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2. Versailles, una prigione dorata

2.2 La corte e l’etichetta

A circa 20 chilometri dalla capitale compare un altro dei grandi scenari delle inchieste del commissario Le Floch: Versailles, la cui Reggia è da più di mezzo secolo la sede del re di Francia e della sua corte. Se Parigi è una città in continuo movimento, in continua evoluzione, dove tutto si mescola e tutto cambia, Versailles è il sinonimo della staticità. Il castello e i suoi giardini sembrano vivere fuori dal tempo. Nessuno dei problemi che affronta il popolo francese sembra varcare quelle mura al cui interno tutto è scandito in maniera ripetitiva e regolare dall’etichetta di corte. Il marchese di Ranreuil giunge a Versailles al termine della sua prima inchiesta, accompagnato da Sartine che lo presenta a Sua Maestà Luigi XV. Nicolas ha il privilegio di accedere all’interno del palazzo di una delle più grandi corti dell’Europa Illuminata. Inoltre i suoi rapporti con la famiglia reale e il suo entourage, che si fanno sempre più stretti man a mano che la serie dei romanzi prosegue, gli permettono di entrare negli appartamenti privati del re e della regina, di ottenere inviti esclusivi al Trianon e di poter alloggiare in uno degli ambitissimi alloggi dei cortigiani che erano stati ricavati negli spazi del sottotetto della reggia.

Nata come semplice palazzina di caccia sotto il regno di Luigi XIII, la reggia di Versailles acquisisce un ruolo di fondamentale importanza grazie a Luigi XIV che ne fa la sua residenza ufficiale e quindi il centro del potere decisionale. Nel 1661 da il via ai lavori di ristrutturazione della piccola palazzina avendo in mente un progetto ben più vasto: Luigi XIV vuole creare un luogo dove tutto deve ruotare attorno alla sua figura. Il re riesce nel suo intento e Versailles diventa non solo la residenza ufficiale del Re di Francia, ma anche la rappresentazione tangibile del suo potere assoluto.

Oltre a voler trasformare una modesta residenza nel palazzo più superbo che l’Europa abbia mai visto dando quindi lustro alla Francia, Luigi XIV ha anche un altro intento: vuole riunire attorno a sé tutta quella nobiltà frondosa130 che ha tramato

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La Fronda fu un movimento antiassolutista che si sviluppò in Francia alla metà del XVII secolo. Si svolse, in due fasi, sotto la reggenza della Regina Madre, Anna d’Austria, e del cardinale Mazzarino. Fu causata, oltre che dal malcontento popolare per la guerra con la Spagna, dal dissesto economico e dall'inasprimento fiscale, dalle resistenze dei corpi privilegiati alla politica di accentramento del potere

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contro di lui e la sua dinastia. Il Re Sole vuole addomesticare la nobiltà francese in modo tale da togliergli la possibilità di poter cospirare. Con grande abilità Luigi XIV riesce a convincere i grandi nobili di Francia che una vita lontana dal proprio sovrano è una vita insipida e l’unica cosa che da lustro a un casato nobiliare non sono i possedimenti terrieri o le ricchezze, ma il poter servire il proprio re i prima persona. Come viene sottolineato da Stendhal: «Le chef d'oeuvre de Louis XIV […] fut de créer l'ennui de l'exil»131.

Versailles si presta in maniera perfetta a questo piano. Tutto è studiato affinché la figura del re sia centrale nella vita di corte. Ma non basta riunire tutta la nobiltà intorno alla figura reale, bisogna anche tenerla occupata tramite compiti che conferiscono più o meno prestigio e che creano una precisa gerarchia fra i nobili che risiedono a corte.

La nobiltà trascorre le giornate svolgendo i compiti per cui ha ricevuto un incarico dimenticandosi quindi di riflettere sulla sua situazione di completo servilismo nei confronti della figura del sovrano. Luigi XIV ha raggiunto il suo scopo, l’aristocrazia è addomesticata e, come riflette lo stesso Nicolas, il tempo delle grandi gesta eroiche è finito132. La nobiltà ormai non scende più nei campi di battaglia. L’unico campo di battaglia è quello di Versailles, dove lotta ogni giorno per accaparrarsi nuovi privilegi133.

perseguita dalla monarchia. All'origine della prima fase (fronda parlamentare) vi fu il rifiuto del parlamento di Parigi di registrare l'editto di sospensione dei pagamenti alle corti sovrane (1648) e la sua rivendicazione dell'antico diritto di controllo sulle decisioni regie in materia fiscale e della soppressione degli intendenti. In seguito agli arresti disposti da Mazzarino, il parlamento istigò la folla alla rivolta, che dalla capitale si diffuse nelle province ma fu sedata dall'esercito guidato dal principe di Condé. Il momento, favorevole alla grande nobiltà, indusse il Condé a capeggiare un movimento antigovernativo che nel 1650 sfociò nella seconda fase (fronda dei principi), costringendo la corte e Mazzarino a fuggire. Gli atteggiamenti assunti dal principe vittorioso gli alienarono l'appoggio della borghesia e l'intervento delle truppe regie ripristinò l'ordine nella capitale e nelle province. Questo episodio segnò per tutta la vita Luigi XIV. Fu proprio a causa di questo avvenimento che egli cercò un mezzo per attirare i nobili a sé, allietarli e addomesticarli e lo trovò nella vita di corte caratterizzata da uno stile lussuoso e da feste continue.

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STENDHAL, Racine et Shakespeare, Paris, Slatkine, 1986, pp. 193-194. 132

« Il regrettait les temps héroïques quand l’histoire se faisait à grand coups d’épée et que la seule habilité consistait à savoir mourir. Il stigmatisait cette noblesse abâtardie, " de parquets et de lambris, coupée de ses racines et à qui, seuls, persiflages et querelles d’étiquettes dans les salons de Versailles servaient d’horizon" ». CHSF, p. 125.

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Nicolas fa una considerazione personale sulla corte di Francia che rende in maniera chiara l’idea di come la corte di Francia fosse un campo di battaglia in cui le diverse fazioni si schieravano l’una contro l’altra nella lotta per la conquista dei favori reali.

« Que la cour était un lieu étrange, un pays aux voies compliquées. Aux strates successives des noms, titres, qualités fonctions et honneurs correspondait la hiérarchie secrète des pouvoirs occultes, des familles, des amitiés secrètes et des influences parallèles. Les clans et les groupes s’appuyaient sur des

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Quando si parla di privilegi alla corte di Versailles si fa riferimento a tutta una serie di cariche e di uffici che si occupano dell’esistenza del re e della sua famiglia. Questi incarichi si trovano all’interno del sistema di organizzazione della corte che, a partire da Enrico III, viene suddivisa in tre grandi maisons: la maisons religeuse134, la maison civile135 e la maison militaire136. Il re e la regina dispongono ognuno di una propria maison e lo stesso vale per la delfina. Il delfino invece, considerato come facente parte della persona del re, è servito direttamente dagli officiali della Maison du Roi, considerata ovviamente la più prestigiosa a cui appartenere.

Accanto alla divisione nelle varie maisons, la corte è organizzata attorno al cerimoniale dell’etichetta, un insieme di norme che regolano i gesti più ordinari della vita del sovrano e a cui la nobiltà si sottomette di buon grado. La vita quotidiana del re e dei cortigiani è regolata da un insieme di regole che precisano l’ordine di entrata nelle stanze, la possibilità di assistere a certe cerimonie, gli abiti che è possibile

liens subtils, organisaient leur ascendant, poussaient leurs affidés et tissaient leurs toiles. De fait, c’était l’affrontement de ces dominations qui établissait la balance des forces, l’équilibre à partir duquel basculaient les volontés et s’affirmaient les crédits ». NGC, p. 181.

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« Premier en dignité des services de la cour, la Chapelle groupait les officiers ecclésiastiques responsables de l’exercice de la religion auprès du roi. Elle avait a sa tête le grand aumônier de

France, dont la charge était au sommet des honneurs que pouvait espérer un évêque français : aussi

n’était-elle possédée que par des cardinaux. […]. Après le grand aumônier, les principaux dignitaires étaient : le premier aumônier, le maitre de la Chapelle-Musique, le maître de l’Oratoire et le confesseur de Sa Majesté. Le premier aumônier était aussi évêque (et parfois cardinal) ; il avait des fonctions propres et, en outre, suppléait dans les siennes le grand aumônier absent ou empêché. Le

maître de l’Oratoire avait autorité sur le clergé de la Chapelle, soit : huit aumôniers, un prédicateur

ordinaire, un chapelain ordinaire et huit chapelains, un clerc ordinaire et huit clercs, un sacristain et deux sommiers. Les aumôniers pouvaient aussi remplacer le grand et le premier aumôniers et l’un d’eux devait assister au lever et au coucher du roi ; les chapelains célébraient la messe basse de Sa Majesté au jours ordinaires. […] Le maître de la Chapelle-Musique (en général évêque) avait la responsabilité administrative du corps des musiciens de la Chapelle, dont la responsabilité artistique incombait aux sous-maîtres (dits souvent « matres »), qui servaient par quartiers. Ces derniers devaient à la fois composer de la musique pour les offices et entrainer un corps nombreux de musiciens. ». M. ANTOINE, Louis XV, Paris, Fayard, 1989, pp. 212-213.

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« Le grand maître, choisi traditionnellement à la branche cousine des Condé, dirigeait celle du roi. Il était assisté par des maîtres d’hôtel et des gentilshommes servants, et avait juridiction particulière sur les sept offices de la bouche. Venaient ensuite le service de la chambre, dirigé par le grand

chambellan secondé par les quatre premiers gentilshommes, la garde robe dirigée par un grand maître,

les cérémonies par un grand matre, les écuries par le grand écuyer ». B. HOURSE, Louis XV et sa

Cour, le roi, l’étiquette et le courtisan, Paris, Presses Universitaire de France, 2002, pp. 146-147. 136

« La maison militaire du Roi remplissait la triple mission de veiller à la sûreté de sa personne sacrée et de celle de la Reine et des Enfants de France, de rendre avec éclat les honneurs qui étaient dus à Leurs Majestés et de contribuer par le luxe et la splendeur des costumes au faste de la royauté. Une partie de ces troupes était affectée à la garde intérieure du château où résidait le Roi, l’autre à sa garde extérieure.

La garde du dedans était assurée par trois formations : les gardes du corps, les Cents-Suisses et les gardes de la porte.

[…] La garde extérieure était confiée à des unités de cavalerie :gendarmes et chevau-légers ; et d’infanterie : mousquetaires, gardes françaises et suisses ». M. ANTOINE, op. cit., pp. 220-221.

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indossare137 e il modo in cui ci si deve rivolgere ai propri sovrani138. Tutto ruota comunque attorno alla figura del sovrano che diventa il perno dell’aristocrazia francese attorno al quale tutti vogliono poter orbitare.

Se con Luigi XIV l’etichetta viene portata al suo più alto grado di perfezione, i sovrani successivi svuotano di senso il suo cerimoniale che viene comunque mantenuto in una forma puramente artificiale fino alla fine dell’Ancien Régime. Nel romanzo L’honneur de Sartine grazie alla figura del duca de Richelieu139, viene rimarcato questo progressivo svuotamento a cui il cerimoniale dell’etichetta va incontro con l’avvento di Luigi XV e poi Luigi XVI. Conversando con Nicolas il duca fa una breve analisi di come l’etichetta e la reggia di Versailles siano evolute nel tempo.

« Vous avez bon privilège de trouver du bonheur à Versailles. De nos jours on s’y ennuie ferme, à moins d’être jeune et invité a coquette au Trianon de la reine… Époque étrange où le roi ne dit mot à ceux qui lui font la cour. Bast ! Le temps de la représentation est par trop passé. Louis XIV possédait la mine, l’orgueil et le gout de l’étiquette et le feu roi la mine seule… Aujourd’hui… Le coucher est diantrement long. Il faut s’exténuer à entendre parler de la chasse du jour et, tout excellent qui soit le fond, on ne peut que déplorer que l’extérieur, l’apparence, en un mot la majesté n’y répondent plus. Quant aux frères du roi, c’est manière de famille. On dit un mot honnête à chacun, mais chacun s’aperçoit aussitôt qu’on ne savait pas seulement qui vous êtes, ni si vous êtes au service. Là non plus, l’apparence n’est pas encourageante »140.

Anche M. de Noblecourt, amico di Richelieu, sostiene le stesse idee del duca, rimarcando a Nicolas l’importanza che l’etichetta deve avere alla corte di Francia in quanto fornisce protezione alla persona del Re e della Regina e conferma la loro sovranità141.

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Per quanto riguarda il vestiario durante il periodo di lutto: « seul le roi portait le deuil en violet, et la reine en blanc ».FRR, p. 182. Sempre a proposito dell’abbigliamento durante il lutto viene descritto l’abbigliamento di Luigi XVI in seguito alla morte di Luigi XV: « On recommande, dit Nicolas, l’habit de drap ou de voile de soie, suivant le temps, les bas de soie noire, épée et boucles d’argent, diamants seul au doigts. Enfin des manchettes bordées et effilées à la chemise ». ANLF, p. 30.

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Durante le sue visite a Versailles, Nicolas, da bravo cortigiano, rispetta il protocollo di corte : « L’étiquette même sous les combe prévalait et [Nicolas] se garda de prendre la parole attendant que Louis XVI s’adresse à lui » ADV, p. 382. In un’altra situazione : « Et, conformément à l’étiquette, il se retira à reculons » ADV, p. 117.

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Nobile e maresciallo di Francia. È un personaggio ricorrente all’interno della serie dei romanzi di Parot.

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HDS, pp. 173-174.

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« Nos rois et nos reines doivent s’envelopper d’usages qui sont autant de protections et confirment à leurs sujets la majesté de leurs personnes. Ils doivent aussi se laisser voir et approcher dans tout le faste de l’étiquette. Le roi laisse celle-ci se dissiper autour de lui ». NGC, p. 172.

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Nonostante la lassità con cui il cerimoniale di corte viene messo in atto nell’ultimo periodo dell’Ancien Régime, il perfetto cortigiano continua con dovere di causa a conoscere l’etichetta alla perfezione: commettere un errore può decretare la fine di una brillante carriera e il più leggero mancamento è a lungo oggetto di commenti sarcastici da parte della nobiltà che abita la reggia142.

M. de Noblecourt istruisce Louis de Ranreuil, il figlio di Nicolas e de La Satin, riguardo ad alcune regole fondamentali per poter divenire un perfetto cortigiano, una sorta di piccola guida con le istruzioni più importanti per permettere al giovane ragazzo di sopravvivere all’interno di una corte senza scrupoli143

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« Comprenez-moi bien, mon enfant, l’apparence est essentielle. Si celle que vous offrez à ceux qui vous observent ne relève pas du bon usage, ils ne manqueront jamais d’en dénoncer les failles. L’attitude qui sera vôtre pour écarter les embuches et paraitre harmonieux et poli ne devra pas sembler étudiée ou apprise. Elle découlera de votre tempérament, du génie secret résultant de votre union avec vous-même […]. Vous devez, avec votre corps, entretenir une connivence d’accord qui engagera le reste. Tout comme un visage est plus agréable quand l’égalité des traits y domine, recherchez toujours l’équilibre et, d’abord dans la manière de vous exprimer. Visez non l’effet, mais la prononciation la plus naturelle, celle que ne dépare aucune ostentation, ni élévation de voix importune à l’ouïe et destructrice de l’effet des paroles. De ce ton, rassurez-vous, vous bénéficiez de naissance. Il conviendra donc de ne pas l’exagérer, ce qui vous ferait choir dans l’affectation et la pédanterie.[…] Fuyez surtout, tout autant, la cuistrerie et la fadeur ! Ne tombez pas dans le travers du persiflage, cette maladie à la mode. Ne croyez jamais qu’il faille dans le monde user en raillant d’un méchant mot ou d’un ambigu offensant. Certains vous insinueront que c’est ainsi qu’on acquiert l’esprit et le langage de ce milieu. Mesurez que les louanges que vous vous attireriez en prenant cette voie seraient à contresens et ne viseraient qu’à vous détruire et à vous ridiculiser. Ne faites jamais tort à quiconque de cette manière. C’est là conduite de lâche. […] Gardez la tête droite, veillez à la symétrie de vos membres. L’aisance est aussi la marque d’une âme honnête et bien tempérée. Il n’est pas, non plus, bienséant de mettre vos deux mains dans les poches, ni dans le dos : ce serait grossière qui tient du portefaix »144.

L’esistenza del cortigiano non è per niente semplice come si è portati a credere. Vivere a Versailles è molto dispendioso e la nobiltà di corte durante tutto l’Ancien Régime non cessa di indebitarsi continuamente. Per condurre un tenore di vita fastoso degno dell’onore di vivere in presenza del proprio re, un nobile necessità ogni giorno

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Durante il suo primo incontro con Luigi XV, Nicolas viene istruito da M. de La Borde su come parlare in presenza del sovrano onde evitare di incorrere in errori grossolani e non destare l’interesse del re.

« Parlez avec assurance, sans timidité, car si vous hésitez, le roi se refermera. Soyez plaisant sans être long, mais suffisamment pour soutenir l’intérêt ». EBM, p. 365.

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Come riporta il duca di Richelieu: “ À la cour et à la ville, la cruauté seule sauve et protege”. LCA, p. 278.

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di somme gigantesche: bisogna possedere dei domestici, delle carrozze, dei cavalli, numerosi abiti alla moda e gioielli. Un cortigiano vestito male non può essere preso in considerazione dal sovrano. L’apparenza risulta essere di fondamentale importanza a corte. Se non si appare impeccabili non c’è possibilità di essere notati. È la continua onnipresenza del nobile all’interno della vita del sovrano che porta Luigi XV e in seguito Luigi XVI a disertare le rigide regole imposte dall’etichetta. I due sovrani vogliono una maggiore intimità e ottenerla comporta venir meno ad alcune delle rigidissime norme del cerimoniale di corte.

Luigi XV comincia a smussare l’etichetta disertando la camera del re145, al centro del castello, per ridurla al semplice luogo dove, per mantenere la formula, si celebrano le cerimonie del lever e del coucher du roi.

« En 1738 en effet, Louis XV fit réaménager les cabinets de l’aile nord du corps central pour y établir de nouveaux appartements : du cabinet du conseil, on entrait désormais dans la nouvelle chambre du roi […]. Le grand appartement d’apparat demeurait, investi exclusivement par les fonctions régaliennes : fonction de représentation (grande chambre au centre de la façade sur la cour de marbre, salons du grand appartement sur le parterre du Nord et grande galerie), fonction politique (Cabinet du conseil) »146.

Nascono i famosi petits appartments147, luoghi in cui il re può isolarsi dalla corte e dal suo cerimoniale. Per un cortigiano avere la facoltà di poter accedere agli appartamenti privati del re diventa un onore che viene ben difeso da chi lo ottiene e disputato fra coloro che lo vogliono ottenere: essere ammessi in questi appartamenti significa avere la stima di Sua Maestà e la possibilità di poter parlare con lui in privato senza avere intorno tutta la corte. Si crea una cour intime a cui è possibile accedere solo per volontà espressa del re. Grazie alla sua posizione di nobile e al fascino che sin da subito è riuscito a esercitare su Luigi XV, Nicolas fa parte di questa cerchia di intimi di Sua Maestà. Come viene narrato nei romanzi, il marchese di Ranreuil viene regolarmente invitato da Luigi XV nei suoi appartamenti privati e

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In una nota al romanzo L’affaire Nicolas Le Floch, Parot spiega che: “Le roi présidait le grand coucher dans sa chambre de parade, puis rejoignait la chambre réelle, quelques pièces plus loin, où il dormait”. ANLF, p. 398.

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B. HOURSE, op. cit., pp.100-101.

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« Des bibliothèques souvent transformées, des chambres de bains, deux salles à manger – d’hiver au deuxième étage, d’été au troisième – entourées de cuisines et de laboratoires, des terrasses aménagées en jardins suspendus agrémentés de treillage, volières et fontaines, d’autres cabinets desservis par des escaliers secrets constituent son domaine ». J.-F. SOLNON, La cour de France, Paris,