografa sarda invece concentrava il suo interesse sul tema della poleogenesi3 e su singoli comprensori. Un ulteriore repertorio, ricalcato su quello della Terrosu-Asole, era invece fornito da A.C. Casula nel 19804.
Nello stesso periodo Marco Tangheroni5 rilevava al contrario l’importanza di analizzare le
dinamiche insediative concentrandosi su campioni territoriali limitati, allo scopo di capirne con maggiore precisione i caratteri tipologici e cronologici e sottolineava al contempo l’importanza del clima politico e di singoli avvenimenti nei processi e nei casi di abbandono, in un’ottica di microstoria evenemenziale6.
La ricerca, agevolata dal grande numero di fonti di nuova o rivista edizione e dalla rilettura generale del medioevo sardo, si è nell’ultimo ventennio indirizzata effettivamente su questi binari, con l’analisi di contesti territoriali limitati, normalmente le curatorie, di cui sono state indagate capillarmente le fonti scritte e proposte ubicazioni per gli insediamenti abbandonati.
Fra le aree di studio tiene conto ricordare al proposito le curatorie di Meilogu7, Romangia8, Montes9, Figulinas e Anglona10, nel Giudicato di Torres; quelle di Campidano, Marmilla,
1 Informatizzazione operata nel 2004/05 dallo scrivente e da Maria Cherchi, sotto la direzione scientifica del prof.
Marco Milanese, vd. MILANESE 2006, 2014, p.115.
2 Contributi raccolti e sistematizzati in DAY 1984, 1987, 1989.
3 T ERROSU- ASOLE 1979. 4 CASULA 1980. 5 T ANGHERONI 1971-72; 1976. 6 S
ERRELI 2014, p. 282 per questa lettura.
7 DERIU-CHESSA 2011; si veda anche il contributo sulla curatoria di Costa de Addes (comprendente i territori
comunali di Bonorva e Semestene) DERIU 2000. 8 MILANESE 2004. 9 C HESSA 2002. 10 M AXIA 2001.
Gianluigi Marras, I villaggi medievali abbandonati del Meilogu. Tesi di Dottorato in Storia, Letterature e Culture del Mediterraneo- Indirizzo Archeologico. Università degli studi di Sassari
52 Cixerri, Sarrabus, Siurgus in quello di Carali1. Inoltre tali opere hanno distinto con grande attenzione le tipologia degli insediamenti, tutti ugualmente censiti e trattati, contrariamente agli atlanti classici.
Parallelamente sono iniziati gli studi sulle tematiche generali dell’insediamento medievale, contestualizzate con i dibattiti nazionali ed internazionali; in tale ambito si è cominciato ad affrontare i temi dell’incastellamento2, della fondazione e affermazione dei centri urbani3, del monachesimo4, dei centri minori5, delle comunità rurali6, delle signorie territoriali e fondiarie7, delle nuove fondazioni.
Piuttosto recente, ma consolidato per la vastità di ricercatori e discipline coinvolti, è inoltre l’interesse sui villaggi postmedievali abbandonati, il cui problema è affrontato in ottica archeologica, di storia documentaria, antropologia e sociologia8, e che sono stati oggetto di un recente convegno9.
Si può constatare, al termine di questo veloce excursus, che il tema dei villaggi abbandonati della Sardegna, già al centro di studi internazionali negli anni Sessanta, ha continuato a mantenere un luogo centrale nell’agenda della ricerca, ponendosi come punto di riferimento nazionale a partire dagli anni ’90 specialmente grazie all’apporto dell’archeologia, con lo scavo di Geridu, il convegno del 2001, il costituendo Centro di Documentazione dei villaggi abbandonati della Sardegna, la rivista QUAVAS- Quaderni dei villaggi abbandonati della Sardegna, di cui sono già stati editi tre volumi.
L’approccio interdisciplinare, rigoroso dal punto di vista metodologico ma fortemente aperto alla società civile e alla comunicazione e divulgazione, ha trovato un coronamento nel Museo Biddas- Museo dei Villaggi abbandonati della Sardegna (Sorso- SS), divenuto immediatamente un punto di riferimento nazionale e insignito nel 2013 del I premio nazionale Riccardo Francovich per siti, musei ed esposizioni riguardanti il medioevo10.
1 Vd. la bibliografia in S ERRELI 2009, p.112, n°15. 2 CAMPUS 1997/98, 2004, 2005, 2007, 2010. Soddu 2014. 3 C AMPUS 2010 4
MILANESE 2012.PANI ERMINI 2007.SODDU 2010.SODDU-DE SANTIS 2009.
5 O
RTU 2005.LIVI 2014.
6 O
RTU 1996; MILANESE 2011; SIMBULA- SPANU 2011. FERRANTE- MATTONE 2004. 7 Milanese 2010. Soddu 2005, 2007, 2007b.
8 I
BBA 2013, SALICE 2008. 9
Giornate di Studio Villaggi postmedievali della Sardegna. Abbandoni, nuove fondazioni, ripopolamenti. Sassari- Sorso 12-13 dicembre 2014.
10 M
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