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Dentro la dinamica degli scambi mondiali. Il ruolo del manifatturiero

Nel documento Giugno 2013N. 4 (pagine 129-132)

6. L’altro volto del commercio estero: gli scambi in valore aggiunto

6.2 Dentro la dinamica degli scambi mondiali. Il ruolo del manifatturiero

Negli ultimi venti anni il valore dei beni e servizi scambiati tra paesi è cresciuto a ritmi vertiginosi, toccando il picco nel 2008; è poi crollato nel 2009, risalito ve-locemente nel biennio successivo e in-fine ha frenato nel 2012. Il commercio con l’estero rappresenta la variabile più dinamica per la maggior parte delle eco-nomie, soprattutto quelle avanzate. La dinamica degli scambi commerciali e quella del PIL nel mondo hanno intra-preso sentieri divergenti a partire dalla metà degli anni Novanta (Grafico 6.1). Nel 1994 il valore globale degli scambi di beni e servizi era pari al 20,4% del PIL

mondiale, lo stesso livello registrato nel 1974 e nella media dei venti anni compresi tra que-ste due date. Nel 2008 esso ha raggiunto il 32,9% del PIL (+0,9 punti percentuali annui). Dopo il crollo nel 2009 (-5,1 punti percentuali), nel biennio successivo il commercio ha re-cuperato quasi del tutto la quota persa e si è attestato al 31,8% del PIL nel 2012.

Le cause della corsa degli scambi internazionali, apparentemente inarrestabile fino al 2008, sono molteplici e strettamente legate tra loro e spesso riunite sotto l’ampio cappello della globalizzazione: la comparsa di nuovi importanti giocatori nello scacchiere mondiale, in particolare i BRICS, trainati da brillanti performance dell’export; la crescente multinazio-nalizzazione delle imprese e gli stretti legami commerciali che si vengono a creare tra le par-tecipate nei diversi paesi; la riduzione delle barriere al commercio estero, tariffarie e non; lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie, specialmente nel settore dell’informa-zione e della comunicadell’informa-zione (ICT), che hanno drasticamente ridotto i tempi per coprire le Scenari industriali n. 4, Giugno 2013

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Grafico 6.1 La corsa degli scambi mondiali

(Mondo, commercio estero e PIL, rapporto tra valori in dollari correnti, %)

Fonte: elaborazioni CSC su dati FMI e WTO. 18 20 22 24 26 28 30 32 34 1974 1976 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012

distanze tra paesi e aperto alla concorrenza estera settori tradizionalmente chiusi, soprat-tutto nei servizi.

Tutto ciò si è accompagnato al fenomeno trasversale della frammentazione dei processi pro-duttivi su scala mondiale. Il valore di ogni unità esportata contiene così anche una quota di beni importati, che viene computata due o più volte negli scambi lordi totali. Questa quota, cresciuta nel tempo (dal 20,8% nel 2000 al 27,1% nel 20115), va sottratta dal valore della pro-duzione interna per giungere al contributo degli scambi esteri alla formazione del PIL. La ragnatela globale amplifica, attraverso le sue complesse ramificazioni, l’effetto degli shock economici sugli scambi mondiali, soprattutto quando essi hanno una natura siste-mica e quindi non possono essere attutiti dalla flessibilità della rete produttiva. È il caso, in positivo, dell’ascesa dei BRICS e, in negativo, della crisi del 20096.

In base alle stime CSC, gli scambi interna-zionali in valore aggiunto rappresenta-vano circa un quinto (il 20,7%) del PIL mondiale nel 2008, 10,6 punti percentuali in meno degli scambi lordi7. La variazione della quota del commercio estero in valore aggiunto sul PIL è stata pari alla metà di quella degli scambi lordi nel periodo con-siderato: +6,2 punti percentuali di PIL tra il 1995 e il 2008 (contro +12,0 punti) e -2,8 punti nel 2009 (-5,7; Grafico 6.2).

La differenza è ancora più evidente se si esaminano gli scambi di soli beni mani-fatturieri. Nel 2008 essi rappresentavano

i due terzi degli scambi lordi totali (67,2%), una quota in calo di 5,8 punti percentuali dal 1995; ma costituivano solo il 37,7% di quelli in valore aggiunto. La minor quota del manifatturiero, a vantaggio di quella dei servizi, nel passaggio dalla misura lorda a quella netta è coerente con il metodo di stima adottato, che computa tutti gli scambi di beni intermedi tra settori, in-terni ed esteri, nella determinazione del valore aggiunto. Il peso del manifatturiero negli scambi esteri in valore aggiunto è comunque più del doppio della quota del manifatturiero sul PIL, pari nel mondo al 16,9% nel 2008.

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Grafico 6.2 Scambi in VA: più bassi e meno variabili...

(Mondo, esportazioni e PIL, rapporto tra valori in dollari correnti, %)

Fonte: stime CSC su dati WIOD. 14 16 18 20 22 24 26 28 30 32 1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007 2009 Esportazioni lorde Esportazioni in VA

Il peso degli scambi di servizi aumenta in valore aggiunto attraverso due canali. Innanzi-tutto, perché i servizi entrano come input intermedio in varie fasi produttive dei settori ma-nifatturieri. I beni manufatti, che siano destinati al mercato interno o a quelli internazionali, incorporano una parte consistente di attività dei servizi: per esempio, il 30% del valore ag-giunto di un’automobile tedesca. In secondo luogo, perché l’attività dei servizi richiede meno input intermedi da altri settori e dunque realizza una maggiore quota di valore ag-giunto sulla produzione lorda (in altre parole, l’integrazione verticale della produzione è maggiore). Questo secondo fenomeno, peraltro, è meno marcato negli scambi internazio-nali che in quelli interni: in base a dati OCSE, nel 2008 la quota di valore aggiunto sulla pro-duzione lorda era pari al 26,4% nel manifatturiero e al 47,2% nei servizi; ma per quanto riguarda le sole esportazioni saliva al 31,1% nel manifatturiero e al 49,0% nei servizi. Rimane inalterata, dunque, la centralità del manifatturiero negli scambi internazionali anche nella misura netta; con l’importante annotazione che il valore aggiunto creato nel manifatturiero fa da volano alla produzione di reddito nei servizi.

Il processo di frammentazione della pro-duzione internazionale risulta estrema-mente evidente se si guarda all’evolu-zione dei soli scambi di beni manufatti (Grafico 6.3). In termini lordi, gli scam-bi internazionali di manufatti erano pari al 124,7% del PIL manifatturiero mondiale nel 2008, con un incremento di ben 52,6 punti percentuali dal 1995; sono poi crollati di 18,8 punti nel 2009. In valore aggiunto, invece, gli scambi con l’estero costituivano poco meno della metà del PIL manifatturiero nel 2008 (46,3%) e mo-strano una variabilità, sempre in quota al

PIL, quattro volte inferiore: +13,4 punti percentuali dal 1995 al 2008, -4,4 nel 2009. Scompare, inoltre, il picco registrato dal commercio estero a cavallo del 2000, dovuto alla bolla dot.com. Si possono trarre due conclusioni. Primo, la crescita del commercio internazionale è confermata anche nella misura in valore aggiunto. Secondo, la maggior parte della variazione degli scambi manifatturieri lordi è dovuta, però, alla frammentazione internazionale della produzione.

Scenari industriali n. 4, Giugno 2013

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Grafico 6.3 ... soprattutto nel manifatturiero

(Mondo, esportazioni e VA manifatturieri, rapporto tra valori in dollari correnti, %)

Fonte: stime CSC su dati WIOD.

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6.3. La nuova mappa mondiale dell’export. La Cina è ancora più grande, l’Italia tiene

Nel documento Giugno 2013N. 4 (pagine 129-132)