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teorico e internazionale

Tavola 1. Portfolio di iniziative per la sicurezza comunitaria

Affrontare le cause della criminalità

– Iniziative di supporto alle famiglie – Programmi per i giovani

– Programmi di sviluppo di comunità e iniziative di vicinato – Programmi prescolari

– Programmi per la prevenzione dell’abuso di alcool e droga – Programmi educativi e scolastici

– Attività con i trasgressori e le loro famiglie – Programmi per l’impiego e la formazione – Consulenza per la gestione dei debiti

Ridurre le opportunità di commissione dei crimini

– Migliorare la sicurezza nelle case, negli edifici pubblici e nei locali commerciali – Migliorare l’illuminazione nelle strade e nelle aree pubbliche

– Migliorare la sicurezza e la progettazione delle aree residenziali, dei centri cittadini e dei parcheggi – Progettazione e gestione dei trasporti pubblici con criteri di sicurezza

– Gestione delle licenze commerciali con criteri di sicurezza – Buona gestione e fornitura del servizio locale

– Livello adeguato di pattugliamento preventivo

Affrontare problemi criminali specifici

– Furti in appartamento – Violenze domestiche – Furti d’auto

– Crimini a sfondo razziale – Crimini contro i bambini – Crimini contro gli anziani

Sostegno alle vittime di reati e riduzione della paura del crimine

– Iniziative di supporto alle vittime – Iniziative di autoprotezione

– Pubblicità positiva per iniziative di successo

Fonte: Hughes (1998, 83), su dati Home Office (1991).

In realtà, le raccomandazioni del Morgan Report saranno implementate in modo molto selettivo dai Governi conservatori preoccupati del contenimento dei costi e ideologica- mente ostili al trasferimento di potere al livello locale. Le annunciate azioni di preven- zione del crimine attraverso lo sviluppo della comunità tenderanno a esaurirsi prevalen- temente nella promozione di un corpo speciale di polizia, nell’attività di neighborhood

watching e in una vasta sponsorizzazione dei sistemi di videosorveglianza. È stato sti- mato che a metà degli anni ’90 il 78% del budget dell’Home Office per la prevenzione del crimine sia stato speso per gli impianti di telecamere (Koch 1998). La crescita è con- tinuata negli anni successivi, portando il Regno Unito al primo posto nel mondo per numero di sistemi installati1.

Alla fine degli anni ’90, il Governo laburista sostituisce alla leadership esclusiva della comunità locale riconosciuta dal Morgan Report una condivisione di responsabilità tra governo locale e polizia, finalizzata a promuovere una “community safety partnership” che prevede la consultazione e il coinvolgimento di una pluralità di agenzie locali. Il già citato Crime and Disorder Act prosegue nel 1998 la definizione del nuovo approc- cio alla criminalità. La preoccupazione di evitare interferenze politiche nella definizione delle partnership di prevenzione porta a escludere i rappresentanti eletti dalla struttura di governo delle politiche. La responsabilità delle partnership è attribuita, in modo congiun- to, all’autorità amministrativa locale e alla polizia. In questo modo – come ha evidenzia- to Hope (2005) – il Crime and Disorder Act risolve quello che rischia di apparire come un dilemma originario: l’esigenza di coinvolgere le autorità locali nella prevenzione del crimine senza però compromettere l’autonomia operativa della polizia. In secondo luogo, le linee guida ufficiali del Crime and Disorder Act accentuano la centralità della dimen- sione amministrativo-manageriale delle attività di prevenzione della criminalità, il prima- to di obiettivi e standard suscettibili di misurazione, di indicatori oggettivi a-spaziali per poter essere applicati a contesti diversi. In particolare, il Crime Reduction Programm (1999-2002), finanziato con duecentocinquanta milioni di sterline, è presentato come l’inaugurazione di una nuova epoca di sperimentazione di politiche “evidence-based”, fi- nalizzate, in generale, alla dimostrazione di “ciò che funziona” nella prevenzione della criminalità e nella produzione di sicurezza. Per la sperimentazione si prevede inizialmen- te una durata di dieci anni, ma dopo il 2000 gli obiettivi vengono almeno in parte rivisti (Hope 2005), a seguito dei mutamenti introdotti dal nuovo Governo rispetto alla leader- ship politica delle comunità locali.

Come detto in apertura, la letteratura anglosassone sulle politiche di sicurezza è ormai sterminata. Ciò che risulta evidente in qualunque analisi sul contesto anglosassone è, in ogni caso, l’azione direttiva svolta dal governo centrale nella costruzione del- l’infrastruttura della prevenzione. Come rileva Hughes (2007, 43), il percorso appare

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Secondo BSIA (British Security Industry Association), nel 2004 c’erano nel Regno Unito 4 milioni e 250 mila telecamere.

indicativo “della strategia di uno stato sovrano che accentua il controllo centrale, strate- gico e allocativo nella forma, e al contempo la diffusione di responsabilità nella produ- zione di controllo del crimine”. Nel caso specifico la modernizzazione del settore pub- blico passa attraverso un miglioramento della gestione e della performance e l’utilizzo di strumenti di tipo accentratore attraverso cui obbligare, misurare e sanzionare le am- ministrazioni locali. Nel complesso lo stato, lungi dall’apparire in “ritirata” (Jessop 1995), si mostra attento a ricentralizzarsi, mobilitando nuovi repertori. Il quadro legisla- tivo che emerge dopo il 1998 impone al governo locale di intervenire nel controllo del crimine e del disordine e individua le condizioni per l’azione nella costituzione di pro- grammi locali, le cui caratteristiche sono definite per legge. Tra il 1998 e il 2006, tutte le 376 partnership che in Inghilterra e Galles hanno gestito Programmi locali, prevedono una serie di azioni specifiche, quali:

– la realizzazione di una procedura di audits sui problemi locali del crimine e del disordine;

– la consultazione delle diverse componenti della comunità locale;

– la pubblicazione di una strategia triennale per la riduzione del crimine fondata sui risultati dell’audits e della consultazione locale;

– l’individuazione degli obiettivi, degli indicatori di performance e dei tempi di realizzazione previsti per ogni sezione della strategia.

– la pubblicazione dell’audit, della strategia e degli obiettivi-target;

– una relazione periodica sui progressi compiuti per il raggiungimento degli obiettivi.

La struttura appena richiamata si inserisce nel contesto della riforma del settore pubbli- co volta a trasformare radicalmente l’operatività delle amministrazioni locali attraverso strumenti specifici che si susseguono nel tempo, tra i quali spicca il Best Value for Mo-

ney introdotto dal Governo laburista nel 1997 per il miglioramento dei criteri di gestione

locale (Le Galès 2004 [2009, 152]). I criteri sopra richiamati evidenziano l’esistenza di un disegno legislativo teso a stabilire i requisiti di conformità dei servizi erogati dal go- verno locale in materia di riduzione del crimine e del disordine. Resta, per contro, una notevole incertezza, rispetto agli obiettivi e ai parametri che potrebbero indirizzare la produzione positiva di “sicurezza”, più difficile da misurare attraverso indicatori di per- formance di tipo quantitativo. Il concetto di “sicurezza comunitaria” rimanda a un’idea di sicurezza come “bene pubblico”, capace di influire sulla “qualità della vita dei citta-

dini” e definita da una pluralità di dimensioni che vanno al di là della semplice riduzio- ne degli indici di reato. Se a livello di retorica la “community safety” sembra occupare una posizione di preminenza, tuttavia nel passaggio all’implementazione delle politiche essa finisce con l’apparire un sotto-insieme, un risultato derivato più o meno meccani- camente, delle attività di prevenzione del crimine.

5. Conclusioni

L’affermarsi di un approccio preventivo nel Regno Unito – o meglio in Inghilterra e in Galles, a cui gli strumenti e gli studi citati si riferiscono – appare contemporaneo al pro- getto di modernizzazione e di trasformazione delle pratiche istituzionali da parte dello stato-nazione, che persegue l’accentramento di un numero crescente di poteri e la con- seguente riduzione del margine di autonomia del governo locale. Le amministrazioni lo- cali sono incentivate a implementare una propria strategia per il controllo del crimine, ma l’attività delle partnership locali risulta fortemente condizionata dalle agenzie nazio- nali di valutazione. Nonostante tali limiti, le partnership pubblico-privato si affermano come un elemento chiave del nuovo governo della sicurezza, che appare contraddistinto per una condivisione delle responsabilità tra polizia e governo locale, settore pubblico e agenzie private. Se sembra dunque confermata quella svolta ampia e generale di cui Garland ha inteso cogliere gli sviluppi transnazionali, nuovi studi sono necessari per in- dividuare le forme specifiche e situate dei nuovi assetti previsti per legge. Lo studio empirico all’interno di contesti circoscritti si presenta come uno strumento per mettere alla prova la pretesa interpretativa delle grandi narrazioni sociologiche.

La ricerca comparata ha evidenziato i processi all’opera nella ridefinizione di pratiche di sicurezza nel continente europeo (Edwards e Hughes, a cura di, 2005; Newburn e Sparks, a cura di, 2004, Hebberecht e Sack, a cura di, 1997). Un numero crescente di nuovi attori risulta coinvolto nell’implementazione di attività innovative di polizia e di sicurezza. A tali sviluppi istituzionali si accompagna l’affermarsi in parallelo di un am- pio spettro di “nuovi problemi”, che si estendono dal governo del disordine locale al controllo delle “inciviltà”, fino alla gestione dei movimenti dei migranti. In questo con- testo, l’affermarsi di partnership multi-attoriali per la gestione di politiche di tipo “pre- ventivo” appare una tendenza comune alle diverse nazioni. A fianco di simili conver- genze generali, permangono tuttavia nei contesti nazionali differenze persistenti rispet- to, per esempio, al ruolo svolto dallo stato centrale o all’influenza della cultura manage-

riale e dai paradigmi della criminologia della vita quotidiana nell’implementazione delle politiche. Nonostante la presenza di alcune convergenze, il problema della “traduzione” delle politiche di sicurezza e di prevenzione del crimine rimane centrale e assume una rilevanza nel dibattito sul tema (Newburn e Sparks 2004; Edward e Hughes 2005). I contesti geo-storici in cui si realizzano o si cerca di realizzare le politiche hanno effetti profondi sulla forma e lo stile delle politiche stesse. Nel campo specifico della gestione della sicurezza, frammentazione e centralizzazione, azioni autoritative e coinvolgimento di attori non statuali restano in tensione, dando luogo a configurazioni diversificate. Nel prossimo capitolo osserveremo più da vicino origine e caratteri delle politiche di sicu- rezza urbana nel contesto italiano.

III

LA SICUREZZA URBANA IN ITALIA