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Ai fini della presente analisi del modello integrato tra fonte eteronoma e fonte autonoma, appare necessaria la trattazione delle problematiche del contratto aziendale, anch’esso coinvolto – in particolar modo nella discipli-na dei tempi di lavoro di cui al decreto legislativo n. 66/2003 – nelle figure di illecito amministrativo. Inoltre, come si vedrà, il livello decentrato svolge un ruolo rilevante anche sotto forma di contrattazione di prossimità.

Il livello aziendale di negoziazione presenta peculiari caratteri, strutturali e funzionali, che valgono a distinguerlo da quello dei livelli superiori. Le que-stioni che si agitano in questo ambito riguardano l’efficacia soggettiva del patto decentrato – e la sua discussa riconducibilità all’articolo 39 Cost. – e la possibilità di adattare a tale livello l’elaborazione relativa alla rappresentativi-tà comparata.

In primis, bisogna considerare che la dottrina è profondamente divisa

sull’applicabilità dell’articolo 39, seconda parte, Cost. al contratto aziendale. Da una parte c’è la tesi di chi sostiene che il contratto aziendale si sottrar-rebbe alle disposizioni costituzionali e che, quindi, una legge che ne dispo-nesse l’efficacia soggettiva generalizzata sarebbe pienamente legittima; dall’altra, vi è l’orientamento di coloro che ritengono l’accordo aziendale soggetto, come tutti gli altri livelli contrattuali, all’articolo 39 Cost., con la conseguente illegittimità costituzionale di leggi – come l’articolo 8 del

decre-to-legge n. 138/2011, di cui al prossimo paragrafo – che ne dispongano l’efficacia erga omnes senza il rispetto della disposizione costituzionale (118). A sostegno della prima tesi si sottolinea come la formulazione dell’articolo 39, seconda parte, Cost. mal si concili con i caratteri del contratto aziendale (119). In questo senso, il sindacato menzionato nella norma costituzionale è un organismo molto strutturato, piuttosto distante dagli attori della contrat-tazione aziendale, dalla commissione interna alle attuali RSU. Anche in rife-rimento alla legittimazione a contrattare con efficacia generale, sarebbero rinvenibili incongruenze, come le plausibili ridotte dimensioni delle rappre-sentanze unitarie, che potrebbero essere composte da pochi iscritti rispetto al complesso dei dipendenti; in tal modo, si avrebbe una sostanziale elusione del principio proporzionalistico di cui all’articolo 39 Cost. Pertanto, a stipu-lare contratti erga omnes sarebbero così soggetti privi di reale rappresentativi-tà, in contrasto con lo spirito della norma costituzionale. Nella stessa linea di pensiero, da registrare la tesi secondo la quale sia la lettera, sia la genesi storica, sia infine la ratio dell’articolo 39 Cost. deporrebbero nel senso della sua inapplicabilità al contratto aziendale (120). In primo luogo, si sostiene, la lettera della norma costituzionale si riferisce alla categoria, concetto avulso dall’ambito aziendale; inoltre, l’esigenza dell’estensione erga omnes sarebbe propria del contratto di categoria nazionale, rimanendo estranea al contratto aziendale, rispetto al quale il fattore unificante è dato dalla dipendenza da uno stesso datore di lavoro. Infine, la stessa procedura costituzionale con-fermerebbe l’estraneità del contratto aziendale, poiché essa sarebbe espres-sione del potere di rappresentanza legale della categoria professionale che la norma costituzionale conferisce al collegio dei sindacati registrati. Ancora in questo ambito, si sostiene che l’efficacia erga omnes del contratto aziendale si giustifica in virtù dell’autorevolezza delle associazioni sindacali stipulanti ed alla unitarietà del datore di lavoro, il quale non ha interesse all’applicazione differenziata del contratto aziendale; ed in tale prospettiva è citato a suppor-to il diviesuppor-to di discriminazione (121). Nel caso di rinvio legislativo, questa dottrina evidenzia l’efficacia qualificativa “a monte” della selezione dei sog-getti stipulanti, che deriverebbe dalla volontà legislativa di disciplinare la fat-tispecie in maniera unitaria. In un contesto simile si colloca chi pone

(118) A questo proposito T.TREU, L’accordo 28 giugno 2011 e oltre, in DRI, 2011, n. 3,

622-623, afferma: «la dottrina e la giurisprudenza si sono da tempo esercitate ad argomentare la (possibile) efficacia generale di tali contratti, pur nell’attuale ordinamento sindacale di fatto, quindi al di fuori delle strettoie dell’articolo 39 della Costituzione; ma con risultati incerti».

(119) A.LASSANDARI, Il contratto collettivo aziendale e decentrato, Giuffrè, 2001, 294 ss.

(120) E.GHERA, L’articolo 39 della Costituzione e il contratto collettivo, Working Paper CSDLE

“Massimo D’Antona” – IT, 2014, n. 202, 7 ss.

l’accento, più che sull’indivisibilità dell’interesse collettivo sotteso al contrat-to aziendale, sull’indivisibilità della materia su cui il patcontrat-to aziendale, specie se di carattere “gestionale”, è chiamato ad intervenire (122). Inoltre, questa dot-trina valorizza le c.d. clausole d’inscindibilità, le quali presuppongono che la disciplina collettiva, per realizzare il suo scopo di tutela, non può essere frammentata dal lato dei destinatari.

Sul versante opposto si registra l’orientamento, secondo il quale il contratto aziendale è sottoposto all’articolo 39 Cost., poiché anche il gruppo dei lavo-ratori dipendenti dal medesimo datore costituirebbe una delle categorie ri-chiamate dalla disposizione costituzionale (123). Inoltre, quelli aziendali, ri-corda questa dottrina, sono contratti collettivi a tutti gli effetti e sottoposti, come tali, alla relativa disciplina. Nell’articolata prospettazione in esame, si segnala l’acuta osservazione secondo cui il contratto aziendale non può ave-re efficacia generale in quanto affeave-rente ad inteave-ressi indivisibili – come so-stenuto dalla tesi avversa –, giacché un conto è l’esigenza da tutelare, un al-tro è lo strumento normativo legittimato a soddisfarla, il quale deve essere compatibile con il disposto costituzionale. In linea con tale interpretazione si afferma che la contrattazione aziendale rientra a pieno titolo nell’ultimo comma dell’articolo 39 Cost., sia per ratio, poiché si tratta pur sempre di conferire alla contrattazione un’efficacia ultra partes che le è intrinsecamente estranea; sia per la lettera, giacché il termine “categorie” deve essere inter-pretato come equivalente ad unità contrattuali di qualsiasi livello, e la frase «con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce» è riferita proprio ai lavoratori non iscritti alle associa-zioni stipulanti, a prescindere dagli ambiti dei relativi contratti (124). A tali ar-gomentazioni si aggiunge che escludere i contratti aziendali dalla parte se-conda dell’articolo 39 Cost., significherebbe implicitamente, e paradossal-mente, sostenere che per tali contratti l’effetto “estensivo” prefigurato dal Costituente non sarebbe mai realizzabile, neppure in caso di attuazione della norma costituzionale (125). Invero, si rammenta che l’articolo 39 introduce, nel nostro ordinamento, non il divieto ma l’eccezione al divieto di efficacia soggettiva generalizzata del contratto collettivo. Argomenti simili sono uti-lizzati dall’indirizzo secondo il quale l’unico modo per pervenire alla

(122) F.LUNARDON, Il contratto collettivo aziendale: soggetti ed efficacia, in DLRI, 2012, n. 133, 21

ss.

(123) A.VALLEBONA, Autonomia collettiva e occupazione: l’efficacia soggettiva del contratto collettivo,

cit., 423.

(124) F.CARINCI, Il lungo cammino per Santiago della rappresentatività sindacale (dal titolo III Stat. lav.

al TU sulla rappresentanza 10 gennaio 2014), in F.CARINCI (a cura di), Il Testo Unico sulla

rappre-sentanza 10 gennaio 2014, ADAPT University Press, 2014, XVII.

zione di contratti collettivi a efficacia generale, evitando di incorrere nel li-mite derivante dalla previsione libertaria del primo comma, è l’utilizzazione dello schema previsto dallo stesso legislatore costituente nella seconda parte dell’articolo 39 Cost. (126). Invero, alla stregua di questa impostazione, l’articolo 39 Cost., al primo comma, prevede anche la libertà sindacale nega-tiva di poter rifiutare di aderire a un sindacato nonché di potersi sottrarre all’esercizio, da parte di terzi, di un potere di rappresentanza sindacale. Ciò significa che nessuno può essere costretto a rispettare un contratto colletti-vo stipulato da soggetti che non lo rappresentano. Questa dottrina aggiunge che il concetto di “categoria”, rilevante ai fini della procedura negoziale fina-lizzata alla stipula del contratto collettivo a efficacia generale deve essere, volta a volta, identificata dalle parti sociali, nel pieno esercizio della loro li-bertà sindacale e contrattuale. L’argomentazione confuta l’obiezione della tesi avversa secondo cui il Costituente non poteva avere consapevolezza di contratti aziendali all’epoca della predisposizione dell’articolo 39: resta vali-da la necessità di riconoscere alla parola “categoria” un significato “aperto”, attribuendo all’autonomia sindacale e contrattuale, in attuazione del princi-pio di libertà sindacale, il compito di dare a esso contenuto concreto.

Riguardo al problema dell’adattabilità al livello contrattuale decentrato della nozione di rappresentatività comparata, si osserva, con riferimento al decre-to legislativo n. 276/2003 – anche se, va notadecre-to, che il problema sussiste an-che per i rinvii alla contrattazione collettiva operati dal decreto legislativo n. 66/2003 in materia di orario di lavoro –, che la previsione normativa di de-clinare detta nozione ai livelli decentrati determina evidenti complicazioni, derivanti dalla sua originaria adozione a livello nazionale o confederale (127). In tal senso, è evocato il rischio che l’indefinito concetto di “territorio” sia potenzialmente utilizzabile per individuare aree contrattuali ad hoc, apposi-tamente create per riconoscere rappresentatività a sindacati di dubbia consi-stenza. Più in generale, tale dottrina osserva che il legislatore non ha esplici-tato che la rappresentatività comparata a livello nazionale racchiude in sé quella del livello decentrato, sicché essa non può che essere verificata al li-vello della contrattazione “delegata” dalla legge. La peggiore ipotesi si verifi-ca, secondo questo orientamento, allorquando si ha un rinvio generico alla contrattazione collettiva, privo di riferimenti ai relativi livelli; in tali casi, non è chiaro come bisogna effettuare la verifica della rappresentatività compara-ta. L’autore propone una lettura conforme alla ratio complessiva del rinvio

(126) U.CARABELLI, I profili di incostituzionalità dell’art. 8 con riferimento all’efficacia erga omnes dei

contratti collettivi da esso previsti, in RGL, 2012, n. 3, I, 550.

(127) P.PASSALACQUA, Autonomia collettiva e mercato del lavoro. La contrattazione gestionale e di

legislativo al contratto collettivo: posto che la formula selettiva è diretta ad individuare il contratto dotato di maggiore effettività, tale dato non può che essere apprezzato con riguardo al corrispondente livello di contrattazione, pena l’assoluta indeterminatezza del carattere della rappresentatività.

A margine del dibattito sopra sintetizzato, la tesi che convince maggiormen-te è quella che assoggetta anche la contrattazione decentrata all’articolo 39 Cost. e ne limita, pertanto, l’efficacia soggettiva alle parti stipulanti ed ai re-lativi iscritti. In primo luogo, sul piano letterale va evidenziato come la di-sposizione costituzionale non escluda la contrattazione di secondo livello dal proprio ambito di applicabilità. Inoltre, come ben è stato osservato in dottrina, il contratto collettivo, come tutti gli altri contratti, ha un’efficacia limitata alle parti stipulanti ex articolo 1372 c.c.; ne consegue che le eccezio-ni a tale regola devono essere espressamente contemplate. Orbene, tale ec-cezione è contenuta appunto nell’articolo 39 Cost.: in mancanza della sua attuazione, pertanto, il contratto aziendale non può che avere efficacia sog-gettiva limitata ai sensi della disposizione codicistica richiamata.

Quanto alle argomentazioni della tesi avversa, secondo cui il concetto di “categoria” di cui all’articolo 39 Cost., sarebbe estraneo al livello decentrato, si può osservare, in senso contrario, che quella in questione è una nozione “mobile”, non definibile in astratto. Tale nozione, per di più, è riconducibile all’ordinamento intersindacale, il solo che, in un regime di libertà e plurali-smo sindacale, può determinarne i confini. Quindi, essa è suscettibile di va-rie configurazioni, lasciate all’autonoma scelta dei soggetti sindacali. In tale contesto, non si vede come il concetto in esame possa ridursi al livello na-zionale, senza un’evidente forzatura interpretativa, esterna al libero confron-to tra le parti. Ne deriva che la categoria designa l’ambiconfron-to dei destinatari del-la contrattazione, di qualsiasi livello, liberamente scelto dagli attori sociali. La conseguenza del ragionamento svolto è che l’articolo 39 Cost., nella sua interezza, si applica anche al contratto collettivo di livello aziendale.

Altro problema si riscontra ove la legge utilizzi la formula della maggiore rappresentatività comparata, nata in relazione alle organizzazioni nazionali, senza specificare il livello, sì da indurre l’interprete a ritenere compreso l’ambito contrattuale aziendale. La questione che emerge riguarda la necessi-tà della verifica della rappresentativinecessi-tà anche a livello aziendale – secondo la regola della “concordanza”, vigente ad esempio nell’ordinamento francese – ovvero la sufficienza della verifica al livello superiore confederale o naziona-le. Al riguardo si deve concordare con chi ritiene che, posto che la formula selettiva è diretta ad individuare il contratto dotato di maggiore effettività, la rappresentatività non può che essere apprezzata in relazione al corrispon-dente livello di contrattazione. Quindi, se la legge nomina il contratto

azien-dale, la rappresentatività non può che essere commisurata a tale ambito de-centrato. In caso contrario, invero, si rinuncerebbe a verificare un essenziale dato di idoneità del soggetto sindacale richiesto dalla legge, per presumere, senza riscontro alcuno, la rappresentatività di questo sulla base del possesso del requisito al livello superiore.