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Contributi della Regione Toscana in materia di politiche locali per la sicurezza destinati ai Comuni secondo le aree della tipologia B degli interventi finanziati nell’anno

e promozione amministrativa

Tavola 7. Contributi della Regione Toscana in materia di politiche locali per la sicurezza destinati ai Comuni secondo le aree della tipologia B degli interventi finanziati nell’anno

8,6% 60,0% 31,4% 0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0% 50,0% 60,0% B1 B2 B3

Se si entra nel sistema della previsione delle diverse tipologie di azione, si fatica a com- prendere il criterio sulla base del quale sono state elaborate. Ci si rende conto facilmente che le categorie proposte non risultano riconducibili a nessuna determinata classifica- zione, tra quelle elaborate in letteratura sulla base delle esperienze internazionali1. Non pare seguita una suddivisione tra azioni “orientate alle persone” e azioni “orientate al contesto”, come nemmeno una ripartizione tra azioni di “tipo promozionale” e azioni di “tipo difensivo”. L’intento del legislatore regionale sembra quello di ampliare il più possibile il campo di intervento, l’ambito di azioni e il numero di soggetti che possono essere coinvolti a partire dal riferimento all’etichetta “sicurezza”, piuttosto che quello di fornire orientamenti strategici per l’azione. La scelta effettuata pare non tanto in dire- zione di uno specifico “progetto sicurezza” – come enunciato dai promotori in fase di discussione – ma di una progettazione di “politiche differenziate” (in parte tradizionali e in parte innovative) che contemplano la questione sicurezza come oggetto rilevante del proprio attuarsi. In questa scelta, se possono esservi dei vantaggi in termini di pervasivi- tà, si riscontra un innegabile limite soprattutto nella non specificità e dunque nella mi- nore incisività degli interventi.

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Per classificare le misure delle politiche di sicurezza urbana e di prevenzione, la letteratura ha inizialmente preso le mosse da una delle prime distinzioni di derivazione medica, che hanno riscosso più fortuna nel dibattito (Brantingham e Faust 1976): si tratta della distinzione tra misure

primarie (che intervengono per eliminare o ridurre le condizioni criminogene presenti nel contesto

fisico o sociale), secondarie (che sono volte a gruppi sociali a rischio criminalità attiva e passiva) e

terziarie (che intervengono quando un evento criminoso è già accaduto, allo scopo di risarcire o

ridurre i danni, ovvero per evitare le ricadute). Questo primo schema è stato successivamente arricchito, distinguendo i diversi destinatari delle azioni di prevenzione: vittime, autori e contesto. I modelli di prevenzione oggi più diffusi, la “prevenzione sociale” e la “prevenzione situazionale”, vengono meglio articolate attraverso due diverse dicotomie: al primo livello, politiche orientate ai soggetti vs politiche orientate al contesto; al secondo livello, cioè sia con riferimento ai soggetti che ai contesti, politiche di carattere promozionale vs politiche di carattere difensivo. Il campo delle politiche orientate ai soggetti viene ancora ulteriormente suddiviso con riferimento ai destinatari, ossia ai potenziali o reali autori di comportamenti devianti o criminali, ovvero alle potenziali o reali vittime (Prina 2006; Robert 2002; Selmini 2000; 2004b; Roché 1998). È evidente che nella realtà l’opposizione tra i due modelli appare meno netta e le caratteristiche dell’azione possono essere adeguatamente colte solo attraverso un’analisi dei contenuti, tuttavia a livello di orientamento generale ci pare che la classificazione conservi una sua utilità (Germaine 2008). In argomento, si veda anche Hughes (1998, 18-23).

Tra le tipologie di azione se ne ritrovano alcune che, sebbene collocate in ordine sparso all’interno dello schema regionale, si prestano più facilmente ad essere sistematizzate all’interno di tali dicotomie internazionali, in particolare:

– “E Prevenzione e mediazione dei conflitti e reinserimento sociale” e “G Assi- stenza e aiuto alle vittime di reati”, che si collocano tra le azioni orientate alle persone e di tipo promozionale.

A parte queste, si rinvengono invece altre tipologie che si mostrano al contrario palese- mente disomogenee, ambivalenti o comunque problematiche:

– “C Soccorso alle persone e sorveglianza di spazi pubblici” contiene un’area orientata alle persone, relativa all’installazione di colonnine di soccorso (C1), e una al contesto, relativa all’installazione di strumenti di videosorveglianza (C2), peraltro entrambe sostanzialmente di tipo difensivo;

– “F Prevenzione e riduzione dei danni da atti incivili” richiama azioni sia orien- tate alle persone che al contesto, in particolare con l’area “F1 Prevenzione e ri- duzione del danno di fenomeni diffusi, non criminali, che generano situazioni di tensione o di conflitto”;

– “A Rafforzamento della prevenzione sociale e territoriale” non solo è trasversa- le alla divisione tra azioni orientate alle persone e al contesto, ma al suo interno l’unica area relativa al contesto delle undici previste, “A1 Riqualificazione ur- banistica, rivitalizzazione degli spazi pubblici”, non è sufficientemente esplici- ta da poterne dedurre che si riferisca propriamente a interventi di tipo promo- zionale, come trasformazione del territorio per riattivare la vivibilità, o di tipo difensivo, come installazione di arredo urbano dissuasivo o introduzione di forme di separazione tra aree e gruppi diversi, sempre per riqualificare o rivita- lizzare l’ambiente;

– “B Rafforzamento della vigilanza e attivazione dei servizi comunali” allude a iniziative concretamente orientate al contesto, tuttavia se la presenza sul territo- rio degli operatori poliziali (B2) è agevolmente comprensibile e inquadrabile nelle azioni di tipo difensivo, più difficile è anzitutto riconoscere un contenuto altrettanto pertinente e praticabile all’area “B1 Incremento della presenza sul territorio di assistenti sociali o altri operatori sociali”, come che gli operatori

sociali svolgano abitualmente presidio del territorio, affiancando o sostituendo gli operatori di polizia, così come risulta addirittura incoerente e inspiegabile la formulazione dell’area “B3 Animazione o vigilanza davanti a scuole o in giar- dini pubblici, effettuata da operatori sociali o educativi ovvero da operatori del- la polizia municipale”, in quanto notoriamente l’animazione appartiene al ruolo e all’attività dei soli operatori sociali o educativi e la vigilanza ai soli operatori di polizia, sicché l’unico elemento accomunante pare il luogo individuato per le diverse azioni, appunto le scuole o i parchi, ma non risulta adeguato a rendere conto della differente qualificazione degli interventi prescelti.

Di conseguenza, l’esame del sostegno regionale alle politiche locali per la sicurezza at- traverso il confronto delle percentuali generali tra le macro-categorie definite come “ti- pologie”, così come all’interno di ciascuna tipologia mediante la comparazione delle so- le percentuali relative delle proprie “aree” intese come micro-settori [v. tavole 6 e 7], pare sostanzialmente inconcludente, quando non significativamente fuorviante, anche se tali variabili vengono rielaborate su serie storica o come linee tendenziali [v. tavola 8].

Tavola 8. Contributi della Regione Toscana in materia di politiche locali per la sicurezza destinati ai