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Contratto di mantenimento

Nel documento Donazioni Indirette (pagine 66-69)

6. Contratto con effetti post mortem

6.2 Contratto di mantenimento

Il contratto di mantenimento si distingue dalle rendite vitalizie art. 1872 c.c. e rientra tra i cosiddetti vitalizi impropri, ed è caratterizzato dall’assunzione da parte di un soggetto dell’obbligo di fornire ad un altro, quale corrispettivo del trasferimento di un bene della cessione di un capitale, prestazioni alimentari o assistenziali vita natural durante concernenti il vitto, l’alloggio, il vestiario, le cure mediche e l’assistenza morale1.

Il contratto di mantenimento si dimostra essere anche questo un valido strumento alternativo al testamento, poiché gli effetti possono eseguirsi dopo la morte dello stipulante, e come abbiamo già visto non collide con il divieto dei patti successori art. 458 c.c., sempre in virtù del fatto che il bene o la cessione del capitale esce dal patrimonio dello stipulante al momento del perfezionamento del contratto, e quindi prima della sua morte2.

Dottrina e giurisprudenza3 sono concordi nell’affermare che non si tratta di una sottospecie della rendita vitalizia, ma di un negozio atipico con schema causale autonomo, dove oggetto della prestazione non è altro che un’obbligazione di facere infungibile, e il contratto si presenta essere intuitus

personae, in cui le qualità della persona debitrice e le prestazioni a lui richieste

sono fondamentali per la conclusione del contratto.

È un negozio caratterizzato da forte aleatorietà che dipende sia dalla vita del beneficiario che dall’entità delle prestazioni a carico del debitore, questo lo differenzia dai contratti che prevedono vitalizi alimentari, nei quali la

1 MAI, MARTORANA, SGUOTTI, Manuale pratico e formulario delle successioni, CEDAM 2011 p.

1205. 2

Riguardo il divieto di patti successori, la giurisprudenza ha inteso escluderli tutte le volte in cui l’effetto del trasferimento si verifica in vita, quando l’atto di trasferimento può avere effetto indipendente dalla morte come nel caso di vendita di cose altrui, e infine quando il rapporto si costituisca in vita ed abbia effetti dopo la morte detta anche donazione si praemoriar. PALAZZO, Il codice civile Commentario- Le donazioni, diretto da Piero Schlesinger, Giuffrè Editore 1991 p. 593.

3 Cass. 6395/04; Cass. 7033/00; Cass. 8854/98; Cass. 5342/97 in MAI, MARTORANA,

prestazione è degli alimenti intesi come vitto, alloggio e vestiario, mentre nel contratto di mantenimento la prestazione è ampliata fino a ricomprendere anche le cure allo stato di bisogno del beneficiario.

Il contratto di mantenimento prevede a fronte di una prestazione di dare una complessa prestazione di fare ed è l’espressione piena dell’autonomia contrattuale.

Esempi di tale contratto possono essere quello del genitore anziano che preoccupato per il suo futuro, le sue necessità di vita desideri assicurarsi oltre che una rendita anche un’assistenza da pare di una persona di famiglia e decide, per mezzo di questo contratto, di trasferirlo al figlio più vicino che sarà in grado di garantirgli assistenza: a fronte della ricompensa al soggetto obbligato alle prestazioni attraverso il trasferimento del bene con effetti stabili poiché non è aggredibile dagli altri legittimari, vuole assicurarsi una vita non in solitudine quindi sono coniugabili più interessi quello del padre all’assistenza materiale e morale e quello del figlio nell’acquisto con ragionevole certezza e stabilità di un immobile.

Come è stato detto per le sue caratteristiche, il contratto di mantenimento solitamente non è un contratto gratuito, infatti è sottoposto alle norme in tema di risoluzione del contratto proprie di quelli a titolo oneroso, ma allo stesso tempo riesce a fuggire dalle norme poste a tutela dei legittimari.

Detto questo non è sempre facile comprendere se il contratto di mantenimento sia possibile farlo rientrare nell’applicazione dell’art. 809 c.c., infatti l’interprete deve sempre analizzare se l’incertezza propria del contratto con riferimento alla durata di vita del mantenuto sia sufficiente ad escludere un sicuro vantaggio nel trasferimento dell’immobile, ossia se si verifica o meno squilibrio tra le prestazioni1. Starà all’interprete valutare volta per volta la portata dei reciproci interessi coinvolti, per valutare se nel contratto di mantenimento l’incertezza che lo caratterizza è realmente alla base del rapporto o meno2, quindi ciò che è parametro per individuare la causa liberale è

proprio l’incertezza delle reciproche prestazioni.

1 IACCARINO, Liberalità Indirette, IPSOA 2011 p. 103.

2 Considerato il negozio misto negotium mixtum cum donatione, quel contratto di compravendita

che presenti una notevole sproporzione tra il valore del bene venduto ed il prezzo pattuito, voluta al fine di realizzare una liberalità indiretta. E considerato l’orientamento dottrinale secondo cui l’arricchimento va ricostruito come risultato della liberalità indiretta in quanto, attraverso la sproporzione tra le prestazioni corrispettive, lo schema negoziale adottato viene superato dalla realizzazione di una finalità ulteriore ossia la liberalità

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Nel caso in cui le parti convengano di integrare di un altro bene l’originario contratto di mantenimento in virtù delle maggiori prestazioni dovute, è stato affermato secondo un orientamento giurisprudenziale che tale secondo atto “elimina il rischio di sproporzione tra le due prestazioni”, quindi “la causa di scambio dissimula quella di liberalità, ed il relativo contratto è nullo se non ha la forma della donazione”1. Tale tesi presenta delle incertezze che la mettono in discussione, anzitutto non è desumibile con certezza che per effetto del secondo atto integrativo si riesca ad annullare l’alea delle maggiori e più gravose prestazioni richieste, in secondo luogo il contratto di mantenimento in esame, essendo molto vicino alla donazione modale, farebbe attribuire al contratto il ruolo di negozio mezzo per la sua realizzazione: in ogni caso per la donazione indiretta non c’è obbligo di forma solenne dell’atto pubblico.

Pertanto la dimostrazione in sede di redazione del contratto di mantenimento di un sostanziale equilibrio tra reciproche prestazioni permetterà di essere al riparo da eventuali azioni da parte dei legittimari, in quanto non sarà rinvenibile la donazione indiretta: difficilmente il destinatario del contratto di mantenimento otterrà un reale vantaggio, a fronte delle molte e complesse cure fisiche e morali che gli vengono richieste. Quando invece è palesemente riscontrabile una sproporzione tra le prestazioni si parla di liberalità indiretta, ciò nonostante anche laddove sia esperita da parte di un legittimario azione per rivendicare i propri diritti previsti per legge, tale impugnazione non riguarderà il titolo di acquisto ma l’accordo con il quale si è deviato verso un fine liberale, per cui in seguito alla dichiarazione giudiziale di inefficacia dell’accordo, sorgerà in capo al soggetto soccombente la sentenza, un’obbligazione di corresponsione al legittimario leso pari al valore dell’arricchimento ottenuto, senza effetti nei confronti dei terzi subacquirenti del bene.

Da ciò si evidenzia la stabilità dell’acquisto del bene sia laddove le prestazioni siano equilibrate sia laddove l’acquisto derivi da un contratto di mantenimento nel quale le prestazioni sono chiaramente sproporzionate.

Anche in questo caso non si ritiene applicabile l’art. 1878 c.c. in tema di rendita vitalizia, in quanto il sequestro, la vendita forzata o il pignoramento dei beni del debitore non sarebbero soluzioni idonee a ristorare il mantenuto che

invece necessita di cure, pertanto dovrebbe essere inserita una clausola risolutiva espressa.

Nel documento Donazioni Indirette (pagine 66-69)