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L’esperienza livornese di traduzione locale-plurale

Tavola 1. Il progetto Città sicura

5. Quale integrazione?

Il progetto Città sicura si misura con i principi guida e l’argomentare delle nuove politi- che pubbliche (Bifulco e De Leonardis 2005b). Una particolare rilevanza è attribuita al principio di “integrazione” affermatosi con le riforme di modernizzazione della pubblica amministrazione e volto a introdurre criteri di maggior efficienza/efficacia. L’esigenza di integrazione è giustificata a partire dal carattere “multidimensionale” dell’in- sicurezza, carattere che viene dato sostanzialmente per scontato:

“La questione della sicurezza urbana è caratterizzata quindi da una complessità di fenomeni ed una molteplicità di ambiti e pia- ni distinti ma intrecciati, che rende inadeguati approcci fondati su un’unica strategia da parte delle istituzioni locali, mediante modelli di risposta a carattere emergenziale con azioni dimostra- tive (blitz) di scarsa efficacia nel tempo” (Ferroni 2001).

 

Nel discorso dei promotori è esplicitamente enunciata, sempre in termini generali e astratti, una critica ai modi settorializzati di procedere coerente coerente con gli stru- menti specifici proposti: l’ufficio Città sicura, il Comitato tecnico-scientifico, la prefi- gurazione di strumenti pattizi. Sul piano concreto e operativo, l’adesione a una conce- zione di “sicurezza integrata” si traduce nella definizione di un programma articolato in sotto-progetti che afferiscono a settori diversi, che costituisce lo strumento per l’integrazione orizzontale interna all’ente e per colmare il deficit di relazionalità che ca- ratterizza l’amministrazione burocratica. Tuttavia, lo scenario non è privo di ambiguità

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La teoria organizzativa ha evidenziato il dilemma tra exploitation ed exploration: fra l’orientamento conservativo, che privilegia la stabilità a scapito della flessibilità e dell’innovazione, e l’orientamento alla sperimentazione del nuovo, che espone l’organizzazione ai rischi della volatilità dei risultati e della debolezza dell’appartenenza. In argomento, si veda March (1991).

e si riconosce nel progetto il tentativo di estendere e ripartire su diversi settori ammini- strativi problematiche urbane “complesse”, di cui rischierebbe di essere investita esclu- sivamente la Polizia locale, in virtù del suo tradizionale posizionamento di “antenna del territorio”3. Al di là degli enunciati programmatici, la logica del lavoro per comparti non risulta messa in discussione, sebbene si cerchi almeno di evitare sovrapposizioni e di realizzare forme di convergenza tra le azioni. Riprendendo la distinzione proposta da Crawford (1997, 119), appare adeguato parlare di Città sicura come di un intervento “multi-settoriale”, piuttosto che “inter-settoriale”: nella cornice delineata, una varietà di soggetti intervengono su un tema la cui definizione e i cui confini risultano fissi. Per lo più le azioni previste dai diversi settori non subiscono modifiche, così come tendono a rimanere inalterati compiti e ruoli dei singoli attori coinvolti. L’apprendimento istitu- zionale (De Leonardis 2004) non viene neppure tematizzato come una delle poste in gioco all’interno del progetto. Ciò non significa ovviamente che non possano verificarsi forme di apprendimento, in particolare da parte dei singoli, ma le condizioni di possibi- lità di azioni riflessive non sono previste.

Nel caso di Livorno, il processo di costruzione e di presa in carico delle tematiche di si- curezza prevede l’introduzione di “strategie multiple” (manutenzione degli spazi pub- blici, videosorveglianza, coinvolgimento dei soggetti), senza però arrivare ad allestire processi locali di “problem solving” orientati alla ricerca ricorsiva dei problemi e delle soluzioni. Le stesse interazioni all’interno del Comitato tecnico-scientifico sono limita- te, le riunioni rare – una o due volte l’anno – e risultano finalizzate alla razionalizzazio- ne di attività che sono, in genere, già previste da ciascun settore.

In queste condizioni, l’integrazione ha un carattere esclusivamente istituzionale e tende a ricondursi ad aggiustamenti tra settori, ad accostamenti fra singole prestazioni che non sembrano modificare radicalmente l’azione pubblica locale. Tale limite emerge con par- ticolare evidenza nelle relazioni con i servizi sociali, dove la collaborazione tende ad esaurirsi in attività di collaborazioni estemporanee:

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Il tentativo forse maggiormente pubblicizzato di integrazione riguarda la costruzione di un gruppo di lavoro per il contrasto dell’affissione abusiva di volantini – “Scartiamo la nostra Livorno” – nell’ambito del quale una volta al mese la “task force” composta da due agenti della Polizia municipale, un accertatore per i tributi, un operatori dell’ufficio ambiente, un addetto al servizio di defissione e un operatore ecologico perlustrano insieme le zone investite, rimuovendo i volantini e somministrando sanzioni.

“Anche qui l’integrazione col settore sociale che ha un pro- gramma, che ha già il Progetto Sorveglianza attiva anziani fragi- li [...], ce lo aveva [...], lo avrebbe fatto comunque, ma essere entrati in contatto, abbiamo inserito un intervento sulla sicurezza all’interno del Progetto “Sorveglianza attiva anziani fragili per un corretto stile di vita” (Intervista al Dirigente dell’ufficio Città sicura).

Il livello di condivisione delle responsabilità tra diversi settori risulta limitato: ciascun settore gestisce il proprio singolo “spezzone” di progetto. Come da più parti rilevato in letteratura, gli appelli alla partnership tendono ad occultare i rapporti di forza che coesi- stono tra i diversi soggetti. Da questo punto di vista, il documento comunale del 2001 è esplicito: il Comitato tecnico-scientifico ha il “compito di supportare l’elaborazione dei progetti di intervento ad esso sottoposti dallo stesso Responsabile” contribuendo alla lo- ro attuazione. L’interazione tra settori diversi del governo locale è mediata da una rap- presentazione dei problemi pre-definita dallo staff di progetto. Attraverso l’ufficio Città sicura il campo della sicurezza si estende oltre “i soli blitz di polizia”, ma ciò è reso possibile puntando prevalentemente su azioni di tipo strutturale più che catalizzando processi di innovazione sociale e istituzionale.