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La punibilità del datore di lavoro che applichi clausole negoziali invali-

Bisogna affrontare un’ulteriore questione sollevata in dottrina, la quale at-tiene alla punibilità del datore di lavoro che abbia applicato una clausola contrattuale accertata come invalida (72). In tale ipotesi, invero, si “riespan-de” il disposto legislativo derogato dall’autonomia, con la conseguenza che devono essere irrogate sanzioni che altrimenti, in caso di validità del con-tratto, sarebbero rimaste inoperative. L’eventualità è di non improbabile ve-rificazione pratica nelle fattispecie in cui la legge sottopone il contratto a particolari requisiti, condizioni, limiti; si pensi, per esemplificare, alla

(72) Cfr. G.LELLA, Contratti collettivi e orario di lavoro. L’applicazione della nuova disciplina tra

trattazione di prossimità laddove, come osservato, l’articolo 8 del decreto-legge n. 138/2011 pone diversi requisiti di legittimità dell’accordo.

Per affrontare il problema è necessario esaminare il disposto dell’articolo 3 della legge n. 689/1981, che disciplina l’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo. La disposizione stabilisce, com’è noto, che nelle violazioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, co-sciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa (comma 1). Il secondo com-ma aggiunge che l’agente non risponde in caso di errore incolpevole sul fat-to.

È pacifico che, al fine di integrare l’elemento soggettivo nell’illecito ammini-strativo, non sia necessario il dolo – come in campo penale – ma sia suffi-ciente la colpa. Come la migliore dottrina penalistica ha osservato, il comma 2 dell’articolo 3 distingue implicitamente tra errore sul fatto ed errore sul precetto (73). Il primo è determinato da un errore di fatto oppure da un erro-re su legge diversa da quella che configura l’illecito; tale erroerro-re, se incolpevo-le, esclude la responsabilità dell’agente. Il secondo deriva da errore sulla leg-ge che configura l’illecito; esso non esclude la responsabilità del trasgressore, in applicazione dell’antico brocardo ignorantia legis non excusat.

Ora, bisogna comprendere se l’applicazione di un contratto invalido costi-tuisca errore sul fatto, rilevante nel senso dell’esenzione da responsabilità, o errore sul precetto, irrilevante. In virtù di quanto osservato sulla funzione integrativa/derogatoria del contratto collettivo nel modello in esame, appare evidente che l’accordo faccia parte, a pieno titolo, del precetto, atteso che concorre a configurare la condotta vietata. Ne consegue che quella di un da-tore di lavoro, il quale applichi una clausola derogatoria contrattuale invali-da, costituisca un’ipotesi di errore sul precetto. Infatti, in tale ipotesi l’agente erra direttamente sulla previsione della condotta da tenere, cioè sull’interpretazione giuridica del precetto come integrato, o derogato, dal contratto collettivo invalido. L’errore che esclude la responsabilità può ri-guardare, è vero, anche l’interpretazione delle norme, ma deve trattarsi di norme diverse dal precetto, laddove è bene ribadire che le clausole negoziali sono parte di questo.

Posto ciò, in linea di principio, è ancora necessario verificare se l’errore sul precetto in esame sia evitabile con l’ordinaria diligenza, e come tale irrile-vante, oppure inevitabile secondo l’interpretazione fornita dalla Corte costi-tuzionale nella nota sentenza n. 364/1988 che ha dichiarato costituzional-mente illegittimo l’articolo 5 c.p. La giurisprudenza ha stabilito che è inevi-tabile l’ignoranza sul precetto laddove sia stata indotta da un elemento posi-tivo, estraneo alla condotta dell’agente, idoneo a determinare un errore

sabile (74). Inoltre, l’apprezzamento dell’inevitabilità dell’ignoranza del pre-cetto violato va effettuato alla luce della conoscenza e dell’obbligo di cono-scenza delle leggi che grava sull’agente, in relazione alla sua attività profes-sionale, al suo dovere di informazione sulle norme, sull’interpretazione che di esse è data, che specificamente disciplinano l’attività che egli svolge (75). Sulla base di tale orientamento giurisprudenziale, è certamente da escludere che l’eventuale contratto aziendale invalido – di prossimità o meno – possa costituire l’elemento positivo di esclusione della responsabilità, per il sem-plice motivo che il datore di lavoro ha concorso a determinarlo e non è, quindi, estraneo alla sua condotta. Ne deriva che la stipula, e la successiva applicazione, di un invalido contratto di livello aziendale non esime da re-sponsabilità il datore di lavoro, perché questi ha contribuito, quantomeno con colpa, a tale invalidità. Invece, il contratto nazionale, o territoriale, po-trebbe costituire l’elemento in questione se, ed in quanto, a tale negoziazio-ne il datore interessato sia rimasto estranegoziazio-neo. Nondimeno, come corretta-mente osservato in dottrina, qui occorre verificare se il titolare aziendale sia un quisque de populo al quale è richiesta un’ordinaria conoscenza, ovvero se sia un agente qualificato dal quale possa pretendersi un obbligo di cono-scenza specifico in ordine alle norme che disciplinano il relativo settore di attività. In altri termini, bisogna chiedersi se il datore di lavoro che decida di applicare un contratto collettivo sia gravato dell’onere non solo di cono-scerne le clausole, ma anche di apprezzarne gli eventuali profili di illegittimi-tà, per le conseguenze sfavorevoli che potrebbe ricavarne. Sembra di poter dire che sul datore di lavoro, in quanto agente qualificato sul piano dell’attività produttiva svolta, gravi un onere di diligenza nel senso di esami-nare attentamente, prima di applicarle, le clausole contrattuali così da evitare difformità delle stesse rispetto ai vincoli comunitari, costituzionali e norma-tivo-primari. Non si può negare, infatti, che i contenuti del contratto collet-tivo, che liberamente si è scelto di applicare, costituiscono parte importante dell’attività produttiva dell’imprenditore. Ne deriva che, per il principio di autoresponsabilità, l’applicazione di un contratto illegittimo non può costi-tuire idonea causa di esenzione da pena. Naturalmente, l’agente va invece scusato nelle ipotesi oggettivamente dubbie, tali da determinare, anche po-tenzialmente, gravi contrasti interpretativi sulla contrarietà della clausola contrattuale rispetto ai suoi parametri di legittimità.

In ogni caso, va detto che, per costante orientamento pretorio, nel sistema dell’illecito amministrativo la colpa si presume, e chi invoca l’errore è

(74) Tra le altre, Cass. 14 marzo 2007, n. 5894; Cass. 12 maggio 2006, n. 11012.

to della relativa prova (76). Sicché, in sede ispettiva la questione non presenta particolare rilevanza, poiché il personale di vigilanza non è tenuto ad accer-tare l’elemento soggettivo, salvo che la medesima venga posta dall’interessato; in tal caso, è da ritenere che l’organo accertatore debba va-lutare la sussistenza della colpevolezza dell’agente, come discende dalla re-gola pretoria menzionata. Ovviamente, la problematica ha rilievo in sede contenziosa, sia amministrativa che giurisdizionale, ove venga sollevata dall’interessato.

CAPITOLO III

LE SINGOLE FATTISPECIE SANZIONATORIE

“DELEGIFICATE”

1. Premessa: necessità di una trattazione di “parte speciale”

L’analisi del modello integrativo legge-contrattazione collettiva richiede la trattazione delle principali violazioni amministrative in cui è previsto il con-corso delle fonti suddette. L’illustrazione delle singole fattispecie sanziona-torie è utile, anzi è necessaria, per comprendere il modello generale di inte-grazione funzionale tra legge e contrattazione collettiva, poiché è dalle con-crete caratteristiche delle prime che è possibile realizzare il processo di astrazione che conduce al secondo. In proposito, si può profilare una com-parazione con il diritto penale, laddove si concorda che lo studio della parte speciale, relativa alle singole figure di reato, è funzionale alla comprensione della parte generale, relativa alle regole ed ai principi applicabili all’intero si-stema. Nello studio del presente modello, l’analisi delle varie fattispecie si rivela ancora più necessaria che nel sistema penale, giacché nel nostro caso non esistono regole codificate del paradigma generale. Sicché, le singole fat-tispecie, più che rappresentare contributi necessari alla comprensione del fenomeno, si possono ritenere elementi direttamente costitutivi del sistema. Non è superflua, in proposito, l’avvertenza che la disamina sarà limitata al rapporto tra le due fonti della disciplina sanzionatoria, poiché obiettivo del presente studio è l’analisi del modello integrativo funzionale nel sistema sanzionatorio. Pertanto, non saranno analizzate in dettaglio le varie figure di illecito, nei loro molteplici profili problematici, ma solo le questioni che at-tengono al suddetto rapporto tra legge e contrattazione collettiva e alle mo-dalità attraverso cui l’autonomia collettiva incide sul trattamento sanzionato-rio. Si vedrà che tali modalità sono condizionate non solo dall’astratto schema normativo che prevede l’integrazione, ma anche dagli strumenti ac-certativi di cui l’organo ispettivo dispone ai fini dell’esercizio del proprio po-tere di verificare la corretta applicazione della contrattazione collettiva.

2. L’articolo 509 c.p.: l’inosservanza delle norme disciplinanti i