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Violazioni concernenti il lavoro straordinario

L’articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 66/2003 stabilisce: «In di-fetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali». Peraltro, il com-ma 4 dell’articolo 5 ammette le seguenti ipotesi di deroga, che – si badi – possono essere a loro volta derogate dai contratti collettivi:

– nei casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive con impossibilità di fronteggiarle mediante assunzione di altri lavoratori;

– nei casi di forza maggiore o di pericolo grave e immediato o ancora di danno alle persone o alla produzione;

– in occasione di altri eventi particolari (mostre, fiere, manifestazioni ecc.).

Quindi, in tali casi, è ammesso il ricorso al lavoro straordinario anche oltre i limiti di legge. Tuttavia, le deroghe previste dalla legge possono essere a loro volta derogate dalla contrattazione collettiva. Considerata l’assoluta generici-tà della lettera della legge («Salvo diversa disposizione dei contratti colletti-vi»), tale facoltà di deroga deve ritenersi multidirezionale: sia in senso am-pliativo delle ipotesi di legge, sia in senso restrittivo, fino all’esclusione di ta-lune o di tutte dette ipotesi. Dunque, in tal caso, l’autonomia può incidere sulla sanzionabilità del datore di lavoro, anche rimuovendo ipotesi scrimi-nanti e quindi peggiorando la posizione dei potenziali trasgressori. È eviden-te che, in tal modo, la legge ammeteviden-te l’ipoeviden-tesi di deroghe in peius, ai fini san-zionatori, nei confronti dei datori di lavoro. Anche qui, atteso che la legge

(15) Cfr. G.LELLA, Contratti collettivi e orario di lavoro. L’applicazione della nuova disciplina tra

tace sul punto, le deroghe sono introducibili da qualunque livello di contrat-tazione.

La violazione delle disposizioni previste dall’articolo 5, commi 3 e 5, è puni-ta, dall’articolo 18-bis, comma 6, con le sanzioni ivi previste per le varie ipo-tesi considerate. Anche in tal caso, il contratto collettivo opera in funzione derogatoria e la legge in funzione suppletiva («In difetto di disciplina collet-tiva applicabile», «Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi»). La di-sposizione in esame dimostra quanto sopra sostenuto in merito alle incer-tezze determinate dalla tecnica normativa del rinvio tra precetto e sanzione. Invero, posto che la legge sanziona indistintamente l’articolo 5, comma 3, si può ritenere che il trattamento punitivo riguardi non solo il limite temporale ivi fissato, ma anche l’ipotesi di imposizione unilaterale dello straordinario da parte del datore, cioè la mancanza dell’accordo prescritto dalla norma (16). Ciò almeno in assenza di previsioni collettive, le quali possono deroga-re, secondo la dottrina maggioritaria, al vincolo consensuale e legittimare la scelta unilaterale del datore. A titolo esemplificativo, il CCNL Area tessile moda del 3 dicembre 2010, prevede deroghe al principio di volontarietà del-lo straordinario in ipotesi di manutenzione, fuori servizio di impianti ed in-ventario, nella quali dunque il datore può imporre le prestazioni extra; da se-gnalare il CCNL di Poste italiane, che prevede il principio dell’obbligatorietà dello straordinario (articolo 31), analogamente al CCNL Metalmeccanici in-dustria, che lo estende anche al lavoro notturno e festivo.

Come già osservato, il Ministero del lavoro con la circolare n. 8/2005 si è posto il problema della sanzionabilità del datore di lavoro che applichi un contratto collettivo contenente un limite inferiore a quello di legge (ad esempio articolo 18 del contratto aziendale Conad, che stabilisce il limite di 150 ore annue per dipendente, analogamente a quello Hewlett Packard Ita-lia, mentre quello Peroni fissa il limite a 120 ore annue pro capite); il Dicaste-ro ha stabilito che in tal caso debba applicarsi il limite legale. Viceversa si applica il limite contrattuale, in funzione scriminante, se superiore a quello legale (ad esempio il contratto aziendale Lidl, che prevede un limite annuo di 400 ore per i lavoratori inquadrati nel primo livello). Sul piano operativo, le istruzioni del Ministero, essendo vincolanti per gli organi ispettivi, hanno l’effetto di uniformare il comportamento di questi ultimi verso l’applicazione del limite più favorevole per il datore di lavoro.

Sennonché, oltre ai sopra espressi dubbi sulla fondatezza della tesi del Dica-stero (cap. II, § 15), l’adozione della fonte di prassi in casi simili determina, in relazione alla certezza del diritto, almeno due ordini di problemi. Uno è

(16) In tal senso, si noti che P.RAUSEI, op. cit., 379 ss., sostiene la riferibilità della sanzione

che il personale ispettivo, a rigore, non è tenuto ad eseguire circolari contra o

praeter legem, sicché l’utilizzo dell’atto di prassi non agevola, in termini di

cer-tezza appunto, la tenuta di un sistema governato dal principio di legalità. Pe-raltro, sul piano pratico è oltremodo raro che il personale ispettivo si disco-sti dalle istruzioni di una fonte di prassi proveniente da un superiore gerar-chico, per “arrischiarsi” nell’applicazione diretta della legge. L’altra proble-matica è stata già analizzata e consiste nel fatto che, essendo quello del Mi-nistero un intervento ermeneutico, può mutare nel tempo, come sembra es-sere avvenuto con circolare n. 18/2014 ove, in tema di sanzione ammini-strativa per il contratto a termine, non si opera alcun riferimento all’applicazione del limite più favorevole per il datore di lavoro.

In merito alle possibili previsioni della contrattazione di prossimità, va nota-to che sussisnota-tono ampi margini di intervennota-to, posnota-to che non esiste una cor-nice comunitaria di riferimento, non essendosi la direttiva 2003/88/CE oc-cupata del lavoro straordinario. Ad esempio, è possibile una deroga tanto all’obbligo di accordo quanto al limite annuale, quanto infine alle ipotesi scriminanti. Anche in dottrina si è ampiamente sottolineata l’illimitata facol-tà di deroga da parte della contrattazione collettiva in tema di lavoro straor-dinario (17).

La sanzione si applica anche alla violazione delle norme di cui al comma 5 dell’articolo 5, che contemplano l’obbligo di computare a parte il lavoro straordinario e quello di compensarlo con le maggiorazioni retributive pre-viste dai contratti collettivi di lavoro; inoltre, è previsto che l’eventuale di-sciplina collettiva consenta ai lavoratori, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, di usufruire di riposi compensativi. In disparte l’ipotesi dell’obbligo di computo separato dello straordinario, in tali casi l’autonomia contrattuale opera sia in funzione di integrazione tecnica neces-saria del precetto della figura di illecito, sia in deroga alla legge. Nel primo senso, il precetto è sufficientemente stabilito dalla legge nell’obbligo di re-tribuire maggiormente il lavoro straordinario rispetto a quello ordinario. Il contratto collettivo deve solo specificare il quantum, e non può essere che così in un ordinamento, come il nostro, che demanda all’esclusiva compe-tenza dell’autonomia, collettiva ed individuale, la determinazione della retri-buzione dovuta ai prestatori. In proposito, perciò, non si può ritenere l’esistenza di alcuna criticità in relazione al principio di riserva di legge – come invece osservato in uno dei rari contributi dottrinali che si esprimono

(17) R.DEL PUNTA, La riforma dell’orario di lavoro. D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, inserto di DPL,

2003, n. 22; G.LELLA, Contratti collettivi e orario di lavoro. L’applicazione della nuova disciplina tra

in argomento (18) –, giacché l’autonomia contrattuale si limita a integrare tecnicamente il precetto, come la giurisprudenza ammette pacificamente (19). In tal senso, l’obbligo legale della maggiorazione retributiva delle ore di straordinario non è, come tale, derogabile dalla contrattazione, se non alla condizione – posta pur sempre dalla legge – della sua sostituzione con il ri-poso compensativo.

In relazione alla deroga vera e propria, afferente dunque all’ipotesi della so-stituzione contrattuale della maggiorazione retributiva con il riposo com-pensativo, lo schema è invece quello più ricorrente della legge suppletiva e cedevole, compatibile – come osservato – con il principio di riserva di legge. Naturalmente, ai fini dell’operatività della deroga, non è sufficiente la previ-sione contrattuale, essendo invece necessario l’effettivo godimento dei ripo-si compensativi da parte dei lavoratori aventi diritto. Secondo l’orientamento del Ministero del lavoro, invero, la violazione si configura con il mancato riconoscimento del riposo compensativo previsto dal con-tratto collettivo (20). Ed in effetti tale soluzione è aderente alla ratio di tutela del lavoratore cui è ispirata la disposizione. In questo senso, il datore di la-voro andrà esente da sanzione, per non aver accordato ai prestatori maggio-razioni retributive, unicamente ove egli abbia effettivamente concesso i posi compensativi nei modi e nei tempi previsti nell’accordo collettivo di ri-ferimento.