• Non ci sono risultati.

la correzione di P come un’inversione Dalla semplice assenza del segno di inserzione (del resto non di rado omes-

so nelle correzioni autografe) pare tuttavia arbitrario inferire l’intenzione di un mutamento nell’ordine verbale, mentre è verosimile che la variante sia stata annotata nel margine anzi- ché nell’interlinea per contingenti ragioni di spazio (l’ingom- bro rappresentato dalle aste della lezione cassata cui si ag- giungono quelle di sparge nel rigo superiore). La lezione a testo evita anche la rima imperfetta e paronomastica aperte :

in parte. In fine di v. P Mtp Ty non presentano pausa; T1T2 Vt hanno due punti; A punto e virgola.

1312 Il solo P reca virgola dopo sapore.

1313 Gli editori moderni accolgono la fuorviante punteggiatura di A T2 Vt (punto fermo dopo sovente). Ma che si tratti di

un’unica frase è confermato dal riscontro con BASILIO, Hex.

V, c. 19 v C [V, 7, 4] «Quaedam autem naturalia uitia agrico- laru(m) diligentia curata esse nouimus, uelut malos punicas acidas, et amygdalas amariores, quae cum perforato ad radi- cem trunco, cuneum piceum pinguem p(er) media(m) me- dulla(m) adactu(m) susceperint, tunc succi malignitate(m) in

utilitatem transmutant. Nemo igitur in uitijs degens de seip- so desperet, gnarus q(uo)d agricultura quide(m) plantaru(m) qualitates tra(n)smutat: Curatio aute(m) a(n)i(m)ae et cultu- ra secundu(m) uirtute(m), potens est omnigenas infirmitates ex<s>uperare».

1315 Petr., per inerzia da S, Affatto. Dopo lascia P ha punto fer-

mo (seguìto da minuscola); T1 Ty T2 punto e virgola; A Vt virgola.

1316 Petr., per inerzia da S, A le (S Alle) radici. S anche ’l. Cfr. la

fonte citata supra a 1313 («[…] perforato ad radicem trunco […]»). Innanzi a e P A recano due punti; T1punto e virgola;

Vt virgola; Ty nessun segno. 1317 Il solo P reca virgola dopo cuneo.

1319 P A in fine di v. recano punto fermo; T2 Vt virgola; Ty nes-

sun segno.

1320 In fine di v. P Ty A non recano segni; T2Vt due punti. 1321 Petr., per inerzia da S, cultore.

1322 In fine di v. P Ty non presentano segni; A reca virgola; T2Vt

punto e virgola (in T1la punteggiatura non si discerne).

1325 Il solo P reca virgola, incongrua, dopo ancor. T2 Vt (seguìti

da S e Petr.) introducono il capoverso.

1326 Petr. coltura amica (senza rilevare in apparato la correzione

di P e senza registrare le lezioni di Mtp e Ty). Tuttavia, se anche la correzione di P fosse, come è possibile, autografa, bisognerebbe chiedersi se essa intervenga sul vero errore. È assai probabile infatti – e la lectio difficilior di Mtp sta a con- fermarlo – che il Tasso (o più verosimilmente l’Ingegneri) corregga automaticamente l’aggettivo ripristinando l’accor- do e dando origine a una lectio facilior, mentre il guasto si cela più insidiosamente nel sostantivo: coltore e non coltura (l’errore del copista si spiega facilmente per attrazione o per anticipo di coltura [1323 e 1330]). Il sintagma coltore amico non solo dà senso migliore di coltura amica, ma richiama il

buon cultore (1303) e il coltore industre (1321). Inoltre coltu- ra determina ripetizione con 1323 e 1330. Su questi fonda-

menti va pertanto accolta la lezione a testo, già divinata dal- l’Ingegneri (in A T2 Vt) e preferita da S sulla scorta della

princeps e forse anche di Mtp. Si consideri anche la fonte:

TEOFRASTO, De causis plantarum II, Quamobrem odores fruc-

tuum immutentur. Quae praeterea plantae ab una specie in a- lia commeent. Caput. XXI, c. 172 r [II, 16, 2-4; e inoltre IV,

5, 6]: «Quaedam totius arboris, plantaeue mutationes sponte exoriri uidentur [con 1325-1326; 1326 è amplificatio di spon-

te]: ut populum candidam transire in nigram: tum fronde:

tum etiam tota specie aiunt [con 1327-1328]: et sisymbrium in mentam mutari: nisi cultu retineatur: saepeque transferra- tur [con 1328-1330: cfr. questo apparato a 1330]: triticum i- tem: linumque lolii capescere speciem [con 1328-1329]. haec ergo mutatio: si uere aiunt: corruptio quaedam propter humoris nimietatem esse apparet. fit enim cum imbres inces- serunt. mutato autem principio, diuersum sit: quod inde e- rumpit: necesse est. Lolium uero aquam uehementissime a- mat». De historia plantarum II, Quae herbae degenerent: me-

liorescantue, Sisymbrium in mentam. triticum in lolium. legu- mina coctibilia et incoctibilia: et quopacto crassescant. Caput

V, c. 117 v [II, 4, 1]: «ex reliquis aut(em) plantis: sisym- briu(m): nisi cultura coherceatur: in menta(m) mutari ui- det(ur). Qua(m)obrem saepius id transferre co(n)sueuerunt. Triticu(m) in lolium transit. Sed haec in arbor(um) genere: si ita sit: sponte, fortuitoque eueniu(n)t. Annuis aut(em) para- tu quoda(m), et opera co(n)tingunt: Ut tipha: semenque mu- tari in triticu(m) solent: si pista seruant(ur): idque non p(ro)- tinus: sed anno tertio». Il passaggio dagli astratti cultus e cul-

tura (i quali a tutta prima parrebbero legittimare coltura) al

concreto coltore, si spiega in rapporto al modale Senza l’aiu-

to che sostituisce una sfumatura personale (e nell’aggettivo amico persino affettiva) al mero rilievo tecnico.

1330 Il testo tràdito non dà senso e si deve ritenere corrotto. Il ri-

scontro con i passi di Teofrasto citati supra a 1326 rivela l’a- poria. La fonte asserisce infatti esattamente l’opposto di quanto viene a significare il testo secondo la lezione dei testi- moni: non l’eccesso di coltura determina la metamorfosi del sisimbrio in menta, ma al contrario sono le assidue cure umane a inibire una trasformazione rientrante nell’ordine naturale e, senza l’aiuto di coltore amico, inevitabile. Il ri- scontro è perentorio e non ammette fraintendimenti: «[…] et sisymbrium in mentam mutari: nisi cultu retineatur […]»; «[…] sisymbriu(m): nisi cultura coerceatur: in mentam mu- tari uide(tur)» (cui si aggiunga De hist. plant. VI, Caput VII [VI, 7, 6] «Transferendum quoque id [il serpillo] saepius ce(n)sent. Melius enim sic redditur Sisymbrium uero et de- generat facile: nisi transferatur: (ut dictum est)»; De caus.

plant. V, Caput VIII [V, 7, 1] «Sisymbrii uero mutatio in

me(n)tam uelut praedictis opposita [si tratta cioè di una de- generazione]. s(cilic)et: cum ex neglectu eueniat. fit enim cum quis no(n) excolit: neque curam solita(m) adhibet; ut radices amplius deduca(n)tur: quam in partem ui tota co- nuersa debilior pars superna consistit: odorisque sui uehe- mentia(m) amittit: quasi ex ambobus illis germine, atque o- dore similitudo p(ro)ueniat. Quippe acritudine exolescente reliquus odor: quia mollis quidam, remissusque est: proxime ad mentam accedit. quamobrem transferre saepenumero iu- bent: ne istud eueniat. haec sisymbri causa est»). Proprio i

nisi della fonte suggeriscono, in luogo di ancor, una lectio difficilior in assenza: non. Tale correzione non solo ha il van-

taggio dell’economicità, ma vale anche a chiarire la genesi del guasto. Molti indizî – a partire dalla stessa serialità degli esempi della pioppa, del lino e del sisimbrio – rivelano in- nanzitutto, e a mio giudizio in modo inoppugnabile, che al momento della stesura del testo il Tasso aveva davanti Teo- frasto (l’ipotesi del Petr. che egli citi da PLINIO è priva di

con la fonte, possa essere imputata, almeno nel momento iniziale, a errore o a difetto mnemonico dell’autore. Per so-

verchia coltura (antitesi di Per negligenza di coltura 1323) pa-

re del resto derivare direttamente da nisi cultura coherceatur: l’epiteto soverchia non rende infatti soltanto l’idea dell’ec- cesso, ma implica qui anche quella concomitante della coer- cizione violenta e soverchiatrice esercitata sulla natura. Il Tasso, traducendo con grande aderenza il De historia planta-

rum, intende dunque affermare che ‘soltanto il soverchiante

potere dell’attività e della tevcnh umana impedisce al sisim- brio di trasformarsi in menta’. Ma come già avviene a 1326, proprio lo sforzo di fedeltà e la ricerca di una pregnante concisione finiscono con il conferire alla traduzione ad ver-

bum un carattere fortemente ellittico e persino ambiguo, che

soltanto il riscontro con il modello vale a illuminare dal pun- to di vista ermeneutico. Appare allora tutt’altro che inverosi- mile che l’Ingegneri nell’atto di ricopiare il testo, o anche lo stesso autore nel rileggere più tardi, con memoria ormai sfo- cata della fonte, questo medesimo passo, sostituisse a non la

lectio facilior ancor. Nell’intento evidente di coordinare e as-

similare meglio il terzo esempio ai due precedenti unifor- mando il genuino non si volge al si trasmuta di 1328, egli a- vrebbe inconsapevolmente rovesciato il significato stesso del verso. D’altra parte il carattere avventizio e seriore della le- zione ancor pare confermato dalla ripetizione che essa deter- mina con ancor di 1325 e 1331. E si noti infine come 1331- 1340, pur riprendendo uno spunto morale di BASILIO(si ve-

da questo apparato a 1313), lo sviluppino liberamente isti- tuendo con i tre esempî precedenti una correlazione allego- rica che soltanto la correzione a testo rende manifesta: così, mentre agli exempla di metamorfosi involutive offerti dalla pioppa e dal lino corrispondono nell’ambito morale rispetti- vamente 1331-1333 e 1334-1335, invece il sisimbrio, che sol- tanto la soverchia coltura trattiene dal degenerare in menta (cfr. PLINIO, Nat. hist. XIX, 176: «[…] et ocimum [il basili-

co] senectute degenerat in serpyllum, et sisymbrium in zmintham […]»), sembra ricollegarsi al contrapposto desti- no dell’animo che per culto s’inalza (1336; per la metafora della «Ragion cultrice faticosa e dura» cfr. Rime 855). Meno persuasiva, ma da non escludersi la correzione «Per sover- chia incoltura ancor si volge». Per l’identificazione del Si-

symbrium silvestre o Sisymbrium menta (Mentha aquatica) di

cui parlano i botanici antichi (cfr. DIOSCORIDE, III, 41; PLI- NIO, Nat. hist. XX, 247) si veda P.A. MATTHIOLI, I Discorsi

nelli sei libri di Dioscoride, II, Del Sisembro. Cap. CXVII, p.

513 «Il SISEMBRO, il quale chiamano alcuni Serpollo sa- luatico, nasce in luoghi incolti, simile alla menta degli horti: ma con frondi piu larghe, & piu odorato. […] Et questo, per quanto se ne possa credere, altro non si stima che sia, che quella spetie di Menta fatta hoggi uolgare à tutti gli horti d’I- talia, chiamata communemente da gli spetiali Balsamita, & dal uulgo Menta Romana: imperoche ella produce le frondi quantunque crespe, ritonde & piu larghe di quelle della menta uolgare, co ’l gambo quadrangolare, di colore quando rosso, quando verde, d’odore, & di sapore alquanto piu acu- to della menta. Et che cosi sia, ne fa manifesta fede, oltre alle rassembranze già dette, il degenerare che fa la Balsamita, quando con grande arte non si coltiua ne gli horti, & il per- mutarsi ella assai ageuolmente nella menta comune» [segue un’ampia parafrasi dei luoghi di TEOFRASTO citati]. Forse si

tratta del Calamintha nepeta (L.) Savi.

1331 Essendo la coppia sinonimica (‘sollecita diligenza e scrupolo

vigile’), pare preferibile la lezione a testo (S e Petr. o cura).

1332 S De le. Il solo P reca punto fermo in fine di v. (Ty non pre-

senta segni).

1333 S ’l.

1334 S Oppur. Il solo P reca virgola dopo grande (così come, con T1, dopo alto in 1335) e punto fermo in fine di v., ove tutti i testimoni (eccetto Ty, privo di segni) hanno virgola.

1335 In fine di v. P Ty non recano pausa; T1 (forse per aggiunta posteriore) ha due punti; A virgola; T2Vt punto fermo. Giu-

stamente S (seguìto da Petr.) pone punto e virgola.

1337 Dopo Cielo P A recano punto fermo (solo in A segue maiu-

scola); T1ha due punti (da punto fermo?); T2Vt virgola; Ty

nessun segno. In fine di v. P Ty A non presentano pausa.

1339 P reca punto fermo (seguìto da minuscola) dopo mortali; T1

(per aggiunta posteriore) Ty punto e virgola; A T2Vt virgola. 1340 I soli P Ty sono privi di punto fermo in fine di v.

1341 In P il punto interrogativo è anticipato (secondo una con-

suetudine del Tasso) rispetto a 1344, dove lo pongono T1A T2Vt.

1342 Cfr. BASILIO, Hex. V, c. 20 r A [V, 8, 1] «Ipsorum autem

fructuum quis recensere possit uarietatem, figuras, colores, saporum proprietatem, et a singulis utilitatem?».

1343 S propri.

1344 S propria. P e Ty non presentano pausa in fine di v. (cfr. se-

condo apparato a 1341).

1346 In fine di v. P Ty non recano pausa; A T2Vt hanno punto e

virgola.

1348 Il solo P reca virgola dopo uarietà. 1349 S oppur.

1350 S Siccome. 1351 S ’l.

1352 S e Petr. Perchè con virgola in fine di 1351 (anziché punto

fermo attestato da P T2Vt). Cfr. BASILIO, Hex. V, c. 19 v D

[V, 7, 5-6] «Non enim solum in diuersis genere fructuu(m) differentiae sunt, sed etia(m) in eadem specie arboris multa diuersitas est, ubi sane alia nota fructus masculae arboris, alia foeminae, a plantarum curatoribus discreta est, qui certe et palmas in mares ac foeminas distingunt et uideas utique a- liquando ea(m) quae ab ipsis foemina appellatur demitten-

tem ramos, uelut libidine concitata(m) et amplexum maris appetentem […]»; AMBROGIO, Ex. V, 13, 55.

S anche com’. La virgola dopo Per che è attestata dal solo T1.

1353 Il solo P reca punto fermo (seguìto da minuscola) dopo

Amor, anziché virgola (Ty è privo di segni).

1355 S avvien. In fine di v. P Ty non presentano segni.

1356 Petr. Perchè selvaggio: ma l’ipotesi di un’ellissi dell’articolo

(in questi termini senza riscontro negli autografi tassiani) ap- pare poco economica e insoddisfacente, mentre il selvaggio è postulato da a quel, e l’omissione pare con maggior probabi- lità erronea. Inoltre l’editore non tiene conto della testimo- nianza di Mtp, che, per quanto da vagliarsi con cautela (è le- cito il sospetto che il collazionatore intervenga automatica- mente a correggere la forma aferetica ’l di Vt), fa propendere la scelta per il restauro, del resto già operato dall’Ingegneri. cfr. il passo del Conte cit. nel terzo apparato a 1199-1206.

1357 Erronea la lettura ben chiuse di Petr., fuorviato dall’acciden-

tale stacco (Con chiuse) e dalla forma leggermente uncinata nell’estremità inferiore di C: che non può comunque in alcun modo essere confuso con b; così come è impossibile che su i sia stato ricalcato e, perché in questo caso della lettera non si distinguerebbe il contorno di destra. conchiuse è lectio diffici-

lior: cfr. BASILIO, Hex. V, c. 19 v D [V, 7, 7] «Eadem haec et

de ficis p(ro)dunt. Vnde aliqui syluestres ficos ad domesticas applantant, aliqui grossos fructuosis ac domesticis ficis alli- gantes, infirmitati ipsarum medentur, diffluentem iam ac dis- persum fructum per grossos caprifici fructum continentes. Quale hoc est tibi a natura aenigma? Quod oportet nos saepe etiam ab alienis a fide, impetu(m) ac firmitatem quanda(m) assumere, ad bonor(um) operu(m) perpetrationem». Il Tasso rende alla lettera il sintagma syluestres (e grossos) ficos con il

selvaggio, ma amplifica il dativo fructuosis ac domesticis ficis

valendosi di una perifrasi (a quel ch’alberga e nasce / Tra le

natura di piante coltivate nello spazio protetto di un hortus

conclusus (cfr. 1204-1205; e B. TASSO, Rime II, LXXII, 4

«Qual fresca rosa in chiuso loco nata, / […]»).

1358 S oppur.

1359 Il solo P reca virgola dopo frutto (T1 punto e virgola; A T2

Vt due punti; Ty nessun segno) e incongruo punto fermo in

fine di v.

1360 S infermità.

1362 Petr. questa oscura e. evidentemente ritenuta lectio difficilior.

Ma il genere femminile per enigma non solo non trova alcun riscontro nell’opera del Tasso (mss. e stampe hanno regolar- mente il maschile), bensì sarebbe in assoluto un a{pax. Se si aggiungono la correzione di P e l’evidenza del genere neutro nella fonte tradotta ad verbum («Quale hoc est tibi a natura aenigma?»: cfr. supra a 1357), sembra acquistare valore l’ipo- tesi che si tratti di errore.

1363 S ’n.

1365 S buon’opre.

1366 La virgola in fine di v. manca solo in P Ty.

1368 S Vie più. P Ty non presentano pausa né dopo guerra, né in

fine di v.

1369 Il solo P reca virgola dopo mal, mentre, con Ty, è privo di

pausa in fine di v.

1371 Petr. tacitamente selvaggia. P Ty sono privi di pausa in fine

di v.

1372 S ’l. P Ty sono privi di pausa finale. 1373 S ’l.

1377 P Ty sono privi di virgola in fine di v. 1378 La virgola in fine di v. manca in P Ty.

1379 Petr. Che in. S femmina. Poiché il soggetto è la robusta pian-

gnante il genere maschile della pianta (cfr. 1347-1351) sog- getta al mutamento di sesso che la degrada.

1381 In fine di v. P reca punto fermo; T1A T2Vt virgola; Ty nes-

sun segno.

1382 P non reca pausa dopo diè e ha punto fermo in fine di v.

(forse per anticipo da 1383, dove i soli P Ty ne sono privi).

1385 In fine di v. P Ty non recano pausa; T1ha due punti (per ag- giunta posteriore?); A T2Vt punto e virgola.

1387 La virgola in fine di v. è attestata solo da A T2Vt. 1388 S Oppur.

1389 Petr., per inerzia da S, in.

1390 Il punto fermo in fine di v. manca in P Ty.

1392 S oltre. I soli P Ty sono privi del punto fermo in fine di v. 1394 Petr., con S, tra’. La lettura è probabile, tuttavia, come si è

già avuto occasione di osservare, in P l’apice verticale di traæ non è un apostrofo e non indica apocope (cfr. per es. 1382

traæ i uezzi; 1386 fraæ l’altre; 1396 fraæ Regno). Petr., sulla scor-

ta di S, elimina anche il punto interrogativo in fine di v.

1395 P Ty non recano virgola in fine di v. 1396 S addivien.

1398 S disturba. La virgola in fine di v. manca in P Ty.

1399 In fine di v. P Vt hanno punto fermo; T1 (per correzione successiva?) A T2due punti; Ty nessun segno.

1400 Il solo P reca punto fermo in fine di v.

1402 Petr. per inerzia da S, vite s’avvicina. P Ty T2non recano vir- gole.

1404 Petr., accogliendo tacitamente la correzione dell’Ingegneri,

avampa (cfr. 1086). L’ipotesi di una coppia di congiuntivi

(avampe e ferva) è esclusa dagli indicativi di 1405 e dal sen- so, a meno di intendere (con palese forzatura) ‘di modo che il suo vino (quello della vite presso la quale è stato piantato il

cavolo) riscaldi e faccia salire alla testa i fumi dell’ubriachez- za dopo (poscia: cioè più tardi)’. Si intenda invece: ‘(la vici- nanza del cavolo) tempera nella vite quella generosa ed ele- vata sostanza e gradazione alcolica per la quale poi il suo vi- no riscalda e dà alla testa, inebria con i suoi vapori’ (al riscal- damento e ai fumi quali effetti del vino attenuati dal cavolo allude 1406). Cfr. Rime 658, 9-10 «Co’ generosi spirti i gene- rosi / spirti questo [il Falerno] conforti […]»; 659, 1-4 «Pre- ma il bel Pausilippo […] / da l’uve aurate umor dolce spi- rante, / spirto che spirto a gli egri e vita infonde»; 852, 5-8 «Ditemi ’l ver, cotesto vostro vino / è forse quel che date a gli ammalati / perché da’ fumi non sian aggravati / e si stia don Bernardo a capo chino?». La fonte è TEOFRASTO, De

historia plantarum IV, Quae mors co(m)munis omnibus […] Quodque brassica temulentiam propulset. Caput. XIX, c. 134 r [IV, 16, 6] «Quaeda(m) non neca(n)t: sed succi, odorisque

uiribus reddunt deteriora: ut brassica: et laurus uitem offen- du(n)t. olfacere quippe eam: et attrahere dicunt. quamo- bre(m) germen cu(m) illis p(ro)pinquu(m) fuerit: recedere: atque auerti: utpote inimicu(m) fugiens odore(m). Androci- des exemplo hoc usus est: de medela contra uinum co(n)fec- ta: ex brassica uidelicet, temulentiam posse propulsare: quippe cum uitis etiam uiua: odore(m) brassicae fugiat» (Androchydes è il medico che raccomandava la temperanza nel bere ad Alessandro: cfr. PLINIO, Nat. hist. XIV, 58; XVII,

240). Cfr. P.A. MATTHIOLI, Discorsi, II, Della Brassica, pp. 497-498: «Dissero Theofrasto, Varrone e Plinio, che tanto odio è tra il cauolo, e le uiti, che essendo piantato il cauolo appresso ad un pie di uigna, si discosta la uite marauigliosa- mente da quello. Il perche si credeua Andro- / cide, che tan- to ualesse il cauolo a gli ebbriachi: come che Aristotile n’as- segni miglior ragione ne i suoi problemi».

1407 Petr., per inerzia da S, gli.

1410 S ’l; innalza.

1412 P Ty non recano pausa in fine di v.; T1A T2Vt due punti. 1414 Petr., per inerzia da S, sott’a l’o.

1415 Petr. accoglie con tacita scelta securo di P T1a, ritenendola

evidentemente lectio difficilior. Il tipo di accordo irregolare è errore, certamente addebitabile al Tasso, che trova preciso riscontro in Nob. I, 228 saggio a ragione Fidia e Prassitele fu-

rono nominati (cfr. RAIMONDI, I, pp. 278-279, § 125: l’edito-

re conserva la lez. delle stampe concordi, mentre il PRANDI

nella sua recente edizione – Firenze, Le Lettere, 1999, p. 103, r. 1811 – corregge, a mio parere giustamente, saggio in

saggi); e anche nell’autografo del Giudicio I, 51 (con l’errore

inverso: simili per simile); I, 52 e i nomi […] parimente ci

son conceduto da l’istoria; I, 110 questi ne l’occulto sono ma- raviglioso; II, 193 (in tutti questi casi il Gigante – tranne che

nell’ultimo, sempre sulla scorta del Foppa – corregge). Com- provato l’evidente carattere accidentale dell’accordo, sem- plicemente erroneo e non rispondente a specifiche esigenze espressive o stilistiche, appare dunque più opportuno attua- re la correzione già introdotta dall’Ingegneri in T1b. Alla

scelta non osta nemmeno il pertinente riscontro con Il Conte

overo de l’imprese, p. 1104, § 203 al quale forse converrebbe

estendere la correzione): «S’io volessi dimostrar la protezio- ne la quale i grandissimi principi sogliono prendere de’ poeti e de la poesia, figurarei il pino, ch’è arbore assai grande e, come si legge nel medesimo luogo di Teofrasto, [Hist. plant. II, 7, 2-3], di benigna natura e di semplice radice: laonde il lauro e il mirto piantato sotto l’ampissima ombra del pino possono crescere e inalzarsi liberamente».

1418 S s’usurpa. 1419 S suo’.

1420 In fine di v. P ha punto fermo; T1T2Vt due punti; A virgola; Ty nessun segno.

1424 In fine di v. P Ty non recano segni (ma P pone punto e vir-

gola dopo Mirica in 1425); T1 ha due punti; A T2Vt punto

fermo.

1425 Dopo queste P reca due punti; T1punto e virgola; Ty punto fermo; A T2Vt virgola.

1426 In fine di v. P ha punto fermo; T1 punto e virgola; A due punti; T2Vt virgola; Ty nessun segno.

1427 In fine di v. P Ty non presentano pausa; T1 ha due punti; A

T2Vt virgola.

1429 S d’un a l’a. Il solo P reca punto fermo (seguìto da minusco-

la) dopo parti. T1A Vt hanno punto e virgola; Ty T2virgola.

1430 In fine di v. P Ty A non presentano pausa; T2Vt hanno due

punti (in T1 una sottile lacerazione della carta impedisce di scorgere l’interpunzione).

1434 Dopo scorze P reca punto fermo seguìto da minuscola; Ty A T2 Vt (con i quali S e Petr.) punto interrogativo, verosimil-

mente introdotto dall’Ingegneri in T1.

1437 S ’l lentisco. La necessità della pausa dopo lentisco (assente