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1043 Il pesante pleonasmo dei testimoni concordi (vi produsse in

terra) va corretto a norma della fonte (vedila infra a 1047): ci produsse in terra riconduce il discorso alla prospettiva del-

l’uomo (gli egri mortali 1033) e della teodicea («[…] accusa- bimus opificem propter ea quae vitam nostram corrum- punt?»). Il Tasso gioca sul duplice valore di produsse: ‘creò per noi sulla terra’, ma anche ‘mise a noi dinnanzi, tra i pro- dotti scaturiti dalla terra, quelle essenze poi potenzialmente capaci di distruggere e avvelenare la vita?’ (cfr. ci giova 1058;

ci noce 1069). S ’l.

1045 S dobbiam.

1046 Petr., per inerzia da S, servire (S anche empiendo ’l s.). La

virgola in fine di v. manca in P Ty.

1047 S ’l. Petr., sul fondamento di P, mantiene il punto interroga-

tivo finale. Ma qui il contesto impone i due punti di T1, se- condo la giusta interpretazione dell’Ingegneri (S pone punto e virgola). In effetti il Tasso rende con un’unica frase asserti- va, introdotta dalla congiunzione avversativa Ma (corrispon-

dente a Immo), le due, di cui soltanto la prima è aperta da un’interrogativa, nelle quali si articola il discorso di BASILIO,

Hex. V, c. 18 r A [V, 4, 2] «Num igitur gratiam ob utilia con-

fiteri omittentes, accusabimus opificem propter ea quae ui- tam nostram corrumpunt [con 1042-1044]? Illud uero non reputabimus q(uo)d non omnia uentris nostri gratia creata sunt? Immo nobis quidem destinata alimenta, ad manu(m) prompta sunt et o(mn)ibus probe nota [con 1045-1049]». La interpunzione di P non capovolgerebbe in modo assurdo il senso del discorso (finendo con il ribadire implicitamente l’empia accusa all’operato del Creatore) solo a condizione che la frase fosse un’interrogativa retorica presupponente una risposta negativa: il che postulerebbe però la necessità molto onerosa di correggere non 1045 in noi. L’errore (forse risalente allo stesso autore) si spiega invece agevolmente con- siderando che 1045-1051 si trovano tra due interrogative.

1049 Benché P e Ty non presentino pausa finale è necessario il

punto fermo posto da S e Petr. Cfr BASILIO(Hex. V, c. 18 r A

[V, 4, 2]) che, dopo punto fermo, ripiglia «Singula autem quae creata sunt propriam quandam rationem in creatione explent».

1050 Petr., per inerzia da S, il.

1051 Dopo gioui tutti i testimoni recano punto fermo (eccetto Ty,

due punti): nel solo P segue minuscola.

1052 S veleno. P Ty, a differenza di A T2Vt, non pongono famoso

Duce tra virgole (punteggiatura probabilmente introdotta

dall’Ingegneri in T1, il cui stato non consente la verifica).

1053 Il solo P reca virgola dopo uinto.

1055 P reca punto fermo sia innanzi a e (stessa punteggiatura se-

guìta da minuscola in Ty) sia in fine di v.; A T2Vt hanno ri-

spettivamente virgola e due punti (interpunzione più co- erente di quella dei moderni editori, che optano per un in- congruo punto fermo finale che separa la protasi dall’apodo- si: innanzi a e S pone virgola, Petr. due punti).

1057 In fine di v. (come a 1058) i soli P Ty sono privi della neces-

saria pausa: qui T1 (per probabile aggiunta posteriore) ha punto e virgola e A T2Vt virgola; là A T2Vt recano virgola

(in T1non si scorge il segno).

1060 Forse per inerzia da S, Petr. o fugga. Tuttavia in P, benché la

scrizione risulti ambigua, si legge con sufficiente sicurezza eæ: lezione oltretutto preferibile e conforme alla coppia sinoni- mica in clausola. Cfr. BASILIO, Hex. V, c. 18 r A [V, 4, 3-4]

«Sed tibi quidem sufficie(n)s est ratio cohabita(n)s ad cauen- du(m) a rebus perniciosis [con 1060-1061]: Numquid enim ouiculae et caprae sciunt uitare ea quae uitam ipsarum affli- gunt, solo sensu id quod nociuu(m) est discernentes [con 1063-1066], tibi uero cui et ratio adest, et ars medica q(uo)d utile est suggere(n)s, et eor(um) qui praesumpseru(n)t expe- rimentu(m), de nociuor(um) fuga admone(n)s, difficile e(st), dic mihi, uenena uitare? [sdoppiato in 1060-1061 e in 1066- 1068]».

1061 S nuoce. Il solo P dopo noce ha punto fermo seguìto da mi-

nuscola; Ty virgola.

1062 Inopportuno il capoverso introdotto da Petr. 1063 S Oppur.

1064 Solo P e Ty mancano della virgola in fine di v. 1065 S nuoce.

1066 Dopo senso P A T2 Vt (seguìti da S e Petr.) recano punto

fermo: ma nel solo P segue minuscola; T1 ha due punti; Ty virgola.

1067 P pone la ragion tra virgole; T1 ne mette solo una dopo ra-

gion, che A T2Vt sostituiscono con due punti. P Ty non pre-

sentano pausa in fine di v.; A reca punto e virgola; T2 Vt

hanno due punti.

1068 I soli P Ty sono privi del necessario punto fermo in fine di v. 1070 S ’l.

1072 Petr. (sulla scorta di S?) accoglie tacitamente la divisione

Quel ch’è: soluzione preferibile, sia perché evita l’improprio

zeugma di appare (‘si rivela’ [1071]) e la forzata ellissi verba- le, mettendo invece in evidenza il sorprendente, inatteso ma- nifestarsi (sovente appare), ai lumi di ragion, esperienza ed ar-

te, dell’occulta finalità salvifica e benefica insita nel mirabile

ordine provvidenziale, con le sue imperscrutabili armonie e imponderabili eccezioni in deroga alla accertata norma ge- nerale (Quel ch’è dannoso a gli altri); sia perchè l’errore del copista di P facilmente si spiega dopo quel che (1065,1069) e prima di tal che (1074). Cfr. BASILIO, Hex. V, c. 18 r A [V, 4,

3-4] «Est aut(em) hor(um) [scil. rerum perniciosorum] nihil ociose, nihil inutiliter generatum. Aut enim alicui bruto- r(um) generi alimentum exhibent, aut etiam nobis ipsis a medica arte in aliquorum malor(um) solatium inuenta sunt»; AMBROGIO, Ex. V, 9, 39 «Quod tibi putas inutile aliis utile

est, immo ipsi tibi frequenter alio est usu utile».

1074 Il necessario punto fermo in fine di v. manca solo in P Ty A. 1075 e congiunzione di P è errore evidente. Cfr. BASILIO, Hex. V,

c. 18 r A [V, 4, 5] «Etenim cicuta sturni uescuntur, propter corporis structura(m) detrimentum ex ueneno effugientes. Cum enim tenues habeant a corde meatus, deglutitam con- coquunt priusqua(m) frigiditas ipsius principales partes con- tingat». In fine di v. P Ty non recano pausa; T1ha due punti (per aggiunta posteriore?); A T2Vt punto e virgola.

1077 In P è omessa l’indispensabile pausa dopo animal. L’ovvia

correzione dell’Ingegneri in T1(punto fermo, ma pare op- portuno attenuare la pausa) trova conferma in BASILIO, Hex.

V, c. 18 r A [V, 4, 5] «Veratrum autem coturnicum alimen- tum est per temperamenti proprietatem noxam effugien- tium»; AMBROGIO, Ex. V, 9, 39.

1078 S ’l. In fine di v. P Ty non presentano pausa. Al punto fermo,

generante ambiguità, posto da Petr. sono preferibili i due punti accolti da S (cfr. la fonte cit. supra a 1077).

1079 S schiva ’l d. Superflua la virgola posta dopo tempre dagli

editori moderni sulla scorta di P T1 A T2Vt. Si avverta che

tempre non vale «mistioni, modi» (MAIER), né «dosi equili-

brate» (BASILE), bensì ‘complessioni’, corrispondendo a cor-

poris structura, temperamentum.

1080 In fine di v. P Ty non presentano pausa. L’interpunzione di S

(due punti) e Petr. (virgola), entrambi con punto fermo in fi- ne di 1083, è gravemente erronea inducendo a considerare

mandragora e oppio (anziché il veratro [1084]) soggetto di giova (1081). Cfr. BASILIO, Hex. V, c. 18 r A [V, 4, 6] «Per

Mandragoram enim medici somnum inducunt, opio autem siue papaueris succo ueheme(n)tes corporum dolores so- piunt [con 1080]). Iam uero quidam etiam cicuta rabiosam appetentiam obtuderunt [con 1091-1092], et ueratro multos inueteratos affectus expugnauerunt [con 1081-1090]». Si ve- da questo apparato a 1085-1086.

1083 S arme. In fine di v. P Ty A non recano pausa; T1(per proba- bile aggiunta posteriore) T2 Vt hanno punto fermo. L’evi-

dente erroneità della punteggiatura dell’Ingegneri (accolta da S e Petr.: cfr. 1080), che ha per conseguenza l’intenziona- le alterazione della lezione di P in 1085-1086, è resa manife- sta dal riscontro con la fonte indicata ai vivagni di 1081. In nessun luogo IPPOCRATEmenziona mandragora e oppio quali

rimedi a la virtù languente / De le famose donne, e degli eroi (il MAIERspiega a la virtù languente addirittura «all’indebo-

lita attività sessuale»), mentre è noto che a partire da ARI- STOTELE, Problemata XXX, 1 la malinconia (curata con il ve-

ratro o elleboro) viene considerata la malattia degli eroi e di tutti coloro che hanno raggiunto l’eccellenza nella filosofia o nelle arti. Come dimostrano gli esempi delle figlie di Preto e di Alcide (1088-1089), cui è aggiunto – sulla scorta dei Pro-

blemata aristotelici – quello del filosofo Anassagora (1089-

1090), il Tasso ha qui presenti le Epistolae di Ippocrate (più che lettere, romanzo o serie di novelle pseudoippocratiche

sulla vita del grande medico) e particolarmente la lettera a Crateva [semplicista famoso e pronipote, o discendente, di un altro Crateva altrettanto celebre e storico, il medico di Mitridate], p. 712 (cito sempre la versione del Calvo): «Cer- tiores praeterea, firmioresque semper purgationis sunt, quae ueratro, helleboroue fiunt, quo Melampus ad Proeti filias, Anticyreusque [personaggio mitico eponimo di Anticyra, città della Focide presso il golfo di Corinto, celebre in antico per il suo elleboro] ad Herculem purgandum usi fuisse tra- duntur. Vtinam nullo horum nos ad Democritum utamur sed illi potentior medicinis omnibus sapientia finem faciat. Vale». Sulla facoltà purgativa della mente (superne) possedu- ta dal veratro si vedano l’Epistola ad Damagetum (pp. 712- 720), quella di Democrito a Ippocrate (pp. 720-721) e la ri- sposta di questi seguìta dal trattato De veratri purgatione seu

helleborismo (pp. 722-723) (nel corpus autentico se ne dis-

corre nel De victus ratione in acutis liber trigesimus [p. 249];

De epidemiis liber V [pp. 426 e 435]; De aphorismis [p.

511]). Circa la familiarità del malinconico Tasso con i luoghi pseudoippocratici qui richiamati offrono un’eloquente testi- monianza le Lettere: a Scipione Gonzaga, 1° ottobre 1587 III, 899, pp. 262-263; al Cardinale Carrafa [ottobre 1588], IV, 1046, p. 129 («[…] non ho preso l’elleboro, com’era co- stume de gli antichi filosofi prima che disputassero»); a Gio- vanni Antonio Pisano [giugno 1589], 1139, p. 212: «[…] a me […] molto piacerebbe l’esser purgato co ’l veratro, sì perché questo è antichissimo medicamento, sì per gli eroi e per gli filosofi che similmente furono medicati» (in un con- testo dove si citano proprio le Epistolae).

1084 I soli P T1 A recano un’incongrua virgola dopo Veratro. La

necessaria pausa finale manca in tutti i testimoni.

1085 S e Petr., accogliendo tacitamente l’arbitrario intervento del-

l’Ingegneri, È.

testo è imposta, oltre che dall’autorità di Mtp, dal contesto. La forma con la geminata (preggio) del solo P ha riscontri tassiani, ma è di mano dell’Ingegneri. Gli editori moderni accolgono tacitamente anche l’ovvia correzione dell’Inge- gneri punge (è fuor di dubbio che la coppia sia costituita da indicativi). punga si spiega come fenomeno di attrazione analogica caratteristico dell’usus scribendi del Tasso e non sporadico in P: cfr. trapasse e corre (III, 805); auampe e ferue (III, 1404); si spoglie e ueste (III, 1474); che non ancida al-

trui, ma sol consacra (V, 643); s’adempia e bea (VII, 156) e si

vedano anche G.C. VIII, 106, 2 trionfa e goda (congiuntivi) e XX, 80, 5 arda e rischiara (indicativi).

1087 In fine di v. P Ty A non presentano pausa; T1ha punto e vir- gola; T2 Vt due punti (preferibili al punto e virgola di S e

Petr.).

1088 P Ty non recano pausa in fine di v. 1089 Petr. E ’l f.

1092 Il solo P reca dopo reprime punto interrogativo anziché

punto fermo.

1093 P T2 recano dopo gratie punto fermo (seguìto da minusco- la); A punto e virgola; Vt due punti; Ty è privo di segni. In fine di v. P Ty non recano pausa.

1094 S ’l. Il solo P reca virgola dopo mal.

1095 In fine di v. P Ty non recano pausa; T1(per aggiunta poste- riore?) A T2Vt hanno punto fermo, seguìti da S e Petr. 1096 S oltra.

1097 La virgola dopo uoce manca in P T1Ty.

1098 In fine di v. P reca punto fermo; T1 A T2 Vt due punti; Ty

nessun segno.

1100 Petr. de’ f. m. e de’ g. In fine di v. il solo P reca due punti an-

ziché punto fermo (Ty non presenta segni).

tati (1105) l’accordo anomalo (ma ben documentato nell’u- sus scribendi del Tasso) con prevalenza del femminile nel

gruppo di soggetti.

1107 S dovean.

1110 S e Petr. sincero. In fine di v. P Ty non presentano pausa; T1

(per probabile aggiunta posteriore) due punti; A T2Vt pun-

to fermo.

1111 S Siccome.

1112 Petr., per inerzia da S, illegittima. In fine di v. P reca due

punti; T1A T2Vt punto fermo; Ty nessun segno. 1113 S ’l.

1116 Petr., per inerzia da S, prodotto; S ’l. Il solo P reca virgola in

fine di v.; T1A T2Vt hanno punto fermo; Ty non reca pausa. 1118 In fine di v. il solo P presenta punto fermo anziché virgola

(Ty è privo di pausa).

1120 Il solo P reca in fine di v. virgola; A T2Vt punto fermo (Ty è

privo di pausa).

1123 S spiche.

1124 La virgola in fine di v. manca solo in P Ty.

1126 La virgola in fine di v. manca in P Ty e non è discernibile in T1.

1130 S ’l.

1131 Dopo terra il solo P (seguìto da Petr.) reca virgola; T2 Vt

(con i quali S) punto fermo.

1132 S improvviso.

1133 In fine di v. P reca punto fermo; T1(per aggiunta posterio- re?) A T2Vt due punti; Ty non presenta pausa. Il punto fer-

mo accolto da Petr. è pausa troppo forte: cfr. BASILIO, Hex.

V, c. 18 v C [V, 5, 7] «Neque enim infelix successus in his quae tunc producta erant extimescendus erat, neque ex agri- colarum inexperientia, neque ex aeris intemperie, neque ex alia quapiam causa quae producta laedere posset».

1135 S Neghittoso; Petr., per inerzia da S, cultor.

1136 S, con tacita innovazione, ed aria; Petr., senza spiegazioni, od

aria, forse avendo constatato che P legge Oæ d’ per Od anche

in 1138 (vd.). Tuttavia la lezione o d’aria del Palatino potreb- be essere considerata difficilior. Utile per la interpretazione del passo il riscontro con le fonti: l’agricolarum inexperientia di BASILIO (cfr. questo apparato a 1133), annoverata tra le

cause principali degli insuccessi agricoli umani, si sdoppia nei vizi, opposti per manco o per troppo di vigore, dell’indugio e

ozio (1135) e della tracotanza, vale a dire insolente quanto im-

prudente presunzione e empia superbia, che affliggono l’ine-

sperto e pigro / Neghitoso coltor. In realtà la opposta coppia neglegentia – offensa, e l’interpretazione dei rovinosi fenome-

ni meteorologici come sdegno (1138) del cielo irato e puni- zione divina provocata dalla seconda (cioè dalla tracotanza), il Tasso li desume da AMBROGIO, Ex. V, c. 10, 45 «Sponte om-

nis fructus terra suggessit. Etsi arata sine cultore esse non po- terat – nondum enim erat formatus agricola –, inarata tamen opimis messibus redundabat et haut dubito an maiore pro- uentu, siquidem nec cultoris desidia terrarum destituere po- terat ubertatem [con 1134-1135 e 1139-1140]. Nunc enim fe- cunditas unicuique pro merito laboris adquiritur, ubi cultus spectatur agrorum, et neglegentia [con 1134-1136] uel offen- sa aut diluuiis pluuiarum aut terrarum ariditatibus aut gran- dinis iactu aut quacumque ex causa soli uberis sterilitate mul- tatur [con 1136-1140]». Volendo dunque conservare la lezio- ne o d’aria impura / E stemperata (a norma di Basilio che ha

ex aeris intemperie, e del sintagma lat. intemperatus aer), oc-

correrebbe sopprimere a 1137 o innanzi a fulmine (che in P risulta infatti aggiunto posteriormente, forse da altra mano) e attribuire a d’aria funzione di origine o causa (lat. ex) in di- pendenza dalla coppia fulmine, o procella 1137 (con costrut- to in qualche modo simmetrico a quello di 1138): ‘fulmine o tempesta originata da torbidezza e alterazione dell’atmosfe- ra’. Appare perciò più economico non intervenire sul testo, e

correggere o d’ in od: od aria impura / E stemperata (in alter- nativa alle altre procellose intemperie evocate subito dopo) indicherebbe così in sintesi gli sbalzi climatici, le smoderate escursioni atmosferiche tra piogge e siccità, ugualmente noci- ve ai coltivi, evocate sempre da Ambrogio.

1137 La virgola in fine di v. manca solo in P Ty.

1138 Giustamente Petr. Od. Il solo P reca punto fermo in fine di v. 1140 S spiche.

1141 S sentenza.

1142 Petr. (per inerzia da S?) impedia. La forma a testo trova ri-

scontri tassiani: cfr. RAIMONDI, I, p. 211, § 17; OLDCORN, p.

129, § 5 (G.C. XIX, 34, 8 ’ntipidissi). In fine di v. P Ty non presentano pausa; T1A T2Vt hanno due punti.

1144 Dopo nostro il solo P reca, anziché virgola, punto e virgola

(Ty non presenta segni).

1146 S ’l.

1148 Petr. introduce il capoverso.

1150 In fine di v. gli editori moderni pongono punto fermo, sulla

scorta di T2Vt. Ma poiché P Ty A non presentano pausa, la

punteggiatura a testo pare più consona a BASILIO, Hex. V, c.

18v D [V, 6, 1] «In hoc uerbo o(mn)es syluae densae factae sunt, omnes arbores emerserunt, quaeque in longissima(m) altitudinem exsurgere solent, abietes et cedri et cupressi et piceae. Itemque humiles. Omnes autem frutices statim erant comati ac densi. Et plantae coronamentarij generis, et roseta, et myrti, et lauri, omnia i(n) uno temporis momento prius non existentia, super terram ad esse prodierunt, singula cu(m) familiari proprietate, manifestissimis differentijs ab his quae diuersi sunt generis discreta, singulaque proprio charactere cognobilia».

1151 S e Petr. accolgono la lezione quelli dei testimoni, manifesta-

mente erronea. Il pronome non può essere riferito alle spe- cie arboree elencate in 1153, bensì alle piante di 1150 (rami

può avere determinato la concordanza al maschile), come confermano le stesse riprese, l’anafora avverbiale e il polisin- deto che ribadiscono la struttura unitaria del periodo: E

quelle che drizzar la verde cima… L’umili ancor [1156]… E quelle piante ancor [1158]… Perentorio il riscontro con la

fonte (cfr. supra a 1150).

1152 La virgola in fine di v. manca solo in P Ty.

1155 In fine di v. P Ty non presentano pausa; T1A T2Vt (seguìti

dagli editori moderni) hanno punto fermo.

1156 S ginepri.

1159 La virgola finale manca in P Ty.

1160 La virgola in fine di v. si trova solo in T1.

1162 S sue proprie.

1170 S Perch’al n. p. fia presso ’l d. In fine di v. P Ty non recano

pausa.

1171 S ’l.

1173 Il solo P reca virgola dopo terra. 1174 S avvien.

1175 P reca un’unica virgola dopo ritrose; Ty non presenta segni. 1176 S ’l. In fine di v. P Ty non presentano pausa.

1177 S sien; proprio.

1178 I testimoni non recano virgola in fine di v. (ma cfr. l’inter-

punzione di Ty A T2Vt in 1179).

1179 Petr. Si com’è. Ty A T2Vt S pongono Si c. è v. f. tra parente-

si. La virgola in fine di v. manca in P Ty T2.

1180 Il solo P reca dopo uede punto fermo (seguìto da minusco-

la); P Ty non recano pausa in fine di v.; A presenta punto e virgola; T2Vt due punti.

1181 Il necessario punto fermo in fine di v. manca soltanto in P Ty. Per l’interpretazione e l’interpunzione di 1174-1189 cfr.

peratum est terrae proferre lignum fructiferum faciens fruc- tum super terram: Multas autem arbores uidemus, neque fructus neque semina habentes. Quid igitur dicemus? quod praestantiores natura primariam mentionem adeptae sunt. Deinde quod exacte contemplanti etia(m) o(mn)es appare- bunt, aut semine praeditae, aut aequiualentia seminibus ha- bentes. Populi enim nigrae et salices et ulmi et populi albae, et quaecumque eiusmodi, fructum quidem nullum in cons- picuo ferre uident(ur), singulas aute(m) has semen habere, siquis diligenter expenderit inueniet. Subiectum eni(m) folio granum, q(uo)d quidam in nominibus effingendis occupati, mischon Graece / uocant, seminis uim habet». queste e quel-

le si riferiscono dunque a populi nigrae e albae.

1182 Petr., per inerzia da S, Son.

1183 La virgola in fine di v. manca in P Ty.

1184 Il punto fermo di P in fine di v. trova conferma nella fonte

(citata supra a 1181). A T2Vt (seguìti da S e Petr.) hanno vir-

gola.

1186 S Mosco (da Mtp); Petr. Movskon (pur rilevando in apparato

che la lezione corretta «È invece mivscon [sic]»). Benché esi- sta anche movsco" ‘rampollo, pollone, ramoscello, propaggi- ne’ (ARIST., TEOFR.) e ‘picciòlo’ DIOSC.), il Tasso parafrasa

con tanta fedeltà il testo basiliano (cfr. questo apparato a 1181) da rendere poco economica l’ipotesi che egli abbia er- rato proprio nel trascrivere la parola greca, contravvenendo oltretutto al suo costume di riprodurre il vocabolo dall’ester- no, «così come gli era dato trovarlo in qualche testo di con- sultazione», e mai a memoria (a proposito delle citazioni in greco si veda RAIMONDI, I, p. 299, § 156). Ora, nella versio

latina di BASILIO il termine tecnico all’accusativo mivskon

(TEOFRASTO, Hist. Plant. I, 2, 1; 11, 5; II, 1, ss.; 4, 3; Caus.

Plant., I, 1-4, 6) – a differenza di quanto avviene nelle versio-

ni teofrastee del Gaza, ove esso è tradotto pedunculus – vie- ne semplicemente traslitterato (mischon): la difficoltà avreb-

be dunque dovuto riguardare tutt’al più la riconversione in caratteri greci del gruppo consonantico -ch- (ma i mss. non rivelano esitazioni tra k e c), non certo la resa delle vocali di un vocabolo del quale è riprodotta fedelmente persino l’ori- ginaria desinenza dell’accusativo. Appare invece più proba- bile che il guasto sia da addebitare alla tradizione, anche considerando che in P la parola, indecifrabile per il copista, è integrazione d’altra mano, quasi certamente dell’Ingegneri. Il quale, in séguito, ha corretto l’errore in T2, e in Vt ha adottato la soluzione di una corretta traslitterazione.

1188 In fine di v. P Ty non presentano pausa; T1ha due punti; A