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Di che cosa siamo responsabili?

La critica di van Inwagen agli esempi à la Frankfurt differisce peculiarmente da quelle considerate finora. Van Inwagen non mette infatti in discussione la possibilità di realizzare le circostanze speciali richieste dall’argomentazione di Frankfurt: a questo titolo la sua argomentazione può essere considerata un’obiezione di tipo morale, e non di tipo metafisico. Van Inwagen non giunge ad una conclusione definitiva riguardo l’efficacia degli esempi à la Frankfurt, cioè sul fatto se essi confutino o meno il Principio delle Possibilità Alternative. D’altra parte questo punto, per van Inwagen, non è fondamentale: infatti egli afferma che il

Principio delle Possibilità Alternative non costituisce comunque una base adeguata per mostrare l’incompatibilità di determinismo e responsabilità morale.

Nel già citato Essay on Free Will van Inwagen formula tre nuovi differenti principi riguardanti i requisiti della responsabilità morale, i quali non possono venire confutati dagli esempi à la Frankfurt.76 Il primo di essi è il Principle of Possible Action, che concerne la responsabilità per le omissioni:

PPA: Una persona è moralmente responsabile per aver omesso una certa azione solo se aveva la possibilità di compierla.

Van Inwagen inoltre fornisce due versioni del Principle of Possible Prevention, che riguardano la responsabilità per le conseguenze delle azioni, intese nella prima versione (PPP1) come « eventi particolari » e nella seconda versione (PPP2) come « stati di cose universali: »

PPP1: Una persona è moralmente responsabile di un certo evento particolare solo se aveva la possibilità di prevenirne l’accadere.

PPP2: Una persona è moralmente responsabile di un certo stato di cose universale solo se (questo stato di cose è realizzato e) aveva la possibilità di prevenirne l’accadere.

Se si accetta la verità del determinismo, appare che se una persona ha omesso di compiere un’azione, questa sua omissione era inevitabile; ed inoltre, che nessuno è in grado di prevenire l’accadere degli eventi che sono le conseguenze delle proprie azioni. Dunque se il determinismo è vero ed i principi appena esposti sono validi nessuno è responsabile delle proprie omissioni e delle conseguenze delle proprie azioni.

Si noti che appare a prima vista possibile costruire un esempio à la Frankfurt allo scopo di confutare il Principle of Possible Action: l’attore controfattuale stavolta attende nell’ombra perché vuole che il protagonista ometta una certa azione; quest’ultimo non mostra alcun segno premonitore della scelta di compiere l’azione in questione e l’attore controfattuale non interviene. Tuttavia van Inwagen formula il seguente esempio, allo scopo di mostrare che stavolta la strategia di Frankfurt non funziona.

Testimone Vigliacco: Una sera Pietro si trova tranquillo in casa sua: dalla propria finestra gli capita di osservare un uomo in strada che è vittima di un’aggressione da parte di una banda di malviventi. Pietro valuta se telefonare alla polizia perché intervenga a soccorrere il malcapitato: però egli sa che se prenderà questa iniziativa dovrà probabilmente collaborare alle indagini dell’autorità e forse infine testimoniare ad un processo. Pietro è una persona estremamente pavida e, nonostante il contributo da lui richiesto sia in effetti minimo, egli teme di subire conseguenze sgradevoli che deriverebbero dal suo coinvolgimento in questa spiacevole vicenda. Dunque Pietro decide di non fare la chiamata e si mette a letto come se non avesse visto nulla. Tuttavia quella sera vi era un guasto alla centrale telefonica, e tutte le comunicazioni erano interrotte.

É opportuno considerare Pietro responsabile per non aver chiamato la polizia? La risposta che dà van Inwagen è: chiaramente no, perché Pietro non poteva chiamare la polizia. Tutt’al più si può considerare Pietro responsabile per non aver neanche tentato di chiamare la polizia, e quindi lo si può biasimare per essersi comportato da vigliacco: ma non per aver omesso ciò che non aveva la possibilità di compiere. Il Principle of Possible Action appare dunque essere un’istanza particolare del principio generale « dovere implica potere, » al quale van Inwagen, come abbiamo già notato, si rifà in più punti della sua opera.

Van Inwagen considera poi la responsabilità che le persone hanno per le conseguenze delle proprie azioni, sottolineando che le nostre ascrizioni di responsabilità vertono principalmente proprio su questo tipo di eventi. Infatti, scrive van Inwagen, normalmente non diciamo « Sei responsabile per aver ucciso Jones, » oppure « Sei responsabile per non aver annaffiato i gerani, » ma piuttosto: « Sei responsabile per la morte di Jones, » e « Sei responsabile per lo stato penoso in cui sono i gerani. »77

Il principio che a questo proposito fornisce van Inwagen si presenta in due versioni, per via di un problema ontologico riguardo l’individuazione degli eventi. Van Inwagen propone dapprima di considerare le conseguenze delle azioni come « eventi particolari: » X ed Y sono gli stessi eventi particolari se X ed Y hanno le stesse cause. Altrimenti, un evento può essere individuato come « stato di cose universale » considerandolo a prescindere dalla genesi causale che esso ha avuto. In quest’ultimo senso, se parliamo ad esempio della « morte di Smith per asfissia, » oppure della « morte di Smith per trauma cerebrale, » o ancora della

« morte di Smith per esposizione a radiazioni » stiamo parlando dello stesso stato di cose universale che è la morte di Smith.

Innanzitutto si può facilmente constatare che PPP1, il principio che riguarda la responsabilità per le conseguenze intese come eventi particolari, non può essere confutato dagli esempi à la Frankfurt. Infatti in questi ultimi l’evento rilevante (la morte di Smith, appunto) nella sequenza alternativa avrebbe una causa differente rispetto a quella che di fatto esso ha nella sequenza attuale: o è il protagonista a causare la morte di Smith mediante una decisione effettuata per conto proprio, oppure è l’attore controfattuale a causare la morte di Smith manipolando Jones. Secondo van Inwagen appare quindi che il protagonista degli esempi è responsabile della morte di Smith intesa come evento particolare, perché ha la possibilità di prevenirne l’accadere: la morte di Smith causata dall’intervento dell’attore controfattuale è infatti, in questo senso, un evento differente.

Gli esempi à la Frankfurt vanno incontro ad un fallimento anche nel caso si consideri la responsabilità per degli stati di cose universali: essi cioè non riescono a confutare PPP2. In relazione a quest’ultimo principio sembra che Jones non possa prevenire la morte di Smith, in quanto, sia nel caso in cui essa venga causata dalla sua decisione, oppure nel caso in cui sia l’attore controfattuale a causarla, si tratta dello stesso stato di cose universale che viene a prodursi. Van Inwagen sostiene però che d’altra parte Jones non può essere responsabile della morte di Smith così intesa. Si ricordi infatti che uno stato di cose universale rimane lo stesso, qualsiasi sia la causa che lo ha prodotto: in questo senso dunque, precisa van Inwagen, le proposizioni « Smith muore » e « Smith è mortale » sono equivalenti, poiché identificano lo stesso stato di cose. Così risulta chiaramente falso sostenere che Jones è responsabile dello stato di cose universale « Smith è mortale. »

Il bilancio finale dell’argomentazione di van Inwagen è dunque il seguente: il protagonista degli esempi à la Frankfurt o è responsabile di un evento particolare che può evitare di compiere, oppure non è responsabile di uno stato di cose universale che non può evitare di compiere. Sembra dunque che, qualsiasi sia il criterio di inviduazione degli eventi proposto, per essere responsabili di una conseguenza delle proprie azioni occorre avere avuto la possibilità di prevenirne l’accadere.

Quest’argomentazione di van Inwagen è stata da più parti tacciata di oscurità ed inverosimiglianza. John Martin Fischer, ad esempio, commentando il principio PPP1, ha sostenuto che il criterio per l’individuazione degli eventi particolari proposto da van Inwagen è inaccettabile. Si consideri l’attacco giapponese effettuato nel 1941 contro la base americana di Perl Harbor: si supponga inoltre che l’Imperatore del Giappone abbia dato il via

all’offensiva pronunciando le parole « Cominciate l’attacco. » Secondo il principio di individuazione degli eventi particolari, se l’Imperatore avesse dato l’ordine di attaccare con parole diverse, ad esempio « Distruggete Perl Harbor, » allora avremmo a che vedere con un attacco a Perl Harbor diverso dal precedente.78 Ciò appare evidentemente implausibile: d’altra parte, non si vede chiaramente perché, nel valutare la responsabilità morale per le conseguenze, occorra impegnarsi ad adottare un requisito così stretto (che Fischer definisce essenzialista) per la loro individuazione.

Invece Martha Klein ha notato come la necessità di formulare un principio quale PPP2 appaia di difficile comprensione, in quanto discende direttamente dalla definizione di stato di cose universale che nessuno potrà mai essere responsabile di nulla, se appunto un evento come « Smith muore » è da leggersi alla stregua di « Smith è mortale. »79 Inoltre Robert Heineman ha notato che non è in realtà plausibile sostenere questa equivalenza, affermata da van Inwagen: la proposizione « Il bicchiere si rompe » non può designare la stessa cosa di « Il bicchiere è friabile, » poiché quest’ultimo enunciato ascrive una proprietà ad un oggetto invece di riferirsi ad un evento di qualche tipo.80

Sembra dunque che van Inwagen, proponendo i suoi criteri per l’individuazione degli eventi, si sia spostato da un estremo all’altro, senza di fatto riuscire a fornirne uno che sia di qualche utilità. Tuttavia, nonostante PPP2 sembri non avere una precisa applicazione, esso si appoggia come PPP1 ad una intuizione fondamentale, che può essere formulata più chiaramente, senza chiamare in gioco il problema dell’individuazione degli eventi. Van Inwagen esplicita quest’intuizione nel modo seguente: una persona non è responsabile di un certo evento se quest’ultimo sarebbe accaduto qualsiasi decisione essa avrebbe preso.81

Ecco l’esempio che van Inwagen usa per illustrare questo principio:

Cavallo Pazzo: Rider sta cavalcando il suo destriero Dobbin: quest’ultimo però si imbizzarisce, e Rider non può dunque fermarne la folle corsa. Tuttavia, Rider, tirando le briglie, può ancora guidare il cavallo nell’una o nell’altra direzione. Essi si trovano vicino

78 Fischer, John Martin, « Responsibility and Control », in The Journal of Philosophy, Vol. 79, No. 1 (Jan.

1982), pp. 24-40; vedi p. 31.

79 Klein, Martha, Determinism, Blameworthiness and Deprivation, Clarendon Press, Oxford 1990; p. 45.

80 Heinaman, Robert, « Incompatibilism without the Principle of Alternative Possibilities », in Perspectives on Moral Responsibility, ed. da Fischer, John Martin e Ravizza, Mark, Cornell University Press, Ithaca and London,

1993; p. 302

Roma, e Rider nutre un grande odio per i romani: accade così che, giunti ad un bivio, Rider fa svoltare Dobbin a destra, con l’intenzione di passare a tutta birra nelle vie di Roma, nella speranza di travolgere qualche suo abitante. Rider infatti crede che la strada di sinistra conduca lontano dalla città: ma egli si sbaglia, perché in realtà tutte le strade portano a Roma.

Rider è responsabile del fatto che il suo cavallo passi a tutta velocità nelle vie di Roma, ferendo delle persone? La risposta di van Inwagen è no: d’altra parte vi è sicuramente qualcosa per cui Rider può venire giustamente biasimato, cioé per non aver nemmeno tentato di evitare la catastrofe (svoltando a sinistra). Rider, a quanto pare, può venir biasimato per le sue intenzioni malvage, ma non per ciò che non poteva in alcun modo prevenire.

Appare immediatamente la somiglianza dell’esempio di Rider e Dobbin con quello che van Inwagen ha usato per sostenere il suo principio sulla responsabilità per le omissioni (PPA), in cui il testimone accidentale di un crimine non può essere biasimato per non aver chiamato la polizia perché, contrariamente a quanto credeva, non aveva la possibilità di farlo. In ambedue gli esempi interviene un qualche fattore che sfugge alla conoscenza dell’agente (le linee telefoniche sono guaste, tutte le strade portano a Roma), il quale fa sì che il corso degli eventi non sia influenzabile dalla decisione del protagonista. Anche se van Inwagen non lo riconosce esplicitamente, la sua argomentazione su PPA riguarda dunque la responsabilità per certe conseguenze del comportamento di una persona.

Occorre infatti distinguere le omissioni semplici dalle omissioni complesse. Le prime consistono nell’omettere di eseguire certi movimenti corporei; le seconde consistono invece nell’omettere di causare un certo evento omettendo di muovere il proprio corpo in un certo modo. L’omissione del testimone vigliacco è di tipo complesso: egli omette di avvertire la polizia, omettendo di alzare la cornetta e di comporre il numero d’emergenza.

Nel caso di un’omissione complessa si può dunque identificare un « fatto negativo » da considerarsi come una conseguenza moralmente rilevante: nell’esempio dato da van Inwagen si tratta infatti di stabilire la responsabilità del testimone per il fatto che egli non ha avvertito la polizia. Sia Testimone Vigliacco sia Cavallo Pazzo possono dunque venire considerati sulla base dello stesso principio: una persona non è responsabile di un certo evento se quest’ultimo sarebbe accaduto qualsiasi decisione essa avrebbe preso.

La critica di van Inwagen va dunque considerata come una critica morale perché mette in discussione l’argomentazione di Frankfurt sul punto di applicazione dei giudizi mediante i quali valutiamo il biasimo o la lode che le persone meritano. Si ricordi d’altra parte che gli esempi à la Frankfurt dovrebbero supportare la seguente assunzione generale sui giudizi di

responsabilità: ciò che è irrilevante al fine di spiegare perché un’azione è stata eseguita è irrilevante anche per valutare la responsabilità di chi l’ha eseguita. Carl Ginet, allo scopo di smentire questa tesi, ha proposto un esempio che è sostanzialmente analogo a quelli di van Inwagen appena considerati.

Uragano: Un uragano si avvicina alla costa della California: Joe è al corrente di questo fatto ed inoltre, a causa della malattia mentale di cui soffre, crede in maniera delirante di poter influenzare i fenomeni atmosferici usando delle formule magiche. Dunque Joe ritiene che pronunciando una certa preghiera potrebbe stornare l’uragano e salvare così gli abitanti di San Francisco dalla catastrofe imminente. Tuttavia Joe odia gli abitanti di San Francisco, e quindi non pronuncia la sua preghiera, perché desidera la loro rovina.82

La domanda è scontata: Joe è responsabile per non aver prevenuto la catastrofe? Ovviamente no, dato che ciò si trovava, contrariamente alle sue credenze pazzoidi, al di là del suo potere. In quest’ultimo esempio, come in quelli di van Inwagen (Testimone Vigliacco e Cavallo Pazzo) vi è un fattore che non contribuisce a spiegare perché il loro protagonista ha agito in quel modo: il fatto che le linee telefoniche non funzionano, il fatto che tutte le strade portano a Roma, il fatto che Joe non ha poteri magici. Tuttavia, sembra che questi elementi della situazione entrino effettivamente in gioco nella valutazione della responsabilità: Joe non è responsabile per la catastrofe di San Francisco, né Rider lo è per lo scompiglio nelle vie di Roma causato dal suo cavallo, così come infine il testimone vigliacco non merita di essere biasimato per non aver avvertito la polizia.

Harry Frankfurt ha replicato alla critica di van Inwagen in un articolo breve quanto interessante, intitolato significativamente What We Are Morally Responsible For.83 Frankfurt considera l’esempio del testimone vigliacco, distinguendo due tipi di inevitabilità. L’inevitabilità personale riguarda certi eventi che sono destinati a prodursi perché un agente non può evitare di muovere il proprio corpo in un certo modo; l’inevitabilità impersonale invece è propria a certi eventi che sono destinati a prodursi indipendentemente da qualsiasi movimento corporeo l’agente esegua.

82 Questo esempio è discusso da Widerker, David, nel suo « Blameworthiness and Frankfurt’s Argument Against

the Principle of Alternative Possibilities », p. 61.

83 Frankfurt, Harry G., « What We Are Morally Responsible For », in Fischer, John Martin, Ravizza Mark (eds.), Perspectives on Moral Responsibility, Cornell University Press, Ithaca (NY) 1993; pp. 286-295.

Frankfurt precisa che i suoi esempi con attori controfattuali mostrano che le persone possono essere appropriatamente considerate responsabili per ciò che è personalmente evitabile: può trattarsi dunque sia di azioni sia di quelle omissioni semplici che consistono nell’evitare di compiere certi movimenti corporei. D’altra parte, sostiene Frankfurt, ciò che può essere impersonalmente inevitabile o meno non entra affatto in gioco nel valutare il biasimo o la lode che una persona merita.

In Testimone Vigliacco il fatto che i telefoni non funzionano rende il fatto negativo « il testimone non avverte la polizia » impersonalmente inevitabile; ma ciò determina solamente l’appropriatezza di una particolare descrizione del comportamento moralmente rilevante. Se i telefoni funzionano, si può descrivere la condotta del testimone come « omettere di avvertire la polizia; » se invece le linee sono guaste la sua condotta sarà meglio descrivibile come « omettere di tentare di avvertire la polizia. »

In ambedue i casi, secondo Frankfurt, il giudizio morale su chi ha agito rimane lo stesso: non bisogna confondere infatti la definizione dell’azione con la valutazione della persona. Frankfurt scrive: « The difference between evaluating P for failing to call and evaluating him for failing to try to call can therefore have no moral significance. It is pertinent only to a decision concerning whether it would be more suitable to couch in one set of terms or in another what, in either case, remains the same moral estimate. »84

Van Inwagen sosteneva che il Principio delle Possibilità Alternative non è la base migliore per affermare l’incompatibilità di determinismo e responsabilità, perché normalmente le nostre ascrizioni di responsabilità non riguardano le azioni delle persone, ma piuttosto le conseguenze di queste azioni. Invece Frankfurt, replicando a van Inwagen, afferma che i suoi principi sulla responsabilità per le conseguenze non possono porre un problema per il teorico compatibilista, in quanto non riguardano la relazione tra la libertà del volere ed il determinismo.

Affermando che il requisito della responsabilità morale sta nella libertà del volere Frankfurt non si impegna tuttavia a sostenere che i giudizi sulla responsabilità consistono solamente in una valutazione delle intenzioni, delle ragioni per cui una persona ha agito (dunque, in altre parole, di certe sue caratteristiche psicologiche.) Frankfurt precisa: « What a person does is not relevant to moral evaluation of him merely because it is an indicator of his mental state. People merit praise and blame for what they do, and not just on the basis of what they do. »85

84 Frankfurt, Harry G., « What We Are Morally Responsible For », p. 295. 85 Frankfurt, Harry G., « What We Are Morally Responsible For », p. 291.

D’altra parte Frankfurt (in « Freedom of the Will and the Concept of a Person ») aveva definito il volere di una persona come il desiderio che conduce questa ad agire: il volere non è dunque un processo puramente mentale o interiore che esiste indipendetemente da ogni movimento del corpo. La libertà del volere è la capacità di muovere il proprio corpo assecondando un desiderio X con cui la persona si identifica – mediante il desiderio (di secondo grado) di essere mosso ad agire dal desiderio X. Ecco dunque infine, secondo Frankfurt, ciò di cui le persone sono responsabili: dei movimenti del loro corpo, quando questi – beninteso - sono causati da certi stati mentali, cioé quando essi realizzano la volontà di chi agisce (oppure: quando essi esprimono il loro Vero Io.)86

Parallelamente, Frankfurt adotta una definizione di libertà d’azione che va precisata: la libertà d’azione è, in opposizione alla libertà del volere, la capacità di produrre certi eventi – o di prevenire il loro accadere – effettuando – o astenendosi dal compiere – certi movimenti corporei. Il guasto alle linee telefoniche diminuisce dunque la libertà d’azione del testimone perché costui non può chiamare la polizia: ma non diminuisce la libertà del suo volere; egli infatti esprime la sua volontà nel proprio comportamento. Allo stesso modo, in Cavallo Pazzo, il fatto che tutte le strade portano a Roma diminuisce solamente la libertà d’azione di Rider: egli non può evitare di passare per la capitale. Ma dirigendo il cavallo sulla strada che