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Nel 2005 veniva adottato un Piano di azione sull’immigrazione legale72 che fissava il percorso da seguire fino al 2009, anno di scadenza del Programma dell’Aja. Per quanto atteneva la lotta all’immigrazione clandestina, la cooperazione rientrava soprattutto nella dimensione esterna (controlli alle frontiere, espulsioni, accordi con i Paesi terzi), nella consapevolezza che le differenze di comportamento e di legislazione dei vari Paesi potevano rappresentare un decisivo fattore di attrazione per i flussi immigratori.

Il Piano inoltre si prefiggeva di facilitare l’entrata nell’Unione per motivi di lavoro, attraverso la promozione di direttive per agevolare l’ingresso di lavoratori non solo in possesso di un contratto a tempo indeterminato ma anche stagionale. Allo stesso tempo venivano previste azioni punitive nei confronti dei datori di lavoro che assumevano soggetti clandestini o irregolari, sanzioni civili e amministrative ma che nei casi più gravi si sarebbero potute trasformate in penali.

Il concomitanza ai progressi compiuti verso una politica comune in materia di immigrazione ed asilo, nei medesimi anni si intensificava drammaticamente il fenomeno immigratorio proveniente in particolar modo dai Paesi dell’Africa sub sahariana.

Il 18 giugno 2008 il Parlamento Europeo approvava una versione riveduta e corretta73 di una proposta di direttiva sui rimpatri, elaborata dal Consiglio.

72

COM (2007) 638. 73

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 17 giugno 2008 – Una politica d’immigrazione comune per l’Europa: principi, azioni e strumenti COM (2008) 359 def., non pubblicato in GUCE.

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Con essa si stabilivano norme e procedure comuni per gli Stati membri dell’Unione in tema di rimpatrio di cittadini di Stati terzi in posizione irregolare74. Inoltre veniva ribadita la necessità di legiferare sulla materia, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e del diritto internazionale75. Così accanto a norme restrittive e punitive, si menzionavano anche una serie di garanzie giuridiche per la tutela dell’immigrato76.

Si obbligavano, inoltre, gli Stati membri ad emanare le disposizioni legislative e amministrative necessarie per conformarsi alle direttiva77 entro 24 mesi a decorrere dalla data di pubblicazione del documento sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Nella riunione del 15 e 16 ottobre 2008, il Consiglio europeo ritenne che fosse giunto il momento di dare un nuovo impulso alla determinazione di una politica comune in materia di immigrazione che tenesse conto, da un lato, dell’interesse collettivo dell’Unione e, dall’altro, delle specificità dei singoli Stati aderenti.

In quest’ottica il Consiglio decise di adottare in modo solenne il Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo78.

Nel documento il Consiglio europeo assunse cinque impegni fondamentali;il primo fu quello di organizzare l’immigrazione legale tenendo conto delle esigenze, priorità e capacità d’accoglienza stabilite da ciascuno Stato membro e favorire l’integrazione.

74

Punto 11 Par. «Libertá sicurezza e giustizia» in Conclusioni della presidenza, consiglio europeo di Bruxelles 19-20 giugno 2008 consultabile su www.consilium.europa.eu.

75

Punto 8, vedi nota 62. 76

Punto 8, vedi nota 62. 77

La direttiva sostituiva le disposizioni degli articoli 23 e 24 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen.

78

Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo, Bruxelles, 24 settembre 2008, consultabile su www.register.consilium.europa.eu/pdf/it.

38

Il secondo combattere l’immigrazione clandestina, il terzo rafforzare l’efficacia dei controlli alle frontiere, il quarto elaborare una politica comune di asilo, il quinto creare un partenariato globale con i paesi di origine e di transito.

Consapevole del fatto che l’attuazione integrale del Patto avrebbe richiesto trasformazioni legislative delle basi convenzionali, il Consiglio europeo rimandava la definitiva attuazione dei suoi obiettivi al programma che avrebbe fatto seguito nel 2010 a quello dell’Aja.

Il 18-19 giugno 2009 il Consiglio europeo conveniva ad alcune conclusioni in materia di immigrazione irregolare nelle quali ribadiva i capisaldi della politica UE in materia. In particolare i capi di Stato e di Governo presenti sottolineavano, sulla scorta dei drammatici avvenimenti verificatisi a Cipro, in Grecia, in Italia e a Malta, l’urgenza di potenziare gli sforzi per prevenire e contrastare efficacemente l’immigrazione irregolare alle frontiere marittime meridionali della UE, al fine di evitare future tragedie umane79.

La risposta dell’Europa a questi episodi doveva essere perciò risoluta, ispirata ai principi di fermezza, solidarietà e responsabilità condivisa, il linea con il Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo e con l’approccio globale in materia di immigrazione soprattutto per quanto riguardava la cooperazione con i paesi di origine e di transito.

Inoltre il Consiglio europeo sollecitava il coordinamento delle misure volontarie per la ridistribuzione interna dei beneficiari di protezione internazionale presenti negli Stati membri. Oltre a ciò veniva esortato il Parlamento a raggiungere un accordo che permettesse di istituire rapidamente l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo. In più si sottolineava la necessità di potenziare le operazioni di controllo alle frontiere, di definire chiare regole di ingaggio per il pattugliamento congiunto e lo sbarco delle persone soccorse in mare e di fare maggior ricorso a voli di rimpatrio

79

P. 36 del Conclusioni del Consiglio europeo sull’immigrazione irregolare consultabile su www.consilium.europa.it.

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congiunti. Veniva ribadita infine, la necessità di una lotta efficace contro la criminalità organizzata e le reti criminali dedite alla tratta di esseri umani80.

Oltre a tutto ciò veniva riaffermata la necessità di un rafforzamento significativo della cooperazione con i principali paesi di origine e di transito in linea con i precedenti mandati adottati dal Consiglio81.

CONCLUSIONE

Dal Trattato di Amsterdam l’Unione ha cercato di pervenire ad una politica comune capace di risolvere concretamente la materia dell’immigrazione, attraverso la definizione delle sue competenze da una parte, e l’accrescimento dei suoi poteri decisionali dall’altra. Tuttavia se questo interesse ha portato a una definizione di minime norme comuni, permangono le difficoltà derivanti dalle numerose resistenze opposte dagli Stati membri recalcitranti nel vedersi delimitare nelle loro competenze.

Con il Trattato di Amsterdam si è cercato di definire con sempre più precisione le prerogative comunitarie, da una parte, e quelle degli Stati membri, dall’altra. Non si è trattato però di un’opera semplice tanto che ancor oggi, permangono dei dubbi soprattutto nell’interpretazione di alcune norme, incertezze che hanno rallentato se non bloccato il cammino verso una concreta «comunitarizzazione» di una materia così complessa com’è appunto l’immigrazione82.

80

Punto 37, vedi nota 66. 81

Punto 38, vedi nota 66. 82

Licastro G., L’immigrazione nell’Unione Europea: un cammino difficile, articolo consultabile su www.diritto.it.

40

Di queste incertezze hanno approfittato gli Stati membri che persistono nel mantenere la gestione in settori chiave della politica immigratoria come la gestione dei flussi o la determinazione della quote in entrata per motivi di lavoro.

Negli ultimi decenni le trasformazioni politiche, sociali ed economiche hanno evidenziato come ormai non sia più possibile, per i singoli Stati, poter provvedere da soli alla risoluzione delle problematiche connesse con il fenomeno dell’immigrazione. L’abolizione dei controlli alle frontiere, ad esempio, ha reso necessaria la cooperazione interstatale per questioni come l’allontanamento e il rimpatrio degli immigrati irregolari.

Se da un lato gli Stati membri dell’Unione hanno preso coscienza della gravità della questione immigrazione e hanno accettato l’idea di una «comunitarizzazione» delle politiche ad essa legate, dall’altra troppe e troppo diverse sono le volontà dei Paesi firmatari, da dover armonizzare. È questa la sfida che la Comunità Europea si prefigge; accordare le diverse voci per arrivare ad una politica immigratoria unitaria che sia realmente efficace83.

83

Autori vari, Il processo d'integrazione europea: un bilancio 50 anni dopo i trattati di Roma, G. Giappichelli Ed, Torino, 2008.

41 CAPITOLO 2

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