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T 2 Vt due punti; Ty nessun segno.

A) fa seguìto la minuscola.

784 P Ty non recano pausa in fine di v.; A T2Vt hanno due punti. S pone punto e virgola, Petr. addirittura punto fermo. Ma cfr.

787 Il solo P in fine di v. (ultimo della carta) reca punto fermo. 789 In fine di v. P T1non presentano segni; Ty ha punto fermo; A

virgola; T2Vt punto interrogativo.

791 S ’l. In fine di v. P Ty non presentano pausa; T1ha due punti;

A T2Vt punto e virgola.

793 Dopo aria P reca punto fermo (Ty nessun segno). In fine di v. P ha punto e virgola; T1punto fermo; A T2Vt punto interro-

gativo; Ty nessun segno.

794 Il senso impone in fine di v. la virgola non attestata. 795 Petr., per inerzia di S, foco.

796 Petr., per inerzia da S, De gli, eliminando la pausa in fine di v.

(P reca punto fermo; T1virgola), che viene invece spostata in fine di 795 (cfr. T1): lezione e punteggiatura dovute a un im- provvido intervento dell’Ingegneri. La genuinità di Da gli è ri- badita dal riscontro con BASILIO, Hex. III, c. 16 r B - v C [IV,

7, 2]: «Sed et ipsam maris aqua(m) uidere licet quae a naui- gantibus coqui(tur), / qui uapores spo(n)gijs excipientes, ne- cessitatis usum in necessitatibus mediocriter co(n)solantur».

797 Già S introduce tacitamente l’ovvia correzione Serve; S anche

e li.

798 S innanzi.

803 S, per inerzia da Vt, terra ei congiunge.

804 S ’l. P T1 non presentano pausa dopo natura; Ty A T2 Vt

hanno due punti.

805 Petr. tacitamente trapassa. La lezione di P è addebitabile a un

fenomeno di attrazione analogica non infrequente nei mss. tassiani (cfr. 1086). L’eventualità che la coppia sia composta da congiuntivi (trapasse e corra) pare esclusa dagli indicativi di 807-809.

809 In fine di v. P T2Vt (seguìti da Petr.) recano punto fermo; Ty A non presentano segni. S pone due punti.

non sarebbe historia, ma altra parola terminante in -ora) può legittimamente concernere tutt’al più la forma e la grafia del- la parola, non la sua identità, che trova perentoria conferma in BASILIO, Hex. III, c. 16 v C [IV, 7, 3-4]: «Deinde etia(m)

quod [mare] terras plurimu(m) inter se dista(n)tes per se co- niungit, expeditu(m) nauigantibus co(m)mercium exhibens, per quos etia(m) historias rerum ignotarum largitur […]».

813 Il capoverso presente in Ty T2Vt S (da cui Petr.) deriva quasi

certamente da T1.

814 Ammissibile la correzione di E in O. In fine di v. P reca pun-

to interrogativo (anticipato); T1 A T2 Vt hanno virgola; Ty

punto fermo.

815 Petr., per tacita correzione o per inerzia da S, di.

817 Il solo P reca virgola dopo beltà. Il solo Ty ne è privo in fine

di v.

818 S e Petr. accolgono tacitamente l’elisione (Quant’) introdotta

dall’Ingegneri, ma l’avverbio di quantità attratto dal genere dell’aggettivo seguente è tipo non estraneo all’usus scribendi del Tasso (cfr. RAIMONDI, I, p. 284, § 129: particolarmente co-

se altrettanto vergognose quante vere [Nob. II, 23]; LAGO- MARZINI, p. 41; degno di nota che con sì chiaro e tanto [817]

si abbia il fenomeno contrario dell’avverbio in luogo dell’ag- gettivo accordato). La correzione a testo è resa probabile dal- la simmetria con chiaro e tanto di 817. Cfr. BASILIO, Hex. III,

c. 16 v C [IV, 7, 5]: «Et unde mihi contingat totam maris pulchritudinem exacte uidere, qua(n)ta co(n)ditoris oculo apparuit?». Appare più onerosa la correzione congetturale sì

chiara, e tanta / Quanta. Petr., per inerzia da S, innanzi.

819 S pure.

820 In fine di v. P Ty non presentano pausa; T1(per aggiunta suc- cessiva?) A T2Vt hanno due punti.

822 Che la correzione autografa di P non vada considerata va-

nando l’ordine originale e genuino, è provato dal riscontro con BASILIO, Hex. III, c. 16 v C [IV, 7, 5]: «Si autem mare

pulchrum et laudatum est apud deum, quomodo no(n) pul- chrior sit talis co(n)gregationis conuentus, in qua permistus sonus, uelut undae cuiusdam ad littus allabe(n)tis, uiroru(m) et mulieru(m) et puerorum ac infantium, per precationes n(ost)ras ad deu(m) emittitur?». mista s’intende d’infanti, di femine e di viri, riconoscibili al timbro delle voci oranti (resa sintetica di permistus sonus). In fine di v. i soli P Ty non pre- sentano pausa.

823 S dentr’al. 825 S porge.

828 S maravigliose sacre. 830 S ’l g. C.

832 La punteggiatura a testo è quella introdotta dall’Ingegneri in T1 e accolta da S e Petr. Ammissibile (e forse preferibile) quella attestata da P: virgola dopo Cielo anziché in fine di v., così da collegare chiasticamente la coppia polisindetica e i

suoi [scil. del Cielo] tesori eterni / E le sue grazie alla coppia

verbale comparte e dona 833.

837 S suo’. Dopo frutti P reca punto fermo (seguìto da minusco-

la); Ty A T2Vt hanno virgola.

839 Dopo egli tutti i testimoni (eccetto Ty, privo di segni) recano

punto fermo, nel solo P seguìto da minuscola. I due punti di

S sono preferibili al punto fermo di Petr.

841 P e T1 innanzi a et, anziché virgola, rispettivamente punto fermo (seguito da minuscola) e punto e virgola.

842 Petr., per inerzia da S, novi. I soli P Ty A sono privi del pun-

to fermo in fine di v.

844 S per refuso Costante incerta.

847 Il punto fermo in fine di v. manca solo in P Ty.

l’Ingegneri, confermata dal riscontro con BASILIO, Hex. V, c.

16 v D [V, 1, 2-3]: «[…] Vox enim tunc et primu(m) illud praeceptum, uelut lex quaedam naturae facta est, et perman- sit in ipsa terra, generandi et fructificandi uim consequenter ipsi exibe(n)s [con 843-847]. Germinet terra. Primum in ge- neratione e terra nascentium, est germinatio [con 848-849]». In fine di v. P Ty non recano pausa; T1ha punto fermo; A T2

Vt punto e virgola. 851 P non reca segno alcuno.

852 La virgola in fine di v. manca solo in P Ty.

854 Petr., per inerzia da S, e ’n. La lezione di P e il riscontro della

fonte consentono di restaurare la lezione genuina (in) ripri- stinando anche la corretta interpunzione: cfr. BASILIO, Hex.

V, c. 16 v D [V, 1, 3-4]: «Deinde cum prominuerint paululum germina, herba fit: deinde postqua(m) adaucta fuerint, foe- nu(m) est, paulatim firmitate(m) accipientibus nascentibus, et usque ad perfectionem in semen progredientibus [con 850-854]. Viriditas enim et herbositas consimilis est o(m- n)ium [con 855-858]. Germinet terra herbam foeni. Per seip- sam terra proferat germinationem, nullius auxilio aliunde in- digens [con 859-861]». Considerando l’aderenza e il rigore con i quali il Tasso segue l’articolazione del discorso basilia- no, appare evidente che la pausa forte andrà anticipata in fi- ne di 854 (dove essa manca in tutti i testimoni) e soppressa in fine di 855 dove invece la pongono Petr. (punto fermo, sulla scorta di P) e S (punto e virgola, da A Vt; T1ha virgola; Ty non presenta segni).

858 Petr., per inerzia da S, somiglia l’altra.

859 S senz’aiuto. Il solo P reca punto fermo (seguìto da minusco-

la) dopo altrui.

860 Il solo P reca punto fermo (seguìto da minuscola) dopo pro-

dusse; T1A T2hanno punto e virgola; Vt virgola; Ty non pre- senta segni.

861 S oltra ’l. Il solo P reca dopo virtute punto fermo (seguìto da

minuscola).

863 Petr., per inerzia da S, che ’n. In fine di v. P Ty sono privi di

segni; T1 (per aggiunta posteriore?) reca punto e virgola; A

T2Vt virgola.

864 In fine di v. P Ty hanno punto fermo; T1A Vt punto e virgo-

la; T2virgola (così S e Petr.).

866 P Ty non presentano segni in fine di v.; A T2 Vt hanno due

punti.

869 Petr., per inerzia da S, che ’n.

870 S li p. dunque. I soli P Ty non recano punto e virgola in fine

di v. In 870-898 il Tasso riprende, attualizzandolo, uno spun- to di BASILIO contro la divinizzazione pagana del sole (cfr.

Hex. IV, 5, 1; V, 1, 4; VI, 2, 2 e il commento del NALDINI). Lo

stesso motivo ricorre anche in M.c. IV, 159-170. Per gli epite- ti di 890-896 si veda Hex. VI, c. 21 r B - 21 v C [VI, 1, 8-9]. Per il culto solare da parte degli Antipodi cfr. PULCI, Morgan-

te XXV, 231.

873 S meraviglie. I soli P Ty non recano segni in fine di v.; Ty (for-

se per aggiunta posteriore) ha punto e virgola; A T2Vt virgo-

la.

874 P Ty non recano segni in fine di v.; T1(forse per aggiunta po- steriore) e A presentano punto e virgola; T2Vt virgola. 876 Petr., per inerzia da S, gli altari. P Ty sono privi di segni in fi-

ne di v.

877 Anziché virgola, P reca in fine di v. punto fermo; Ty non pre-

senta segni.

881 La virgola in fine di v. manca in P Ty.

882 S ’l; Petr., per inerzia da S, come. Anziché virgola il solo P re-

ca dopo Sole punto fermo (seguìto da minuscola); Vt ha pun- to e virgola.

886 Il solo P reca punto fermo (seguìto da minuscola) dopo ma-

rauiglia; Ty non presenta segni.

887 S l’opre. In fine di v. P A recano virgola; T1T2Vt due punti; Ty non presenta segni.

888 Petr., con tacita correzione, ma restando fedele all’interpun-

zione di P, S. e., dico omai, s’i. o d.. S, constatando che dico è posto tra parentesi in Vt (così anche A T2) e che T2Vt apro-

no, prima di s’inganno, una seconda parentesi chiusa – anche in T1– in fine di 889, interpunge meglio: S. e., dico, omai, s’i.

o d.. La triplice anafora di Sappia (cfr. 884 e 890) rende inam-

missibile dica (‘professi’) di P, oltretutto con asindeto.

889 P e Ty sono privi di pausa in fine di v. 891 S ’l.

893 La virgola in fine di v. manca in P Ty.

894 Petr., per inerzia da S o per tacita correzione, quell’a. p. (cfr.

il secondo apparato a 483).

895 Petr., per inerzia da S, eccelso.

896 In fine di v. P Ty non recano pausa; A T2Vt hanno punto e

virgola.

897 Petr., per inerzia da S (ma con virgola in più), Novo, e giova-

ne. giovene è forma genuina e largamente predominante nel-

l’autografo della Conquistata (cfr. OLDCORN, p. 128, § 1).

898 Cedi lor di Pa(ma la lettura è dubbia) sarebbe spiegabile se

correlato con la primitiva lezione attestata dal medesimo ms. a 897(Nuouo, giouene è più), a condizione di porre in fine di quest’ultimo v. una pausa forte che P peraltro non reca. È possibile che l’Ingegneri (o il Tasso stesso), avendo in un pri- mo tempo erroneamente interpretato è di 897 come il verbo della oggettiva (complicata da molte altre subordinate relati- ve) che inizia a 890, siano stati indotti ad anticipare il verbo (Cede lor), facendo di 898 una interrogativa (un altrimenti in- spiegabile punto interrogativo si trova effettivamente in P e

forse in T1; A T2Vt hanno punto fermo; Ty non presenta se-

gni) logicamente indipendente e disgiunta – sebbene come si è detto in P manchi la pausa in fine di 897 – dal periodo pre- cedente. Posteriormente, quando il Tasso corregge 897 sop- primendo il verbo (Nuouo e giouene piu) e invertendo le pri- me due parole di 898, egli non completa la correzione e per distrazione lascia sussistere l’ambiguo Cede (con il puntino su

-e), e non elimina l’incongruo punto interrogativo in fine di v.

Petr., per inerzia da S (che a sua volta contamina con Mtp),

Cede lor, con punto esclamativo in fine di v.

899 Dopo che Petr. trasforma arbitrariamente (come già in 898 e

poi in 902) il punto interrogativo di P in esclamativo. S inve- ce, sulla scorta di T1, elimina qui e in 902 il punto interrogati- vo: correzione riconducibile all’Ingegneri il quale fa in tal mo- do dipendere 899-902 da Sappia (890). La genuinità della punteggiatura di P è ribadita dal riscontro con BASILIO, Hex.

V, cc. 16 v D - 17 r A [V, 1, 4-6]: «Quandoquidem quidam pu- tant solem esse causam eorum quae ex terra nascuntur, per at- tractionem caliditatis uim quae i(n) profundo est ad superfi- ciem adtrahentem, ob id antiquior constructio est terrae quam solis, quo errore decepti desinant adorare solem, uelut ipse causam uitae exhibeat [con 870-872]. Si itaque crediderint quod ante illius generationem, omnia circa terram constructa erant, etia(m) immodicam de ipso admirationem remitte(n)t, cogitantes quod iunior est quam foenum et herba secundum generationem [con 873-898]. Num igitur armentis quidem ali- mentu(m) prius depositum est, nostrum autem nulla proui- dentia / dignum uisum est? [con 899-902] Immo qui bobus et equis pabulum praedisposuit, diuitias et fruitionem tibi maxi- me praeparat [con 903-907]. Qui enim iumenta tua nutrit, su- pellectilem uictus tui simul auget [con 908-912]».

901 Dopo erbe S pone due punti; Petr. punto esclamativo. Il pun-

to interrogativo attestato da P (segue minuscola) pare pleo- nastico (anticipando quello posto in fine di 902) e può van- taggiosamente essere sostituito con virgola.

903 La correzione O (paleograficamente assai economica: cfr.

588) è imposta dalla probante convergenza del riscontro in- tertestuale (BASILIO, citato supra a 899, ha l’avverbio Immo,

gr. ajlla; mavlista mevn) con il punto interrogativo che P reca in fine di periodo a 907 (si consideri che in T1 esso risulta soppresso dall’Ingegneri, e perciò manca in Ty A T2; mentre in Vt è sostituito da punto fermo, proprio perché se ne avver- te l’incompatibilità con E di 903). Solo O consente in effetti di conciliare il valore di correzione proprio di Immo («O non è vero piuttosto che…») con l’intonazione retoricamente in- terrogativa della frase, attestata dal testimone più autorevole. Si veda anche la discussione nel secondo apparato a 906.

904 Correlata alla precedente in fine di 903, e come essa inoppor-

tuna, la virgola che P reca in fine di v. (per aggiunta posterio- re?).

905 anzi dispose di P Mtp è lectio difficilior che traduce il praedis-

posuit della fonte (citata supra a 899). anco è invece conciero

introdotto dall’Ingegneri nel tentativo di dare senso alla frase, a ragione ritenuta incomprensibile, di 903-907: senonché l’e- satta percezione delle palesi aporie e dell’evidente erroneità del testo tràdito – implicitamente confermate – non si risolve nell’individuazione del guasto autentico (E di 903), bensì de- termina il vero e proprio rifacimento di cui sono testimonian- za il presente intervento e la soppressione del punto interro- gativo finale (cfr. questo apparato a 907). In fine di v. P reca punto fermo; T1virgola; A T2Vt punto e virgola; Ty è privo di

segni.

906 S e Petr. apparecchi, ma apparecchia è felice restauro dell’In-

gegneri (oltretutto assai economico, dato che la genesi del- l’errore di P Mtp T1 è facilmente spiegabile per aplografia). Perentoria conferma si ha nel praeparat della fonte (cfr. supra a 899), esattamente come a nutrit corrispondono poi nutre e

pasce (908) e impingua (909), a auget condisce, nutrisce e giova

no del Tasso), lusinga (912). D’altra parte un congiuntivo ot- tativo non dà senso in questo contesto: non un auspicio o un voto sono infatti presupposti dalla domanda di 899-902 (nel- la quale si prospetta in forma dialetticamente dubitativa l’a- poria di cui l’ordine provvidenziale sembra rendersi respon- sabile accordando la precedenza al sostentamento dei bruti a dispetto della loro inferiorità gerarchica), bensì una teodicea che – ancora nelle forme di una interrogativa, questa volta re- torica – dissipi il dubbio, suggerendo e implicitamente ricon- fermando come in realtà nel creato ogni cosa sia concepita e predisposta in funzione dell’uomo. Concetto poi ribadito, nei modi di una definitiva asseverazione, da 908-912, ove so- no da notare, da un lato il possessivo (le mandre tue) e il dati- vo etico (ti nutre e pasce) che, con l’iterato pronome di secon- da persona (ti nutrisce, ti lusinga), collocano l’uomo al vertice della struttura finalistica dell’universo; dall’altro il contrasto e l’incolmabile divario suggerito tra il pascolo ferino (in prato

erboso) e il cibo umano, quel cibo che la provvidenza predi-

spone e imbandisce per l’uomo sublimando una necessità a- nimale nelle forme aristocratiche insieme di una preziosa e opulenta espressione di civiltà (supellectilem uictus tui) e di una vitale e delicata esperienza del gusto (la coppia ti nutrisce

e giova sta in rapporto con il precedente ti nutre e pasce). Cfr. G.C. XI, 81, 1-7 «Apprestar su l’erbetta, ove più densa /

l’ombra, e vicina al suon de l’acque chiare, / fece di sculti vasi altera mensa, / e ricca di vivande elette e care. / Era qui ciò ch’ogni stagion dispensa; / ciò che dona la terra o manda il mare, / ciò che l’arte condisce; […]».

907 Petr., sulla scorta di S, sopprime il punto interrogativo. 908 ss. Quel che mi sembra da intendere come un neutro riferito

al pabulum, al verde pasto 900, anziché come ripresa di Quel

Signor 903. Che il Tasso renda liberamente il dettato della

fonte, dove invece l’uso del relativo maschile non lascia dub- bi («Qui enim iumenta tua nutrit, ecc.»: vedi supra a 899), mi

pare dimostrato dalla serie verbale di 908-912: se ancora compatibili con il disegno provvidenziale possono apparire le azioni di nutrire e pascere gli armenti (908) o di impinguare le torme equine (909) in funzione dell’uomo, non altrettanto potrebbe dirsi di un Dio-cuoco che – con stridente infrazio- ne di ogni decoro – fosse rappresentato mentre In gran vasi

d’argento e di fin’oro / Condisce il cibo […] / E co’ sapori ti lusinga il gusto (910-912). Mentre la serie verbale, altrimenti

troppo realisticamente e analiticamente descrittiva, ben si at- taglia a quel cibo vegetale di cui si pascono i ruminanti ma che è salutare e sapido anche per l’uomo (E l’erbe ancor son

nutrimenti umani 916): esso condisce il cibo come contorno

atto a perfezionarlo negli opulenti piatti di portata (910-911);

nutrisce, ma anche giova alla salute del corpo (911); e infine lusinga il gusto con i sapori aromatici (912; cfr. 1045-1049).

Una probante conferma sembra venire da quanto segue (913- 915), dove il frumento, basilare alimento dell’uomo, è desi- gnato proprio dal pronome neutro Quel che 915 (e cfr. anche 939-940, ma soprattutto 1032-1033). Da tenere presente il son. argutamente burlesco e di stile comico (Rime 851) ove il detenuto Torquato – ormai avvezzo a un regime frugalmente vegetariano (come al secol d’oro / che sol de’ frutti l’uomo era

satollo) – prega il priore di Sant’Anna di fargli mangiare per

Pasqua qualch’uovo […] e un’aletta di pollo / o un pezzetto

d’agnel: «Signor Mosto, il vostr’orto è così grande / che deve

aver raponzoli e lattuca, / radicchi, indivia; e queste [o quan-

te?] erbe manduca / Roma, e condiscene [il testo Solerti con- disce ne] le sue vivande; / e non occorre che per voi si mande

/ in piazza Pietro né Matteo né Luca / a cercar per me tinca o tartaruca, / ch’io vivo come al tempo de le ghiande».

909 S Oppur. In fine di v. P Ty non recano pausa; T1ha due pun- ti; A Vt punto e virgola; T2virgola.

910 In fine di v. il solo P reca punto fermo.

la virgola aggiunta in fine di 912: i due segni sono stati evi- dentemente invertiti); T1ha punto e virgola; A T2Vt virgola; Ty nessun segno.

913 Petr. introduce il capoverso.

915 S e Petr., sulla scorta di T1A T2Vt, pongono punto fermo in

fine di v.; poiché P Ty non presentano pausa, pare preferibile interpungere come a testo.

920 Petr. nell’intento di conservare da l’erbosa terra è costretto a

intervenire con tacita correzione sul v. successivo leggendo di

semi (e, per inerzia da S, i g.). Preferibile accogliere il buon

emendamento attestato da Ty A T2 Vt S de l’erbosa terra

(specificazione di e i germi e i parti 921): dirimente, anche in questo caso, il riscontro con la fonte: BASILIO, Hex. V, c. 17 r

A [V, 2, 1-4] «Germinet terra herbam foeni, et semen semi- nans secundum genus [Gn. 1, 11]. Sic enim et dictionis con- sequentia restitui poterit, cu(m) inconuenienter nunc habere constructio uideatur, et necessitas eor(um) qu(a)e a natura gubernant(ur) conseruabitur. Primu(m) quidem germinatio, deinde herbae uiriditas, postea foeni augmentu(m), deinde complementum augescentium per semen. Quomodo igitur inquiunt, omnia ex terra nasce(n)tia semen producere sermo ostendit, cum neq(ue) arundo, neq(ue) gramen, neq(ue) mentha, non crocus, non allium, non butomon [il giunco fio- rito], neq(ue) innumera alia genera semen producere uidean- tur [il senso richiederebbe qui il punto interrogativo]. Ad hoc sane dicimus: Quod multa ex terra nasce(n)tia in fundo et radice seminum uim habent […]». Come si può constata- re, de l’erbosa terra… e i germi e i parti è un calco del sintag- ma latino – ripetuto due volte – omnia ex terra nascentia.

921 In fine di v. P T2Vt hanno punto fermo; A reca virgola; Ty è

privo di pausa. Petr., sulla scorta di S, punto e virgola.

923 In fine di v. P Ty A non recano pausa; T1 (seguìto da S e Petr.) ha punto e virgola; T2 Vt punto fermo (così anche in

925, salvo T

928 Dopo terra e in fine di v. P Ty non presentano segni; gli altri

testimoni hanno rispettivamente: A T2 Vt virgola (in T1 una lacuna rende illeggibile la punteggiatura dopo terra); e T1 due punti; A virgola; T2Vt punto fermo (Petr., sulla scorta di S, punto e virgola).

929 S oppur.

930 Dopo seme P ha virgola; A punto e virgola; T2Vt due punti; Ty non presenta pausa (Petr., sulla scorta di S, pone punto

fermo.

931 Petr., sulla scorta di S, accoglie l’ovvia correzione (già intro-

dotta in T1dall’Ingegneri) intiero, suffragata – si aggiunga – dal riscontro con BASILIO, Hex, V, c. 17 r A [V, 2, 4] («[…]

quemadmodu(m) arundo post annuum incrementu(m), a ra- dice quandam prominentiam emittit, seminis rationem ha- bentem in futurum»). Tuttavia intiera rientra nella tipologia degli accordi anomali caratteristici del Tasso.

935 S Oppur. Dopo ragione P ha punto (seguìto da minuscola) in

luogo di virgola. Necessario il punto fermo in fine di v., man- cante nei soli P Ty.

943 Petr., per inerzia da S, Di stagion. 944 S rinnova.

947 Necessaria la virgola dopo breve, attestata dal solo Ty (da T1?). Si noti l’endecasillabo non canonico di 5ª 6ª 8ª 10ª.

949 In fine di v. P Ty non recano pausa; S e Petr., sulla scorta di A T2Vt, pongono punto fermo.

950 Accolgo la punteggiatura introdotta dall’Ingegneri in T1(A