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Ii biennio di preparazione (1888-1890)

Nel documento DON BOSCO (pagine 34-41)

I1 capitolo superiore dei salesiani prese coscienza di quelli ch'erano i suoi ruoli già mentre si svolgevano le spettacolari celebrazioni delle esequie e men- tre si allestivano sia ii sepolcro di Don Bosco a Valsalice sia le camerette ch'e- rano state sue da vivo a Valdocco. Cominciavano a moltiplicarsi i «miracoli».

In attesa del funerale ii mattino del 2 febbraio nella chiesetta di S. Francesco di Sales una figlia di Maria Ausiliatrice, afflitta di cecità, dopo essersi accostata alla salma aveva cominciato a esclamare: «Ci vedo, ci vedo!». Subito inter-

Alfonso CAPECELATRO, i~ vita d e l p . Lodouico da Casor ni..., Napoli, tip. ed. AccattonceLi

1 RR7

e--. .

Delibera comunale del 28 giugno 1901; cf. Luigi NICOLIS DI ROBILANT, Vila del uenerubife Giuseppe Cufusso confondatore del Conurito ecclesiastico di Torino, vol. D, Torino, Scuola tip. Sa- lesiana 1912, p. 447.

venne Don Giovanni Bonetti per raccomandare la calma e il silenzio? In quei giorni altre persone, uomini e donne, segnalarono ai salesiani guarigioni im- provvise e altre grazie straordinarie ottenute per intercessione di Don Bosco.

Si sarebbe potuta cominciare la pubblicazione di grazie straordinarie attribuite a]l'intercessione di Don Bosco, cosi come si constatava, oltre che in pubblica- zioni agiografiche antiche e recenti, nella Vita di Domenico Savio scritta da Don Bosco. Lo stesso «Bollettino salesiano» nel 1878 aveva pubblicato alcune guarigioni miracolose attribuite all'intercessione di Pio IX, il pontefice al quale Don Bosco si era sentito particolarmente debitore e al quale in quegli anni ci si era rivolti mentr'erano in corso le vertenze con l'arcivescovo Gastaldi7 Si preferì raccogliere e catalogare in archivio le relazioni di grazie. Solo a partire dal 1913, cioè a distanza di ben otto anni dall'apertura del processo apostolico (1907), si credette opportuno iniziare sul «Bollettino salesiano* un'apposita rubrica, affiancata a quella da sempre curata delle grazie attribuite alla inter- cessione del!Ausiliatrice, colei che nelle relazioni era denominata non di rado come la Madonna di Don Bosco.

A Valsalice la tomba di Don Bosco, centro di ricordi, di preghiere e d'in- contri, non aveva segni diversi da quelli ch'erano in uso per defunti insigni nei cimiteri e nelle chiese. Accanto alla pietra sepolcrale si lasciavano deporre fiori e ghirlande, si lasciavano accendere talora lumini, ma si era ben attenti a non far collocare candelieri che ricordassero gli altari e facessero immaginare inde- bite forme di culto riservato ai beati e ai santi. A Valdocco si chiedeva di Don Bosco qualche pezzett~ di stoffa, tratto da un indumento; o nelle camerette ci si contentava di accostare la corona del rosario al suo inginocchiatoio o al suo letto. Erano gesti non dissimili da altri diffusi nelle culture più varie del mon- do, ma in cui c'era in più l'implicita attesa della venerabilità pubblica final- mente dichiarata daii'autorità ecclesiastica suprema.

Testimoniando al processo informativo nel febbraio 1893 il teologo Leo- nardo Murialdo espose minutamente il comportamento che tenne, quando condusse a Valsalice una suora ch'era afflitta da vessazioni diaboliche. Davanti alla tomba di Don Bosco pregò per l'anima deii'amico defunto nell'eventualità che avesse ancora bisogno di suffragi; ma anche si rivolse a lui, perché con la sua intercessione ottenesse la grazia; così ii culto dei defunti si amalgamava con quello al servo di Dio in concetto di santità canonizzabile. Dopo aver pre- gato sulla tomba, si recò con un artigianello serviente alla messa, con la suora e una sua consorella nella cappella, ch'era abbastanza discosta dalla tomba. La suora si sentì liberata definitivamente. Fino allora invece aveva sentito soltanto benefici aleatori da preghiere, benedizioni, esorcismi e persino da un pellegri- naggio appositamente fatto al santuario di S. Pancrazio presso Pianezza, rino-

"episodio, ricordato da vari testi al processo, è narrato da Don Lemoyne nella Vita di Don Bosco (1913) e poi da Don Ceria nelle MB; cf. avanti, p. 107.

Prodigiora guarigione ad »Itercessione di Pio IX, ui: «Bollettino salesiano» 2 (maggio 1878) p. 4s; La inominnito glorificazione di Pio I X , ivi (giugno 1878) p. 1-3.

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mato - come sottolineava il Murialdo - per la liberazione degli ossessi!

Valsalice dunque, oltre che un punto di riferimento per raduni e celebra- zioni era anche un polo di culto che il clero e gruppi di fedeli tendevano a esplicare in forme più o meno organizzate e con il pieno favore dei salesiani.

Ma anche altrove le ricorrenze più varie pur mirando al sostegno delle opere salesiane tendevano anche a consolidare e dilatare la fama del servo di Dio Don Bosco in ordine al suo processo di beatificazione.

Ii

passo più owio da compiere per giungere all'apenura del processo or- dinario sarebbe stato la richiesta, presentata in tal senso da chi reggeva la con- gregazione salesiana, all'arcivescovo di Torino. Ma previamente era da chiarire la posizione giuridica di Don Rua quale successore di Don Bosco nella carica di rettore maggiore. Stando ai verbali del capitolo superiore dei salesiani, Don Bosco il 28 ottobre 1884 aveva designato Don Rua suo «successore» e lo aveva eletto suo «vicario»? AU'incirca aveva fatto proprio il linguaggio adoperato da monsignor Domenico Jacobini in una lettera al cardinale A h o n d a , scritta in nome del papa:

«Sua Santità in questa occasione mi ha ordinato di scriverle [...l. Vorrebbe dunque che Vostra Eminenza con quei modi che sa sì bene adoperare parlasse a Don Bosco,

e lo facesse entrare neli'idea di designare la persona che egli crederebbe idonea a suc- cedergli, owero a prendere il titolo di suo vicario con successione. I1 Santo Padre si riserverebbe a prowedere neli'uno o neli'altro modo...».'"

L'intervento straordinario e alquanto eccezionale di Leone XIII poteva forse collegarsi all'altro con il quale tre anni prima era stato imposto a Don Bosco e a mons. Gastaldi un documento di «concordia» e di pacificazione. La preoccupazione per la grave prostrazione fisica che da qualche tempo trava- gliava Don Bosco e il riconoscimento dei suoi meriti potevano concretamente coprire il desiderio che nel governo dei salesiani subentrasse qualcun altro, in via eccezionale designato da Don Bosco stesso. Per questa via il papa poteva auspicarsi che venisse rimossa l'eventualità di reiterati conflitti tra Don Bosco e il successore del Gastaldi. La designazione di Don Rua a vicario con diritto di successione (fatto ancor oggi non del tutto chiarito nelle sue implicanze) è comunque illuminante sull'orientamento di Leone XIII: e& era incline a man- tenere autonoma la congregazione salesiana, ormai approvata definitivamente dalla S. Sede; era però preoccupato di regolarizzarne i rapporti con le istitu- zioni diocesane.

S d e testimonianze del Murialdo al processo di Don Bosco cf. avanti, p. 75, 87.

I fatti sono descritti ufficialmente nella lettera che il capitolo superiore dei salesiani indi- rizzò ai confratelli da Torino, 7 matm 1888; cf. Lettere circolari di Don Michele Run oi r~leriani, Torino. SAID Buona Stampa 1910. P. 6-16: cf. inoltre MB 17. D. 273-284: 18. D. 608-631. dove in patte corretto quanto &rive k i e l o

GEI,

Il servo di ~ ; o ' ~ i c h e l e ~ ; a r ~ ~ c e r r o r e dei beato D. Bosco, vol. I, Torino, SEI 1931, P. 397-417.

' O Mons. Domenico Jacobini al-card. A h o n d a , Roma, 9 ottobre 1884; cf. Lettere circolari,

cit., p. 7.

Ma a Roma, forse più che altro nell'ambito della Congregazione dei Ve- scovi e Regolari, c'era chi alimentava riserve sul presente e preoccupazioni sul- l'avvenire. Mons. Alessandro Riccardi attorno al 1870 aveva auspicato il di- scioglimento di quel gruppo anomalo ch'erano i chierici e i preti di Don Bo- sco; mons. Gastaldi aveva denunziato abusi e si era adoperato per un più ef- ficace intervento dei vescovi e della S. Sede. Cera chi auspicava l'incorpora- mento dei salesiani nei calasanziani, nei quali in sostanza si riconoscevano fi- nalità analoghe." Tale soluzione poteva inquadrarsi nel riordinamento che la S. Sede andava facendo degli istituti regolari, riunendo ad esempio in unico ordine e sotto lo stesso superiore generale varie famiglie di francescani e ri- stmtturando le forme di governo dell'ordine benedettin~.'~ L'accorpamento dei salesiani ad altri religiosi sarebbe stato oltre tutto un grave colpo alla causa di beatificazione del loro fondatore. In coerenza con la scelta profilata nel 1884 Leone XIII, tramite il cardinale Lucido Maria Parocchi, vicario di Roma e protettore dei salesiani, con decreto dell'll febbraio 1888 confermò Don Rua rettor maggiore, in deroga a quanto era stabilito d d e Regole approvate dalla S. Sede e per un dodicemio a partire dalla data del decreto stesso.''

Recatosi a Roma, Don Rua ebbe modo d'incontrarsi con il cardinale pro- tettore, assistere la domenica 19 febbraio 1888 d a beatificazione di Giovanni Battista de La Salle, trattenersi in udienza con il papa la mattina del martedì successivo. Nella sua prima lettera circolare ai confratelli salesiani, diede da Torino il 19 marzo il resoconto dei fatti salienti; e, narrando l'udienza avuta dal papa e descrivendola un po' secondo lo stile ch'era stato proprio di Don Bosco, adombrò alcune linee importanti del suo programma di governo: i sa- lesiani si sarebbero impegnati nella fedeltà al papa sull'esempio del fondatore;

non si sarebbero lasciati tentare dalla moltiplicazione delle opere; contenuta l'espansione, essi si sarebbero curati del consolidamento; cosi come le regole stabilivano, si sarebbe fatto leva sulla norma che in ogni casa i confratelli non dovevano essere di numero inferiore a sei. Tipico era il brano di lettera dove Don Rua esponeva questo programma, che in realtà rifletteva sia le rimo- stranze di mons. Riccardi e mons. Gastaldi, sia le preoccupazioni di varie con- gregazioni romane, sia gli orientamenti che ali'interno del capitolo superiore salesiano erano emerse talora, un po' in f ~ a l e dissenso con la tendenza pre- minente di Don Bosco, volto finché era vivo allo sviluppo massimo possibile

" Cf. MB 18, p. 613, dove si accenna anche agl'interventi di mons. Emiliano Manacorda

presso personaggi intluenti della curia romana a favore dei salesiani e della loro esistenza auto- noma anche dopo la morte di Don Bosco.

l2 Cf. un rapido cenno sugli ordini e le congregazioni religiose in: René EPP - Charles LEFEB-

VRò - René ~ T Z , Le dmit et ler institutionr de I'Eglire cotholique lotine de lo fin du XWIP riecle d 1978. Sources et institutionr, Paris, Cujas 1981, p. 440-448; ma si vedano anche le rispettive voci (Benedettini, Cappuccini, Canventuali, Frati Minori, ecc.) nel DUionnrio degli istituti di perfaio- ne, Roma, ed. Paoline, 1974.

" Edito in: Lettere circolari, cit., p. 14s; MB 18, p. 844.

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in Europa e in America con il personale in qualche modo disponibile; fiducio- so, come diceva, nell'aiuto che l'Ausiliatrice dimostrava di dare. Scriveva Don Rua:

«Bene, rispose il papa, continuate quelle sante imprese, ma per ora procurate di as-

sodarle bene. Per qualche tempo non abbiate premura di estendervi, bensi di sostener bene e sviluppare le fondazioni già fatte. - È precisamente, risposi, la raccomandazione fattami per iscritto dal nostro caro Don Bosco, che in un Promemoria fra le altre cose mi notò di sospendere per qualche tempo i'apertura di nuove case per completare il personale in quelle già esistenti. - Si, si, disse Sua Santità, conviene fare in questo modo, tanto pei salesiani quanto per le figlie di Maria Ausiliatrice: affinché non av-

venga come a qualche altro Istituto, che si estese troppo rapidamente e poi non poté sostenersi in modo convenevole, mandando solo due o tre persone a fondare nuove case ed abbandonandole a se stesse fecero poco buona riuscita. - Qui io feci notare al Santo Padre che i salesiani devono, secondo la regola inserta dalla S. Sede nelle loro Costituzioni, essere in numero di sei per ogni nuova fondazione e che questo era una buona salvaguardia»."

I verbali del capitolo superiore e più ancora la corrispondenza del procu- ratore generale dei salesiani a Roma rivelano i passi che in concreto si fecero nel corso del 1888 per predisporre neiia maniera più sicura il processo ordi- nario di beatificazione.

Già nel febbraio il cardinale protettore indirizzò Don Rua e il procuratore Don Cesare Cagliero a mons. Agostino Caprara, promotore generale della fede presso la Congregazione dei Riti ed espeno autorevole nella procedura da adottare nei processi di beatificazione e canonizzazione. Questi a sua volta, dopo aver dato i primi suggerimenti, inviò ad Jiario Alibrandi, indicandolo come colui che conveniva in futuro preferire come awocato del processo di Don Bosco. Alibrandi in effetti, ormai settantenne, non era un personaggio qualsiasi nel sottobosco awocatizio romano; era il più insigne studioso che al- lora c'era in Italia del diritto romano, acuto studioso del codice giustinianeo, un uomo che per la fedeltà al papato era uscito d d e sfere accademiche del- l'università di Roma e aveva preferito appartarsi nella curia come awocato concistoriale e poi come minutante della segreteria di Stato.'l

Mons. Caprara dissuase anzitutto dal compiere passi maldestri awenturan- dosi ignari nelle procedure canonicbe e non attenti agli scogli che si sarebbero

Lettere brmkzti, p. 20s.

" Uario Alibrandi nacque a Roma 1'8 febbraio 1823; a 22 anni ebbe la laurea in diritto ho- noris causa; a 27 anni fu nominato professore di diritto romano; nei 1871 si ritirò dall'insegna-

mento neiiùniversità di Roma e ricusò I'invito fattogli della cattedra all'università di Heideiberg;

nel 1883 fu nominato awocato concistoriale e nel 1888 minutante deila segreteria di stato vaticana;

mori a Roma il 27 gennaio 1894. Su di lui cfr. la prefazione di Vittorio Scialoja a Opere giuridiche e storiche del prof Ilario Alibrandi .., vol. I, Roma, tip. S.C. de Prop. Fide 1896, p.

m-wI

e la

«voce» di Edoardo Volterra nel Dilion. Biografico degli Italiani, 11, Roma, Enciclopedia Italiana

1960, p. 370s.

potuti frapporre. Don Cesare Cagliero gli aveva sottoposto la bozza di una let- tera circolare che Don Rua si proponeva d'inviare ai salesiani per sollecitarli a scrivere testimonianze sulle virtù eroiche e su quanto altro poteva essere utile alla beatificazione del loro padre. Mons. Caprara si dichiarò contrario a una lettera del genere, perché al processo canonico il promotore della fede avrebbe opposto che la «fama sanctitatisn era stata anatamente provocata. La lettera, così com'era imbastita, «sarebbe in mano al promotore della fede un'arma si- cura per arrestare e rimandare a tempo lunghissimo qualsiasi processo di bea- tificazione, perché la «fama sanctitatis* non sarebbe risultata come qualcosa di spontaneo: le relazioni sulla vita, le virtù e i miracoli si sarebbero presentate come domandate, richieste e quasi pro~ocate».'~

Lo stesso monsignore suggeriva d'informarsi più adeguatamente sul posto.

«A Torino - scriveva il procuratore Don Cagliero a Don Rua - si ha la par- ticolare circostanza, vantaggiosa per noi, che la Curia è pratica di simili giu-

&ai, come ne è prova (sono anche parole di mons. Caprara) il processo pel ve- nerabile Cottolengo benissimo redatto»." Senonché il riferimento al processo di beatificazione del Cottolengo per ceni versi induceva a riflettere. Quello in- formativo diocesano, iniziato nel gennaio 1863, era stato concluso nel luglio 1877 in pieno episcopato di mons. Gastaldi; quello apostolico, iniziato nel marzo 1879, era stato concluso nell'ottobre 1887.'8 Giudici del processo apo- stolico erano stati i canonici Luigi Nasi, CamiUo Pelletta e Stanislao Gazeiii di Rossana; tutti e tre potevano essere considerati come ben disposti verso i sa- lesiani; il canonico Nasi era stato anzi uno dei primi eminenti membri del clero torinese che agl'inizi dell'oratorio si erano prodigati a sostegno di Don Bosco.

Ma promotore fiscale al processo informativo diocesano e sottopromotore al processo apostolico era stato il canonico Emanuele Colomiatti. A lui probabil- mente il Caprara faceva merito della bontà formale del processo relativo al ve- nerabile Cottolengo. Per i salesiani invece sarebbe stata una iattura averlo nel- l'ufficio di promotore della fede nel processo di Don Bosco.

Nondimeno, facendo tesoro dei suggerimenti venuti da Roma, il capitolo superiore dei salesiani tenne presenti i passi ch'erano stati fatti a suo tempo per awiare il processo ordinario del Cottolengo. Nel 1862-1863, stimolato da varie pani, incoraggiato da cardinali e vescovi, il canonico Luigi Anglesio, pa- dre della Piccola Casa, prima di inviare la petizione ufficiale al vicario capito- lare di Torino (essendo morto a Lione l'arcivescovo Fransoni), ritenne oppor- tuno scrivere ai vescovi del Piemonte e della Liguria che avevano avuto rela- zioni di amicizia con il canonico Cottolengo. Scrisse loro «per consiglio e per

'' Cesare Cagliero a Don Bonetti, Roma, 6 giugno 1888; AS 036 Corrispondenza del procu- ratore ~~~. eenenle

" Lettera cit. del 6 giugno 1888.

" Cf. P.P. GASTALDI, I prodigi della corità mitirlnn dermtti nella vita del uenerabile remo di

Dio Giuseppe Benedetto Cottolengo ..., ed. quarta, vol. 11, Torino, tip. Salesiana 1892, p. 845-879.

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lume».L9 Le risposte, tutte incoraggianti, contribuirono ad agevolare l'inizio fe- lice del processo informativo diocesano. Il 16 gennaio 1863 alla prima seduta, presieduta dal vicario capitolare canonico Giuseppe Zappata, erano presenti tre vescovi. Tra questi c'era mons. Tommaso Ghilardi, vescovo di Mondovi e paladino dell'intransigentismo contro la politica liberale. A lui inviava il pro- prio plauso lo stesso Pio IX il 22 gennaio successivo in un breve che chiara- mente alludeva alle congiunture religiose e politiche che si stavano attraversan- do:

«Come Iddio permettendo da una pane, nel miserando periodo in cui viviamo, lo spoglio dei beni della Chiesa che la carità cristiana ebbe adunati per dotare sacri ritiri, recessi di orazione, case di pietà e scuole di perfezione, dail'altra parte ispirava lo spi- rito suo [del Cottolengol per tante opere di edificazione, d'istruzione, di sollievo ail'in- fermo, al de~elitto>r.~~

Era ben diversa la temperie del processo canonico che i salesiani intende- vano far aprire. Si era appena a un decennio dai noti contrasti fra Don Bosco e l'arcivescovo Gastaldi. Allora si era prodotta una certa divisione all'interno di parte dell'episcopato subalpino e ligure, pro o contro le misure che il Ga- staldi chiedeva o prendeva. I n ben altra situazione dunque a Don Rua e ai suoi collaboratori premeva non tanto un sondaggio, quanto un pronunziamento fa- vorevole dei vescovi ali'introduzione del processo sulla santità di Don Bosco.

Si progettò in concreto una lettera che Don Rua avrebbe indirizzata a cia- scun vescovo del Piemonte e delia Liguria. Aila lettera si sarebbero allegati due altri documenti: un saggio di grazie ottenute per intercessione dell'Ausi- liatrice e del suo seN0 fedele Don Bosco, e una traccia o prospetto di lettera che i vescovi avrebbero potuto tenere presente rispondendo direttamente a Don Rua owero anche inviando una propria petizione al cardinale di Torino.

La bozza di lettera e quella degli annessi allegati furono previamente sottopo- ste aii'esame dell'awocato Aiibrandi. A questi fu anche inviata la bozza di un'istanza collettiva aii'arcivescovo che si aveva in animo di fare sottoscrivere ai salesiani che sarebbero intervenuti ali'imminente capitolo generale.

Nel 1889 e 1890 infatti si prospettavano alcuni eventi che Don Rua e i membri del capitolo superiore tentavano di utilizzare articolatamente in ordine alla causa di Don Bosco. Nel settembre 1889 si sarebbe tenuto il capitolo ge- nerale dei salesiani, ormai divenuto necessario per coordinare sotto il nuovo superiore generale le iniziative dei salesiani ne1 mondo. A loro volta i vescovi della provincia ecclesiastica torinese e di quella vercellese si sarebbero riuniti nel 1890 per affrontare vari problemi pastorali a cui andavano postulando so-

's GASTALDI, Vi& del venerabile remo di Dio Giuseppe Benedetto Cottolengo ..., ed. 1882, In, p. 486s; Io., I prodigi della carità mitiana ..., li, p. 850.

'O GASTALDI, Vitu del venerabile remo di Dio Giuseppe Benedetto Cafolengo .., ed. 1882, III,

p. 490; ID., I prodigi della carità d i u n a ..., ii, p. 854.

luzioni comuni la maggiore mobilità della popolazione e l'acuirsi della que- I stione sociale.

I1

parere dell'awocato romano fu comunicato a Don Bonetti da Don Ca- i gliero con lettera del 13 luglio 1889:

!. «lo La istanza al cardiiale da firmare dai membri del capitolo generale va benis- simo. Si muti solo il no 9 nella seguente maniera: Noi speriamo che l'Eminenza Vostra vorrà accogliere benignamente la nostra domanda

...

!. «lo La istanza al cardiiale da firmare dai membri del capitolo generale va benis- simo. Si muti solo il no 9 nella seguente maniera: Noi speriamo che l'Eminenza Vostra vorrà accogliere benignamente la nostra domanda

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Nel documento DON BOSCO (pagine 34-41)