Le celebrazioni alla morte e il susseguirsi di ricorrenze ebbero come effetto in varie aree deil'opinione pubblica il radicarsi dell'immagine positiva di cui erano convinti assenori i salesiani. Tuttavia le riserve e le critiche, che nei con- fronti di Don Bosco erano state espresse in passato a Torino e altrove, furono tutt'altro che smontate e sradicate. Non si trattava solo di voci ostili e critiche deil'anticlericalismo spinto, bensì anche di espressioni moderate del mondo laico. A prendere atto della coesistenza di un duplice giudizio, positivo e ne- gativo, fu tra l'altro la «Gazzetta piemontese», un giornale liberale di Torino, in occasione della morte di Don Bosco:
STELLA. III. Don Bosco nella sto24 24
STELLA. III. Don Bosco nella sto24 24 02/12/2009 9.58.3002/12/2009 9.58.30
Don Bosco nella storia della religiosità cattolica. Vol III. Stella
«I1 nome di Don Bosco è quello di un uomo superiore che lascia e suscita dietro di sé un vivo contrasto di apprezzamenti e opposti giudizi e quasi due opposte fame:
quello di benefattore insigne, geniale, e quello di prete aweduto e proca~ciante».'~
Il giornale era incline a condividere questa seconda interpretazione della fi- gura di Don Bosco; non tanto per le idee politiche che gli venivano attribuite, e nemmeno per le finalità perseguite, i risultati raggiunti, la tenacia dimostrata neil'intera vita; quanto piuttosto per i mezzi adoperati e i modi dimostrati, che parevano provenire da una sona di macchiavellismo:
«La vita di Don Bosco è stata una vita di lotta tenace, e gli va perdonato se per lot- tare non sempre poté lottare con armi leali, se non sempre la vittoria poté essere da lui conseguita in aperto campo invece che per nascoste vie, se qualche volta quella Divina Prowidenza, che altri volle venisse sempre in aiuto al suo buon volere, fu da lui, più che implorata, costretta a servirlo...».
F u dunque Don Bosco un grande, un gigante? C'erano in lui «colpe» da perdonare o w e r o forse solo piccole ombre s d e quali sarebbe stato meschino soffermarsi?
Anche ail'interno del mondo ecclesiastico circolavano critiche più o meno sommesse nei confronti dei salesiani e del loro fondatore. Talora queste giun- gevano a essere formulate per iscritto in documenti riservati aUa S. Sede, a cu- rie generalizie di ordini religiosi e a curie vescovili; quasi mai era possibile co- glierne tracce in documenti resi pubblici attraverso la stampa. Non si trattava di censura ecclesiastica, ma di autocontrollo che la coscienza cattolica di allora tendeva a usare per non offrire armi agli awersari, proprio in tempi d i pesante anticlericalismo. Ordini religiosi, come i francescani e i lazzaristi, lamentavano, a d esempio, che i salesiani parlavano delle loro proprie imprese fra gl'indios della Patagonia e deiia Terra del Fuoco come se nessun altro prima avesse fatto niente. Quest'autoglorificazione selettiva e semplificatrice veniva deplo- rata in lettere e memoriali che i religiosi non salesiani inviavano darArgentina confidenzialmente ai propri superiori o anche aiia congregazione romana d i Propaganda fide.60 Non ci si spingeva a indagare su uno stile di presentazione e di propaganda che i salesiani avevano assorbito in Piemonte d a quello gior- nalistico popolare e che avevano visto posto in pratica dal loro stesso fon- datore.
Anche in Italia il comportamento salesiano e il ricordo d i Don Bosco dava adito a riserve ch'erano percepibiii, ad esempio, nelle repliche fatte nel 1895 d a Don Giovanni Turchi in un discorsetto tenuto nell'incontro degli ex aiiievi a Valsalice.
" «Gazzetta Piemontesea, Torino, 31 gennaio - l febbraio 1888; cf. TUMNETTI, L'immagine di Don Bosm nel& stampa torinese, p. 234.
"
La documentazione esistente presso la S.C. di Propaganda fide è stata in parte utilizzata da Cayetano BRUNO, h salesianos y h hcas de Maria Auxiliadora en la Argentina ..., vol. I , Bue- nos Aires, Inst. salesiano de anes graficas 1981.«Dicono alcuni - asseriva Don Turchi - che Don Bosco era abilissimo in racco- gliere danari e che aveva il donum petitioni~. Verissimo: e ciò gli torna a lode. Ma oh!
quanti vorrebbero, sia pure per far del bene, avere una tale abiità e un tal dono, e non ci riescono; Dio la diede a lui, che la usò a far del bene. Vorrebbero dunque incolpar la Prowidenza che diede troppo a lui e troppo poco ad essi? Senza danari non si fa nulla o ben poco: ex nihilo nihil; anche i santi ebbero bisogno di danaro. E i danari alla fin dei conti Don Bosco né se li mangiava, né li adoperava a procurarsi comodità o spassi; il che vale pure pei suoi figli [...l. Se Don Bosco arrivò a disporre di tanti mez- zi, che vuol egli dire? - Vuol dire che la stima e la fama di cui meritamente godeva, han prodotto quella meraviglia d'uomo che, povero quale si poteva dire, giunse a far cose pel bene altrui, specie della povera gioventù; e ciò gli torna a lode ed ammirazio- ne»?'
~ u r c h i passava a parlare della «réclame», un'altra critica che con insistenza si faceva a Don Bosco e ai suoi figli un po' dovunque:
«Si suona, sentii due, si suona troppo la tromba. - Ossenro che ci ha di quelli che senza aver fatto un millesimo di quel bene che ha fatto Don Bosco e che i salesiani fan- no, sarebbero disposti a sonar la tromba magari a dieci doppi, e a giudicarne da certi saggi, pare lo farebbero di buona voglia, se avessero fiato sufficiente. Del resto, questa tromba che a taluno può urtare gli orecchi, a quanti e quanti invece torna essa grata, e quanto bene essa fa. È questione di gusto e di disposizione di animo. Del resto an- cora, tromba o non tromba, fatto sta che "a tempi nuovi cose nuove". Mutati i tempi, mutate le abitudini; quel che una volta si teneva celato, vediamo ora propalato ai quat- tro venti e se un uomo d'importanza starnuti o faccia altro di consimiie, tutto il mondo ha a saperlo. Ed ora il mondo è quale è, e non quale era una volta. Quindi la tromba è pur necessaria, come è necessità la gazzetta che ci dice
...
che ci dice alle volte un bel niente. La réclame, mi diceva già un signore nobile, saggio e stimatissimo, ci vuole og- gidi in tutto, anche per fare il bene; e Viva Don Bosco! dicevamo ancora, che ha il"Bollettino". - Dunque un po' di tolleranza anche per la tromba o réclame: un po' di quella tolleranza, che fa che n& s'abbia a dire se i salesiani, oltre a faticare e sudare nei proprii uffici, da buoni seguaci del loro fondatore, mai non si rifiutino, se richiesti e potendo, di portar aiuto nei vari ministeri al clero delle varie diocesi ove si trovano*?'
Su tale argomento tornava Fiiippo Crispolti nel discorso che tenne a To- rino per il decennale della morte di Don Bosco, ribaltando anch'egli la critica negativa in lode di Don Bosco e dei salesiani:
«Che se agli uomini della pubblicità rimordesse a volte quel far fracasso che è in- separabile al loro ufficio, se essi si lasciassero sgomentare dall'imperfetta massima di Madama Swetchiie: "Il bene non fa rumore, e ciò che fa rumore non è un bene", essi potrebbero tranquillizzarsi nell'esempio di Don Bosco, che a seconda d d e circostanze operò in silenzio e con strepito, che non temette unire alla tranquilla e diretta opera personale l'opera pubblica e fragorosa della stampa; I...] innovò cosi quella perpetua
TURCHI, Nel& XXVI annuale dimostrar;one ..., p. 42s.
LI TURCHI, Nello XXVI annuale dimostrazione ..., p. 44.
STELLA. III. Don Bosco nella sto25 25
STELLA. III. Don Bosco nella sto25 25 02/12/2009 9.58.3002/12/2009 9.58.30
Don Bosco nella storia della religiosità cattolica. Vol III. Stella
tradizione della Chiesa, per cui l'agire celatamente o in pubblico [...l tutto ha il suo tempo, tutto è secondo le vie di Dio».63
Apprezzamenti negativi radicali contro Don Bosco e i suoi figli stavano pur sempre nell'animo di quegli ecclesiastici della diocesi torinese ch'erano stati al fianco di mons. Gastaldi negli anni del conflitto con Don Bosco. Tra questi i più in vista rimanevano i canonici Tommaso Chiuso ed Emanuele Colomiatti.
I1 primo, a distanza di anni, ormai respirandosi altro clima nella curia ar- civescovile, pur conservando gelosamente le carte che possedeva su quella ver- tenza, aveva preferito smorzare i toni, attenuare le critiche, manifestare ap- prezzamenti positivi su Don Bosco, dedicare soprattutto il suo tempo a fatiche erudite, come la monumentale e informata Storia della Chiesa in Piemonte, in cui è reperibile anche una presentazione elogiativa di Don Bosco e delle sue i s t i t ~ z i o n i . ~
Emanuele Colomiatti coltivava la persuasione che in Don Bosco l'abilità era sconfinata neUa disinvoltura; l'accortezza si era rivelata non neiia virtù della prudenza, ma nella doppiezza, neli'insinuazione, nel doppio gioco, nel- l'appoggio nascosto a chi colpiva sotto il velo deli'anonimato il proprio supe- riore ecclesiastico. Don Bosco, secondo il Colomiatti, insinuando il miracolo aveva scaltramente sfruttato il senso di bisogno spirituale e materiale della gente allo scopo di far sborsare soldi a proprio vantaggio. Sperimentato co- m'era in fatto di procedure giuridiche, il Colomiatti avrebbe studiato - come più avanti vedremo - le vie più appropriate per interferire sul processo di beatificazione neli'intento di farlo arenare.
Critiche più generali e indirette venivano avanzate nell'ambito delle istanze del movimento modernista sia teologico che sociale e politico. Libri, come la Crisi del clero di Albert Houtin o Battaglie d'oggi di Romolo Murri, servivano a dare espressione ali'inquietudine serpeggiante in certe aree del mondo cat- tolico; in particolare alimentavano l'insofferenza di professori di teologia e chierici seminaristi più sensibili d e istanze di chi voleva un clero più idoneo ai tempi moderni.61 Ai salesiani, e indirettamente al loro fondatore, si poteva estendere l'appunto di un'operosità febbrile e di una certa estraneità a scienze che potevano essere utilmente applicate d'esperienza cristiana: la filologia e la storia dei dogmi, la psicologia e la politica erano in effetti campi nei quali i salesiani, tra fine '800 e primo '900, erano quasi del tutto estranei. Dei sa- lesiani il clero modernista poteva condividere alcune caratteristiche poste in luce, ad esempio, da mons. Spinola, ma il loro dinamismo, non sorretto da una visione sociale scientificamente elaborata, poteva forse ben presto afflosciarsi.
Gli oratori giovanili e i collegi rischiavano di apparire il luogo di una forma-
zione precaria e superficiale, dove i salesiani, suiia scia del loro fondatore e come gran parte del clero d'Italia, non potevano che mettere a frutto studi astratti di una neoscolastica elementare appresa a livello seminaristico, con il correttivo non soddisfacente di una pietà sentimentale e devozionistica.
6 . Nazionalismo e universalismo:
immagini agiografiche tra fine '800 e primo '900
Tra fine '800 e primo '900 si sviluppava intanto nelle varie nazioni il gioco tra istanze universalistiche e accenti nazionalistici anche in materia religiosa.
Dalle tendenze alle Chiese nazionali si passava ormai alle venature patriottiche entro le comunità cristiane dei vari Stati. L'agiografia e la santità ne vennero pertanto anch'esse impregnate.
I1 curato d'Ars, ad esempio, il cui processo di canonizzazione procedeva in modo promettente, era sentito come un dono che Dio aveva fatto alla Francia perché questa lo donasse alla Chiesa; altrettanto si diceva di santi già canoniz- zati, frutto della terra di Spagna o di quella d'Italia: Teresa d'Avila, Ignazio di Loyola, Giovanni della Croce, Francesco Saverio, Francesco d'Assisi, Filippo Neri ...
Le modulazioni patriottiche portavano a proporre modelli che si affianca- vano ai tradizionali santi patroni di città o di borgate e ai santi taumaturghi invocati per i bisogni più vari. Ciò aweniva in genere senza conflitti. I santi nazionali non soppiantavano traumaticamente i santi popolari di un tempo;
ma si attivava un processo di trasformazione generale delle consuetudini e at- titudini collettive. Interventi deiia gerarchia tendevano in genere a radicare istanze universalistiche: S. Giuseppe era proposto come patrono della Chiesa universale o dei lavoratori cristiani; S. Francesco di Sales era proclamato pa- trono della stampa; Alfonso de' Liguori, maestro dei moralisti e dottore della Chiesa universale."
In questo amalgama di vecchio e di nuovo il papa, i vescovi, le élites colte deUa Chiesa intervenivano ora assecondando ora ridimensionando le venature nazionalistiche nel culto dei santi e neiie divulgazioni agiografiche.
L'Almanach catholique francaiz del 1920 a proposito dei processi di beati- ficazione e canonizzazione di semi di Dio francesi presagiva anni particolar- mente fecondi «per la gloria della Chiesa di Francia»:
«Felice coincidenza, nella quale noi ci compiaciamo di scoprire come una benedi- zione del Cielo: nel tempo stesso in cui i nostri valorosi soldati sui campi di battaglia mietevano per la patria messi di ricchezza, di onore e di gloria, altri francesi e altre fran-
" Cf. «Bollettino salesiano* 22 (marzo 1898) p. 6Zs, S. Giuseppe hi dichiarato patrono deiia Chiesa universale da Pio M 1'8 dicembre 1870;
" Tommaso C ~ S O , Storia della Chiesa in Piemonte dal 1797 nort,.i g j o m i , , ,
m,
~~h~1892, p. 29s. S. ,qfonsa, dottore deila Chiesa il 23 marzo 1871 (con grandi proteste di Dollinger e dei Vecchi
cattolici); S. F~~~~~~~~ di Sales, dottore deila Chiesa il 16 novembre 1877, patrono dei giornalisti
" Cf. Maurilio Gu~sco, Fermenti nei seminari delprimo ,900, ~ ~~ d . ~ l ~19,~. ~ h~ ~~ ~~e scrittori , i cattolici ~il 26 gennaio 1923 (enciclica Remm ~ ~ omnium).
STELLA. III. Don Bosco nella sto26 26
STELLA. III. Don Bosco nella sto26 26 02/12/2009 9.58.3002/12/2009 9.58.30
Don Bosco nella storia della religiosità cattolica. Vol III. Stella
cesi, nostri eroi del Cielo, che da vivi furono validi patrioti e cristiani esemplari, rice- vevano nel seno della Chiesa trionfante i supremi omaggi della Chiesa militante. Cite- remo semplicemente, tra molti altri santi personaggi, Margherita Maria Alacoque, Luisa de MariUac che sarà presto beatificata, Guglielmo Giuseppe Chaminade e il padre Gia- como Desiderio Laval~.~?
L'Almanach proseguiva riferendo le parole che Benedetto XV pronunziò in francese il 6 aprile 1919 dopo che fu letto il decreto che approvava i due miracoli richiesti per procedere aila canonizzazione di Giovanna d'Arco:
«Nous trouvons si juste que le souvenir de Jeame d'Arc enfìamme l'amour des frangais pour leur patrie que nous regrettons de n'etre fran~ais que par le coeur. Mais la sincérité avec laquelle nous sommes frangais de coeur est telle, qu'en ce jour, nous faisons notre la joie ressentie par les frangais de naissance, en constatant le grand pro- grès que la cause de Jeanne d'Arc a fait aujourd'hui, grace à I'approbation des deux miracles dus à son intercession»."
Riandando ai preludi di Don Bosco e dei suoi primi figli spirituali non bi- sogna attendersi accenti di patriottismo dal timbro politico.69 La «patria» per Don Bosco era anzitutto la terra dei Becchi. Estraneo o istintivamente rimosso era in lui il senso di nazione, quale era stato promosso daiia rivoluzione fran- cese. La lingua da lui parlata era abitualmente il piemontese in uso a Torino;
la lingua scritta era però un italiano di facile comprensione per chiunque e ch'era di sufficiente correttezza formale anche già negli scritti che precedettero la stesura della sua Storia d'Italia (1855). Pur avendo scritto appunto una Sto- ria d'Italia, era ben lontano dal considerare come un disegno della Prowi- denza la fine del potere temporale dei papi. Fu la successione irreversibile dei fatti che lo portò a sentirsi nell'Italia politicamente d ~ c a t a e a considerarsi perciò suddito del regno con diritti e doveri. Ma appena poco dopo la breccia di Porta Pia cominciò l'espansione dei salesiani in Europa e in America Latina.
I1 senso della patria divenne più vivo in Don Bosco e nei suoi figli; ma più viva ancora fu la coscienza della propria vocazione per i giovani d i qualsiasi parte del mondo e deli'istruzione religiosa da mantenere o impiantare dovunque. I
sentimenti dei salesiani che partivano per le missioni d'America erano allora un po' quelii dei missionari eroici, sul tipo di Francesco Saverio, proposti daiia letteratura agiografica popolare; un po' erano quelii degli emigranti. L'Italia era pur sempre la patria dove si era nati, ma che comunque si era disposti a d abbandonare anche definitivamente. A commento della «partenza dei missio- nari salesiani per le missioni australi» il «Bollettino» del febbraio 1878 pub- blicava, ad esempio, questi versi:
" Alrnanach catholiquefian~ais pour 1920 ..., Paris, Bloud et Gay 1920, p. 231.
" Almanach catholique ..., p. 232.
" Cf. su questo tema P. STELLA, ia canonizzozione diDon Bosm trafascirmo e universalismo, in: TRANIELU> (a cura), Don Bosm nello storia dello nrltura popolare, p. 363s.
Oh le virtudi di codesti eroi
Deh, canta Italia! Di nessun più sono Sono di Dio, che li ha chiamati suoi?'
Espressioni del genere si raccordavano nella sostanza con quelle usate da mons. Spinola nel suo opuscolo a proposito deli'opera salesiana e di Don Bo- sco:
«L'opera salesiana, benché nata in Italia e composta principalmente da figli di quella terra graziosa, non è un'istituzione italiana propriamente detta; è un'istituzione cattolica. Quello che Don Bosco ha creato, non lo ha creato solo per i suoi compatriot- ti, ma per il mondo intero. Lo zelo di quell'uomo di Dio, trovandosi come stretto e op- presso entro i limiti di un popolo solo, ha oltrepassato i monti, ha attraversato i mari, è giunto agli estremi confini del globo, e oggi Don Bosco ha case in tutte le regioni d'I- talia, in vari punti della Francia, in Spagna, ecc.»."
Negli ultimi lustri dell'800 anche il movimento cattolico in Italia tendeva a d appropriarsi di temi nazionalistici. Non sorprende perciò se anche in di-
scorsi tenuti in morte di Don Bosco si trovino spunti in tal senso. Monsignor Tommaso Reggio, ad esempio, vescovo di Ventimiglia, apostrofava l'America stabilendo un parallelo tra Colombo e Don Bosco, i «barbari» colonizzatori spagnoli e i discepoli del prete piemontese:
«Oh! America, terra aperta alle conquiste del genio italiano, e vergine ancora in tante immense tue regioni all'insegnamento della fede, apri le tue spiagge ai novelli apo- stoli. Colombo ti diè al mondo civile, l'apostolo della gioventù pensa rigenerarti nella conoscenza del vero Dio [...l. Felice la prora che recherà gli inviati da Don Bosco! [...l Più felice la terra, che accoglierà gli apostoli della fede e della vera civiltà! Lor meta è la repubblica Argentina, l'Uruguay, la Patagonia. Quest'ultima sta specialmente in cuore a Don Bosco. Terra inospitale e restia alle attrattive della civiltà e della fede, serba odio secolare ai bianchi invasori, sia per la natura di quella gente dura e cmdeie quanto tarchiata e robusta, sia pei dolorosi ricordi del Mendoza, il Cortez dell'herica meridionale. Non temete, non temete: le tradizioni della barbarie spagnuola non sono la scuola del prete torinese, che pose tanto amore alla gioventù [...l. Awezzi ad am- mansare i piccoli nomadi delle città di Europa, sapranno eglino, colle arti apprese lor dal maestro, ammansare e convertire le nomadi tribù della Patag~nia».'~
'O «Bollettino salesianou 2 (febbraio 1878) p. 8.
" SPiNOLA, Don Bosm y su obra, p: 65s.
-
Con più efficacia scriveva Du Bo~s, Dom Bosco ..., p. 315s: &est, dit-on, une oeuvre italtenne t...]. Remarquons d'abord qu'elle est dédiée à saint Frangois de Sales, qui était presque notre compatriote par sa langue comme par la tournure de son génie I...]. Au surplus, cette oeuvre n'est pas italienne, ni frangais: eiie'est cathoiique, d e est universeiie. C'est une erande tentative de sauvetwe-
- DOUI - la société moderne...»; cf. trad. ital., p. 226." Nelle rolenni esequie di trigesima i" sujfragio del sacerdote D. Giovanni Borm fondatore dei salesiani fatte per iniziatiun del r.mo capitolo nello cattedrnle di Ventimiglia il 1" mano 1888. Ora- zione letta dal vesmvo mons. Tommaxo de' marchesi Reggio, S. Pier d'Arena, tip. e iibr. Salesiana 1888, p. 20s.
STELLA. III. Don Bosco nella sto27 27
STELLA. III. Don Bosco nella sto27 27 02/12/2009 9.58.3002/12/2009 9.58.30
Don Bosco nella storia della religiosità cattolica. Vol III. Stella
Accenti patriottici e venature nazionalistiche erano pure nel discorso d'ad- dio ai missionari salesiani tenuto da mons. Davide Riccardi, arcivescovo di To- rino, e riferito dal «Bollettino salesiano» italiano del gennaio 1894. «Partite dunque», esclamava l'arcivescovo; e proseguiva instaurando un parallelo tra i missionari in partenza e l'emigrazione di massa che in quegli anni costituiva in Italia un problema scottante:
«I poveri nostri connazionali emigranti ci destano compassione: essi partono per forza, partono per trovare pane e tetto, partono col cuore oppresso dall'angoscia, dal dolore [...l. Questi figli poverelli che emigrano andranno a parlare della miseria e della povertà della patria nostra: essi non ci faranno certamente onore.
«I poveri nostri connazionali emigranti ci destano compassione: essi partono per forza, partono per trovare pane e tetto, partono col cuore oppresso dall'angoscia, dal dolore [...l. Questi figli poverelli che emigrano andranno a parlare della miseria e della povertà della patria nostra: essi non ci faranno certamente onore.