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STRUTTURE, MONADI, MOLTEPLICITÀ

1. IL SISTEMA E LA MONADE

Per comprendere il rapporto tra uomo e mondo senza ridurre la riflessione gaddiana alla sola tematica fenomenologica, ritorniamo per un momento ad una citazione esaminata nel capitolo precedente in cui Gadda scrive che

è assolutamente impossibile pensare Carlo come persona, come uno, come pacco postale di materia vivente e pensante. Ciò vien praticato su larga scala: eppure è cosa grottesca puerile, degna di mentalità pleistoceniche. Il suo apparire al mondo ha dato luogo a rapporti sociali, economici, psicologici, ecc.: le galline della fattoria “si sono accorte di lui” starnazzando spaventate ai suoi primi strilli, il testamento d’uno zio è stato mutato a suo favore, la levatrice, il prete, la balia, il sindaco, l’ufficio anagrafe e l’ufficio leva hanno dovuto scomodarsi per lui, accorgersi della sua presenza. Poi volle mangiare, bere, giocare, lavorare. Sono intervenuti nel mondo, dal fatto Carlo, milioni di milioni di rapporti.2

1 Notes du travail, VI, p.239; tr.it. p.202. 2 MM, p.650.

Lo scrittore definisce l'uomo Carlo a partire da molteplici rapporti che egli provoca nel mondo, cioè da una serie di circostanze apparentemente «altre» che tuttavia dipendono dalla sua persona: le galline che starnazzano perché infastidite dal suo passo, il testamento di uno zio, la levatrice chiamata alla sua nascita, gli uffici d'anagrafe e di leva scomodati per inserire il suo nome nei registri, nonché tutte le persone e tutti gli atti implicati dai suoi bisogni di nutrimento, di gioco e di lavoro. È una serie di esempi evidentemente non esaustiva, che mostra significativamente il diretto rapporto tra l'identità dell'uno e la realtà molteplice. Se con l'esame del corpo siamo giunti a constatare la concretezza e la labilità di un «Io aperto al mondo», si tratta ora di mettere in luce la struttura di questa concezione gaddiana del mondo in rapporto alla nozione di unità, nozione che è intesa su due fronti: da un lato come architettura di ogni individualità e dall'altro come totalità degli eventi reali. Ci porremo cioè lo stesso problema che si è posto Gadda in merito all'ipotesi che ogni «nodo» o «groviglio» sia una configurazione dotata, sia pur precariamente, di una certa stabilità, e alla possibilità o impossibilità di concepire una realtà «totale» (ovvero un unico sistema in grado di abbracciare tutte le relazioni e i sistemi esistenti).

* * *

Abbiamo visto che per Gadda «non è possibile pensare un grumo di relazioni come finito, come uno gnocco distaccato da altro nella pentola» poiché «i filamenti di questo grumo ci potano ad altro, ad altro, infinitamente ad altro».1 Nell'Introduzione della

Meditazione milanese, Gian Carlo Roscioni riassume in una sola, significativa domanda la ragione dell'intero manoscritto: «Che cosa vuol dire sistema?». Il problema è posto dallo stesso Gadda nel corso del testo2 e secondo l'autore della Disarmonia prestabilita

è a questo interrogativo che risponde ogni sua posizione filosofica. La considerazione di Roscioni è tutt'altro che riduttiva; ogni teoria che Gadda espone, infatti, ha come riferimento una personale concezione sistemica della realtà3 che nella Meditazione è 1 MM, p.645.

2 «Insomma dico: punto difficile della mia dissertazione è: 'Che cosa vuol dire sistema? Come o perché esistono [in nota: si formano] dei sistemi o gruppi?' E per ora io dico: 'Sembra che da nebulosi accenni si vadano nucleandosi sistemi o gruppi di relazioni esprimenti nuovi significati del reale. Essi ammettono un preesistente informe'» (MM, p.750).

3 Inseriamo l'aggettivo «personale» perché in Gadda l'idea di sistema è problematica e complessa. Come vedremo in queste pagine, benché la forte analogia con De Saussure, il sistema gaddiano non è un «cosmo chiuso» capace di rappresentare fedelmente un aspetto della realtà, ma è un modello

esemplificata nell'immagine della scacchiera. Nel modello del gioco degli scacchi Roscioni ritrova il paradigma dell'antisostanzialismo linguistico adottato da Ferdinand De Saussure nel Cours de linguistique générale e nel riferimento al sistema-scacchiera, esempio adottato sia da De Sassure sia da Gadda, egli imposta lo studio del testo gaddiano:

Il confronto che s’impone è con il Cours de linguistique générale. In esso si legge che negli scacchi come nella «langue», «on est en présence d’un système de valeurs et on assiste à leurs modifications»[...] Nella Meditazione milanese Gadda scrive: «Giocando agli scacchi, si ottengono situazioni logiche continuamente difformi: quel gioco è, in misura tipica, una perenne deformazione logica». Le «situazioni logiche» sono i saussuriani «états du jeu», corrispondenti agli «états de langue». Quanto alla «deformazione», è il fenomeno per cui «le système […] varie d’une position à l’autre».1

Secondo Saussure la lingua è, come il gioco degli scacchi, un «système de valeurs», vale a dire una struttura di connessioni, non una totalità di elementi discreti; i cosiddetti «elementi» sono dei rapporti, pertanto sono significativi solo in quanto compresi nei loro condizionamenti reciproci. Come il linguista, anche Gadda si riferisce al gioco degli scacchi per indicare la struttura relazionale complessa che fonda ciò che comunemente, ed erroneamente, viene definito «elemento semplice». Ogni cosiddetto «elemento» non è mai per Gadda un minimum logico euristico, ma è il frutto di una convergenza di relazioni ed emerge da essi non come nucleo solido, ma in quanto «valore differenziale» di un sistema relazionale. «La semplicità è aggruppamento»2,

leggiamo nella Meditazione.

Gadda paragona dunque la propria concezione del «dato» alle «situazioni logiche» creantesi nel gioco degli scacchi; Saussure adotta il modello della scacchiera per spiegare le trasformazioni della langue. Tanto i «dati» gaddiani quanto gli «états de langue» saussuriani vengono così compresi come momenti-pause di una coinvoluzione di relazioni pertinenti ad un sistema. Per entrambi gli autori inoltre il modello scacchiera svolge una duplice funzione: da un lato mostra che la trasformazione o l'integrazione di una relazione all'interno di una certa configurazione modifica l'intera configurazione presa in esame; dall'altro lato evidenzia il «necessario persistere» dei fondamenti logici

gramo, capace però di mettere in evidenza che la realtà tutta è un aggregarsi e disgregarsi di relazioni e che ogni elemento non è che un «groviglio» provvisorio, o meglio, le cui relazioni si differenziano costantemente a seconda della prospettiva (storica o logica) da cui lo si comprende.

1 Gian Carlo Roscioni, «Introduzione» alla Meditazione milanese, op.cit., p.VII. L’edizione del Cours de linguistique générale a cui Roscioni si riferisce è quella a cura di Charles Bally e Albert Secheaye , Payot, Paris, 1965.

che governano la trasformazione e che garantiscono al sistema una continuità rendendo così possibile il riconoscimento delle sue variazioni. A questo proposito Roscioni mette a confronto due passaggi del Cours con due della Meditazione:

Chaque coup d’échecs ne met en mouvement qu’une seule pièce […] Malgré cela le coup a un retentissement sur tout le système.1

i pezzi non giuocati risentono qual più qual meno della nuova situazione: in quanto ciascuno di essi è un «garbuglio o gomitolo di rapporti logici attuali», il suo valore logico attuale, la sua essenza logico-storica, per l’operarsi della deformazione è mutata.2

Il est vrai que les valeurs dépendent aussi et surtout d’une convention immuable, la règle du jeu, qui existe avant le début de la partie et persiste après chaque coup.3

Permangono inalterati in ciascun pezzo certi fondamenti logici a priori (e cioè le mosse astratte che ciascuno potrebbe fare se fosse onninamente libero, se, avulso dalla partita reale, venisse collocato sopra una scacchiera vuota).4

L'analogia tra queste citazioni è evidente. Nonostante il Cours non figuri nella biblioteca del nostro scrittore Gadda5 (ma avrebbe forse potuto, considerato che la prima

pubblicazione risale al 1916, precede cioè di 12 anni il manoscritto gaddiano6) il

riferimento comune al gioco degli scacchi costituisce un solido terreno per un confronto tra l'antisostanzialismo linguistico di Saussure e l’antisostanzialismo conoscitivo di Gadda. L'intervento di Roscioni non consiste nell'interpretare o nel piegare l'uno all'altro autore, ma nel metterli l'uno accanto all'altro per mostrare la vicinanza tra il sistema della deformazione conoscitiva e quello saussuriano della langue.

Non bisogna credere tuttavia che il modello scacchiera di Saussure spieghi adeguatamente la posizione di Gadda. Infatti, dopo aver messo in rilievo la continuità tra i due autori proprio in merito a questo comune paradigma, Roscioni sottolinea le

1 Ferdinand de Saussure, Cours de linguistique générale, Paris, Payot, 1965, p. 126. 2 MM, pp.879-880.

3 Ferdinand de Saussure, Cours de linguistique générale, op. cit., p.126. 4 MM, p.870.

5 Andrea Cortellessa, Il Fondo librario Gadda alla Biblioteca Trivulziana di Milano (provenienza Roscioni) in I quaderni dell’ingegnere. testi e studi gaddiani: nuova serie, Milano, Parma, Fondazione Pietro Bembo/Ugo Guanda Editore, 2011, vol. 2/3, pp.235-44. Cfr. anche Andrea Cortellessa, Giorgio Patrizi, Walter Pedullà (a cura di), La biblioteca di don Gonzalo: il fondo Gadda alla Biblioteca del Burcardo, Roma, Bulzoni, 2001.

6 Rispetto all’ipotesi di una conoscenza di Saussure da parte di Gadda ci fidiamo del parere dell’amico Roscioni, secondo il quale «Gadda non ha letto Saussure (né prima né dopo il 1928)». Roscioni avanza l’ipotesi che l’affinità indiscutibile tra i due autori possa provenire dall’economia di Vincenzo Pareto. Per un approfondimento del tema, cfr. le pagine in cui Roscioni mostra come la logica del sistema gaddiana e de l’«axe de simultanéités» sassuriana possa avere in comune con il «principio della molteplicità delle cause» dell’economia paretiana. Cfr. Gian Carlo Roscioni, «Introduzione» alla Meditazione milanese, op. cit., pp.XVII-XXI.

diverse implicazioni che esso ha nella teoria della deformazione gaddiana e nella linguistica saussuriana. Le analogie ravvisate con il linguista, allora, più che sottolineare un certo strutturalismo nella Meditazione, ne mettono in luce l'originalità; Saussure diventa cioè quel punto di riferimento che, per differenziazione e contrasto, fa emergere il carattere innovativo del pensiero gaddiano che, proprio nel rapporto di continuità e discontinuità con il Cours, presenta temi e problemi forse più moderni1. Resterebbe così

da chiarire la chiosa di «dilettantismo filosofico» posta dal critico in questa stessa Introduzione dal momento che, come constatiamo, proprio in queste pagine egli mette in luce la grandezza e il valore anticipatore della riflessione gaddiana. Probabilmente, come vedremo, il giudizio espresso da Roscioni non è da prendere alla lettera, ma da ricontestualizzare sia in base alle conclusioni delineate nelle pagine immediatamente seguenti, sia in base al seguito e agli sviluppi che questa Introduzione avrà in altri studiosi che, dalle suggestioni roscioniane, metteranno ancor più in evidenza la partecipazione gaddiana al panorama filosofico italiano del Novecento.

Dopo aver istituito un paragone tra «l’état du jeu» saussurriano e la «situazione logica» di Gadda, Roscioni prosegue mostrando in questa struttura comune due diversi modi di procedere. Abbiamo visto che sia Gadda che Saussure basano il proprio ragionamento sul principio secondo cui ogni «coup d’échecs» non modifica solo la posizione di un elemento, ma investe i rapporti dell'intera struttura-scacchiera e condiziona il valore di tutte le pedine; si tratta ora di comprendere il rilievo dato a questo meccanismo di trasformazione e il suo differente sviluppo in ciascuno dei due autori. Infatti, mentre Saussure insiste sulla distinzione dei successivi equilibri separando movimenti sincronici e diacronici, e dedicando attenzione marginale allo sviluppo temporale, Gadda sottolinea invece lo stretto rapporto tra la «mossa attuale» e le future «situazioni logiche», integrando così sincronia e diacronia e considerando la temporalità l'ingrediente essenziale di ogni sistema.

Per Gadda esiste infatti uno stretto rapporto tra le successive situazioni logiche: Saussure non ignora questo rapporto ma, nell’intento di distinguere nettamente i fatti sincronici dai diacronici, relega nello sfondo della discussione i problemi che ne derivano. La situazione o «pausa logica» è, nella Meditazione milanese, un momento (momento logico e non temporale) di un indefinito sovrapporsi e «internuclearsi» di sistemi.2

1 Cfr. Cristina Savettieri, Carla Benedetti, Lucio Lugnani (a cura di), Gadda. Meditazione e racconto, Pisa, Edizioni ETS, 2004.

A questa prima differenza Roscioni aggiunge un'altra considerazione più sottile, ma egualmente importante: per Gadda ogni elemento del sistema è a sua volta un sistema o «garbuglio o gomitolo di rapporti logici attuali», cosicché una modificazione che intervenisse nel primo sistema più ampio comporterebbe la deformazione anche di questo secondo e meno vasto nucleo e di tutti i rapporti che lo concernono, poiché, come scrive l'autore della Meditazione, «in quanto appartiene al sistema l’elemento ha subito una deformazione: se non l’ha subita, non appartiene al sistema».1 Saussure, al

contrario, ammette che alcune modificazioni introdotte nella langue, come quelle fonetiche, siano limitate ad alcuni fenomeni e non interessino la totalità dell’elemento perturbato.

Ma ciò che secondo Roscioni allontana profondamente e radicalmente Gadda e Saussure riguarda il diverso grado di adeguatezza al reale che essi riconoscono al modello-scacchiera: mentre Saussure ammette una corrispondenza tra il modello e la situazione naturale della langue2, Gadda denuncia l’impossibilità di trovare in natura un cosmo logico che, come la scacchiera, sia finito e chiuso. Una volta stabilito il carattere convenzionale dei limiti di ogni sistema, un certo grado di arbitrarietà e di approssimazione della definizione di un «état de langue», Saussure prosegue il proprio lavoro entro quei limiti, Gadda li mette in discussione. Lo abbiamo visto anche a proposito delle osservazioni di Gonzalo sul muro di cinta: ciò che caratterizza il metodo euristico di Gadda è la tematizzazione della labilità di ogni termine periferico, di ogni frontiera o confine. Secondo l’autore infatti, ogni limite che imputiamo ad una struttura o sistema è un «termine periferico removibile e provvisorio» teso ad essere riscattato ad ogni nuova deformazione.

In questa direzione leggiamo il teorema sulla removibilità dei limiti periferici della conoscenza, il primo formulato da Gadda nella seconda parte della Meditazione.

Il sistema di relazioni espresso dalla ragione umana ha dei limiti provvisori o removibili. Esso è un sistema deformantesi e riscatta o redime gradualmente i suoi termini, decomponendoli. 3

1 MM, p.870.

2 Cfr. Ferdinand de Saussure, Cours de linguistique générale, op. cit., p.125; o Gian Carlo Roscioni, «Introduzione», op. cit., p. X.

A questo primo teorema ne segue un secondo in cui Gadda considera il limite attuale non solo come termine parziale e provvisorio, ma nel senso più profondo e ineluttabile di «errore» o contraddizione.

Chi ha da fare, o presume di avere da fare con la totalità giunge sempre ad un punto dove è forza confessare ‘Hic nequeam consistere’. Il secondo teorema puo' dunque annunciarsi cosi': 'il sistema di relazioni espresso dalla conoscenza [in nota: ragione] umana ha in sé [in nota: contiene], anche attualmente, un errore o più errori.1

Dal momento che ogni sistema è parziale, le relazioni che esso raggruppa non riguardano che una «porzione» della realtà esaminata e non possono pretendere di esprimere una «verità» ultima e definitiva. Tale assunto è presente anche nel tratto della Meditazione dedicato alla «dissoluzione dei miti»:

La nostra ragione pensata come situazione attuale (cioè in una storia della ragione) si vale di mezzi attuali o provvisori (cioè pensati come labili e removibili) per la interpretazione del mondo.' Aliter: 'Le nostre idee sono provvisorie.2

In questi aspetti troviamo dunque la maggiore differenza tra Gadda e De Saussure, ma non solo. All'interno di questa concezione di parzialità e d’integrabilità dei limiti di un sistema, infatti, Roscioni marca un altro importante disaccordo tra lo scrittore e il linguista, ed è in merito ad esso che potremmo effettuare un primo confronto tra Merleau-Ponty e De Saussure (che tuttavia verrà sviluppato nel prossimo paragrafo).

Abbiamo già incontrato nel primo tratto della Meditazione (e nel primo capitolo di questo lavoro) il riferimento ai differenti panorami che un alpinista osserva a partire dalle diverse vette di una catena montuosa. Attraverso quest'esempio Gadda spiega la variabilità del senso del dato, la sua inserzione in una configurazione contingente e, dunque, l'impossibilità di un metodo che preceda l'esperienza. Così come ad ogni nuova altezza raggiunta dall'esploratore la geografia del luogo si modifica e si deforma, integrando o contraddicendo le precedenti visioni e permettendo all'alpinista solo in un secondo momendo di costituire la «visione d'insieme del paesaggio», allo stesso modo nella conoscenza ogni dato è esperito da una certa prospettiva e ad ogni tappa o pausa conoscitiva il conoscente può vedere integrate o contraddette le sue convinzioni, ma mai può averne una visione «totale» e «non collocata». Gadda ritiene infatti «astratto» ogni sistema-visione che sia a-situato o costituito da un unico osservatorio. Saussure al

1 MM, p.741. 2 MM, p.677.

contrario giudica «absurde de dessiner un panorama des Alpes en le prenant simultanément de plusieurs sommets du Jura»1 e ritiene che «un panorama doit être pris

d’un seul point. Du même pour la langue...»2.

Se entrambi gli autori riferiscono i propri sistemi linguistico e conoscitivo alle «prese di visione» di un panorama, lo fanno dunque secondo due modelli differenti: Saussure ritiene che la prospettiva debba essere unica, Gadda non ammette alcun tipo di astrazione e generalizzazione, e considera ogni fenomeno nella logica di una pluralità indefinita di punti d’osservazione. È rispetto a questa idea di molteplicità, allora, Gadda può parlare di una inevitabile «contraddizione» o di «errore» di ogni sistema: sia qualora venga pensata nel divenire (cioè nella temporalità), sia qualora venga pensata nella contingenza (cioè nell’estensione) ogni configurazione suppone una molteplicità di prospettive integrantesi o contrapponentesi; in un caso si tratta di pensare la deformazione come processo di evoluzione o involuzione di un sistema, nel secondo caso di pensare logicamente un numero indeterminabile di sistemi simultanei. Soggiace in questa concezione un chiaro principio monadologico di matrice leibniziana. Forse non c'è bisogno di sottolineare ancora che Leibniz è uno dei filosofi che, insieme a Kant e Spinoza, ha lasciato più tracce nel pensiero di Gadda, ed è forse il filosofo a cui l'autore riconosce maggiormente il proprio debito3. Nel riferimento a Leibniz, Gadda

scrive:

Leibniz stesso ammise che la monade ne coinvolgesse altre ∞te4

È un’idea monadica, che può essere ammessa: come esistono regioni nello spazio: esistono regioni logiche ed euristiche nella euresi logica e totale. Come esistono quanti d’acqua di che il fiume risulta come totalità, esistono determinazioni conoscitive, aggruppantesi in sistemi, sia pure incongruenti, sia pure diversamente sovrapponibili, sia pure allacciati e separati secondo mille e mille ordini e modi. 5

Con il rapporto alla Monadologie, viene ribadita da Gadda l'idea di una parzialità del sistema conoscitivo.

1 Ferdinand de Saussure, Cours de linguistique générale, op. cit., p.125. Cfr, inoltre Gian Carlo Roscioni, «Introduzione», op. cit., p.X.

2 Ibid.

3 Gadda confida all'amico Arbasino: «La lettura dei Nuovi saggi di Leibniz (tradotti da Cecchi) e della Teodicea stessa, si può dire che siano stati nettamente formativi per il mio sviluppo e i miei interessi logico-teoretici posteriori […] Ancor oggi sento di dover molto a Leibniz e di riviverne oscuramente i suggerimenti e i pensieri nella ormai declinante vita intellettuale, avviata alla chiusura…» (in Alberto Arbasino, Genius loci, in Certi romanzi, Torino, Einaudi, 1977, pp.339-71).

4 MM, p.760. 5 MM, p.832.

Il debito gaddiano verso la monadologia leibniziana non è però acritico. A differenza delle monadi leibniziane «chiuse» e «perfettamente contornate», Gadda descrive le proprie monadi come «baracche sconquassate»:

La mia monade e il mio io sono delle baracche sconquassate rispetto alle pure sfere d’acciaio di Leibniz e hanno mille finestre e fessure.1

Questo contrasto tra la propria concezione e il pensiero leibniziano è rafforzata dalle parole del critico che Gadda inserisce come voce polemica alle proprie meditazioni:

I vostri concetti artificiosi sono antileibniziani e rivelano una ignoranza crassa degli elementi d’ogni vera filosofia. Non ricordate che monade o io è un assolutamente semplice: e che la monade è la casa buia senza finestre?… è il chiuso pensiero, puro io, che non ha bisogno di luce dal di fuori, ché ha in sé la luce?… Un sistema è invece, secondo le vostre espressioni, un mostro indescrivibile, che fa pettegolezzi con tutti, come certe serve che coinvolgono nella loro curiosità malefica tutti i coinquilini. E qui, presso di voi, si tratta di coinquilini nella casa del mondo universo.2

Se dunque per un verso la monade leibniziana può essere il modello su cui considerare il multiprospettivismo del proprio sistema conoscitivo, per un altro verso il modello rivela un errore di fondo, lo stesso che Roscioni valuta a proposito di Saussure: la chiusura di ogni monade o sistema in sé stesso. La monade e il sistema gaddiano