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I CONTRATTI DI RETE

1.3 I PROCESSI DI INTERNAZIONALIZZAZIONE

1.3.4 I CONTRATTI DI RETE

Il contratto di rete è un nuovo strumento nato per favorire la cooperazione e le aggregazioni tra imprese. L’obbiettivo è quello di costruire una nuove tipologia di impresa finalizzata a migliorare la loro competitività. La collaborazione potrebbe essere una carta vincente perché per le imprese significa avere migliore comunicazione e rapporti più stretti tra fornitori e clienti, incrementare l’efficienza tramite economie di scala, condividere parte dei processi, per esempio nella fase di verifica delle scorte di magazzino e di nuove ordinazioni, avere maggiore capacità contrattuale nel confronto di terze parti, dai fornitori ai soggetti istituzionali, avere migliore capacità di

comunicazione e persuasione verso i clienti finali con azioni congiunte, ma soprattutto ottenere partnership per la ricerca e l'innovazione. Infatti la ricerca di conoscenza può essere molto costosa ed è caratterizzata da alta rischiosità. In contesti molto competitivi il reperimento della

conoscenza è difficile, costoso e tale da essere quasi inaccessibile alle PMI45.

Nel 2009 il nostro ordinamento ha finalmente regolamentato il contratto di rete definendolo come:” Un contratto di Rete due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più

attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato”46. A differenza dei consorzi non viene a

costituirsi un nuovo soggetto giuridico, ma una situazione in cui i vari aderenti alla rete perseguono oltre al loro interesse individuale anche un interesse collettivo in cui “le parti si

obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o

45 S. Micelli, “Fare rete tra impresa”, 2011

46 Il contratto di rete è stato introdotto recentemente nel nostro ordinamento giuridico ed è disciplinato dall’art. 3,

commi 4-ter, 4-quater, 4-quinquies, della Legge n. 33 del 9 aprile 2009 (di conversione del D.L. n. 5 del 10 febbraio 2009), così come modificata dal D.L. n. 78 del 31 maggio 2010, convertito nella Legge n. 122 del 30 luglio 2010.

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prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”. Il contratto di rete quindi

si pone come uno strumento indispensabile sia per l’innovazione che per l’internazionalizzazione, un mezzo con cui scavalcare le problematiche dimensionali ed investire in innovazione creando centri di ricerca e collaborando con i distretti tecnologici. Dal punto divista dell’innovazione, può essere decisamente interessante la creazione di reti di imprese comprendenti aziende di settori diversi, oppure aziende del settore primario o secondario con aziende del terziario. Una rete di questo tipo unirebbe l’artigianalità del “made in Italy” che ha fatto grande la nostra industria con i nuovi sistemi di digitalizzazione ict. Una interazione di questo genere aumenterebbe, grazie al continuo confronto tra i membri della rete, la probabilità di riuscire a competere a livello internazionale con progetti nuovi e all’altezza del progresso tecnologico in atto.

Passare da un’ottica di competizione ad una di collaborazione non è facile e molte sono le difficoltà per mantenere solida una rete. I fattori frenanti per il successo delle Reti di impresa possono sintetizzarsi nei seguenti punti:

Resistenza al cambiamento del modello gestionale e degli strumenti utilizzati: diffidenza da

parte del personale e del management nei confronti di nuovi strumenti e di nuovi approcci alla catena del valore. Gli obiettivi delle PMI con la nuova visione di Rete sono a lungo termine, quindi meno chiari e leggibili, ma soprattutto non verificabili nell’immediato. Questo comporta un approccio di ottimizzazione diverso, e supporti informativi più complessi. Inoltre è difficile abbandonare modelli gestionali utilizzati in precedenza, e superare la paura di una perdita di autonomia decisionale nell’ambito della filiera produttiva.

Scarsa fiducia nei nuovi partner: è difficile accettare da parte degli imprenditori che

imprese considerate avversarie fino a prima ora possano diventare un fattore per creare un vantaggio competitivo sul mercato.

Conflitto interno e resistenza passiva: una Rete per esistere ha bisogno che vengano svolte

varie funzioni come acquisti, pianificazione, progettazione, produzione, distribuzione. Riuscire a bilanciare queste funzioni tra le varie imprese che fanno parte della Rete è un compito alquanto complicato.

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Leadership debole: una Rete per funzionare richiede di coordinamento e di strumenti

decisionali comuni. Quindi bisogna che ci sia una forte leadership manageriale che consenta di prendere decisioni chiare e stabilire obiettivi condivisi da tutti.

Rischio: conseguire un modello di gestione integrato può portare a non conseguire

nell’immediato dei vantaggi quantificabili, in quanto l’implementazione di gestione può avere bisogno di più anni per completarsi, centrando i risultati migliori nel lungo periodo. Quindi in fasi di difficoltà economiche, gli investimenti effettuati in questi progetti possono essere i primi a venire a meno, a causa dei loro risultati non immediati alla nascita dell’aggregazione in Rete. • Problemi nel coinvolgimento delle piccole medie imprese: spesso il costo della nuova

tecnologia per il raggiungimento dell’aggregazione in Rete è troppo elevato per queste imprese. • Qualità dei dati: la qualità delle informazioni disponibili alle imprese di solito non è elevata,

il più delle volte i database sono pieni di dati superflui, formati non allineati, sono problemi che in logica di Rete devono essere affrontati con importanti risorse adeguate.

Conflitto d’interessi: Può capitare e non così di rado che gli interessi delle imprese nella

Rete non coincidano perfettamente, causando problemi gestionali, decisionali, di opportunismo, d’interdipendenza

Anche per tutti questi motivi il contratto di rete in Italia non è stato finora molto utilizzato. A fine 2013 si contavano iscritte alle Camere di Commercio soltanto 1.353 contratti di rete in cui erano coinvolte 6.435 imprese, ma tra queste molte reti hanno già riscontrato successo, ad esempio le reti “Cactoos”, “Mech Net” ed “Italian Technology Center, citate nel report di Banca Intesa.47

“Questi tre casi confermano la flessibilità e il potenziale dello strumento, che sembra funzionare

soprattutto quando le imprese sono fra loro eterogenee e complementari e si focalizzano su obiettivi mirati sul fronte dell’innovazione, del marchio comune e dell’internazionalizzazione.”

Per sviluppare questo strumento sono in corso numerose iniziative che puntano alla loro promozione e pubblicizzazione, oltre ad essere state create agevolazioni fiscali e specifiche iniziative di politica industriale dedicate a chi aderisce alle reti d’impresa.

47Servizio Studi e Ricerche Banca Intesa, “Quarto Osservatorio Intesa Sanpaolo-Mediocredito Italiano sulle reti

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2 IL BRASILE

Alla luce di quanto presentato finora, il distretto industriale per sopravvivere deve cambiare faccia ed è destinato a farlo. Per riposizionarsi e tornare ad essere una realtà a livello mondiale è

opportuno operare dei cambiamenti in maniera diffusa, sia in ordine di mentalità che di strategia. Innanzitutto è necessario abbandonare la ricorrente logica basata sul recupero di competitività agendo sui costi ed in secondo luogo basare le politiche aziendali da un lato verso il campo dell’innovazione e dall’altro verso un’abile integrazione nella nuova catena globale del valore. Il distretto industriale è già internazionalizzato, ma il modello export-oriented48non è più

sufficiente come garanzia di successo. L’evoluzione prevedrà di passare ad un’organizzazione globale della catena produttiva in modo da conseguire i vantaggi derivanti dalla divisione internazionale del lavoro e cogliere dai territori i relativi vantaggi. Per fare ciò occorre una coordinazione di sistema dove si muovano in maniera proattiva tutti i soggetti coinvolti. Enti

pubblici, associazioni di rappresentanza, università per formare ed indirizzare i soggetti verso il

cambiamento. Le imprese leader distrettuali per traghettare il loro network locale verso l’esterno e verso produzione a più alto contenuto tecnologico. Le altre imprese distrettuali, specie quelle di

subfornitura che dovranno guardare a mercati più estesi di quelli garantiti dai committenti locali,

seguendo le nuove rotte e le nuove richieste delle imprese leader.

Le nazioni che al momento offrono le maggiori prospettive sono i cosiddetti BRICS49, ovvero le

economie emergenti con i più alti tassi di crescita. Tra queste il Brasile rappresenta una grande prospettiva d’investimento per la nostra impresa, in quanto, rispetto alle altre nazioni, presenta maggiori interconnessioni culturali con il nostro Paese. Per questo l’elaborato proseguirà con l’analisi del Brasile e del suo sistema produttivo al fine di mostrare possibili nuovi sbocchi di mercato per le nostre imprese.

48 F. Antoldi, Piccole imprese e distretti industriali, Il Mulino, 2006

49 Termine è apparso per la prima volta nel 2001 in una relazione della banca d'investimento Goldman Sachs, dove

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2.1 EVOLUZIONE ECONOMICA BRASILIANA