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La responsabilità per le conseguenze e la sorte morale.

Il problema della moral outcome luck deriva dal fatto che l’esito dei nostri progetti pratici è sempre sottoposto ad un certo grado di incertezza: le conseguenze delle nostre scelte

dipendono dal concorso di una molteplicità di fattori esterni, che non sono mai tutti sotto il nostro controllo. Michael Zimmerman precisa questo punto distinguendo opportunamente un tipo di controllo ristretto da un controllo completo.89 Una persona esercita un controllo ristretto rispetto ad un evento e se può realizzare e e può anche prevenire la realizzazione di e. Esercitare un controllo completo rispetto ad un evento e invece significa esercitare un controllo ristretto su e ed anche su tutti gli altri eventi che sono delle condizioni necessarie di e. Date queste definizioni, appare che il controllo completo di un qualsiasi evento è un ideale al quale gli esseri umani possono avvicinarsi, ma che non possono mai raggiungere: anche se e consiste semplicemente in un movimento del proprio corpo, nessuno esercita un controllo ristretto sulla propria nascita, evento che è una condizione necessaria di e.

Zimmerman dunque conclude che è il controllo ristretto ad essere una condizione della responsabilità morale, e non il controllo completo: altrimenti ne risulterebbe che nessuno è mai responsabile di niente. D’altra parte però la mancanza di un controllo ristretto sulle condizioni necessarie di certi eventi sembra poter influenzare in maniera disturbante i giudizi di responsabilità morale. Si pensi agli esempi Killer 1 e Killer 2: Sam 1 esercita un controllo ristretto sui movimenti del proprio corpo (prendere la mira col suo fucile e premere il grilletto), ma d’altra parte non esercita un controllo ristretto sulle condizioni necessarie dell’evento « Joe viene colpito dal proiettile; » infatti Sam non poteva prevenire il fatto che Joe sia scivolato su di una buccia di banana nell’istante fatale, e che quindi si sia scostato dalla traiettoria del proiettile.

Ecco dunque apparire il fenomeno della sorte morale nelle conseguenze (moral outcome luck oppure resultant moral luck): si può infatti notare che, in un senso, Sam 2 incorre in una grave colpa morale (l’aver causato la morte di Joe) mentre Sam 1 la evita. Sam 1 è stato dunque moralmente fortunato, mentre Sam 2 è stato moralmente sfortunato. D’altra parte però si può notare che Sam 2 non è una persona migliore di Sam 1; in quest’altro senso essi possono dirsi ugualmente colpevoli. Entrambi infatti portavano avanti lo stesso piano d’azione, avevano una medesima intenzione omicida.

Anche negli esempi Testimone Vigliacco e Cavallo Pazzo si può considerare come la sorte intervenga ad influenzare i giudizi morali sui protagonisti: un fattore imprevisto priva entrambi del controllo ristretto che essi credevano di poter esercitare su di un certo evento rilevante: avvertire la polizia ed allontanarsi da Roma. Se si accetta l’argomentazione di van

89 Zimmerman, Michael J., « Luck and Moral Responsibility », p. 376, in Ethics, Vol. 97, No. 2 (Jan. 1987), pp.

Inwagen si può dunque dire che questi personaggi sono moralmente fortunati, perché si ritrovano esentati dalla responsabilità per un evento che credevano di poter evitare.

Tuttavia, l’interpretazione di questi esempi data da Frankfurt appare più pertinente, se appunto si considera l’aspetto paradossale di un giudizio di responsabilità influenzato da fattori che si trovano al di là del controllo dell’agente. Frankfurt motiva infatti la sua posizione citando Donald Davidson: « we never do more than move our bodies; the rest is up to nature. »90 Michael Zimmerman effettua un’osservazione analoga, esplicitandone le implicazioni: « Insofar as what happens after one has made a free decision is, in a sense, up to nature, then these events, while perhaps serving as indirect indicators of praise and blame, are strictly dispensable in the assessment of moral responsibility. »91

La posizione di Zimmerman sul fenomeno della sorte morale nelle conseguenze si ritrova dunque compendiata nel seguente principio, secondo il quale si tratta in realtà di un fenomeno soltanto apparente: due persone che decidono di eseguire una medesima azione A, credendo di trovarsi in una medesima situazione D meritano il biasimo – o la lode - in ugual misura, indipendentemente dalle conseguenze che la loro decisione finisce col produrre.

Zimmerman considera una coppia di esempi del tutto simile ai nostri Killer 1 e 2: si noti che Sam 1 e Sam 2 credono di trovarsi in una medesima situazione; infatti ambedue credono che certe loro azioni (prendere la mira e premere il grilletto) produrranno la morte di Joe. Dunque Zimmerman, applicando il suo principio, sostiene che l’omicida mancato va biasimato altrettanto duramente di colui che è riuscito nel suo intento.

Thomas Nagel osservava però che vi è una differenza moralmente significativa tra, ad esempio, una manovra spericolata alla guida ed un omicidio colposo – cioé una manovra spericolata che conduce alla morte di un pedone; Nagel in altre parole considerava il paradosso della sorte morale nelle conseguenze come qualcosa di reale.92 Zimmerman però sembra riuscire anche a rendere conto di questa « differenza moralmente significativa, » distinguendo i giudizi ipologici dai giudizi deontici. Questi ultimi stabiliscono il dovere, vale a dire ciò che è moralmente obbligatorio, e riguardano delle azioni; nelle parole di

90 Frankfurt scrive: « I am here invoking Donald Davidson’s well-known view – developed with compelling

lucidity in his essay entitled “Agency” (in Brinkley, Bronaugh, and Marras [eds.], Agent, Action and Reason [New York: Oxford, 1971], pp. 3-25) – according to which “we never do more than move our bodies: the rest is up to nature” (23). Adapting and paraphrasing his account to the case of P, it might be said that after P has moved his hands in the ways one must move them in order to make a telephone call, he has done his work; it only remains for the telephone company to do its. », in « What we are morally responsible for », nota 4, p. 292.

91 Zimmerman, Michael J., « Luck and Moral Responsibility », pp. 385-386. 92 Nagel, Thomas, « Moral Luck », pp. 24-25.

Zimmerman si tratta di giudizi act-based. Il termine « ipologico » è un neologismo coniato da Zimmerman per designare le valutazioni di responsabilità, che sono invece incentrate essenzialmente sulle persone (agent-based). Questa distinzione serve a Zimmerman per valutare appropriatamente il ruolo che la sorte può avere nei giudizi morali: occorre riconoscere la possibilità di incorrere in un’obbligo a causa della sorte, ma non è mai possibile che il proprio statuto morale sia accresciuto o diminuito dalla sorte.

Testimone Vigliacco e Cavallo Pazzo si prestano ad illustrare questo punto. Van Inwagen interpretava questi esempi sulla base del principio « dovere implica potere: » il testimone non è obbligato ad avvertire la polizia, perché non può avvertirla, dato che i telefoni non funzionano. Da ciò però non segue, secondo la prospettiva di Zimmerman, che il testimone non merita di essere biasimato per non aver avvertito la polizia: il biasimo a lui diretto non varia in relazione ai doveri che di fatto egli aveva e che di fatto ha trasgredito, ma piuttosto in relazione ai doveri che credeva di avere e che credeva di trasgredire. La sorte ha fatto sì che il testimone non fosse obbligato a chiamare la polizia: ma questo non influisce sulla valutazione del suo statuto morale. Come osserva Nagel, vi è una differenza moralmente significativa tra una manovra spericolata alla guida ed un omicidio colposo: Zimmerman precisa dunque che questa differenza sta nelle norme morali che vengono infrante nell’uno e nell’altro caso, ma questa è una faccenda distinta rispetto al biasimo che merita colui che le infrange. Egli scrive: « The degree to which a person is responsible has nothing to do with, and hence is not affected by, what is “external” to him. The degree to which a person is obligated has much to do with what is “external” to him. »93

In ultima analisi però mi sembra che la concezione di Zimmerman non sia soddisfacente. Si ricordi ancora una volta la distinzione tra i due sensi del termine « colpa »: da una parte si può designare con essa il difetto di una persona (relativo alle motivazioni che l’hanno spinta ad agire); dall’altra un’azione o una conseguenza di un’azione, che possono corrispondere entrambi ad una infrazione di certe norme morali. Riprendendo una terminologia propria alla giurisprudenza anglosassone, si può definire il primo tipo di colpa mens rea, il secondo invece actus reus. Al fine di eliminare il paradosso posto dalla sorte morale nelle conseguenze, Zimmerman enuncia il principio secondo il quale due persone che decidono di eseguire una medesima azione A, credendo di trovarsi in una medesima situazione D meritano il biasimo – o la lode - in ugual misura (indipendentemente dalle conseguenze che la loro decisione finisce

93 Zimmerman, Michael J., « Moral Luck: A partial map. », p. 601, in Canadian Journal of Philosophy, Vol. 36,

col produrre): ma questo principio funziona solo quando vi è una certa proporzione, in termini di gravità, tra la mens rea dei due agenti e l’actus reus che si verifica in una delle due situazioni.

Zimmerman ad esempio considera il caso di due guidatori ubriachi: ambedue hanno scelto volontariamente di bere prima di mettersi alla guida, ma solo uno di essi, essendo sfortunato, finisce con l’investire un pedone. In casi del genere risulta verosimile sostenere che ambedue gli agenti meritano di essere biasimati alla stessa maniera, perché la guida in stato di ebbrezza è un comportamento di una considerevole gravità: secondo Zimmerman dunque il guidatore ubriaco che non ha investito nessuno merita di essere biasimato altrettanto duramente del guidatore ubriaco che è stato più sfortunato ed ha cauato una morte. Si consideri invece il seguente esempio, che ricorre con una certa frequenza nella letteratura sulla sorte morale:

Camionisti Negligenti: Due guidatori di camion, Pietro e Paolo, dimostrano di essere ugualmente negligenti. Sebbene la data della revisione periodica sia trascorsa, essi non sono ancora andati all’appuntamento con l’officina, omettendo così di far controllare i freni dei loro veicoli. Pietro un giorno passa guidando in prossimità di un parco giochi, e da lì un bambino a cui è sfuggita la palla di mano corre in strada per acchiapparla, trovandosi sulla traiettoria del suo camion. Pietro cerca di fermarsi ma i freni cedono ed il bambino viene investito. Paolo invece era passato con il suo camion davanti al parco giochi poco prima, nessuno gli ha attraversato la strada e così egli ha poi continuato il suo viaggio senza inconvenienti.

In Camionisti Negligenti appare decisamente controintuitivo sostenere che il guidatore fortunato (Paolo) vada biasimato altrettanto duramente di quello sfortunato (Pietro): nel caso di Paolo abbiamo a che vedere solo con una banale negligenza. Parrebbe comunque possibile, relativamente a quest’ultimo tipo di esempio, abbracciare una prospettiva opposta a quella di Zimmerman: il guidatore negligente che investe una persona va biasimato altrettanto lievemente di colui che, essendo ugualmente negligente ma anche favorito dalla sorte, non investe nessuno.94 Anche questa conclusione sembra però controintuitiva. C’era qualcosa infatti che il camionista negligente doveva fare, far controllare i freni; e se il camionista lo avesse fatto, il bambino non sarebbe morto: ma le cose purtroppo non sono andate così. Come

94 Per una interpretazione di questo genere, vedi: Andre, Judith, « Nagel, Williams, and Moral Luck », in Analysis, Vol. 43, No. 4. (Oct. 1983), pp. 202-207.

si può sostenere dunque che Pietro merita di essere biasimato solo per la sua negligenza, come se questa tragedia non fosse successa?95

In queste pagine ho già avuto occasione di esporre un caso di sorte morale nelle conseguenze che presenta una simile sproporzione tra mens rea ed actus reus: si tratta della versione di esempio à la Frankfurt fornita da Derk Pereboom, Evasione Fiscale, che riporto ancora una volta in maniera più succinta:

Evasione Fiscale: Joe, mentre è in procinto di compilare la sua dichiarazione dei redditi, sta considerando la possibilità di mentire sulle sue entrate. L’unica ragione che Joe potrebbe avere per astenersi dall’evadere le tasse sarebbe di tipo prettamente morale. Joe ha quindi una sola possibilità per decidere di non evadere le tasse: egli dovrebbe rivolgere la sua attenzione ai principi morali rilevanti, cosa che può fare volontariamente. Tuttavia, la concentrazione sui valori morali non è una condizione sufficiente della decisione di non evadere le tasse, ne è solamente una condizione necessaria: Joe infatti è un agente indeterministico, che è inclinato ma non determinato ad agire dalle proprie motivazioni psicologiche. L’attore controfattuale, Black, desidera che Joe metta in atto l’evasione: dunque egli si prepara ad intervenire, nel caso rilevi che Joe sta prestando attenzione ai principi morali. In questo caso Black indurrebbe artificialemente la decisione di evadere le tasse mediante un marchingegno telecomandato, che ha installato nel cranio di Joe, all’insaputa di quest’ultimo. Ciò che accade (nella

95 Altri casi di sorte morale nelle conseguenze che non sembrano risolversi alla luce del principio di Zimmerman

sono dati dalle decisioni effettuate in condizioni di incertezza. Nagel propone degli esempi tratti dalla storia politica: i ribelli Decembristi che convincono le truppe a seguirli nel loro tentativo di rovesciare lo zar, oppure le colonie americane che dichiarano la loro indipendenza dall’Inghilterra.

Se i Decembristi fossero riusciti a deporre lo zar nel 1825 essi sarebbero diventati degli eroi; di fatto, poiché il loro tentativo non ha avuto successo, non solo sono stati giustiziati in maniera infamante, ma hanno finito con l’essere responsabili della morte dei soldati che avevano convinti a seguirli. Se invece Wahington Franklin e Jefferson non fossero riusciti a sconfiggere gli inglesi, avrebbero portato la responsabilità per la violenta repressione che sarebbe seguita alla mancata rivoluzione.

In questi casi è comunque possibile, in una certa misura, valutare la decisione che è stata presa ricostruendo il punto di vista degli attori, le informazioni a loro disponibili, etc., ma Nagel osserva che questo non è abbastanza: « [...] when someone acts in such ways he takes his life, or his moral position, into his hands, because how things turn out determines what he has done. » Il principio di Zimmerman stabilisce che i giudizi ipologici devono tenere conto della situazione in cui l’agente credeva di trovarsi al momento della scelta, ai doveri che dunque egli credeva di avere: ma questa valutazione non può farsi quando le persone scelgono pur trovandosi in uno stato di irrimediabile incertezza quanto alle caratteristiche reali della loro situazione, ed ai doveri che possono di fatto avere in relazione ad essa. (Vedi Nagel, Thomas, « Moral Luck », pp. 26-27)

sequenza attuale) è che Joe sceglie di non pensare alla morale, e quindi infine decide di evadere per conto suo.96

Pereboom sosteneva che l’alternativa a disposizione di Joe non è abbastanza robusta: Joe può decidere di prestare attenzione ai valori morali, ma egli non sa che effettuando questa scelta causerà l’intervento di Black, e che dunque eviterà il biasimo per l’evasione fiscale che medita di compiere. Tuttavia, si deve pur ammettere che Joe è a conoscenza del fatto che, scegliendo di pensare ai valori morali, aumenterà le sue chances di non commettere l’evasione. In maniera simile, il camionista negligente sa che, omettendo di far controllare i freni, egli aumenta le probabilità di causare un incidente stradale. Dunque, come il camionista negligente che investe il bambino è moralmente sfortunato, così Joe, se scegliesse di pensare ai valori morali, potrebbe allora dirsi moralmente fortunato nel non rendersi biasimevole per l’evasione.

Il camionista negligente e Joe sono entrambi responsabili per le conseguenze delle loro azioni in quanto hanno avuto un’adeguata possibilità di evitare il biasimo in cui finiscono con l’incorrere. Come osserva giustamente Pereboom, in questo senso la robustezza di un’alternativa è determinata da una componente epistemica. Tuttavia, come si è già osservato, non è detto che una persona, perché si possa dire che ha a sua disposizione un’adeguata opportunità di evitare il biasimo, debba poter prevedere con certezza le conseguenze delle sue azioni.

In conclusione dunque possiamo affermare che la proposta teorica di Zimmerman si è rivelata inesatta. Pace Zimmerman, il biasimo che una persona merita non varia solamente in funzione delle norme morali che essa crede di trasgredire, ma anche in funzione delle conseguenze che la sua azione finisce col provocare. Quindi si rivela inesatta anche la tesi di Frankfurt: ciò che è irrilevante per spiegare perché un’azione è stata compiuta è anche irrilevante per valutare la responsabilità di chi l’ha eseguita. Tuttavia, la falsità di questa tesi frankfurtiana non permette, di per sé, di giungere ad una conclusione in favore del Principio delle Possibilità Alternative.

David Widerker, prima di elaborare la sua versione modificata degli esempi à la Frankfurt ha elaborato un tentativo teorico che va in questa direzione: argomentare, da un punto di vista morale, l’importanza delle alternative d’azione.

96 Pereboom, Derk, « Source Incompatibilism and Alternative Possibilities », in McKenna, Michael, Widerker,