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Che cosa è l’ECI e in che misura differisce tra i diversi paesi

Nel documento Giugno 2013N. 4 (pagine 110-113)

5. Lo sviluppo aumenta la complessità economica

5.2 Che cosa è l’ECI e in che misura differisce tra i diversi paesi

L’indice di complessità economica (ECI) proposto in Hausmann et al. (2011) ha proprio lo scopo di fotografare il grado di sviluppo delle conoscenze proprietarie di un sistema eco-nomico applicate alla produzione di beni (non solo manifatturieri), partendo dalle

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In quanto costituiscono la parte dell’output prodotto sul territorio nazionale che regge la concorrenza degli altri paesi sui mercati internazionali, le esportazioni di un paese ne ri-velano i vantaggi comparati. In questo senso l’analisi della struttura dei beni venduti all’e-stero misura in ciascun istante il meglio di ciò che un paese è capace di fare grazie alle competenze acquisite.

L’ECI è calcolato tenendo conto sia della numerosità di beni che un paese riesce a pro-durre/esportare (definita in letteratura diversity, d’ora in avanti differenziazione) sia di quanti altri paesi riescano a eguagliare la sua performance in un determinato bene espor-tandolo essi stessi (in letteratura ubiquity, d’ora in avanti non-esclusività)2. L’effetto della prima variabile è diretto, quello della seconda è inverso; più alta la differenziazione mag-giore è l’ECI; più elevata è la non-esclusività minore è l’ECI.

La semplice numerosità dei prodotti che un paese esporta, infatti, da sola non è sufficiente a definire se un’economia sia più complessa di un’altra: ai fini della determinazione del valore dell’indice è importante individuare anche quanti altri paesi esportino gli stessi pro-dotti, cioè quanto esclusiva sia la sua specializzazione. Inoltre, essendo l’ECI un indicatore relativo, conta anche l’estensione della matrice delle loro esportazioni, ossia quanto com-plessi siano i loro sistemi produttivi3.

Il CSC ha considerato un insieme di paesi industriali a differente grado di sviluppo, scelti tra quelli più rilevanti per la presenza sui mercati internazionali e dunque, indirettamente, anche per la performance all’esportazione dell’Italia. Si tratta di otto paesi europei: oltre alla stessa Italia, anche Spagna, Germania, Francia, Regno Unito, Polonia, Repubblica Ceca e Russia. Cinque paesi asiatici: Cina, Giappone, India, Indonesia e Corea del Sud (d’ora in avanti Corea). Quattro paesi americani: Stati Uniti, Canada, Messico e Brasile. I valori relativi ai sin-goli paesi sono ottenuti direttamente dalla banca dati dell’Atlas of Economic Complexity co-struita da Hausmann et al. (2011). Per ciascuno dei paesi è stata considerata l’evoluzione dell’ECI dal 1995 al 2008, ultimo anno per cui sono disponibili le informazioni nell’Atlas. I valori assunti dall’indice nel corso del tempo consentono di distinguere piuttosto chiara-mente tre gruppi di paesi. Un primo gruppo è quello formato dalle economie avanzate: Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Giappone, Italia, Spagna, Canada e Corea. Scenari industriali n. 4, Giugno 2013

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2 L’indice è costruito attraverso un algoritmo ricorsivo che parte dalla matrice dei beni esportati da un paese e ne pondera l’estensione (la numerosità) sia con una misura delle dimensioni relative del paese (utilizzando un indice di vantaggio comparato rivelato) sia con la numerosità dei concorrenti (quanti altri paesi esportano il medesimo bene), a sua volta ponderata con la numerosità dei prodotti esportati da ciascuno di essi (che ne approssima il grado di complessità come produttori). Per queste sue caratteristiche può assumere anche valori negativi.

3 L’indicatore è costruito in modo da evitare di catturare situazioni non inscrivibili in questo quadro: gli algoritmi uti-lizzati permettono di non considerare come “complessa” (sofisticata) la produzione di beni il cui grado di monopo-lio a livello mondiale deriva da situazione diverse, come, per esempio, dalla semplice disponibilità di risorse naturali.

Queste economie sono caratterizzate da un ECI mediamente elevato, con la Germania e so-prattutto il Giappone visibilmente più in alto della media e la Spagna e il Canada più in basso, ma in tendenziale contrazione, quantomeno nella fase più recente. Fa eccezione la Corea, il cui ECI, pur partendo da un livello più basso in ragione del relativo ritardo del suo sviluppo rispetto agli altri paesi del gruppo, è invece negli anni iniziali del periodo in deciso aumento, poi si stabilizza e alla fine del periodo si situa sui livelli medi delle altre economie.

Un secondo gruppo è costituito grosso modo dalle economie emergenti, nella definizione datane dal CSC: Cina, India, Indonesia, Messico, Repubblica Ceca e Polonia, tutte caratte-rizzate da valori dell’indice più o meno in aumento. Si può osservare che la Repubblica Ceca mostra fin dall’inizio del periodo un livello di complessità paragonabile a quello delle economie del primo gruppo, mentre le altre se ne discostano ancora apprezzabilmente. Un ultimo gruppo è formato da Brasile e

Russia, anch’essi emergenti, che però si caratterizzano al contrario degli altri per un ECI in contrazione.

Già a un primo sguardo, dunque, l’ECI mostra di discriminare piuttosto efficace-mente tra le diverse economie, restituendo una classificazione per grandi linee dei loro comportamenti che appare estrema-mente coerente con i differenziali di svi-luppo tra di esse e con il più ampio quadro delle loro caratteristiche. La posi-zione relativa di Giappone e Germania concorda con la loro forte specializzazione nell’ambito manifatturiero e in particolare con la loro gamma di vantaggi comparati piuttosto estesa. Una misura diretta di quanto l’ECI rappresenti un indicatore del grado di sviluppo di un sistema econo-mico può essere ottenuta semplicemente dal calcolo della correlazione tra ECI e reddito pro-capite (Tabella 5.1)4.

Nel 1995 l’indice di correlazione non solo

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Tabella 5.1

La complessità dell’export sale con il livello di sviluppo

(PIL in dollari PPA)

PIL pro-capite ECI

1995 2008 1995 2008 Giappone 28.026 33.915 2,4 2,4 Germania 27.809 35.678 2,3 2,0 Repubblica Ceca 15.476 26.415 1,4 1,7 Regno Unito 24.989 36.238 1,9 1,6 Francia 25.234 34.082 1,8 1,5 Stati Uniti 33.874 46.901 1,8 1,5 Corea 15.761 27.513 1,0 1,5 Italia 25.263 30.710 1,7 1,3 Messico 9.846 14.218 0,7 1,2 Polonia 8.997 17.596 0,8 1,0 Spagna 21.022 30.654 1,3 0,9 Cina 1.849 6.185 0,3 0,9 Canada 27.778 40.198 1,1 0,6 Russia* 7.851 15.939 0,4 0,3 Brasile 7.716 10.419 0,7 0,2 India 1.404 2.908 0,1 0,2 Indonesia 2.711 3.942 -0,3 0,0 Correlazione 0,90 0,69 * 1996.

Fonte: elaborazioni CSC su dati WITS, World Bank e FMI.

nel 2008 esso resta positivo e molto elevato, anche se in riduzione (0,68). Dunque, l’ECI è certamente un buon indicatore del grado di sviluppo di un’economia; ma non è un semplice sostituto del livello del PIL pro-capite. L’aumento del grado di complessità delle economie emergenti non si traduce infatti automaticamente in un aumento di pari entità del reddito pro-capite; o, se si vuole, la riduzione della complessità degli avanzati non si risolve in una contrazione corrispondente del loro PIL.

Ciò riflette, da un lato, semplicemente il ritardo con cui l’ampliamento della matrice delle esportazioni si traduce in un effettivo aumento del reddito nazionale; dall’altro, il fatto che l’aumento del reddito può dipendere anche dallo sfruttamento di una rendita differenziale, in assenza di un aumento del grado di complessità (o addirittura in presenza di una sua ri-duzione, come accade per Russia e Brasile), dal momento che l’ECI è funzione inversa del numero dei concorrenti. Inoltre, l’aumento delle “competenze” e dunque della competiti-vità degli emergenti eleva per le economie evanzate la “non-esclusicompetiti-vità”, e quindi, a parità di PIL pro-capite, ne riduce l’ECI. E, d’altra parte, non tutti i paesi esportano gli stessi beni e non tutti i beni forniscono il medesimo contributo alla crescita del PIL.

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