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Contributi scientifici allo studio dell’identità

2. L’ IDENTITA’

2.2. Contributi scientifici allo studio dell’identità

L’identità che il soggetto porta sul lavoro è caratterizzata dunque da un insieme di elementi: dal riconoscimento che egli ha avuto dai propri genitori, al ruolo rivestito all’interno dei gruppi sociali dei quali fa parte o ha fatto parte, il rapporto con gli altri soggetti, le precedenti esperienze lavorative, le altre espe- rienze di successi e di fallimenti (Gellerman, 1981:243-253).

“La sua condotta sul lavoro specchierà questo concetto di io, e il suo …

[…]… atteggiamento verso il lavoro sarà fortemente influenzato nella misura in cui il suo lavoro gli da la possibilità di essere il tipo di persona che egli pensa di essere.” (Gellerman, 1981:248)

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All’interno dell’organizzazione, l’identità acquista pertanto il carattere di proprietà culturale che si manifesta come senso di appartenenza, il cui grado di intensità sarà diverso a seconda di quanto le persone in esse operanti sentano di appartenere, ossia come l’organizzazione medesima viene percepita dai suoi membri, se come un insieme unito o, al contrario, una entità estranea.

L’identità non deve essere considerata come un concetto statico ma è un concetto di tipo contestuale e relazionale in quanto varia a seconda del conte- sto e del ruolo che l’individuo intende assumere e alla posizione all’interno della rete di relazioni in cui il soggetto è inserito. Essa non può essere stabilita una volta per tutte per ogni individuo o gruppo ma è costantemente soggetta a mu- tamento, destando interesse e allo stesso tempo preoccupazione sia per le or- ganizzazioni che per gli individui. L’identità include infatti nella sua definizione valori, attitudini, abitudini, ruoli e regole (Scott, Corman e Cheney, 1998). Può essere vista come “…an anchor of the individual or collective self…” come af- fermano Scott, Corman e Cheney (1998). Essi specificano che l’identità rappre- senta la conoscenza della parte di se stessi che aiuta a produrre e riprodurre il comportamento in particolari situazioni sociali. Per quanto tale affermazione venga dagli stessi autori considerata riduttiva e gli stessi provvedano nel pro- sieguo del discorso ad ampliarne le implicazioni, essa fornisce la base concet- tuale di come l’identità di ogni individuo derivi dall’interazione della propria per- sonalità, l’aspetto individuale, e il rapporto con gli altri, l’aspetto sociale.

L’importanza dell’identità sotto i due aspetti è stata rilevata tra gli altri da Duckerich, Golden e Shortell, (2002) che affermano che, nonostante l’interesse suscitato dall’identità nell’organizzazione a livello teorico, gli studi empirici sono ancora relativamente pochi (tuttora limitati all’esame di casi isolati e ancora non generalizzati). Ciò da luogo ad un gap conoscitivo di rilevante importanza in quanto l’approfondimento della conoscenza dell’identità può dar luogo a pro- fondi e benefici mutamenti nella vita organizzativa. Infatti lo studio dell’identità (e della identificazione) può essere di grande aiuto per comprendere perché al- cuni membri di una organizzazione cooperano fra loro senza difficoltà mentre altri non lo fanno (“… why some members of organizations regularly engage in

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Brewer e Garden (1996) propongono la distinzione tra identità personale, identità relazionale e identità collettiva, quali livelli di rappresentazione del “sé”. Espongono i concetti attraverso una tabella che si riporta di seguito (riadattan- dola) in quanto utile per comprendere maggiormente le interrelazioni tra i vari livelli in una ottica organizzativa:

Tabella 3 - Livelli di rappresentazione del sé

Livello di analisi Concetto di se Motivazione

Individuale Personale Self-interest Interpersonale Relazionale Altri benefici

Gruppo Collettivo Benessere collettivo

Fonte: Adattamento da Brewer e Garden (1996)

A livello individuale, l’identità (il “sé”) è l’essere se stessi; a livello inter- personale il “sé relazionale” è il concetto di identità che deriva dalle relazioni con gli altri; infine, a livello di gruppo, rappresenta il sé collettivo che corrispon- de al concetto di identità sociale (che verrà esaminato nei successivi paragrafi) così come studiata e illustrata da Tajfel (1981) nella Social Identity Theory e da Turner (1987) nella Self-categorization Theory.

E’ interessante la posizione assunta da Czarniawska (1997) per la quale l’identità, sia individuale che collettiva, è costruita attraverso la narrazione o il discorso. Attraverso uno studio del settore pubblico svedese, l’autrice mostra come l’identità è un “…continuous process of narration where both the narrator

and audience formulate, edit, applaud and refuse various elements of the ever- produced narrative.”. L’identità è costituita e cambia proprio attraverso l’uso del-

la narrazione (Boje, 1991 e 1995; Bruner, 1990; Czarniawska, 1997; Hum- phreys e Brown, 2002)

Il termine “identità” ha dunque il vantaggio di esser un concetto, una co- struzione, un importante quesito di ricerca che può essere posto ad ogni livello di analisi: individuale, di gruppo, organizzativo, micro e macro. Essa, inoltre, può essere vista come generatore di strategia, un filtro, una risorsa (sotto certe condizioni) di vantaggio competitivo (e di questo si terrà conto proprio nell’esame di situazioni di crisi dell’ organizzazione) (Barney e al. 1998).

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Può essere esaminata, ancora, come elemento della realtà soggettiva e si forma attraverso processi sociali, le interazioni e le relazioni che ogni indivi- duo instaura con la società, in un rapporto di reciprocità identità/processo socia- le - processo sociale/identità poiché, una volta formatasi, si mantiene nel tem- po, si modifica per effetto delle stesse interazioni fino, a volte, a subire una tota- le riformulazione. La stessa società non può essere compresa se non attraver- so la conoscenza della identità degli individui che con essa interagiscono in quanto nessuna realtà sociale può essere studiata e compresa come entità a se stante ma solo attraverso l’esame e l’osservazione di chi vive quella realtà, la loro identità (Berger e Luckmann, 1966:194 e segg.).

Come afferma Giddens (2010), “Il mondo moderno ci costringe a trovare noi stessi e, grazie all’autoconsapevolezza che ci caratterizza come esseri u- mani, noi creiamo e ricreiamo continuamente la nostra identità” (2010:36).

La società crea la realtà psicologica, l’individuo si realizza nella società, struttura la sua identità in termini definiti socialmente, definizioni che divengono realtà poiché egli vive all’interno della società in un rapporto di tipo circolare (Berger, in Tajfel pag. 315).

Tutto ciò può essere rappresentato attraverso un semplice schema che raffigura il percorso di formazione dell’identità individuale e sociale in un rappor- to di reciproca influenza.

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Schema 4 - Formazione della identità individuale/sociale

Fonte: Elaborazione personale