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IL CORPO ESPRESSIVO E L'ESSERE-AL-MONDO

3. IL CORPO SENSIBILE-SENZIENTE

Nella Meditazione Gadda scredita una concezione analitica della corporeità, tesa a scomporre l'esperienza nei «cinque sensi», a favore di una visione strutturale e sincretica degli organi sensoriali. Il problema per Gadda non è quello di domandarsi se le qualità di un dato gli appartengano di natura o se siano inferite dal soggetto senziente, ma quello di sconfessare la stessa visione determinista che vede il dato e il soggetto sensibile su due piani distinti, posti uno di fronte all'altro. Nel settimo paragrafo del suo manoscritto, paragona l'organo di senso ad un faro, proponendo una variante della metafora della falena e della lampada. Considerato dal punto di vista della farfalla, il faro è un oggetto unico che l'attrae e attorno al quale essa ruota; considerato in quanto meccanismo, invece, il dato-faro è tutt'altro che un dato semplice e la sua esistenza e il funzionamento dipendono dalla convergenza di dati e sistemi apparentemente distanti ed esterni:

Anche questo concetto «i sensi», i cinque o sei o sette o dodici sensi, già decomposto da attivi indagatori, ha prima gravato il pensiero umano. Anche qui il pensiero è partito dalla nozione d'un complesso dato che gli è apparso come unità nella sua infanzia, e a questo complesso di relazioni ha lasciato la sua unità apparente e anzi l'ha rinculcata più anche conferendogli addirittura una individualità o personalità che esso non possiede. E ha girato e rigirato intorno ad esso complesso di relazioni (da lui supposto individualità) come il pazzo farfallone di primavera attorno al faro voltaico, escogitando ogni sorta di miti. E mai non s'è dimandato se per avventura il faro fosse non persona o individuo, ma grumo o nucleo o groviglio di rapporti, in cui le condizioni stabilite dalla lontana centrale elettrica

e dai presenti carboni e da infinite determinazioni della realtà trovano espressione di luce dal centro di un globo di vetro1.

In questa similitudine Gadda assimila l'organo di senso ad un faro. Come il faro anche l'organo di senso non è un elemento semplice e definito nella propria funzione in modo indipendente dal mondo, ma un punto di aggregazione in cui convergono molteplici rapporti o, ancora più chiaramente, un nucleo di relazioni sotto cui vengono raggruppate alcune determinazioni della realtà. Attraverso questa similitudine, Gadda nega sia che ciascun organo di senso abbia il monopolio assoluto di certi attributi della realtà («l’occhio non ha il monopolio delle relazioni circa i fatti luce; da poi che la pelle risente o avverte effetti luminosi e si abbronza e si schiarisce e li comunica al corpo»2),

sia che ciascun organo di senso sia deputato ad un unico scopo (Gadda scrive «che lavori ad un unico patto»). La critica è dunque duplice: né la realtà è percepita come somma di qualità distinte e separabili nei diversi sensi, né l'organo è un elemento chiuso e preposto da una necessità interna a riconoscere certi caratteri del reale ed ignorarne altri. In merito a questo secondo aspetto, Gadda precisa che ciascun senso, poiché si costituisce su una realtà condivisa, non è mai isolato, ma integra e comunica con tutti gli altri:

cadaun senso non è persona, ma un polipaio di relazioni stabilite sulla trama di una preesistenza logica. Essi poi, e ciò è ora idea secondaria, si integrano e controllano e sono uniti o meglio (kantianamente) portati nel più vasto sistema della coscienza. L'a priori logico può simboleggiarsi con un apriori storico […] I sensi sono relazioni lentamente nucleantesi nei millenni di millenni sopra il soppalco logico di preesistenze reali; sopra la luce (già complesso di relazioni) si è nucleata una conoscenza della luce.3

Nella Meditazione sono precisati i motivi per cui i sensi devono essere considerati come un tutto organico e non in modo indipendente. In primo luogo perché tutti i sensi si riferiscono ad una stessa realtà ed è da questa comune trama sensibile che man mano si differenziano come aggruppamenti o nodi di relazioni in rapporto sistemico con una configurazione più vasta. Questi «nuclei» o «sistemi» sensoriali possono essere distinti tra loro poiché ciascuno di essi raggruppa le relazioni reali secondo criteri differenti. Il loro principio di individuazione, allora, è stabilito dalla ragione (in senso logico) o dalla funzione (in senso matematico) che diventa principio di discernimento e fondamento specifico di ogni aggruppamento. La distinzione tra i diversi organi, pertanto, non è

1 MM, p.661. 2 MM, p.665. 3 MM, p.661.

sostanziale, ma è un valore criterio enucleante all'interno di un certo aggruppamento conoscitivo. È dunque il riferimento condiviso ad uno stesso mondo sensibile che lega e insieme differenzia i cosiddetti «cinque sensi» secondo una logica diacritica di individuazione e scarto rispetto ad una configurazione comune.

Un complesso di relazioni può sempre acquistar fisionomia di individuo per rapporto a un sistema più generale nel quale esso sia elemento. In ciò è veramente individuo o elemento o monade. […] Anzi dirò che un complesso di relazioni diviene individuo allorché si scopre almeno una relazione comune o un fattore comune che conferisca alle relazioni del complesso un riferimento comune identificandole tutte rispetto ad altro. Così come un distintivo o una divisa identifica il carattere comune di una categoria di cittadini. […] un complesso di complessi di relazioni diviene individuo allorché in tutti i complessi componenti figurano relazioni comuni rispetto ad altro. Queste relazioni comuni «legano ad un patto» i complessi e dal patto nasce l'elemento composto (complesso dei complessi). L'«altro», poi, sono tutti gli infiniti complessi esterni (per dir così, e parlo di esteriorità logica, non spaziale) ad esso.1

Uno dei motivi dell'organicità tra i sensi è dunque formulabile in questi termini: gli organi di senso si strutturano come «individualità» solo in un rapporto di reciproca costituzione. Gadda precisa inoltre due caratteristiche dell'organo di senso e dei sistemi in generale. In primo luogo parla di «integrazione»: l'organo di senso integra ed accumula nuove relazioni o nuovi nuclei di relazione e si fa via via più complesso, fino a divenire organismo. In secondo luogo Gadda parla di «deformazione»: l'organo di senso infatti, nell'organizzarsi in quanto struttura, deforma necessariamente la realtà differenziandosi da essa. Il mondo ci appare così come complesso di relazioni «deformantesi e nucleantesi» che «si accumulano in aggruppamenti più vasti e superordinati, creando così gli organi di senso e gli organismi in generale; sempre più complessi. Organismi biologici, economici, politici, ecc.»2.

Come abbiamo visto nel capitolo precedente, in Gadda ogni complesso di relazioni ordinate in una configurazione introduce un criterio elettivo nel sistema reale, deformandolo. L'organo di senso, pertanto, si caratterizza proprio per un duplice movimento di deformazione verso l'interno (convergere di relazioni) e verso l'esterno (differenziazione) ed è quindi contemporaneamente deformato e deformante. I sensi dunque non hanno solo una funzione ricettiva ma anche e sopratutto capacità creativa.3 1 MM, pp.664-65.

2 MM, p.669.

3 v. anche la critica al determinismo causale della sensazione, condotta da Gadda nella Meditazione milanese. «Difficilmente noi raggiungiamo o potremo raggiungere delle relazioni elementari o pure, come il concetto che nel magnetismo s'incontra di polarità, e che forse potrà essere decomposto a sua volta, o come quello meccanico di azione-reazione, che nella nostra realtà fisica sono sempre manifeste come gemelle, sebbene per comodità di studio si astragga talora dall'una, o dall'altra. Noi

Della loro duplicità parleremo nei capitoli seguenti approfondendo il ruolo della passività nella creazione. Quello che ci preme ora sottolineare e che Gadda riconosce già a livello degli organi di senso un significato espressivo o, come egli stesso lo definisce, «una funzione inventiva». In questo senso ritroviamo un'analogia con la riflessione di Merleau-Ponty, il quale allo stesso modo ritiene che la percezione sia già espressione. Anche secondo il filosofo francese infatti la sensazione «non riposa in sé come una cosa, ma si protende e significa al di là di se stessa», intenziona un oggetto, si riferisce ad esso e lo sottintende continuamente. Il termine a cui mette capo, tuttavia, non è costituito e dato in piena chiarezza, ma (in quanto intenzionale) è una confusa sollecitazione, la cui forma e il cui senso sono dati solo nella collaborazione con il soggetto:

parce que je trouve dans le sensible la proposition d'un certain rythme d'existence, – abduction ou adduction, – et que, donnant suite à cette proposition, me glissant dans la forme d'existence qui m'est ainsi suggérée, je me rapporte à un élément extérieur; que ce soit pour m'ouvrir ou pour me fermer à lui.1

In questo doppio movimento di apertura e di chiusura vediamo allora convergere la riflessione gaddiana di una sensazione duplice, deformante e deformata, il cui riferimento al mondo è ineludibile e necessario.

Dans cet échange entre le sujet de la sensation et le sensible on ne peut pas dire que l'un agisse et l'autre pâtisse, que l'un donne sens à l'autre. Sans l'exploration de mon regard ou de ma main et avant que mon corps se synchronise avec lui, le sensible n'est rien qu'une sollicitation vague […] Ainsi un sensible qui va être senti pose à mon corps une sorte de problème confus. Il faut que je trouve l'attitude qui va lui donner le moyen de se déterminer et de devenir du bleu, il faut que je trouve la réponse à une question mal

siamo sempre in presenza di una pluralità o collettività di relazioni che, a certi caratteri, possono divenire grumi ovverosia sistemi» (MM, p.663). Così come abbiamo visto a proposito dell'esempio della struttura-scacchiera, in ogni sistema il movimento di un elemento in una certa configurazione modifica tutti gli altri; sebbene la pedina spostata è una, l'effetto che essa produce non è legato solo alla sua nuova posizione, ma dipende dal valore che tutte le pedine hanno assunto. La causa deformante pertanto non è unica, ma «deve essere pensata al plurale»; se la scacchiera è stata deformata è perché è mutato il valore di tutti gli elementi, non di uno solo. «Ogni effetto ha la sua causa” è un’asserzione che non comprendo assolutamente. Io dico “ogni effetto (grumo di relazioni) ha le sue cause” […] L'effetto non è che una mutata relazione, una intervenuta deformazione in un sistema […] Ma è possibile un fattore deformante solo, una causa sola? No: ciò è un non senso. Un atto deformante non è individuo, ma una sinfonia di relazioni intervenenti: abbiamo visto che lo spostamento in un sistema è spostamento di tutti gli elementi di un sistema: non è concepibile una mutazione d'un elemento, da solo […] Ciò vale a dimostrare che non solo le cause sono sempre da pensarsi al plurale, in quanto l'atto deformante non è individuo, ma una somma di relazioni intervenenti, ma anche gli effetti. Non esiste l'effetto, ma gli effetti: l'effetto non esiste e non è individuo:esistono degli effetti cioè relazioni nuove» (MM, pp.648). A questo discorso fa eco la concezione d'Ingravallo della «rosa delle causali convergenti» citata nel paragrafo precedente.

formulée. Et cependant je ne le fais qu'à sa sollicitation, mon attitude ne suffit jamais à me faire voir vraiment du bleu ou toucher vraiment une surface dure. Le sensible me rend ce que je lui ai prêté, mais c'est de lui que je le tenais.1

Vi è qui una forte analogia con il il pensiero di Gadda. Anche Gadda, parla del rapporto conoscente-conosciuto in termini di «sollecitazione» e di «risposta»2,

intendendo in questo meccanismo qualcosa di più complesso che il rapporto meccanicistico di stimolo-risposta. La sensazione non è un effetto del mondo, una sua immagine seconda, ma è la modalità con cui il conoscente abita il mondo, organizzandolo in un sistema di significati. A questo proposito Gadda parla anche di «antropomorfizzazione del dato». Abbiamo già affrontato nel capitolo precedente il processo secondo cui l'oggetto si realizza come «espressione» di una soggettività giudicante: « il dato è … un formidabile sì che deriva dalla somma di un coro di infiniti sì pronunziati da tutte le pieghe dello spirito... il dato è l'accordarsi di tutte le posizioni dello spirito». In Gadda come in Merleau-Ponty, dunque, perché il sensibile abbia senso, occorre che il senziente si animi e dia ascolto alla sua sollecitazione.

Un'altra analogia tra i due autori riguarda la concezione del sensibile a cui mette capo la sensazione. Come Gadda, anche Merleau-Ponty ritiene che la sensazione non sia qualcosa di puntuale, ma una sintesi contingente di rapporti, una struttura di connessioni. Anche in Merleau-Ponty, inoltre, è presente la concezione di una sensazione integrativa che, accumulando e sedimentando relazioni, dà luogo a esseri sempre più complessi, tra i quali è il nostro stesso essere. Pur tenendo presente la necessità di un mondo preliminare, di «già là» che precede ogni nostra percezione, Merleau-Ponty pone l'accento sul divenire, sulla conoscenza come processo, in cui il dato si definisce come pausa euristica, contingenza nel flusso di esperienza che procede per sedimentazioni continue. La concezione di un divenire integrativo abbiamo visto essere un tratto tipico della gnoseologia gaddiana. Riguarda il concetto della «grama sostanza» che per Gadda coinvolge gli esseri tutti, costituendoli non come qualcosa di solido, ma come struttura in divenire, in accrescimento o complessificazione continua.

Nella Meditazione milanese, l'organismo stesso è descritto come superordinazione di sistemi integrantesi. Dalla collaborazione tra gli organi di senso l'organismo si costituisce come unità strutturata «al suo interno» secondo la logica del sistema in cui le parti non sono nettamente separate ma formano un tutto organico disomogeneo ma

1 PP, p. 904, tr. it. p.291. 2 VM, p.430.

unitario e strutturante la realtà secondo la logica della continua enucleazione e deformazione. In questa direzione deve essere letta la seconda ragione che Gadda adduce riguardo l'impossibilità di pensare i sensi come individui nettamente separati: il motivo della loro reciproca integrazione non riguarda solo il riferimento ad una stessa realtà che è complessa e relazionale, e dunque inconoscibile come somma di qualità puntuali (ricordiamo che per Gadda «il mero semplice non esiste»), ma anche dal fatto che l'organo di senso non è mai isolato nel suo compito, poiché collabora con tutti gli altri sensi integrandoli nell'organismo («integrandoli alla nostra persona» scrive Gadda, intendendo con quest'ultima, come specifica lui stesso, una struttura fisica e storica, biologica e culturale):

l'organo di senso non lavora ad un mestiere, ma a più mestieri […] p.e. L'occhio non ha il monopolio dei delle relazione circa i fatti-luce, da poi che la pelle risente o avverte effetti luminosi e si abbronza e si schiarisce e li comunica al corpo. [...] Le note basse dell'organo si sentono nello stomaco.1

La sensazione non è dunque un fenomeno localizzabile nell'organo o nel dato sensibile, e se è strutturata dall'organo di senso, non si riferisce ad esso in quanto apparato ricettivo, ma in quanto espressione di una corporeità organicistica e attiva, come struttura integrante protesa nel mondo.

Anche in merito a questa concezione di organismo unitario e indiviso, deformante ed espressivo, esiste una corrispondenza con Merleau-Ponty. Nella Phénoménologie, il filosofo francese procede valutando inizialmente l'unità interna di ogni organo di senso, considerandolo una struttura organica (o campo) di stimoli. Successivamente esamina l'intero processo sensoriale come unitario e sinergico: il sentire, nella sua concretezza e originarietà, non è mettere insieme i dati elaborati da diversi sensi, ma una strutturazione totale e d'insieme dell'oggetto. Merleau-Ponty parla di uno «strato originario del sentire» che è adesione unitaria del nostro corpo con l'unità del mondo, un modo di percepire sinestetico in cui i sensi si riferiscono simultaneamente l'uno all'altro.

Si donc, prise comme des qualités incomparables, les «données des différents sens» relèvent autant de monde séparés, chacune, dans son essence particulière, étant une manière de moduler la chose, elles communiquent toutes par leur noyau significatif.2

1 MM, pp.665-66. 2 PP, p.921, tr. it. p.309.

In altre parole, secondo Merleau-Ponty si possono certamente considerare i sensi come campi diversi, così come Gadda scrive che ciascun organo è un «mondo» poiché a ciascuno pertiene una certa modalità di esperire e modulare il mondo, ma ciascun organo, come tale, non è chiuso in sé; il riferimento comune al medesimo oggetto, al medesimo «nucleo significativo» è già un modo di aprirsi e di comunicare con esso e attraverso di esso con gli altri campi o «mondi» sensoriali. In questo caso il riferimento di Merleau-Ponty sono Leibniz e La monadologie1, solo che, a differenza di quest'ultimo, egli ritiene che ciascun senso-monade non sia chiuso, ma aperto, e che quindi le prospettive simultanee si integrino in un solo nucleo significativo (esiste qui un primo accenno alla simultaneità temporale, che verrà poi ripresa nei capitoli successivi): il corpo, come sistema sinergico, conosce un mondo unitario e indivisibile, una struttura di continui rinvii e rimandi, non una somma divisibile di qualità puntuali. Anche in Gadda troveremo il medesimo riferimento a Leibniz e la medesima critica alla chiusura delle monadi in se stesse.

Esaminiamo con quali modalità argomenta l'unità del dato sensoriale in rapporto alle sintesi operate dal corpo soggettivo. Merleau-Ponty ritiene che nella la sinergia tra campi sensoriali si ritrovi il dato unico inteso come il nucleo significativo sotteso da ogni senso e al quale ciascun senso rimanda. Per spiegare l'idea del corpo come sistema sinergico si rifà alla diplopia, il disturbo visivo causato da uno sdoppiamento dell'immagine, l'esempio che riporta è il seguente: quando con insistenza verso 'l'infinito' ho un'immagine sdoppiata degli oggetti vicini; non appena invece focalizzo l'oggetto che mi è prossimo, lo sdoppiamento scompare. In questo passaggio dalla visione binoculare a alla visione normale, l'oggetto che ritrovo non è il risultato della sovrapposizione delle due immagini precedenti, ma è qualcosa che le sostituisce ad esse; non è dunque una risultante nozionale ma un' unità intenzionale.2 Merleau-Ponty stabilisce così la presenza e insieme la distanza dell'oggetto percepito poiché esso, proprio perché afferrato come dato intenzionato, resta sempre celato dietro un alone di

1 Gottfried W. Leibniz, La monadologie, scritta in francese da Leibniz nel 1714, è stata pubblicata dopo la sua morte in traduzione tedesca da Heinrich Kœhler (1721). L’originale in francese è pubblicato da Erdmann en 1840. Nel 1881, Émile Boutroux pubblica la Monadologie accompagnata da « Vie de Leibnitz », « Philosophie de Leibnitz », « Notice sur la Monadologie » et d'« éclaircissements » d’E. Boutroux. È seguita da « Note sur les principes de la mécanique dans Descartes et dans Leibniz » di Henri Poincaré. Tale edizone è ripubblicata. Cfr. Librairie Delagrave, Paris, 1978; tr.it. di Salvatore Cariati, Monadologia, testo francese a fronte, Milano, Bompiani, 2001.

2 «Ce n'est pas le sujet épistémologique qui effectue la synthèse, c'est le corps quand il s'arrache à sa dispersion.» (PP,p.923, tr. it. p. 311).

mistero e la sua aseità non è mai completamente dispiegata di fronte a noi: nel momento in cui lo abbiamo davanti nella sua interezza, ci sfugge e si “trincera” dietro al proprio mistero. La dinamica dell'intenzionalità ci pone dunque di fronte al duplice aspetto di una trascendenza empirica: mentre ci nega il possesso dell'oggetto ce lo fa conoscere nel proprio spessore concreto.

L'aseité de la chose, sa présence irrécusable et l'absence perpétuelle dans laquelle elle se retranche sont deux aspects inséparable de la transcendance.1

Merleau-Ponty descrive l'intersensorialità a partire da questo esempio delle diplopia: così come la visione binoculare mette capo ad un oggetto unico e non doppio, allo stesso modo si comportano i diversi sensi, che, pur essendo campi o «mondi» divisi (il secondo è un'espressione di Gadda), mettono capo ad un dato unitario.

Non seulement je me sers de mes doigts et de mon corps tout entier comme d'un seul organe, mais encore grâce à cette unité du corps, les perceptions tactiles obtenues par un organe sont d'emblée traduites dans le langage des autres organes, par exemple le contact de notre dos ou de notre poitrine avec le lin ou la laine demeure dans le souvenir sous la forme d'un contact manuel, et plus généralement nous pouvons toucher dans le souvenir un objet avec des parties de notre corps qui ne l'ont jamais touché effectivement. Chaque contact d'un objet avec une partie de notre corps objectif est donc en réalité contact avec la