Conferenza Diplomatica
La figura del Procuratore è una novità quasi assoluta nel panorama giuridico internazionale: si tratta del primo ufficio internazionale di una pubblica accusa avente competenze di tipo generale, che, come abbiamo potuto osservare nel secondo capitolo, ha come unico precedente l’esperienza dei Tribunali per la ex – Jugoslavia e per il Ruanda.
Al momento di delineare la struttura della Corte era indispensabile istituire dei giudici, ma non risultava strettamente necessaria l’istituzione di un Procuratore permanente. 49 Le alternative erano:
affidare a ciascuno Stato parte il compito di svolgere l’istruzione probatoria, attribuendo in questo modo la possibilità agli Stati interessati di sostenere l’accusa in giudizio personalmente; prevedere la nomina, caso per caso, di una commissione d’indagine indipendente composta da persone elette dagli Stati membri o dalle Nazioni Unite; configurare un sistema che prevedesse, di volta in volta, la nomina di un soggetto quale organo d’accusa al posto di
prevederne uno stabile. Alla fine, non senza dissensi ed opposizioni, la scelta cadde sull’istituzione di un organo autonomo e permanente, coadiuvato da una solida organizzazione burocratica: l’Ufficio del Procuratore. 50
Per quanto attiene ai poteri del Procuratore, occorre ricordare che il progetto originario dello Statuto della Corte, presentato dalla Commissione del Diritto Internazionale all’Assemblea Generale ONU del 1994, prevedeva il potere d’indagine del Procuratore solo in caso di referral, cioè di raccomandazione, del Consiglio di Sicurezza dell’ONU o di complaint, denuncia, di uno Stato parte, e non era previsto che potesse autonomamente dare corso al procedimento. Nonostante fosse stata avanzata l’ipotesi di estendere il suo potere d’iniziativa, per ottenere maggiori possibilità di condurre in giudizio i presunti responsabili di gravi crimini internazionali di competenza della Corte, in un primo momento prevalse l’orientamento più restrittivo. Ad ogni modo, l’apertura delle indagini e l’esercizio dell’azione penale restavano comunque una prerogativa del Procuratore, che avrebbe avuto la libertà di decidere di non procedere alle investigazioni o, anche dopo aver svolto le indagini, di non esercitare l’azione penale.
Erano queste le uniche vere prerogative del Procuratore nel progetto della Commissione, insieme alla possibilità di delineare i tratti strategici dell’accusa per il processo; egli non avrebbe dovuto avere un ruolo rilevante nemmeno nella conduzione delle indagini, in quanto queste ultime sarebbero state svolte dalle autorità statali già nel momento in cui lo Stato avesse deciso di denunciare un caso alla Corte, oppure per effetto della cooperazione giudiziaria internazionale.
Successivamente, con la Risoluzione n. 53/1994, l’Assemblea Generale istituì un Comitato ad hoc affinché fosse riesaminato il progetto della Commissione ed affinché fossero gettate le basi per la costituzione di una Conferenza diplomatica. Davanti a tale Comitato preparatorio (Preparatory Committee) fu avanzata un’importante obiezione circa il ruolo del Procuratore: il fatto di aver escluso la possibilità che egli potesse avviare indagini di propria iniziativa avrebbe potuto sottrarre alla comunità internazionale un valido strumento per contrastare le gravi violazioni del diritto internazionale umanitario. 51
Durante i lavori del Comitato preparatorio si registrarono divergenze e contrasti circa il ruolo da attribuire al Procuratore, cioè
se qualificarlo come mero “avvocato dell’accusa”, con potere d’indagine limitato ai casi di denuncia da parte di uno Stato o del Consiglio di Sicurezza, o come vero e proprio “organo di giustizia”, capace di avviare di propria iniziativa le indagini, ma a condizione che la Camera Preliminare (Pre – trial Chamber) avesse riconosciuto la sussistenza di ragioni fondate per procedere. Tra le delegazioni degli Stati che componevano la Conferenza diplomatica vi era un orientamento assolutamente contrario all’attribuzione al Procuratore del potere di aprire le indagini motu proprio ed un altro, invece, nettamente favorevole verso tale previsione; si trattava, quest’ultimo, del gruppo dei c.d. Stati “like – minded”. 52
Una cospicua maggioranza delle oltre 160 delegazioni di Stati che presero parte alla Conferenza diplomatica si espresse a favore dell’attribuzione al Procuratore di un potere di avviare le indagini
motu proprio, oltre i quattro quinti del totale; sei Stati, tra cui
Brasile ed Israele, si espressero a favore di tale soluzione, ma richiedendo l’adozione di ulteriori garanzie di controllo sull’attività del Prosecutor, mentre solo una minoranza (composta da Cina, India, Stati Uniti, Nigeria, Pakistan, Iran, Iraq, Cuba, Afghanistan,
52 Cfr. LATTANZI, Riflessioni sulla competenza di una Corte penale internazionale, in
Sri Lanka, Azerbaijan e Algeria) si oppose fermamente al suo potere d’iniziativa autonoma.
Si affermò, dunque, il potere d’indagine motu proprio del Procuratore, ma per venire incontro a quanti si erano opposti a tale previsione furono rafforzate le garanzie per gli Stati mediante l’introduzione nello Statuto della disposizione ex articolo 18, comma 1, la quale dispone che prima di avviare un’indagine, sia di propria iniziativa, sia su referral di uno Stato parte, il Procuratore deve informare tutti gli Stati parti e gli Stati non parti che potrebbero esercitare la loro giurisdizione in base alle informazioni disponibili. L’inclusione di tale disposizione fu caldeggiata particolarmente dai rappresentanti del governo degli Stati Uniti d’America, uno degli Stati che più di ogni altro ha sostenuto la volontà di “proteggere” la sovranità nazionale. 53
Il risultato che si ottenne fu, dunque, una soluzione di compromesso: si decise di assicurare al Procuratore indipendenza e identità di status rispetto ai soggetti dell’organo giudicante, ma al contempo l’esercizio dell’attività d’accusa fu subordinato ad un complesso sistema di controlli con l’obiettivo di prevenire abusi di
potere o azioni avventate, al fine di garantire il mantenimento di relazioni serene tra gli Stati. 54