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LA POLITICA COMUNE

2.6 CONTROLLI ALLE FRONTIERE

Per quanto riguarda la pratica dei controlli alle frontiere, le istituzioni comunitarie negli ultimi anni si sono dotate di strumenti atti ad aumentarne l’efficacia. Nel 2004 il Consiglio ha adottato un Regolamento che istituisce un’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne110, detta “Frontex”.

Fatto salvo che “Il controllo e la sorveglianza delle frontiere esterne ricade sotto la responsabilità degli Stati membri, l'Agenzia dovrebbe semplificare l'applicazione delle misure comunitarie presenti e future in materia di gestione delle frontiere esterne, garantendo il coordinamento delle azioni intraprese dagli Stati membri nell'attuare tali misure”111.

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Regolamento (CE) n. 1638/95 del Consiglio, del 29 maggio 1995, che istituisce un modello uniforme per i visti, GUCE L 164 del 14.7.1995.

Regolamento (CE) N. 334/2002 del Consiglio del 18 febbraio 2002 che modifica il Regolamento (CE) n. 1683/95 che istituisce un modello uniforme per i visti. 109

Punto 4. 110

Regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio, del 26 ottobre 2004, che istituisce

un’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea, GUCE L349 del 25.11.2004.

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“L'Agenzia dovrebbe offrire una formazione a livello europeo per gli istruttori del corpo nazionale delle guardie di confine, nonché una formazione supplementare e seminari, in materia di controllo e sorveglianza alle frontiere esterne e allontanamento dei cittadini di paesi terzi presenti illegalmente negli Stati membri, per i funzionari dei servizi nazionali competenti. L'Agenzia può organizzare attività di formazione in cooperazione con gli Stati membri nel loro territorio”112.

“*….+ l'Agenzia, nel rispetto della politica comunitaria in materia di rimpatrio, dovrebbe dunque offrire l'assistenza necessaria per organizzare operazioni di rimpatrio congiunte degli Stati membri e individuare le migliori pratiche in relazione all'acquisizione di documenti di viaggio e all'allontanamento dei cittadini di paesi terzi presenti illegalmente nei territori degli Stati membri”113.

Nel 2006 veniva approvato un Regolamento che istituiva un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere esterne da parte delle persone114, da applicare a chiunque attraversasse le frontiere interne o esterne di uno Stato membro. “La definizione di un regime comune in materia di attraversamento delle frontiere da parte delle persone non mette in discussione né pregiudica i diritti in materia di libera circolazione di cui godono i cittadini dell’Unione e i loro familiari nonché i cittadini dei paesi terzi e i loro familiari che, in virtù di accordi conclusi tra la Comunità e i suoi Stati membri, da un lato, e detti paesi terzi, dall’altro, beneficiano di diritti in materia di libera circolazione equivalenti a quelli dei cittadini dell’Unione”115.

112 Punto 7. 113 Punto 11. 114

Regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2006 che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere esterne da parte delle persone (codice frontiere Schengen), GUCE L 105 del 14.4.2006.Con l’approvazione del Regolamento venivano abrogati gli articoli da 2 a 8 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985.

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Per quanto concerneva le frontiere esterne, queste potevano essere attraversate soltanto ai valichi di frontiera e durante gli orari di apertura stabiliti previa verifica dell’identità della persona.

La verifica minima costituiva la regola per i cittadini dell’Unione europea (UE) e per tutti gli altri beneficiari del diritto comunitario alla libera circolazione (per esempio, i familiari di un cittadino dell’Unione). L'obiettivo era accertare l'identità del soggetto che viaggia tramite la semplice e rapida verifica della validità del documento e della presenza di indizi di falsificazione.

I cittadini di paesi terzi erano sottoposti a verifiche approfondite delle condizioni d’ingresso, nonché, se del caso, dei documenti che autorizzano il soggiorno, ivi inclusa la verifica nel Sistema di informazione visti (VIS), e l’esercizio di un’attività professionale.

Per un soggiorno non superiore a tre mesi nell’arco di sei mesi, i cittadini di paesi terzi dovevano:

 essere in possesso di un documento di viaggio;  essere in possesso di un visto valido, se richiesto;  giustificare lo scopo del soggiorno previsto;  disporre di mezzi di sussistenza sufficienti;

 non essere segnalati nel Sistema d'informazione Schengen (SIS) ai fini della non ammissione;

 non essere considerati una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri.

Venivano respinti dal territorio i cittadini di Paesi terzi che non soddisfacevano tutte queste condizioni, fatte salve disposizioni particolari (ad esempio ragioni umanitarie). Sui documenti di viaggio dei cittadini di paesi terzi doveva sistematicamente essere apposto un timbro al momento dell’ingresso e dell’uscita116. Se il documento di viaggio non recava il timbro d’ingresso, si poteva

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presumere che il titolare non possedeva più le credenziali necessarie per il soggiorno. Questi poteva tuttavia fornire elementi di prova della sua buona fede, come biglietti di viaggio o giustificativi della sua presenza fuori del territorio degli Stati membri.

A effettuare le verifiche venivano incaricate le guardie di frontiera Queste erano tenute al pieno rispetto della dignità umana nell'esercizio delle loro funzioni e non potevano operare discriminazioni in ragione del sesso, della razza, dell’origine etnica, della religione o delle convinzioni, della disabilità, dell’età o dell’orientamento sessuale117 dello straniero.

La cooperazione operativa era coordinata dall’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (Frontex).

Per quanto concerneva invece le frontiere interne, chiunque, indipendentemente dalla cittadinanza, poteva attraversarle senza che fossero effettuate verifiche. La polizia era libera di effettuare controlli nelle zone di frontiera come sul resto del territorio, a condizione che questi non avessero effetto equivalente alle verifiche di frontiera.

In caso di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna, uno Stato membro poteva in via eccezionale ripristinare il controllo alle frontiere interne per un periodo limitato118. Quando intendeva provvedere in tal senso era tenuto a darne comunicazione quanto prima agli altri Stati membri alla Commissione e al Parlamento europeo. 117 Punto 7. 118 Punto 15.

65 CAPITOLO 3

LE POLITICHE IMMIGRATORIE IN ITALIA

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