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LE POLITICHE IMMIGRATORIE IN ITALIA 3.1 DALL’UNITÁ ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE

Il 23 luglio 2008 è stato approvato in via definitiva al Senato Il decreto legge 23 maggio 2008, n 92 246 , recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica Il

D. L 23 maggio 2008, n 92, Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, GU n 122, 26 maggio 2008.

3.10 GLI ULTIMI SVILUPP

Il 5 febbraio 2010 il Ministro Maroni ha proposto di introdurre nel pacchetto sicurezza un 'permesso di soggiorno a punti' da rilasciare ai nuovi immigrati regolari. Per avere il permesso lo straniero doveva firmare un 'accordo per l'integrazione' con il quale si sarebbe fatto carico di una serie di obblighi e di adempimenti che solo se portati a termine gli potevano permettere di raggiungere i 30 punti indispensabili per ottenere il documento. Non sarebbe più bastato, per il migrante, seguire la Bossi-Fini. "Come 'naturale conseguenza' della legge sulla sicurezza- secondo il

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ministro dell'Interno Roberto Maroni, solo se entro due anni l'immigrato in attesa di permesso di soggiorno raggiungerà i 30 punti che gli vengono assegnati avrà il permesso". "E dovrà dimostrare di aver superato il corso di lingua italiana, di conoscere la Costituzione, di essersi iscritto al Servizio sanitario, di mandare i figli a scuola. Se commette reati, i punti gli vengono tolti. Se dopo due anni non raggiunge i 30 punti, ha un altro anno per arrivare al punteggio pena l'espulsione". Il ministro dell'Interno Roberto Maroni275 che ha anche spiegato che non c’era bisogno di nessuna nuova legge perché "questo sistema è già stato introdotto nel 'pacchetto sicurezza' approvato nell'agosto dell'anno scorso. Dobbiamo solo fare un atto amministrativo e con il ministro Sacconi abbiamo trovato un'intesa tecnica per il regolamento".

"Abbiamo quindi definito le procedure e i contenuti dell'applicazione di una norma che esiste già. Ho letto sui giornali toni allarmati, l'argomento immigrazione - ha aggiunto Maroni - suscita emozioni, ma talvolta non è conosciuto. La norma che prevede il permesso di soggiorno a punti, è già in vigore, la legge c'è già. Noi adesso facciamo solo un atto amministrativo per attuarla. Si tratta di un provvedimento utile e di civiltà e penso che sarà molto apprezzato da chi vuole inserirsi nella nostra società e vuole lavorare. Si tratta di uno degli strumenti più avanzati in Europa sul fronte dell'integrazione". "Questo sistema", ha continuato il ministro, serviva a "garantire l'integrazione: io ti suggerisco le cose da fare per integrarti nella comunità. Se le fai ti do il permesso, se non le fai significa che non vuoi integrarti. Lo applicheremo solo ai nuovi permessi con durata di due anni. Ma non chiederemo soldi agli immigrati per i corsi di lingua, faremo tutto noi, per garantire standard uniformi in tutte le province".

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Conferenza stampa, del ministro Maroni, di presentazione del Patto per la sicurezza dei laghi Insubri, Varese, 5 febbraio 2010.

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Molteplici sono stati i commenti sollevati dalle dichiarazioni del Ministro, ad esempio per monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Migrantes, si presenta come uno strumento "che in sé può anche essere positivo, ma che in una realtà come quella italiana appare come estemporaneo e inefficace".

"Nel nostro paese - era il giudizio di mons. Perego - mancano infatti quei paletti fondamentali, quelle strutture essenziali per l'integrazione, che rappresentano un prerequisito per fare in modo che strumenti come il permesso di soggiorno a punti possano avere successo". "Per dirla con un paragone, quello della patente a punti, la condizione dell'immigrato sarebbe quella di dover acquisire un permesso di guida valido vivendo però una situazione in cui mancano strade adeguate, non ci sono cartelli stradali, non vi è alcuna indicazione che aiuti nell'utilizzo dello strumento conseguito".

"Prima di lavorare su strumenti che rendono nella pratica più difficoltoso il percorso di incontro, regolarizzazione e integrazione - spiegava Perego - bisogna lavorare nel concreto sui cardini della cittadinanza e della residenza, costruendo una vera struttura intorno a ciò e destinando risorse: investimenti che finora però non abbiamo visto". Per il direttore di Migrantes "di fronte ad un paese che anziché dopo 40 giorni ti da' il permesso di soggiorno dopo un anno e in cui gli Sportelli immigrazione sono gravati da moltissimo lavoro, la cosa principale è di non aggravare ancora la burocrazia ma di costruire una politica legata al territorio, con la collaborazione di comuni e associazioni, in accordo con il mondo imprenditoriale e quello sindacale". "Senza una politica di integrazione - diceva - ogni strumento rischia di essere o estemporaneo o tale da aggravare l'inefficacia di una situazione già di per sé assai precaria".

Il permesso di soggiorno a punti va dunque "nell'ottica del pacchetto sicurezza", mira a "credere che la sicurezza passa attraverso uno strumento in più e non attraverso una politica diversa: e noi invece dobbiamo affermare proprio questo, anche perché penso che dal punto di vista del contrasto alla irregolarità questo strumento certamente non aiuti".

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Perego faceva anche due altre considerazioni. Anzitutto, c'era da sciogliere un pregiudizio, dal momento che "non è vero che il mondo dell'immigrazione non è attento ad imparare la lingua o a iscriversi al Servizio sanitario nazionale: anzi, tale attenzione è molto forte e deve essere facilitata creando attorno le condizioni perché tali risultati possano essere raggiunti". Da questo punto di vista "lo strumento per far ciò non può essere quello di ordinare qualcosa, non almeno in via prioritaria, ma quello di creare attorno alle persone condizioni favorevoli". In secondo luogo, non bisognava considerare il migrante sempre e solo come una persona interessata a fermarsi a lungo sul territorio nazionale: tale idea era solamente una ipotesi, che per alcune categorie di immigrati (Perego portava l'esempio delle ucraine specializzate nei servizi alla persona, tutte di età fra 45 e 55 anni, e tutte interessate a far rientro nel proprio paese dopo un certo periodo di tempo) non si realizzava affatto. Ecco allora la necessità, per comprendere il fenomeno dell'immigrazione nella sua complessità, di guardare alle storie dei migranti e alle loro stesse esigenze.

Il capogruppo PD, in commissione Affari Costituzionali della Camera, Gianclaudio Bressa, considera il 'permesso a punti' una "scandalosa lotteria sociale i cui giudici imbrogliano in partenza" e l'Italia "il Paese più xenofobo d'Europa"276. Ancor più la responsabile Immigrazione del Pd, Livia Turco, criticava questa sorta di "forche caudine che ostacoleranno l'integrazione e favoriranno l'illegalità". Secondo la Turco, "in un Paese come l'Italia dove per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno occorre aspettare più di un anno e dove i corsi di lingua e cultura sono gestiti dal volontariato e dalla Chiesa, non si può fare come se fossimo in Canada. Se Maroni e Sacconi vogliono imitare il Canada o gli altri Paesi che hanno questo sistema, risolvano prima i problemi"277.

276

Il Manifesto- Intervista di Cinzia Gubbini a Gianclaudio Bressa. 277

Il Manifesto-Raggiunto l’accordo per introdurre un nuovo dispositivo razzista. Verrà presto trasformato in decreto.

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Per Emma Bonino, vicepresidente del Senato, "sulla paura si fanno le campagna elettorali, poi quando uno si trova a governare non ci riesce se non con legislazioni contraddittorie, con elementi razzisti e demonizzando un fenomeno ma con l'incapacità di governarlo. Il fenomeno dell'immigrazione è completamente demonizzato ma non governato".

Per Paolo Ferrero si trattava di un provvedimento "demenziale". "Invece di alzare nuove e odiose asticelle sociali e culturali nei confronti degli immigrati, che già vengono quotidianamente criminalizzati dalla Lega e dal centrodestra, il governo pensi a stanziare fondi per le politiche d'integrazione, su cui non c'è un euro". E il segretario di Rifondazione comunista ricordava: "Con paletti come quelli previsti dal permesso di soggiorno a punti metà dei nostri connazionali emigrati all'estero in massa, nel Novecento, non sarebbero mai potuti entrare nei Paesi dove erano emigrati e dove invece si sono presto integrati, a partire dagli Usa".

"Se il permesso a punti costituisce un percorso per arrivare più facilmente alla cittadinanza, ma dubito che sia così, allora potrebbe andare bene. Se invece è l'ennesimo ostacolo della maggioranza per limitare il numero d'immigrati, allora dico no". Lo diceva il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, segretario della Commissione Affari Europei. In realtà, continua Di Giovan Paolo, "temo che si vogliano solo mettere paletti per una reale integrazione degli immigrati nel nostro Paese, legando la presenza sul nostro territorio per motivi di lavoro alla conoscenza di nozioni che anche tanti italiani ignorano"278.

278

Permessi a punti per stranieri Le Acli: "Percorso a ostacoli", articolo consultabile su www.quotidianonet.it (sito on-line de La Nazione, il Resto del Carlino, il Giorno).

130 CONCLUSIONE

"Le politiche migratorie hanno due principali obiettivi: garantire l’ordine e la sicurezza pubblica con il contrasto all’immigrazione clandestina; favorire l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati regolari assicurando coesione sociale". Così il Governo italiano si esprime dalle pagine del sito internet del Ministero dell’Interno, ma queste parole appaiono come una mera dichiarazione di intenti perché, a tutt’oggi, non sono state varate leggi sull’immigrazione che oltre a proibire e punire si prefiggano di riconoscere benefici e diritti agli immigrati. In realtà a ben vedere la “colpa” dell’assenza di una legislazione realmente efficace in materia, non può essere imputata al solo Governo Berlusconi. Infatti nessun Legislativo, di qualunque orientamento politico, è stato capace di promulgare concretamente in materia.

"Il caso dell'Italia è connotato dal rovesciamento da paese di esportazione a Paese di importazione di risorse umane... Non possiamo più nemmeno dirci o raccontarci la novella che siccome l’Italia è un paese di recente immigrazione, definire le politiche migratorie, in quanto sprovvisti di quell'esperienza che hanno maturato gli altri Paesi, è difficile. Con trentacinque anni di esperienza di immigrazione alle spalle l’Italia, le leggi sull’immigrazione, dovremmo averle già fatte e l’Italia dovrebbe essere più che rodata"279.

Secondo le analisi di Andrea de Bonis e Marco Ferrero, le politiche italiane si sono sempre basate sull’idea di un’immigrazione portatrice di conflittualità sociale, concetto che ha imposto scelte ispirate non semplicemente al mero contenimento degli ingressi, bensì anche ad una vessatoria negazione dei diritti degli immigrati già regolarmente soggiornanti280.

279

Livi Bacci M., Nuove politiche migratorie per un vecchio continente. 280 167

De Bonis A., Ferrero M., Dalla cittadinanza etno-nazionale alla cittadinanza di residenza, Diritto, Immigrazione e cittadinanza, 2 (2004), 54-55.

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Giovanna Zincone ha coniato per tale situazione il concetto di "interazione a basso conflitto": limitare i diritti degli immigrati per favorirne l’accettazione da parte della popolazione autoctona, la quale dovrebbe sentirsi rassicurata dalla subalternità giuridica dei nuovi arrivati. Si generava così un paradosso: la negazione dei diritti era fatta passare come uno strumento di integrazione mentre si lasciava nell’ incertezza la permanenza dell’immigrato nel paese281. A che risultati ha portato questa politica governativa? Prima di tutto per quasi tre decenni sono stati esclusivamente gli enti locali e la Chiesa ad occuparsi degli immigrati presenti sul proprio territorio . In secondo luogo la negazione dei diritti ha generato un forte e generale senso di insoddisfazione nella popolazione immigrata residente nel territorio (vedi tabella). Infatti nelle (poche) interviste rilasciate da stranieri, la quasi totalità si lamenta delle politiche governative per nulla attente alle loro esigenze.

L’esasperazione, la frustrazione, il sentimento di perenne esclusione sono stati alla base di numerosi atti violenti che hanno avuto come protagonisti gli immigrati. Ad esempio il 14 febbraio 2009 a Milano si sono registrati tafferugli tra circa 300 cinesi e i vigili urbani, l’8 gennaio 2010 a Rosarno, in Calabria, tra immigrati africani e la popolazione locale, che hanno poi coinvolto le forze dell’ordine chiamate per sedare la guerriglia urbana.

Questi episodi (che sono solo esempi di un fenomeno molto più ampio) hanno evidenziato ancora una volta “Un ritardo politico colpevole”282, dello Stato che predica da parte sua come unica soluzione al problema, la "tolleranza zero"283, ignorando che questi avvenimenti non possono essere solamente imputabili alla propensione a delinquere degli stranieri, ma sono soprattutto il prodotto di carenze e i ritardi della politica migratoria.

281

Zincone G., Secondo rapporto sull’immigrazione in Italia, Bologna, il Mulino, 2001. 282

La rivolta dei carrellini cinesi, articolo consultabile su www.confronti.net. 283

La comunità cinese di Milano si rivolta contro polizia e residenti. La preoccupazione della Lega: non è un fenomeno isolato, intervista al Ministro Maroni consultabile su

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La politica fatta di divieti e poche concessioni ormai non funziona più e, anzi, non ha mai pagatone in Italia così come negli altri Paesi. Ad esempio in Francia come risposta ai provvedimenti adottati in tema di immigrazione dai Governi transalpini, che stabilivano ogni volta dei requisiti legali sempre più difficili per gli immigrati, gli stessi hanno deciso di riunirsi e di formare i gruppi dei “sans papiérs”284 (letteralmente “senza documenti”). Con numerose dimostrazioni collettive (manifestazioni nel centro di Parigi, occupazioni di chiese ecc) questi irregolari si sono introdotti nella sfera pubblica per rivendicare i loro diritti come qualsiasi cittadino. Ad episodio nel 2002 una cinquantina di sans papiers (che si dichiaravano rappresentanti di 209 famiglie), in attesa da oltre un anno di un responso alle richieste di asilo, occupavano il museo della resistenza di Lione285. Ad Agosto dello stesso anno altri appartenenti al movimento invece si insediavano nella basilica di Saint Denis, sgomberata dalle autorità solo dopo 15 giorni286. Anche l’evoluzione sempre più restrittiva della legislazione Spagnola sull’emigrazione ha portato gli irregolari ad unirsi in un movimento, quello dei “sus reflejos”287, che ha attuato forme di protesta simili a quelle registrate in Francia. Purtroppo episodi di dissenso così plateali, che sfociavano spesso in atti di violenza, hanno attirato l’attenzione dell’opinione pubblica che in Italia invece di cogliere il disagio di fondo, ha reagito chiedendo allo Stato maggior protezione nei confronti degli immigrati.

L’immagine dello straniero come potenziale nemico, è stata anche ampliata dal mondo giornalistico. Nelle ricerche svolte all’interno del progetto Etnequal Social Communication288 sul mondo dell’informazione nel Paese, veniva presentato un

284

Sito del movimento dei sans papiers www.pajol.eu.org. 285

Merlo A.M. L'ultimo rifugio dei sans papiers, il Manifesto, 09 Luglio 2002. 286

Merlo A.M., Via da Saint Denis,il Manifesto, 31 Agosto 2002. 287Krueger L.,

El movimiento de los sin papeles en Francia en los años noventa y sus reflejos en españa, articolo consultabile su www.cesti.org.

288

Il progetto Etnequal social Communication (IT-S-MD-144), finanziato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali nell’ambito dell’iniziativa comunitaria EQUAL, ha l’obiettivo

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quadro generale dominato da una sconfortante inadeguatezza dei contenuti e dei linguaggi proposti al pubblico289. Lo studio metteva in luce come lo spazio dedicato alla cronaca e alla modalità di ingresso degli immigrati sovrastava quello, scarsissimo, dedicato alla conoscenza di come realmente vivevano i lavoratori stranieri in Italia. Nelle conclusioni della ricerca veniva messo in luce come la figura dell’immigrato proposta da tale modello informativo era plasmata ad arte per creare sentimenti di sconcerto e paura nel cittadino, che spesso finiva per attribuire all’eccessiva presenza straniera in Italia tutti i malesseri del paese, anche se questi non avevano nessun diretto collegamento con la presenza di immigrati.

Quindi mai come oggi l'immigrato che arriva in Italia si trova a dover “combattere” da un lato con una legislazione molto restrittiva e per nulla attenta ai suoi bisogni, e dall’altro con una popolazione tendenzialmente neutra se non apertamente diffidente. Mai come oggi è quindi necessario che la società italiana si impegni in una politica di integrazione che deve necessariamente passare dall’elaborazione di norme più attente all’inclusione degli immigrati, che non li criminalizzi a prescindere, insomma che li punisca se commettono errori ma che li sappia anche premiare se si dimostrano meritevoli. Solo attraverso l’impegno delle istituzioni gli stessi cittadini arriveranno a non guardare più all’emigrazione come un problema ma come una risorsa per il Paese.

La sfida del futuro, dunque, si gioca non tanto nell’importare modelli integrazionisti stranieri. Piuttosto l’esperienza ormai consolidata di alcuni paesi può generale di contribuire e contrastare il pregiudizio e l’intolleranza diffusa nei confronti degli immigrati attraverso i canali dell’informazione e della comunicazione di massa. Il progetto vedeva impegnati Amnesty International-Sezione Italiana, la Caritas Diocesana di Roma, il Dipartimento di Sociologia e comunicazione dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza” - Osservatorio sulla Comunicazione sociale e dell’editoria del terzo settore, La Federazione nazionale della stampa italiana, e la RAI.

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aiutare l'Italia a evitare gli effetti negativi sia delle impostazioni “assimilazioniste”, dove le diversità delle appartenenze e la loro evoluzione non hanno trovato sempre cittadinanza sociale, che di quelle “separatiste”, dove il rispetto e la preservazione delle diversità può diventare l’alibi per evitare la contaminazione generata dalla quotidianità dei rapporti interpersonali e intercomunitari.

Visto, dunque, che oggi non ha più senso rifarsi meccanicamente al passato, ci si può chiedere se sia possibile elaborare “una via italiana all’integrazione”, non come soluzione studiata a tavolino, ma come sperimentazione di un processo di coesione politica e partecipazione sociale.

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Merlo A.M. L'ultimo rifugio dei sans papiers, il Manifesto, 09 Luglio 2002.

 Merlo A.M., Via da Saint Denis,il Manifesto, 31 Agosto 2002.

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Raggiunto l’accordo per introdurre un nuovo dispositivo razzista. Verrà presto tra- sformato in decreto, articolo Il Manifesto.

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Denuncia pazienti clandestini: i veri medici non tradiranno - La deontologia insegna il rispetto di tutti, Corriere Medico, 12 febbraio 2009, articolo consultabile on-line su

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Famiglia Cristiana critica Maroni sul no ai matrimoni misti: ''E' come don Rodrigo'', articolo consultabile su www.adnkronos.com › News › Politica.

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I respingimenti in Libia rimangono privi di base legale, articolo n 14789, consultabile su www.meltingpot.org.

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Intervista di Cinzia Gubbini a Gianclaudio Bressa, articolo consultabile su

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