Nel solco della tradizione della giurisprudenza sovranazionale, iniziato nel dopoguerra con l’istituzione dei Tribunali di Norimberga e di Tokyo e proseguito negli anni ’90 con i Tribunali per la ex – Jugoslavia e per il Ruanda, il 17 Luglio 1998 è stato approvato a Roma il testo dello Statuto della Corte Penale Internazionale, organo giudiziario permanente competente a giudicare i crimini internazionali commessi da singoli individui. La sua costituzione ha rappresentato un passo decisivo senza precedenti nell’evoluzione del diritto internazionale e, più specificamente, nella repressione dei crimini internazionali di individui. 44
Durante i lavori della Conferenza diplomatica, durati poco più di un mese, le oltre 160 delegazioni di Stati presenti hanno cercato di raggiungere un’intesa comune sulle questioni più delicate: l’ambito di competenza della Corte, i meccanismi d’attivazione del procedimento penale e la definizione dei crimini. Ma la questione più dibattuta e controversa è stata quella relativa all’istituzione e al ruolo del Procuratore, in particolare al suo potere di procedere di propria iniziativa all’esercizio dell’azione penale. 45
La ragione principale per cui alcuni Stati, nel corso della Conferenza, si sono fermamente opposti all’attribuzione all’organo d’accusa di un potere di avviare procedimenti di propria iniziativa s’identifica nel timore che l’assegnazione di un potere incondizionato di aprire indagini ad un organo sottratto a qualsiasi controllo da parte degli ordinamenti nazionali avrebbe potuto peggiorare le situazioni di conflitto nell’ambito delle quali erano stati commessi i crimini oggetto della sua competenza. La soluzione di compromesso raggiunta in seno alla Conferenza è stata quella di decidere per l’assegnazione al Procuratore del potere di avviare indagini motu proprio, cioè di propria iniziativa, ma sottoponendolo ad una serie di controlli giurisdizionali; in questo modo, è stato
45V. ILLUMINATI, Il processo davanti alla Corte Penale Internazionale: linee
previsto un sistema che subordina l’avvio dell’inchiesta da parte del Procuratore a condizione che l’intenzione di aprire le indagini sia stata in precedenza notificata a tutti gli Stati parti e agli Stati non parti che potrebbero comunque esercitare la loro giurisdizione in merito, e riconoscendo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il potere pressoché incondizionato di decidere la sospensione dei procedimenti in qualunque fase. 46
Negli ordinamenti contemporanei, sia di Civil law che di Common
law, la figura del procuratore o del pubblico ministero come
rappresentante della pubblica accusa identifica il ruolo di custode della legalità; vi sono, però, differenze di rilievo relative al potere attribuito all’organo d’accusa a seconda che il processo penale segua un modello inquisitorio o accusatorio. Nel modello inquisitorio il pubblico ministero è affiancato da un giudice istruttore nell’attività di raccolta delle prove, le quali non formano oggetto di contraddittorio perché reperite da un organo indipendente ed imparziale, di per sé garante di una verità oggettiva; la fase investigativa è piuttosto articolata e caratterizzata da segretezza, e si conclude con la redazione di alcuni documenti scritti, che il giudice utilizza per emettere la propria decisione circa la responsabilità
dell’imputato. La fase del dibattimento è l’unico momento pubblico, poiché il contraddittorio è limitato alla valutazione delle prove già acquisite e non è impiegato, come detto, per la formazione delle stesse. Nel modello accusatorio, invece, i principi basilari sono la parità fra i soggetti contendenti, portatori di una verità soggettiva, la terzietà ed imparzialità dell’organo giudicante, l’oralità e la pubblicità del processo e l’importanza prioritaria attribuita al contraddittorio tra le parti, sia nella formazione delle prove sia nella discussione circa le prove assunte. In quest’ottica il pubblico ministero è portatore di una verità “soggettiva”, al pari di quella dell’accusato, per cui assume un ruolo centrale il giudice nel ricavare il fondamento della propria decisione. La Conferenza diplomatica ha prodotto l’adozione di una soluzione di compromesso: il modello di processo adottato per l’attività della Corte Penale è d’impronta tendenzialmente accusatoria, dove il compito di svolgere le indagini e di dare corso all’azione penale è affidato al Procuratore, ma sono attribuiti al giudice poteri di controllo e di intervento per tutto il corso del procedimento. 47
In altre parole, viene affermata l’autonomia del Prosecutor, ma egli è soggetto ad intromissioni tali da non renderlo completamente
indipendente. In particolare, lo Statuto attribuisce il potere di sospendere le indagini al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, per cui
nessuna indagine e nessun procedimento penale possono essere iniziati o proseguiti per il periodo di dodici mesi successivo alla data in cui il Consiglio di Sicurezza, con risoluzione adottata ai sensi del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, ne abbia fatto richiesta alla Corte; tale richiesta può essere rinnovata dal Consiglio con le stesse modalità (articolo 16, Statuto Corte Penale
Int.), e stabilisce a carico del Procuratore l’obbligo di notificare l’avvio delle indagini agli Stati parte dello Statuto (articolo 18). Tale forma di sistema processuale “misto” era già stata applicata nei precedenti Tribunali ad hoc per ex – Jugoslavia e Ruanda: è stato mantenuto l’impianto accusatorio del processo e sono stati introdotti istituti propri di esperienze di processo inquisitorio. Generalmente, i sistemi procedurali adottati dai tribunali internazionali presentano la caratteristica di dover contemperare e, allo stesso tempo, rappresentare le peculiarità processuali di ordinamenti molto diversi, in alcuni casi addirittura in contrapposizione tra loro, per cui risulta necessario trovare delle soluzioni intermedie e il più possibile accettate da tutti gli Stati facenti parte dell’accordo (la difficoltà sta, soprattutto, nella necessità di contemperare i sistemi continentali di
Civil law con quelli di Common law). Nella maggior parte dei casi si
giunge a soluzioni di compromesso, ed a seconda degli aspetti presi in considerazione può cambiare notevolmente la qualificazione attribuita al sistema processuale in concreto istituito. Ad esempio, con riferimento allo Statuto della Corte, secondo l’opinione dei giuristi di formazione continentale il processo delineato dallo Statuto di Roma si avvicina al modello della Common law, mentre i giuristi di Common law tendono a qualificarlo come un processo principalmente di Civil law. In realtà ci troviamo di fronte ad una vera e propria commistione dei due diversi sistemi, per cui il risultato ottenuto non è riconducibile completamente all’uno o all’altro modello giuridico. Emerge, dunque, la volontà dei redattori dello Statuto di disciplinare un processo fortemente garantito, modello di equità e di eticità per l’intera comunità internazionale. 48
48 Cfr. sul punto ILLUMINATI, Il processo davanti alla Corte Penale, in