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L’identificazione negli studi d’impresa

3. L’IDENTIFICAZIONE NELLE ORGANIZZAZIONI

3.3 L’identificazione negli studi d’impresa

Da quanto emerso fino ad ora l’identificazione può essere considerata come un processo di “autodefinizione” attraverso il quale gli individui definisco- no se stessi impiegando caratteristiche e valori dell’organizzazione alla quale appartengono.

Essa è fondamentalmente diversa dall’identità organizzativa che, si ricor- da, è rappresentata da quei valori riconosciuti come centrali e distintivi dei membri dell’organizzazione, ma investe l’immagine che l’individuo ha di sé, an- dando oltre il semplice scambio reciproco di prestazioni.

Simon (1947) tentò, agganciandosi alle definizioni e agli studi di Barnard, di comprendere i comportamenti degli individui nelle organizzazioni, nella con- sapevolezza che fini individuali e organizzativi difficilmente coincidono.

“Oltre alla personalità individuale” sosteneva Barnard “si può ipotizzare una personalità organizzativa che, pur nella sua astrattezza, diventa una sorta di postulato per capire come gli individui possano accettare di agire e persegui- re fini organizzativi” (Bolognini, 2003:117).

Nel tentativo di dare una spiegazione razionale del rapporto tra fini orga- nizzativi e fini individuali, Simon (1947) ritenne che il problema potesse essere meglio compreso slegandolo in parte dalla razionalità e facendo riferimento a fenomeni di natura emotiva. E’ a questo proposito che introduce il concetto di identificazione presentandola nell’ambito degli studi di Freud ed avvalendosi di essi. Secondo Simon. “… una persona si identifica con il gruppo quando nel

prendere una decisione valuta le alternative di scelta secondo le conseguenze che esse hanno per quel particolare gruppo” (in Bolognini, 2003:118).

Per Simon, dunque, l’individuo integra i propri obiettivi con quelli dell’organizzazione realizzando in tal modo il processo di identificazione. Anzi, fu proprio Simon che nel ’47 introdusse il tema dell’Organizational Identification, considerandone l’impatto sulle decisioni organizzative.

L’elemento significativo dell’opera di Simon riguarda l’osservazione delle conseguenze “comportamentali” degli individui identificati. In tal senso, un indi- viduo che si identifica tende ad assumere decisioni secondo valori organizzativi in quanto l’organizzazione offre sviluppo, prestigio, successo.

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Uno dei primi studiosi a studiare l’identificazione in relazione a gruppi e organizzazioni fu Kelman nel 1961 al quale seguirono, seppure a distanza di molti anni, studi di altri ricercatori come i già citati Ashforth e Mael.

Kelman (1961) nella sua ricerca sulla influenza sociale nei vari aspetti del- la vita umana, distingue tre tipi di ricerca: quella che attiene i giudizi; quella ri- guardante le interazioni nei piccoli gruppi; quella relativa alla conoscenza.

Le tre prospettive sono, per affermazione dello stesso autore, naturalmen- te interdipendenti. Egli afferma che l’identificazione possa realizzarsi in tre diffe- renti forme:

a) la prima, la forma classica, è mutuata dalla psicologia e vede l’individuo essere simile o meglio, uguale, ad un altro: “He attempts to

be like or actually to be the other person” (1961:63)

b) la seconda forma di definizione di identificazione prende corpo nella re- lazione reciproca fra individui, nel qual caso non si realizza una vera e propria identificazione in quanto non si realizza una coincidenza di i- dentità ma il rapporto si concretizza in un senso di empatia, necessità, simpatia e amicizia;

c) l’identificazione che si realizza nel gruppo, secondo Kelman, la terza forma, può presentare elementi del primo e del secondo tipo; per man- tenere la definizione di sé come membro di un gruppo, l’individuo mo- difica il proprio comportamento secondo le aspettative del gruppo me- desimo al quale appartiene, al fine di incontrare il favore degli altri membri e la loro approvazione.

Brown (1969), rifacendosi agli studi di Kelman, afferma che si realizza l’identificazione “when an individual accepts influence because he wants to es-

tablish a satisfying self-defining relationship to another person or group”

(1969:67). Egli collega l’identificazione con la possibilità per l’individuo di soddi- sfare un bisogno di affermazione attraverso il contesto organizzativo.

Gli studi di Kelman hanno costituito la base di partenza per le ricerche successive, ma è necessario attendere fino alla fine degli anni ottanta, con gli studi di Ashfoth e Mael, per trovare studi sull’argomento e che lo abbiamo trat- tato in modo esplicito e completo.

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Si collocano in quel periodo storico anche gli studi di alcuni teorici italiani che hanno rilevato l’importanza dell’identificazione nelle organizzazioni nei loro studi di economia aziendale e di gestione delle risorse umane. In un quadro di chiaro orientamento olistico si sviluppano analisi che adottano un approccio si- stemico (in contrapposizione pertanto all’orientamento olistico) in cui l’uomo comincia ad assumere una posizione ed una rilevanza diverse rispetto al pas- sato.

Lo Zappa, che può essere definito il padre dell’economia aziendale, con- siderava importante il rapporto tra organizzazione e controllo dei comportamenti individuali.

Il Masini, unitamente ad altri studiosi, si spinge oltre fino ad introdurre, in- direttamente, il tema dell’identità sociale, quale antecedente all’identificazione, nel considerare il rapporto che l’individuo instaura con l’organizzazione nella quale opera e nei processi di socializzazione di gruppo.

Rugiadini e Airoldi dedicano molta attenzione ai processi riguardanti la ge- stione delle risorse umane sia in termini strettamente economici che formativi nella considerazione che i fattori come retribuzione, formazione, valutazione dei risultati concorrano a determinare i comportamenti dell’individuo singolarmente inteso e nei rapporti di gruppo. Essi considerano l’identificazione con l’organizzazione come processo cognitivo e affettivo. Airoldi, in particolare, sot- tolinea l’importanza dell’identificazione per l’economia aziendale in generale e l’organizzazione aziendale in particolare esplicitando le idee proposte solo im- plicitamente da Masini (Bergami, 1996).

A partire dal lavoro pioneristico di Ashforth e Mael pubblicato nel 1989 so- no molti i ricercatori che si occupano di identificazione nei vari contesti organiz- zativi.

Ashforth e Mael (1989) applicano la Social Idendity Theory di Tajfel per comprendere ed illustrare cosa possa essere l’identificazione e in che modo si concretizza. Essi presentano una importante sistematizzazione dell’identificazione definendola “… the perception of oneness with or belongin-

gness to a group, involving direct or vicarious experiences of its success and failures” (1989:34) e presentando inoltre gli eventuali collegamenti con alcuni

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Qualche anno più tardi Dutton, Ducherick e Arquail riprendolo lo studio dell’identificazione e formulano una serie di ipotesi sulla possibile relazione tra identità organizzativa percepita e livello di identificazione:

1. il processo di identificazione degli individui è tanto più intenso quanto più attrattiva e rilevante è la percezione dell’identità organizzativa e quanto più questa è in grado di accrescere l’autostima;

2. più il concetto di sé è vicino a quello dell’identità organizzativa, più un indi- viduo è portato a sentirsi parte dell’organizzazione perché aumenta le sue opportunità di esprimersi;

3. quanto più delineate sono le caratteristiche dell’identità organizzativa per- cepita rispetto a quelle delle altre organizzazioni, tanto più intensa è l’identificazione dei membri con l’organizzazione.

Essi definiscono l’identificazione in termini di attaccamento psicologico all’organizzazione che si concretizza nel momento in cui l’individuo definisce se stesso utilizzando i valori dell’organizzazione medesima: “Organizational identi-

fication is one form of psychological attachment that occurs when members a- dopt the defining characteristics of the organization as defining characteristics for themselves” (1994:242).

Tra gli autori che hanno utilizzato le definizioni di identificazione nell’organizzazione proposte da Ashforth e Mael e Dutton e al. si possono cita- re, a solo titolo di esempio, Pratt (1998), Bergami e Bagozzi (2000), Elsbach (1999), Fiol e O’Connor (2005) Van Dick et al (1995 a; 1995 b).