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Smart contract quale fenomeno empirico (il mero factum-contractum) ed anello iniziale del complesso procedimento di individuazione normativa (qualificazione, interpretazione,

Nel documento federalismi.it Fascicolo n. 2/2021 (pagine 133-139)

Professore associato di Diritto privato Università degli Studi Roma Tre

4. Smart contract quale fenomeno empirico (il mero factum-contractum) ed anello iniziale del complesso procedimento di individuazione normativa (qualificazione, interpretazione,

integrazione)

Il richiamo al paradigma della soggettività, invero, non soltanto non si attaglia al fenomeno dell’algoritmo, salvo incorrere in analogie non facilmente argomentabili, ma, del pari, non appare nemmeno utile. Anche sotto il profilo risarcitorio, peraltro, non sembra che la responsabilità autonoma della macchina possa passare attraverso la creazione di un nuovo soggetto identificato con il suo patrimonio. Ed, infatti, è noto che la codificazione del c.d. effetto di destinazione nel codice civile ex art. 2645 ter c.c. ha sancito, definitivamente, l’erosione della tradizionale equazione soggetto-patrimonio, sì che un patrimonio autonomo può esistere anche senza ricorrere allo schermo della soggettività.

Peraltro, la soggettività è categoria ordinante attorno alla quale si avviluppa un complesso di rapporti giuridici, e non è necessaria per giustificare il contrahere della macchina, pena incorrere in un uso distopico dell’ormai imperante oggettivazione delle dichiarazioni negoziali, o, mutatis mutandis, in un’estremizzazione della logica del consensualismo.

25 P. FEMIA, Introduzione, in G. TEUBNER, Soggetti giuridici digitali?, cit., p. 11 s.

26 G. TEUBNER, Soggetti giuridici digitali?, cit., p. 64.

27 G. TEUBNER, Soggetti giuridici digitali?, cit., Cap. II, p. 37 ss., il quale, successivamente, esamina il c.d. rischio di associazione (Cap. IV) e il c.d. rischio di interconnessione (Cap. V).

28 G. TEUBNER, Soggetti giuridici digitali?, cit., p. 63.

29 G. TEUBNER, Soggetti giuridici digitali?, cit., p. 78, e nota 139, ove il rilievo che «se e nella misura in cui il dominus abbia concluso un contratto di assicurazione per l’agente software, si dovrebbe valutare, in applicazione analogica del § 179 BGB, se consentire l’azione diretta della controparte negoziali danneggiata».

Viene allora in mente il noto il dibattito sui c.d. scambi senza accordo e l’evoluzione della stessa nozione di “accordo”, non soltanto inteso come incontro di volontà, ma altresì quale risultato concreto della contrattazione. Nel caso della macchina, come già si ammoniva in passato, l’accordo non può essere che un fenomeno empirico e dunque avulso dalla logica tradizionale del consensualismo (quest’ultimo, come è noto, funge da base per fondare lo scambio di dichiarazioni vincolanti che chiamano in causa la categoria della soggettività)30. Piuttosto occorrerà, anche per la macchina, volgere l’attenzione sul controllo in chiave interpretativa dell’“accordo” generato dalla macchina, abbia esso o meno – poco rileva – una natura consensuale. Si condivide allora, in tale direzione, l’opinione secondo la quale «l’espressione di una attività razionale o intellettiva o volitiva non è di per sé manifestazione di soggettività di diritto, ma dà luogo a fatti oggettivi valutati da norme dell’ordinamento pure oggettivo. La soggettività è categoria che viene in considerazione a tutt’altro fine»31.

Si può anche ammettere, certo, che la macchina, in quanto dotata di capacità di auto-apprendimento (c.d.

machine learning) possieda una sua autonomia e che la sua volizione sia autonoma e distinta dall’uomo che

la programma, sfuggendo, in parte più o meno rilevante, alla prevedibilità dei risultati – ciò tanto più se l’algoritmo non soltanto venga programmato per l’esecuzione dell’accordo, bensì anche per occuparsi della vera e propria formazione dell’accordo e, dunque, per svolgere la trattativa ed attuare la scelta del contraente sulla piattaforma che gira su tecnologia bitcoin –, ma occorre sempre non perdere di vista che il contratto è, e rimane, un fenomeno del tutto umano e funzionale a soddisfare gli interessi dell’uomo32.

30 Estrema, ed arrendevole al “dato”, è la posizione di N. IRTI, Scambi senza accordo, in Rivista trimestrale di diritto processuale

civile, 1998, p. 437 ss., ora in ID., Norma e luoghi. Problemi di geo-diritto, Bari, 2001, p. 103 ss. Più misurata, invece, la disamina,

che potrebbe essere oggi estesa alla “programmazione” e al “fare” della macchina, di G. OPPO, Disumanizzazione del

contratto?, in Rivista di diritto civile, 1998, I, p. 525 ss., ed ivi il rilievo che «negli stessi scambi telematici “il consenso sulla adozione del programma tiene luogo del consenso che nasceva dal dialogo linguistico”. Dunque, vi è, a monte, un consenso e quindi

un accordo: già sotto questo profilo non si è in presenza di un contrahere senza consentire. Ma allora il “fare” non è “svolgimento”

di quel consenso?» (corsivo aggiunto). Indi «non (si può) concludere che “il primato” è della cosa che “circola come tale e

perché tale”; e che lo scambio “non ha bisogno di accordo”». Osserva che «il nostro ordinamento ha già, senza particolari sconvolgimenti, e molto prima dell’ideazione degli smart contracts, metabolizzato la possibilità che l’intero rapporto contrattuale dalla conclusione all’esecuzione della prestazione possa svolgersi senza che tra le parti vi sia alcuno scambio di dichiarazioni verbali e anche in mancanza di qualsiasi contatto diretto tra le stesse. Lo smart contract costituisce, in definitiva, un’estremizzazione dell’automazione del contratto», D. DI SABATO, Gli smart contracts, cit., p. 397. V., altresì, M. GIULIANO, La blockchain e gli smart contracts nell’innovazione del diritto nel terzo millennio, in Diritto informazione

e informatica, 2018, p. 969 ss., spec. § 4.3. Pone in luce, invece, l’assenza del paradigma classico del contratto, incentrato

su offerta-accettazione (ex art. 1326 c.c.), G. GITTI, Robotic transactional decisions, in Osservatorio diritto civile e commerciale, 2018, p. 622, secondo il quale «one can even distinguish the offer from the acceptance in the traditional sense of the term».

31 F. DI GIOVANNI, Intelligenza artificiale e rapporti contrattuali, in U. RUFFOLO (a cura di), Intelligenza artificiale e

responsabilità, Milano, 2017, p. 129 s.

32 Bisogni, talvolta, anche voluttuari: si leggano le parole di F. DI GIOVANNI, Intelligenza artificiale, cit., 135, per il quale «può destare sconcerto nel giurista affezionato al proprio mondo l’idea che il contratto possa appartenere anche ad un diverso mondo virtuale, popolato da intelligenze artificiali, e che si possano far “giocare” le macchine intelligenti, usandole come “contraenti” di contratti che – presi isolatamente – valgono tanto quanto quelli conclusi una partita di

A questo si correla non tanto l’opportunità di rendere la macchina procurator dell’uomo, dunque di assumerla ad ennesimo soggetto di diritto, bensì quella di spostare l’epicentro sulla verifica di conformità del prodotto contrattuale algoritmico ai fini, agli intenti, alle aspettative e agli affidamenti umani33. In caso di assenza di detta conformità, per esempio nell’evenienza di errore ostativo, ovvero di hackeraggio o di

imprévision du fait, l’attenzione deve spostarsi necessariamente sul controllo dell’effettività del “consenso

espresso” dalla macchina. Ciò dovrà inevitabilmente avvenire ex post, avendo di mira il risultato dell’attività della macchina intelligente e le sue eventuali patologie, così dovendosi azionare i rimedi civili atti a correggere non solamente l’errore nel quale la macchina sia incorsa (arg. ex 1433 c.c.)34, ma altresì le ulteriori patologie più gravi35. D’altronde, anche il contratto telematico, concluso “in automatico” per il tramite del c.d. click and point, è suscettibile – de jure condito – di correzione dei dati prima dell’invio dell’ordine [cfr. art. 12, comma 1, lett. c), dlgs. n. 70/200336].

Ne discende un nuovo corollario di rilievo. Anche il contratto macchinico, al pari del contratto propriamente umano, partecipa – e non potrebbe essere altrimenti – all’attuale processo di erosione del dogma dell’autonomia privata attraverso un’eterointegrazione sempre più frequente ex art. 1374 c.c.. Il controllo dell’interprete dovrà estendersi, allora, anche all’eventuale integrazione del regolamento algoritmico37, non potendosi lo stesso – al pari di quanto già accade per il contratto stipulato tra uomini – esaurire nelle mere “dichiarazioni” della macchina. E, d’altronde, già l’idea del c.d. “oracolo esterno” –

che danno luogo a ben concreti profitti o ad altrettanto concrete perdite patrimoniali. Ma la realtà delle nuove tecnologie ci ha insegnato a non stupirsi più di nulla».

33 Nella stessa sostenibile prospettiva, F. DI GIOVANNI, Intelligenza artificiale, cit., p. 132 ss.

34 Richiama l’errore ostativo, F. DI GIOVANNI, Intelligenza artificiale, cit., p. 133. La possibilità di aprire lo smart contract al c.d. private enforcement è assunta in considerazione anche nella letteratura staunitense: v. S. KATYAL, Private

Accountability in the Age of Artificial Intelligence, in 66 UCLA Law Review, 2019, p. 54 ss.

35 V. le interessanti osservazioni di A. MORACE PINELLI, Il contratto giusto, in Riv. dir. civ., 2020, p. 679 s., secondo il quale «in verità non può negarsi un controllo del giudice a valle. Lo smart contract potrebbe essere illecito, ove la causa o l’oggetto fossero contrari a buon costume, ordine pubblico o norme imperative. Potrebbe essere nullo, se, ad esempio, abbia ad oggetto beni extra commercium e vi è spazio anche per la sua annullabilità per incapacità o vizi del consenso, potendosi scegliere un contratto algoritmico in base ad una volontà viziata. E questo controllo del giudice, a nostro avviso, nell’attuale stadio evolutivo dell’ordinamento, non può che riguardare anche la “giustizia” del contratto, nel caso in cui parte dello smart contract sia un soggetto debole, tutelato dalla legge, con la conseguenza che dovrà essere congegnato in maniera tale da garantire l’equilibrio considerato dal legislatore». Nello stesso senso propendono, già, L. PAROLA – P. MERATI – G. GAVOTTI, Blockchain e smart contract, cit., p. 686, i quali rimarcano «il rischio che il codice non contenga una corretta trasposizione della volontà della parte contraente e vi siano discrepanze tra l’accordo contrattuale e la traduzione nell’algoritmo».

36 Si prospetta il ricorso ad un documento cartaceo che è solo parzialmente demandato a smart contract su Ethereum e già prevede una funzione “kill” che annulla l’azione in caso di errore, nell’intervista di D. AQUARO, Smart contract: cosa sono

(e come funzionano) le clausole su blockchain, reperibile sul sito internet www.ilsole24ore.com.

37 Lo sottolinea, di recente, D. FAUCEGLIA, Il problema dell’integrazione dello smart contract, in Contratti, 2020, p. 591 ss., spec. p. 610, ove il rilievo che «l’integrazione e la conformazione diretta dello smart contract è un problema rilevante soprattutto se si considera che tale strumento della tecnologia blockchain è frequentemente utilizzato nei settori i cui contratti sono – non di rado – soggetti ad una integrazione cogente (ex artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c.), come il settore bancario ed energetico».

cioè del sistema che dall’esterno “suggerisce” alla macchina e implementa, in fieri, l’algoritmo contraente (si pensi, solo per esemplificare, al caso della sopravvenienza imprevedibile che deve essere in qualche misura gestita) – pone in luce l’insufficienza della sola macchina nella dinamica complessa del contrarre38. Il procedimento per pervenire alla fusione tra normatività macchinica e normatività umana è inevitabilmente lungo e di questo procedimento la normatività macchinica, id est il factum-contractum realizzato dalla macchina intelligente, costituisce soltanto un tassello, dovendo la stessa considerarsi alla stregua di un mero prodotto grezzo da controllare a posteriori attraverso l’opera ineludibile dell’interprete, sia in termini di effettività del consenso sia in termini di individuazione della disciplina maggiormente adeguata a regolamentare, anche in via di eterointegrazione, il caso concreto.

5. (Segue). Dalla normatività macchinica alla normatività dell’uomo: verso la costruzione – sub specie interpretationis – di uno smart contract giusto (lecito e meritevole di tutela). Smart contract e “giusto rimedio civile”

La suggerita prospettiva, che relega il contratto algoritmico a mero risultato empirico, da qualificare ed interpretare alla luce del vigente ordinamento, rinvigorisce, pertanto, la sacrosanta responsabilità dell’interprete e l’orgoglio di quest’ultimo di conformare il mero fatto-contratto della macchina, nell’accezione poc’anzi messa a punto, agli interessi dell’uomo e, ovviamente, a quelli superiori dell’ordinamento.

Anche il contratto macchinico deve infatti aspirare ad essere il più possibile un “contratto giusto”39, ovvero un contratto che non ospiti, per esempio, clausole vessatorie40, che non indennizzi in modo sproporzionato la vittima-viaggiatore nell’ottica della personalizzazione dei rimedi41, che non violi il principio di non discriminazione ma che discrimini, al contempo, se ciò sia funzionale ad attuare l’eguaglianza sostanziale ex art. 3, comma 2, Cost., che non contenga clausole immeritevoli di tutela perché contrarie alla piattaforma di valori sui quali si radica il nostro ordinamento, che non implichi

38 Opportunamente, dunque, il c.d. “oracolo esterno” è definito come «il fattore che maggiormente potrà adattare l’intrinseca rigidità degli smart contracts ai dinamici e variabili interessi delle parti» da E. BATTELLI – E.M. INCUTTI,

Gli smart contracts, cit., p. 933.

39 V., retro, § 4, nota 35. V., inoltre, le lucide ed illuminanti parole di B. ROMANO, Algoritmi al potere, cit., p. 43: «le relazioni giuridiche comportano una composizione armonica di tre piani, quello della giustizia, quello dell’equità e quello della legalità» (corsivo originale).

40 A.U. JANSSEN – F.P. PATTI, Demistificare gli smart contracts, cit., p. 45, i quali richiamano, dissentendo sul punto, la formalistica e non condivisibile tesi di A. SAVELYEV, Contract Law 2.0: ‘Smart’ Contracts as the Beginning of The End of

Classic Contract Law, in 26 Information and Communications Technology Law, 2017, p. 131, ove l’osservazione che «the whole layer of legal provisions relating to consumer law […] is non-applicable to smart contracts», poiché gli smart contracts «are egalitarian by its nature».

elusione al diritto imperativo42, che non importi frode alle norme di applicazione necessaria, che non violi il diritto della concorrenza43, che consenta sempre, in definitiva, al contraente umano – del cui interesse la macchina è in ogni caso servente – di esperire ogni più “giusto rimedio civile”44, sì da sollecitare la funzione ortopedica del giudice, ove la macchina abbia sbagliato, e così dovendosi rinunciare alla non credibile vocazione dello smart contract di obliterare totalmente la litigation.

6. Rilievi conclusivi: dalla presunta graduale eclissi del diritto tradizionale, dinanzi alla IA, all’infungibile attività dell’interprete: il primato dell’ermeneutica umana sulla (pseudo)ermeneutica algoritmica nel contesto dell’ibridazione dei linguaggi

Non corrisponde dunque al vero, ad avviso di chi scrive, e in ogni caso non convince, l’opinione secondo la quale staremmo oggi vivendo una graduale “eclissi” del diritto tradizionale45 imposta dall’avvento dell’IA. Ciò non può consentirsi, poiché la normatività dell’algoritmo non può essere pensata come un dogma al quale l’uomo debba piegarsi supinamente. Il fruit-contract macchinico – assimilabile, come si è detto, a mero fatto empirico ed a risultato concreto della contrattazione – non può rimanere indiscutibile, ma deve essere posto in discussione se occorra, dovendo essere necessariamente qualificato, interpretato, eterointegrato, in funzione di rinvenire la disciplina più adeguata a governarlo. Quest’ultima attività non può certo essere svolta dalla macchina, posto che l’algoritmo non fa ermeneutica, e considerato che, d’altronde, il diritto è fatto per l’uomo ed è amministrato dall’uomo46.

Non si tratta di demistificare gli smart contracts, bensì di controllare adeguatamente e prudentemente il fenomeno macchinico, oggi esploso, comprendendo che, come correttamene osservato, «gli smart contracts non sovvertiranno i fondamenti del diritto contrattuale e l’autonomia privata, [semplicemente declinata in altra maniera rispetto alla tradizione e oggi implementata dalla macchina], costituirà ancora il punto di partenza di ogni indagine»47.

42 A.U. JANSSEN – F.P. PATTI, Demistificare gli smart contracts, cit., p. 41 s., che richiamano, sul punto, J. SCHREY – T. THALHOFER, Rechtliche Aspekte der Blockchain, in Neue Juristische Wochenschrift, 2017, p. 1431 ss., per il caso di nullità della clausola e sui conseguenti obblighi restitutori da eseguirsi sulla stessa piattaforma bitcoin.

43 Sul profilo si concentrano le diverse ricerche di T. SCHREPEL, in open access sul sito www.blockchainantitrust.com.

44 L’espressione è di P. PERLINGIERI, Il «giusto rimedio» nel diritto civile, in Il giusto processo civile, 2011, p. 1 ss.

45 La nota espressione è di C. CASTRONOVO, L’eclissi del diritto civile, Milano, rist. 2015, passim, richiamato adesivamente, sul punto, da E. BATTELLI – E.M. INCUTTI, Gli smart contracts, cit., p. 934, nota 47. Nella stessa qui avversata direzione si muovono, poi, alcuni Autori stranieri: v., segnatamente, A. SAVELYEV, Contract Law 2.0: ‘Smart’ Contracts

as the Beginning of The End of Classic Contract Law, cit., passim.

46 Così S. AMORE, Algoritmi tra determinismo e produzione legislativa, in L. VIOLA (a cura di), Giustizia predittiva, cit. p. 25.

47 A.U. JANSSEN – F.P. PATTI, Demistificare gli smart contracts, cit., p. 50 (le espressioni tra parentesi quadre sono riferibili, invece, a chi scrive). Nella stessa direzione sottolinea la necessità di ricondurre il fenomeno dell’automazione e della disumanizzazione dell’attività negoziale nell’esercizio dell’autonomia privata e di sottoporlo alla disciplina del codice civile, D. DI SABATO, Diritto e new economy, Napoli, 2020, p. 167 ss.

Siamo dinanzi all’eterna dialettica tra autonomia privata ed eteronomia che l’interprete deve attuare anche nel contratto stipulato per il tramite dell’algoritmo, non potendosi sostenere che la macchina è l’interprete, perché si tratterebbe di pseudo-ermeneutica, ovvero che deve cambiare la nostra secolare ermeneutica perché muta e si evolve il linguaggio contrattuale48 (fino a doversi discorrersi di progressivo scadimento del documento informatico49). L’ermeneutica, al contrario, rimane sempre uguale a sé stessa di fronte ad un nuovo fatto empirico, da qualificare ed interpretare50 in funzione applicativa51, attuandosi, unicamente per tale via, quell’ibridazione dei linguaggi, che, come è stato già sopra osservato, consente all’uomo di dialogare e restare in simbiosi con la macchina52.

A quanto opinato consegue una chiosa finale: la macchina dovrebbe escludere la vaghezza e l’imprecisione del diritto, ma questa è certamente un’utopia, perché la vaghezza e l’imprecisione sono connaturate al diritto interpretato e al c.d. diritto vivente. L’ermeneutica umana non può cedere il passo al nudo fatto macchinico, perché è pur sempre l’uomo che controlla la macchina contraente, indi, giammai, i valori della nostra comunità potranno piegarsi alla “datità” evidente della tecnologia.

48 Lo lasciano presagire, rilevando l’opportunità metodologica di «spostare l’attenzione dell’attività ermeneutica verso orizzonti semantici nuovi», E. BATTELLI – E.M. INCUTTI, Gli smart contracts, cit., p. 932.

49 E. BATTELLI – E.M. INCUTTI, Gli smart contracts, cit., p. 930.

50 Dense di significato sono, ancora, le parole di B. ROMANO, Algoritmi al potere, cit., p. 107: «l’elaborazione algoritmica dei dati, la crescente velocità del loro trattamento permangono integralmente estranee all’opera dell’interpretazione, all’ars interpretandi, ovvero all’unico itinerario che consente di incontrare un atto umano nell’intenzione che lo forma e nel senso che lo illumina. L’intenzione ed il senso si manifestano nel logos costitutivo delle relazioni dialogiche, mai anticipabili nel loro svolgimento, sempre sottratte ad ogni operazione computazionale che le possa trattare, perché l’intenzione ed il suo senso hanno la principale dimensione temporale nel futuro, in un’opera di creazione non pre-calcolabile». Peraltro, anche il c.d. “contratto predisposto” (sistematizzato nell’opera di M. MAGGIOLO, Il contratto predisposto, Padova, 1996), al quale è stato accostato il fenomeno degli smart contracts (E. BATTELLI – E.M. INCUTTI, Gli smart contracts, cit., p. 928, nota 17), è suscettibile di interpretazione secondo i normali canoni ermeneutici, arricchiti dalla c.d.

interpretatio contra stipulatorem.

51 Ogni interpretazione in funzione applicativa è, peraltro, «un’interpretazione sistematica ed assiologica, rispettosa dell’unitarietà dell’ordinamento giuridico e del pluralismo delle fonti normative dalle quali l’ordinamento stesso trae origine» [P.PERLINGIERI,Giustizia secondo Costituzione ed ermeneutica. L’interpretazione c.d. adeguatrice, in P.FEMIA(a cura di), Interpretazione a fini applicativi e legittimità costituzionale, Napoli, 2006, p. 66].

Nel documento federalismi.it Fascicolo n. 2/2021 (pagine 133-139)

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