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mente S, sulla scorta di T1b, li mantiene tutti (e avrebbe potu-

to sopprimere almeno il primo, che sembra avere piuttosto la funzione di anticipare e di appoggiare l’intonazione interro- gativa altrimenti non perspicua in un periodo senza dubbio unitario, ma anche sintatticamente complesso, come 588- 595). Invece Petr., senza fornire alcun ragguaglio circa la in- terpunzione dei testimoni e contaminando arbitrariamente la

soluzione di S con le risultanze testuali di P, mantiene il pun- to interrogativo in fine di 589, pone punto e virgola dopo Na-

tura a 592 e sostituisce con punto fermo l’interrogativo in fi-

ne di 595. Per quanto incoerente e discutibile questa scelta rivela la percezione di un’aporia: a dispetto dell’evidente uni- tà del periodo 588-595 (confermata dall’interpunzione di P),

o pur postula un’interrogativa che pare esplicitamente con-

traddetta dal carattere e dal tono assertivo, meglio conve- niente a una serrata argomentazione che non a una o più do- mande sia pure retoriche, proprio di 588-595 e manifesto nella loro stessa struttura sintattica irta di subordinate relati- ve. Tale contraddizione non si risolve con un semplice inter- vento sulla punteggiatura, ma impone la correzione, del resto assai economica, e pur (si noti che e pur dopo pausa forte e in posizione analoga ricorre in 598; in 651 un genuino e pur di- venta o pur, e in 658 e scade a o, per successivi interventi del- l’Ingegneri; per la correzione contraria cfr. 903). Così 588- 595sono ricondotti, più persuasivamente, alla loro funzione di implicita risposta e confutazione del quesito precedente circa la legittimità di una digressione che tralasciando l’opre

di Iddio indugiava sui vari effetti di Natura. Dal punto di vi-

sta ermeneutico e concettuale (ma anche a ribadirne l’im- pronta logico-argomentativa e il carattere di proposizione speculativa), è utile confrontare il passo con alcuni luoghi paralleli del Ficino overo de l’arte: «M.F. La natura opera sen- za fallo con ragione, ma questa ragione non è sua propia: ma se sia d’una intelligenza non errante che l’è guida ne l’opera- re, è gran dubbio ne le scuole, e spesse volte ha affaticati i fi- losofanti. Ma io non temerei d’affermare quel che pare in- conveniente ad Alessandro Afrodiseo ne l’istesso luogo da voi addotto, cioè che la natura sia una certa arte divina [con 590-591], la qual non faccia cosa alcuna senza ragione: e voi sapete che san Tomaso e gli altri nostri affermano che la natu-

ra altro non è che la volontà e la ragion divina, la quale è ca-

/ C.L. Questa definizione, per quel ch’a me ne paia, si con- viene a quella natura ch’è detta natura naturante, la quale per opinione de’ filosofi è Dio medesimo; ma la naturata, di cui parliam più tosto, non è la ragion divina né la causa, ma l’ef- fetto [è la opposizione tra opre di Iddio e opere di Natura pro- spettata in 582-588]. / M.F. S’egli è effetto di ragione o di causa divina, non è in modo alcuno irragionevole: niente dunque monta il dire più ne l’un modo che ne l’altro, o di- cendo che la natura sia ragione o effetto di ragione, sol ch’o- gni caso, ogni fortuna, ogni temerità sia esclusa da gli effetti de la natura, la quale, come abbiam detto, è costantissima ne l’operare» (vol. II, t. II, p. 896, §§ 14-15); «M.F. La natura può imitar l’arte, ma non ogni arte, ma la divina solamente: perché la natura non suole errare, ma ne l’imitazione de le cose peggiori è grandissimo errore; laonde la natura errareb- be imitando l’arte degli uomini, perch’ella imitarebbe cosa men buona di se medesima. Imita dunque solamente l’arte degli idii o d’Iddio grandissimo; anzi ella medesima è l’arte d’Iddio: quel che non conobbe Alessandro» (ivi, p. 898, § 20). E si vedano (pp. 905-906, § 41-42) le citazioni, richia- mantisi all’autorità di Dante, di Inf. XXXI, 49-51; Purg. XXV, 70-71; Inf. XI, 105 (ma andrebbero ricordati soprattut- to 97-99: «‘Filosofia’, mi disse ‘a chi la ’ntende, / nota, non pure in una sola parte, / come natura lo suo corso prende / dal divino ’ntelletto e da sua arte; / […]»; e inoltre Par. X, 10-12, nonché per la paronomasia Fattor / fattura XXXIII, 5- 6; e Purg. XVII, 102).

590 I soli P Ty recano una incongrua virgola in fine di v.

591 Il solo P reca punto fermo (seguito da minuscola) dopo pri-

mo.

593 Il solo P reca virgola in fine di v. (per aggiunta posteriore?). 596 Petr. , per inerzia da S, de’ (cfr. 451). Giusta invece la scelta

nativo per il quale cfr. RAIMONDI, I, p. 282, § 126 (S e ’l no-

me). In fine di v. il solo P reca punto fermo.

598 I soli P Ty (da cui Petr.) recano punto fermo – ma seguìto da

minuscola – dopo accolte; T1aA hanno punto e virgola; T 2Vt

due punti.

599 Assente in P Ty (come poi in 600) la fuorviante virgola in fine

di v., introdotta dall’Ingegneri. S e Petr. la conservano: ma 599(con aggiunta di virgola dopo mar)-600 vanno interpre- tati alla luce di 619-661.

600 In fine di v. T1ha due punti (per aggiunta posteriore?); A T2

Vt recano virgola. 601 S acqua.

603 Dopo uago P reca punto fermo; T1 (da punto fermo?) Ty T2 virgola; A punto e virgola; Vt nessun segno.

604 S proprio.

606 S ’l. Gli editori omettono la indispensabile virgola aggiunta

dall’Ingegneri dopo mare.

607 La virgola in fine di v., attestata da A T2Vt, manca in P Ty. 610 In fine di v. P ha punto fermo; T1A T2Vt virgola; Ty nessun

segno.

611 In fine di v. P Ty non recano pausa; T1(seguìto da S) ha due punti; A T2Vt (da cui Petr.) punto fermo.

612 S mare.

614-615 S e Petr., fuorviati dal testo della princeps, mettono pausa

forte in fine di 614 (S due punti, sulla scorta di Vt; Petr. addi- rittura punto fermo) e a 615 leggono – sempre con Vt – Nè

dimostra. Il risultato è incomprensibilità dell’intero passo

612-623: e non tanto perché di fatto la concessiva e la causale di 612-614 restano in tal modo sospese e prive di reggente, quanto perché 615-616 appaiono contraddittorî e non danno senso. Per comprendere il passo occorre rilevare intanto che, sul fondamento della fonte (Basilio: la si veda nel terzo appa-

rato a 606-661) e con i conforti aristotelici (Meteorologica II, 1, 354a), il Tasso distingue tra Mar Ircano (612-615) e Caspio (619-661). Con il primo viene designata la vastissima laguna salmastra di Kara Bougaz, poco meno estesa del Mare d’A- zov e, come quest’ultimo rispetto al Mar Nero, comunicante con il Caspio – dal quale di fatto è in gran parte separata, di- partendosi dalla sua costa orientale (la regione appunto nota agli antichi come Hyrcania) – soltanto per mezzo di un angu- sto stretto. Il Tasso intende dunque dire che, sebbene secon- do l’opinione di alcuni il Mar Ircano sia da ritenere scevro e

disgiunto da ciascun altro (e particolarmente dal Caspio) Per- ché tutto di rive intorno è cinto 614 (proprio come Kara Bou-

gaz: 612-614 traducono etiamsi Hyrcanium et Caspium qui-

dam per se circumscipta esse putent), nondimeno (attamen: è

proprio l’ellissi della cong. a rendere oscuro il testo), si quid

credere oportet illis qui geographiam conscripserunt, i due mari

sono in realtà comunicanti (inter se mutuo perforata sunt): sicché Ne dimostra altrimenti il vago senso 615, cioè la perce- zione diretta di viaggiatori e geografi che hanno visto con i propri occhi ci dimostra il contrario, così come già sfatò l’an-

tico errore di chi credeva il Mar Rosso separato dall’Oceano

Indiano. Ma per l’onde Caspie 622 tale dimostrazione riesce impossibile sia al senso sia all’esperienza.

619 Tutti i testimoni recano punto fermo dopo Indi (eccetto A,

virgola; Ty è privo di segni); nel solo P segue minuscola.

620 Petr., tacitamente o forse per inerzia da S, di. Preferibile de’.

Il solo P reca punto fermo dopo Esperienza.

622 S Sien; Petr., tacitamente, Caspie.

623 circondatte di P (tacitamente corretto da Petr.) trova riscon-

tro nella tendenza del Tasso alla geminazione, particolarmen- te attiva nel settore dei participi (cfr. RAIMONDI, I, p. 242, §

70). Per longo (S e Petr. lungo) si veda l’apparato a 285. Il punto fermo in fine di v., pur attestato dalla tradizione con- corde (tranne Ty, privo di segni), è pausa troppo forte.

624 S solo ’l pellegrino.

626 Petr. tacitamente Di. Va conservata la virgola dopo trapassa,

di tutti i testimoni tranne Ty (T1A T2Vt hanno anzi punto e

virgola), da S e Petr. inopportunamente soppressa.

627 Il solo P reca punto fermo (seguìto da minuscola) dopo Mon-

do.

631 Anziché virgola, dopo ondosi P reca due punti; T1Ty hanno

punto e virgola.

632 Petr., per inerzia da S, e interne.

633 I soli P Ty sono privi di pausa in fine di v., mentre l’Ingegneri

mette due punti. Interpungendo con punto e virgola (così S e Petr.), Questo di 634 diventa pronome soggetto riferito al me-

desimo ingegno (630). Non si può escludere tuttavia che la

pausa forte vada anticipata in fine di 631, facendo di Questo un pronome neutro oggetto prolettico rispetto a 635.

634 S osò affermar. In fine di v. P T1 Vt recano virgola; A punto

interrogativo; T2due punti; Ty non presenta segni.

636 P Ty sono privi della virgola in fine di v.

638 Petr., per inerzia da S, fondatore. La grafia legata di Peroche in P (così anche T1) potrebbe essere accidentale conseguenza della correzione. Pero che Ty A T2Vt (Ty Pero), seguìti da S e

Petr.

639 S cittade.

640 Il solo P reca punto fermo (seguìto da minuscola) dopo lei. 643 P Ty non presentano segni in fine di v.

647 P reca un’unica virgola dopo diuin.

649 La virgola in fine di v. manca in P Ty (come in 650). 651 S (probabilmente da Mtp) e p.

652 S tant’i. La virgola in fine di v., pur assente in P T1aTy, è op-

portuna.

(tutti gli altri virgola), e in fine di v. (T1 T2 Vt due punti; A

punto e virgola; Ty è privo di pausa), quest’ultimo inoppor- tunamente mantenuto da Petr. (S due punti).

657 Il punto fermo posto arbitrariamente in fine di v. da Petr. è

fuorviante.

658 S o copre.

660 Il solo P reca punto fermo, seguìto da minuscola, dopo Diui-

so; T1ha punto e virgola; A T2 Vt virgola; Ty nessun segno. 662 P Ty non presentano alcun segno di interpunzione.

663 Il solo P dopo il punto fermo reca la minuscola (Ty ha punto

e virgola seguìto da maiuscola). Necessari i due punti (assenti nei testimoni) dopo Ma.

665 S ’l. I soli P Ty sono privi del punto fermo in fine di v., che,

pur accolto dagli editori, risulta pausa troppo forte.

666 Il solo P reca virgola in fine di v.

667 Petr. legge erroneamente e ’n membra asciutte. Il costrutto

participiale assoluto (confermato dalla punteggiatura di P – si veda quanto detto in séguito – e prossimo all’accusativo di relazione: cfr. III, 928 e VII, 1036; Monte Oliveto XI, 1-3 «Scorto da questo lume, e ’n questo foco / fervido il petto e lucido la mente, / venne a le scole […]»), non inteso dall’In- gegneri, provoca la lectio facilior Le seccasse. P è privo della virgola in fine di v.; ma ne reca, esso solo, una dopo rai (Ty non presenta segno alcuno).

668 In fine di v. P Ty non recano segni; T1ha due punti (per ag- giunta successiva?); A T2Vt (seguiti dagli editori) punto fer-

mo.

669 S Perocch’; Petr., per inerzia da S, de la.

670 In fine di v. P reca due punti; in T1 la punteggiatura non si discerne; A T2Vt hanno punto e virgola; Ty è privo di segni. 671 ne (accolto dagli editori) è errore evidente e non dà senso.

deus, co(n)gregentur aquae in co(n)gre- / gationem unam, et uideatur arida. Non dixit, et uideatur terra, ut ne rursus ip- sam inconstructam ac inornatam pronunciet, lutosam exis- tente(m) et aquae permistam, nondu(m) propria forma ne- que potentia accepta. Simul autem ne Soli causam siccitatis terrae deferamus, antiquiorem Solis generatione, siccitatem terrae opifex parauit. Expende aute(m) sententiam scripto- rum, quod no(n) solum redundans aqua de terra defluxit, sed etiam quantu(m) eius ipsi admistum erat per profundum, hoc ipsum elapsum est ineuitabili praecepto domini persua- sum». Per la genesi dell’errore, assai frequente – scambio bi- laterale di No’ e Ne con ricciolo – cfr. I, 344; 401; e soprattut- to 464. In fine di v. i soli P e A recano rispettivamente punto fermo e virgola.

672 In fine di v. P Ty non recano pausa, mentre A T2Vt (seguìti

dagli editori) hanno punto fermo.

674 Petr., per inerzia da S, esser. Inoltre gli editori interpretano

male i mss. ponendo pausa forte – S, da T1, due punti; Petr. punto e virgola – dopo arida, dove P Ty A T2Vt hanno vir-

gola; e nessun segno dopo secca, là dove P reca punto fermo (seguìto da minuscola), A T2 Vt hanno punto e virgola e Ty

virgola: possono così leggere con forzatura evidente il secon- do e (ET) dei testimoni concordi (in P, giusta la consuetudi- ne, entrambe le volte eæ) come è (EST).

675 Petr., per inerzia da S, sostanza.

676 Petr. tacitamente muggire, che è lectio facilior e non spiega

l’errore del copista di P. Benché la correzione del Tasso (se è sua) risulti imperfetta, difficilmente egli avrebbe lasciato sus- sistere o qualora non avesse inteso ripristinare muggiare. È vero che il toro in amore di G.L. VII, 55 orribilmente mugge, ma è appunto la valenza espressiva dell’avverbio a essere col- ta e condensata nella scelta lessicale e stilistica del M.c. (cfr. DANTE, Inf. XXVII, 4-7; POLIZIANO, Stanze I, 18, 7). OLD- CORN(p. 158, § 13) segnala nella G.C. accanto a mugghiando

(V, 1, 8; XX, 104, 8) anche muggiando (XVIII, 68, 6), con la palatale dell’uso padano che si riscontra in BOIARDO, O.I. I,

v, 3, 8 («mugiando come un toro, il maledetto») e ARIOSTO,

O.F. XXIII, 115, 3 («sente cani abbaiar, muggiare armento»).

676-682 In tutti i testimoni i vv. 676-679 sono dislocati ed erro-

neamente posposti rispetto a 680-682 (numerazione a testo). Lo dimostra il riscontro con la fonte, dirimente perché essa procede con dimostrazione serrata, di carattere rigorosamen- te logico deduttivo, nella quale riveste fondamentale impor- tanza proprio l’ordine e la sequenza degli argomenti: cfr. BA- SILIO, Hex. III, c. 15 v C-D [IV, 5, 4-6]: «Cur et supra dictum

est […] et hic rursus, uisa est arida, et uocauit deus arida(m), terra(m)? Quia arida quidem, proprietas est uelut delineatiua ac designatiua naturae subiecti [con 673-675: di qui disegna 675che vale ‘designa’]. Terra autem, appellatio quaedam rei est nuda. Quemadmodum enim rationale proprium est ho- (m)i(n)is, uox autem homo, significatiua est a(n)i(m)alis cui est proprium: Sic etiam aridum proprium est ac praecipuum ipsius terrae. Cui itaque p(ro)prie adest ariditas, id ipsum ap- pellatu(m) est terra. Quemadmodu(m) cui proprie adest hin- nibile, hoc ipsum appellatu(m) est equus [con 676-679]. Non solu(m) aute(m) in terra hoc ita est, sed etiam in alijs ele- me(n)tis: unumquodque enim propria(m) et sorte oblata(m) habet qualitatem, p(ropter) quam et a reliquis secernitur et quale unu(m)quodque est cognoscit(ur) [con 678-679]. Et a- qua quidem propria(m) qualitatem, frigiditate(m) habet, Aer uero humiditatem, Ignis autem caliditate(m) [con 680-681]. Veru(m) haec ut prima elementa compositoru(m), iuxta rela- tum modu(m) rationis speculationi subiacent [con 683-685]. Quae uero iam in corporibus collocata sunt, et sub sensum cadunt, copulatas qualitates habe(n)t, et nihil ex uisibilib(us) ac sensibilib(us) absolute solitarium, neque simplex ac synce- ru(m) [con 686-693]».

I vantaggi del restauro risultano immediatamente evidenti e sono suffragati da precisi elementi interni. 676-679 si colle-

gano meglio a quanto precede perché insistono sulla aridità come prima qualità vetusta (673), nota antica (674: il termine, frainteso dagli esegeti, vale ‘caratteristica essenziale e preesi- stente’: cfr. BAS., ibidem, c. 16 r A «[…] aridum non ex his

est quae posterius terrae accesserunt, sed ex his quae ab ini- tio substantiam ipsius complent. Quae autem causam ut sit aliquid praebent, priora sunt natura, et praeferenda his quae postea accesserunt. Quare merito ex praeexistentibus et se- nioribus, excogitatae sunt terrae notae»; si veda anche M.c. III, 1163), in quanto to; ijdivwma, elemento proprium ac praeci-

puum, che distingue la terra: di qui l’opportunità di chiarire e

ribadire il concetto con tre paragoni tratti dal mondo anima- le (676-678). Invece 680-682 spostano il discorso sugli ele- menti preparando naturalmente il trapasso a 683 ss. Sul pia- no stilistico si noti la non casuale paronomasia tra nota (674) ed è noto (676) e si rilevi inoltre che solo l’ordinamento a te- sto rende chiaro Ciò (684), un neutro (haec nella fonte) riferi- to a quanto è proprio (680) dei singoli elementi, alle loro pe- culiari qualità.

677 In P la virgola in fine di v. pare aggiunta posteriore; T1 ha punto e virgola; A T2Vt due punti; Ty non presenta segni. 678 Il solo P ha punto fermo (seguìto da minuscola) dopo nitrir;