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Dal processo informativo aii'apertura del processo apostolico (1897-1907) Con la consegna degli atti del processo ordinario, portati a Roma da Don

Nel documento DON BOSCO (pagine 65-68)

Belmonte già nell'aprile 1897, la causa di Don Bosco passò presso la S.C. dei Riti dalla prima fase informativa ai , ... preliminari ,~-_._~ che dovevano condurre alla de- cisione, se aprire il processo apostolico ovvero, dato l'accertamento di obie- zioni insormontabiii, accantonare tutto. La causa cominciava ad assumere più nettamente le modalità di un dibattito giudiziario. Ponente di essa fu nominato il 16 settembre il cardinale protettore dei salesiani, Lucido Maria .. Parocchi, vi- cario del papa nella diocesi di Roma.' Quello stesso giorno presso la S.C. dei Riti fu dissuggellato e aperto l'incartamento torinese allo scopo di procedere i a una nuova trascrizione del «transurn~uum» -- e così approntare la Copia pub- blica, cioè il.~~tg~ficiale su cui basarsi nella documentazione attinente la, causa. Il testo trascritto e controllato f u riconosciuto ufficialmente dal notaio e archivista della S. Congregazione, Gustavo Savignoni, il 12 aprile 1899.2

Intanto il 30 agosto 1897 Don Rua nominava il procuratore generale della società salesiana a Roma, Don Cesare Cagliero, postuiatore della causa; e a To- rino Don Domenico Belmonte assumeva il ruolo di vicepostuiatore. Con or- dinanza del 25 ottobre 1898 la C.C. dei ~. Riti ... .. . ordinava .~ la consegna . di tutti - gli scritti del ~. servo ~.., di Dio. La prescrizione fu rinnovata a Torino dall'arcivescovo

Don Bosco nella storia della religiosità cattolica. Vol III. Stella

e, per quanto riguardava i salesiani, da Don Rua con una lettera circolare ai confratelli.)

La trascrizione di lettere a mano e di altri inediti era già stata awiata da tempo. Amanuense infaticabile era Don Gioacchino Berto con la sua chiaris- sima scrittura calligrafica. I materiali manoscritti e stampati furono fatti per- venire a Roma in un paio di spedizioni.

I1 17 novembre 1899 l'arcivescovo di Torino, Agostino Richelmy, fu nomi- nato giudice apostolico delegato con il compito d'istruire anzitutto il previo

«processiculus diligentiarum» in cui si appurasse che tutto era stato svolto re- golarmente. A tale scopo l'arcivescovo Richelmy istituì il 10 giugno 1900 un apposito tribunale che, con sede ali'oratorio salesiano di Valdocco, espletò il suo lavoro il 30 gennaio 1901.

I1 lo novembre 1899 morì a Roma Don Cesare Cagliero e il 17 febbraio 1901 a Torino il vicepostulatore Don Domenico Belmonte. Entrambi furono surrogati rispettivamente con Don Giovanni Marenco, nominato procuratore generale e postulatore il 17 dicembre 1899, e Don Filippo Rinaldi, che eletto dal capitolo generale deila congregazione prefetto generale nel settembre 1901, fu da Don Rua designato vicepostulatore.

La causa si awiava secondo le procedure consuete e con tutte le pause do- vute ad accidenti imprevisti, alla quantità dei materiali, alla mole di lavoro che assorbiva sia i dicasteri romani sia gli uffici della curia di Torino. Don Ma- renco inoltrò la petizione perché la S. Congregazione inviasse le «litterie remis- soriales» al giudice delegato torinese per l'istruzione del processo «de non cul- tu». Da questo doveva risultare, attraverso l'escussione di testi e una serie di atti giudiziari, che al servo di Dio non si prestavano forme di culto vietate e che intanto la sua venerazione, anziché diminuite, si consolidava e cresceva. I1 processo «de non cultun dopo l'escussione di testi, la visita alla tomba di Val- salice e delle camerette, ove morì Don Bosco a Valdocco, fu terminato il 4 giu- gno 1904.'

Nel biennio 1902-1903 fu possibile ai salesiani raccogliere ben 341 « l i t t e r ~

'

Lettera circolare ai salesiani, Roma, 1898, ottava deli'Immacolata Concezione; cf. Lettere cirolari di Don Michele Rua ai Saleriani, Torino, SAID «Buona Stampa» 1910, p. 186s: <Mentre io vi unisco qui l'ordinanza del veneratissimo nostro arcivescovo, dò nel medesimo tempo ordine a voi di radunare quanto prima gli scritti che avete di Don Bosco e di mandarmeli. Quelli che de- siderano riaverli, possono star sicuri che saranno loro restituiti,,.

' ... Josepho Calasantio Viver y Tuta relatore ... Positio super non a l t u , Romz, Schola typ. Sa- lesiana 1908. - Precede la Infomatio (p. 1-7, sottoscritta, Pietro Melandri, Roma, 2 aprile 1908);

segue il Summarium del processo «super non cultu» distinto in dieci numeri (p. 1-73). Notiamo:

1) il decreto d'introduzione della Causa: «Supremus humanz familueu, 23 luglio 1907 (p. 1-7);

2 ) Supplex libellus postulatorum (Marenco e Rinaldi), 27 aprile 1901 (p. 8s); 3 ) Tabella tertium (in tutto otto, che testimoniarono dal 18 novembre al 16 dicembre 1901: Michele Rua, Giuiio Bar- beris, Giov. Battista Francesia, Luigi Piscetta, Secondo Marchisio, Giov. Battista Lemoyne e i due preti non salesiani Felice Reviglio e Giov. Battista Piano. - Infine: Animadversioner, del promo- tore della fede Alessandro Verde, in data 16 marzo 1907 (p. 1-8); la Responrio ad animadverriones, sottoscritta da Pietro Melandri, il 10 aprile 1907 (p. 1.8).

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postulatoriie» di cardinali, vescovi, prelati, superiori di ordini religiosi, capitoli cattedrali d'Italia, d'Europa e di altri continenti: erano le petizioni autorevoli che s'indirizzavano al papa perché si degnasse di aprire il processo apostolico per la beatificazione del servo di Dio. Varie di queste furono raccolte a Torino nel 1902 in occasione di un convegno degli oratori per la gioventù; altre, nel 1903 in occasione del terzo congresso internazionale dei cooperatori salesiani tenuto anch'esso a Torino. La stragrande maggioranza fu ottenuta per altre vie: un gruppo notevole veniva dalla Francia, dal Belgio e dalla Spagna; c'e- rano lettere postulatorie di personalità ecclesiastiche dei luoghi più discosti e meno vicini a opere salesiane, come quella dell'arcivescovo di Tokio e altre di vescovi dell'America settentrionale, dell'Asia e deWAfrica.' Non c'erano peti- zioni inoltrate da membri della casa regnante d'Italia, così come s'era ottenuto per il processo apostolico del Cottolengo: la temperie politica era diversa; l'as- senza di petizioni siffatte era anche un indice del separatismo politico e della ricerca di altre forme di contatto tra le istituzioni ecclesiastiche e quelle civili.

Il 15 gennaio 1903 morì a Roma il card. Parocchi. A succedergli come po- nente la causa fu nominato il 22 maggio Luigi Tripepi (1836-1906), un cardi- nale di origine calabrese che nei suoi scritti di erudizione e apologetica fdo- papale e ultramontana aveva espresso tra l'altro giudizi elogiativi sulle Vite dei papi scritte da Don B o ~ c o . ~ Elevato alla porpora il 15 aprile 1901, il Tripepi fu prefetto della S.C. delle Indulgenze e poi anche pro-prefetto della S.C. dei Riti.'

Essendo morto da tempo Ilario Alibrandi, si prowide ad assumere un altro buon awocato nella persona di Ferdinando Morani. Questi si servì del procu- ratore Pietro Melandri per preparare i testi a stampa richiesti dal processo: la Informatio e il Summarium circa la fama di santità, i doni soprannaturali e le guarigioni attribuite all'intercessione del servo di Dio con rimandi precisi ai fo- gli numerati deila Copia pubblica e una selezione delle lettere postulatorie in- sieme al loro elenco completo. Già nel 1904 si poteva disporre del grosso vo- lume del Summarium, privo ancora delle pagine preliminari e del frontespizio che si sarebbe potuto apporre all'apertura del processo apostolico: Positio su- per introductione cause.

Tra il 1902 e il 1904 si svolse a Roma l'esame degli scritti di Don Bosco.

Con la protezione e sotto l'egida del Tripepi ci si poteva aspettare un esito fa- vorevole. I1 giudizio dei teologi censori fu infatti positivo e in sostanza in con- ferma di quanto sinteticamente aveva già espresso nei suoi scritti il cardinale ponente.

Data la delicatezza del caso, si prowide tuttavia a istruire nel 1906 un pro-

Le Littem postulatori.e sono rilegate insieme, con numerazione a parte (p. 1-99), nel grosso volume: ... Josepho Calmnrio Viver y Tuto relatore ... Pmitio super ixtroductione causz (Summa- rium et Litterz Postulotoriz), Rome, Schola typ. Salesiana 1907, p. VI-1023.99.

Cf. MB 8, p. 117-119.

' Cf. Annuoire 1908, p. 668.

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cessicolo segreto per analizzare se negli scritti di Don Bosco attinenti le con- troversie con mons. Gastaldi vi fosse qualcosa che potesse costituire un osta- colo grave d a prosecuzione del p r o c e s ~ o . ~ Nei materiali ufficialmente perve- nuti da Torino le controversie con l'arcivescovo avevano un rilievo particolare.

Oltre ad essi sicuramente a Roma si tenevano presenti le informazioni che il canonico Colomiatti aveva continuato a fornire scrivendo a coloro che dopo la morte di mons. Agostino Caprara si erano succeduti neli'ufficio di promo- tore generale della fede presso la S.C. dei Riti. Colomiatti in quegli anni era tutt'altro che emarginato a Torino e non era uno sconosciuto a Roma. Nomi- nato provicario generale della diocesi da mons. Riccardi, era stato confermato in carica da!J'arcivescovo Richelmy; continuava nell'ufficio di awocato fiscale della mensa vescovile e difensore del vincolo matrimoniale, era canonico della metropolitana, professore di decretali a Torino nella Facoltà legale pontificia, nominato protonotario apostolico «ad instar» il 3 gennaio 1902. In quegli anni continuavano ad apparire i grossi volumi in quarto del Codex iuris pontificii seu canonici, in tutto tre tomi in nove volumi, dedicati di volta in volta a Leone XIII e poi a Pio X. Il tomo terzo sarebbe uscito nel 1906, fregiato di una let- tera del cardinale Felice Cavagnis, autorevole canonista ormai impegnato al progetto del Codex iuris can0nici.g

Nonostante le relazioni confidenziali del Colomiatti, sempre awerso alla beatificazione di Don Bosco, il giudizio espresso dal teologo censore fu sostan- zialmente positivo, ed era nettamente espresso già nei titoli premessi a cia- scuna parte del suo elaborato: l'origine della controversia «non è imputabile a Don Bosco»; nelle varie vertenze che seguirono «il contegno del servo di Dio è sempre incensurabile».

Il teologo censore si soffermò in particolare sull'opuscolo dal titolo: Espo- sizione del sacerdote Giovanni Bosco a g l i eminentissimi cardinali della sacra con-

gregazione del Concilio (S. Pier d'Arena, tip. di S. Vincenzo de' Paoli 1881).

... Aloisio Tripepi pro-pr~fecto et relatote ... Positio super reuisione sniptomm, Romz, typis Vaticanis 1906 (Su6 secreto), p. 85: mandato del card. pro-prefetto, 2 luglio 1906 (p. 3 ) ; Judicium theologi censoni «Sulle controversie insorte tra mons. Lorenzo Gastaldi, arcivescovo di Torino, e D. Giovanni Bosco, istitutore d d a congregazione salesianau (p. 5-33), anonimo e senza data; ap-

pendice di documenti (p. 35-85).

E. CoLomTn, Codex iuris ponhjicii seu canonici, Taunni, typ. G. Derossi 1888; con ap-

provazione del card. Aiimonda (24 dicembre 1887) e dedica: «Leoni pp. XIII / hisce temporibus quammaxime irreligiosis indeque convulsis, Dei nomine humanse societatis optimz vitz principio- mm vindici efficaci...»; Tomus DI (Volumen nonum et ultimum), Taurini, @. G. Derossi 1906

(dedicato a Pio X; lettera latina del card. Felice Cavagnis all'autore, Bergomi, die 17 iulu 1906);

Rubricae seu rummaria mdicix iurispontifin Taurini, G. Derossi 1905 (dedicato a Pio X). Scriveva

esplicitamente il card. Cavagnis: aNeque opus a te editum minus utile evadit. Etenim, przter iu- vamen quod affen us qui Codici authentico elaborando destinati sunt, plene reassumit ius a sum- mis pontificibus [...l hactenus editum. Claudit igitur pro his materiis praesentem epocam iuris, ac parcit studiomm laboribusn. Nato a Chieri nel 1846, fu ordinato sacerdote il 22 maggio 1869;

morl a 82 anni a Torino il 17 agosto 1928; cf. «Rivista diocesana torinese» 5 (15 settembre 19281 p. 193.

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Era questo uno scritto riservato che Don Bosco aveva creduto di dovere con- trapporre a un altro che mons. Gastaldi aveva fatto distribuire a sostegno delle proprie tesi nelle vertenze con i salesiani. Dopo avere notato che per redigere il proprio scritto Don Bosco si era servito di Don Bonetti, il teologo censore aggiungeva che esso qua e là era suscettibile di precisazioni e rettificazioni nel- l'esposizione dei fatti; era inoltre di tono alquanto acceso; ma subito chiosava:

«Per quanto a me pare, tutto ciò non cambia punto la natura propria dei fatti espo- sti. Senza dire che queste accidentali alterazioni si spiegano per il fatto che al compi- latore dell'opuscolo, scrivendo sotto l'impressione di prowedere aiia difesa del proprio Istituto, poteva facilmente accadere di accrescere non di rado o di attenuare sotto qual- che aspetto alcuni aggiunti dei fatti che narrava: non per l'intenzione deliberata che egli avesse di alterare scientemente la verità dei medesimi, ma perché quei tali aggiunti, cosl allora apparivano all'animo suo, il quale naturalmente non poteva non trovarsi preoc- cupato, ansioso e sospeso neii'attesa deii'esito deli'imminente giudizio*.

Notava inoltre a favore della prudenza di Don Bosco:

«Detta Esposizione è stata giudicata per lo meno inopportuna. Questa taccia, a mio parere, non è ragionevole, né meritata. Tale Esposizione infatti è giustamente dovuta al bisogno, che sentiva il servo di Dio di prowedere aiia difesa e aiia tutela del proprio Istituto religioso, a carico del quale l'arcivescovo di Torino non meno di sei volte aveva già sporto reclami e pubblicati altri scritti».1°

Esaminata la vertenza relativa d a disciplina dei salesiani, il teologo cen- sore passava a quella concernente la pubblicazione di grazie attribuite aii'Au- siliatrice che i salesiani dapprima stamparono a Torino, poi a Genova-Sam- pierdarena con l'approvazione di quella curia vescovile. L'autore della censura ribadiva il parere già espresso nel 1882 dal promotore deUa fede di d o r a , Lo- renzo Salvati: sottraendosi d a giurisdizione della curia torinese per la pubbli- cazione di grazie e sottoponendosi a quella di Genova Don Bosco aveva agito secondo quanto la norma canonica gli consentiva.

Secondo il teologo, dagli scritti di Don Bosco non si poteva «rettamente desumere n d a che [...l si debba ritenere un grave impedimento a procedere ad ulteriora: nulla che possa in seguito seriamente ostacolare la normale di- scussione delle virtù eroiche del prelodato servo di Dio». E concludeva aggra- vando la mano su mons. Gastaldi, più che con mentalità storica, con senso giu- ridico non pienamente attento al principio «audiatur et altera pars»:

«Da tutto queiio che con serena obbiettività è stato discusso, emerge, mi pare in- dubbiamente, come tutte le accennate venenze, che Don Bosco mal suo grado è co- stretto a subire, siano state provocate e poi aggravate con le parole e con le opere dal- l'ecceiientissimo arcivescovo Gastaldi, il quale pare che andasse continuamente ricer-

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cando - si direbbe con S. Paolo - q u e questiones prestant magis, quam edi&cationem q u e est i n f i d e (ad Tim. 1,4)»."

Si trattava certamente di un giudizio prowisorio su materiale documenta- rio circoscritto. Rimanevano da esplorare ulteriormente le ragioni per le quali l'arcivescovo si era awenturato in dissapori e vertenze con Don Bosco e con la congregazione salesiana ch'egli, nonostante tutto, sognava migliore per il bene che intanto, bene o male, faceva nella Chiesa e nella società. Al di là della Congregazione dei Riti, presso quella dei Vescovi e Regolari esistevano lettere nelle quali il Gastaldi notava anomalie nella disciplina dei salesiani e in quella della promozione agli ordini sacri Un confronto con il Catalogo a stampa della società salesiaxia e dei suoi soci avrebbe permesso di appurare la distri- buzione del personale di anno in anno, la professione religiosa, ascritti o novizi sparsi un po' in tutte le case, la promozione agli ordini, la scomparsa di effet- tivi usciti di congregazione o defunti. Presso la medesima Congregazione dei Vescovi e Regolari si conservavano un paio di esemplari delle Regole salesiane fatte stampare da Don Bosco in latino e in italiano, in cui erano posti in rilievo con segni a penna di Gastaldi e di altri le parole mutate, gli articoli variati, i cambiamenti anche sostanziali, giustificati con l'unica motivazione che si trat- tava di deroghe o mutamenti concessi dal papa a Don Bosco «vive vocis ora- . culo»."

Uno sguardo a un panorama più largo della congiuntura che allora attra- versava in Italia la Chiesa istituzionale, negli spazi politicamente conquistati dal liberalismo o comunque dall'anticlericalismo, avrebbe permesso di meglio comprendere le diicoltà in cui si muovevano i vescovi, privi ormai del quadro di riferimento giurisdizionalista, ma non pienamente in grado di articolare le loro istanze d'inquadramento disciplinare, e le loro forme di potere pastorale, né con i vertici istituzionali della S. Sede, né con le forme emergenti di nuove congregazioni religiose. In personaggi come Gastaldi, che al Vaticano I si erano schierati per l'infallibilità pontificia e l'opportunità della sua definizione, o come il Colomiatti, autore di un repertorio di dititto canonico chiarissima- mente ultramontano e verticista, non si trattava di residui regalistici ed episco- palistici, ma di propositi di normalizzatione della diocesi

-

dopo gli eventi del 1848 e il lungo periodo di assenza vescovile - nel quadro della regione piemontese e ligure; le aspettative di risposta che loro nutrivano erano in pane disattese dalla S. Sede, anch'essa in via di assestamento nei rapporti da tenere con le strutture politiche in cambiamento e nei rapporti con le strutture eccle- siastiche tra

di

zionali o emergenti. Don Bosco appellava a privilegi statutari della congregazione salesiana e ad altri personali a lui concessi dal papa «vivae vocis oraculo». Era forse questo filo diretto fra Don Bosco e Pio

IX

a provo-

" Positio super revisione srriptoram, p. 32.

l2 Cf. P. STELLA. Le costituzioni salcsianefino al 1888, in: AA.W., Fedeltà e rinnovamento.

Studi sul& costituzioni salesiane, Roma, LAS 1974, p. 50s

care una serie di anomalie e disfunzioni persino nel reticolo istituzionale della curia romana, contraddittoria o disunita nell'atteggiamento con Don Bosco e l'arcivescovo di Torino. Le divergenze sul punto delle grazie miracolose, che al Gastaldi e già a mons. Alessandro Riccardi non apparivano documentate se- condo le esigenze della scienza e che invece Don Bosco e i salesiani propagan- davano secondo la narrazione spontanea della fede popolare, completavano il quadro della crisi e dello scontro, che non riguardava appunto solo questioni di potere istituzionale, ma si estendeva al campo delle mentalità e a quello del modo come queste miravano a esprimersi.

2. Le «Animadversiones» del promotore della fede (1907): virtù eroiche o

Nel documento DON BOSCO (pagine 65-68)