David Widerker ha avanzato una critica agli esempi à la Frankfurt che si presenta come una difesa del loro protagonista, volta a sollevarlo dalla responsabilità per l’azione che egli ha compiuto. Per formulare questa difesa Widerker è disposto ad accordare che le circostanze speciali richieste dagli esempi siano in qualche modo realizzabili: si ammette dunque che Jones (il protagonista) ha agito senza essere causato da fattori che non controllava, e che nondimeno la sua azione era inevitabile. Ma Widerker prende la parola in qualità di difensore di Jones: « Poiché tu, Frankfurt, ritieni che Jones è biasimevole per aver agito come ha fatto, dimmi allora: che cosa avrebbe dovuto fare altrimenti? (What should he have done instead?) Non puoi dire che avrebbe dovuto decidere di non uccidere Smith, perché non poteva farlo; dunque tu non puoi biasimarlo per aver ucciso Smith. »97
Questa che Widerker chiama « What should he have done - defense » si appoggia sulla tesi per cui il biasimo diretto verso qualcuno che non poteva evitare di agire come ha fatto è irragionevole (« unreasonable. ») Quando consideriamo che una persona merita di essere biasimata lo facciamo perché crediamo che, moralmente parlando, non avrebbe dovuto fare ciò che ha fatto. Questa credenza, scrive Widerker, è essenziale alla disapprovazione morale. Se una persona non può compiere il suo dovere, non possiamo ragionevolmente esigere (to expect) da lei che lo compia. Considerare una persona biasimevole perché non ha fatto ciò che non poteva fare è dunque irragionevole, perché lo è l’esigenza morale che intratteniamo nei suoi confronti.
La W-defense suggerisce dunque la seguente condizione generale che regola le ascrizioni di biasimo morale, il Principle of Alternative Expectations:
PAE: Un agente S è moralmente biasimevole per aver fatto A se e solo se nelle circostanze in cui egli ha agito sarebbe stato moralmente ragionevole esigere da S di non fare A.
Si può constatare facilmente che PAE richiede la disponibilità di possibilità alternative, ma d’altra parte si deve notare che PAE ha una portata più generale del Principio delle Possibilità Alternative (PAP: Un agente S è responsabile per aver fatto A se e solo se nelle circostanze in cui egli ha agito poteva evitare di fare A.)
97 Widerker, David, « Blameworthiness and Frankfurt’s Argument Against the Principle of Alternative
Infatti PAE permette di spiegare perché in certi casi esoneriamo dal biasimo delle persone che potevano evitare di compiere la loro azione moralmente sbagliata: ma in questi casi può darsi che esse ignoravano gli elementi della situazione che rendevano scorretta la loro azione (ad esempio, certe sue conseguenze rilevanti); oppure erano prive di competenze morali fondamentali, le quali gli avrebbero permesso di capire che la loro azione era sbagliata, e che dunque non andava eseguita. In tali situazioni rimane vero che non è ragionevole esigere l’esecuzione dell’opzione moralmente opportuna, anche se le persone coinvolte avevano la possibilità di compierla.
La nozione di « esigenza ragionevole » corrisponde a quella di alternativa robusta, che, come si è visto, viene ampiamente utilizzata nel dibattito sulla realizzabilità delle circostanze speciali degli esempi à la Frankfurt: una persona ha a disposizione delle alternative robuste quando si può ragionevolmente esigere che egli le compia. L’alternativa robusta fornisce così un’adeguata opportunità di evitare l’infrazione morale: a questa adeguatezza dell’opportunità disponibile all’agente corrisponde dunque la ragionevolezza dell’esigenza morale che si intrattiene nei suoi confronti. La questione tuttavia si rivela molto più complicata di quanto sembri a prima vista: non si può fare a meno di notare l’ambiguità dell’aggettivo ragionevole, con il quale si potrebbe voler indicare, nel contesto presente, l’irrazionalità di un’esigenza morale, ma anche – anzi soprattutto - la sua ingiustizia.
Lasciando momentaneamente da parte simili problemi, occorre rilevare come Widerker si preoccupi di spiegare perché nelle situazioni speciali degli esempi à la Frankfurt si ha l’intuizione che il protagonista è biasimevole. Quest’apparenza per Widerker può essere dissipata, a patto di distinguere il « biasimo morale » propriamente detto da un altro tipo di valutazione morale negativa, che interviene data l’assenza di scuse esplicative. Quest’ultimo tipo di valutazione si concentra sulle ragioni per le quali una persona si è comportata in un certo modo: si tratta di capire perché un individuo ha compiuto un’azione che appare irregolare, in relazione a certi standards morali. Se egli sapeva che la sua azione avrebbe costituito un’infrazione a certe norme morali, e tuttavia l’ha eseguita intenzionalmente, allora essa non ha scuse: il protagonista degli esempi à la Frankfurt soddisfa appunto queste condizioni.
Ma la prospettiva di Frankfurt sulla responsabilità, per la quale ciò che è rilevante in questo ambito è solo quello che spiega perché un’azione è stata compiuta, secondo Widerker è parziale; la valutazione morale a cui Widerker appunto riserva la designazione appropriata di « biasimo » risponde a due diversi requisiti: 1) la persona ha agito in maniera moralmente
sbagliata e 2) si poteva ragionevolmente esigere da essa di agire in maniera moralmente corretta (come stabilito dal Principle of Alternative Expectations).
Widerker utilizza l’etichetta « F-Blameworthiness » per designare la valutazione morale negativa appropriata in assenza di scuse esplicative. Il protagonista degli esempi à la Frankfurt incorre in questa valutazione negativa, ma non può essere propriamente biasimato nel vero senso della parola, perché non si poteva ragionevolmente esigere che agisse diversamente.
Secondo Widerker, d’altra parte, vi sono casi in cui una persona può essere biasimevole anche senza essere F-biasimevole, cioè anche se essa ha una valida scusa esplicativa a disposizione. Un primo esempio è questo: S ha promesso a suo figlio di andarlo a prendere dopo la partita ma si dimentica di farlo, causando dunque delusione ed una certa tristezza nel pargolo. Si supponga anche che S generalmente è una persona coscienziosa ed affidabile, ma in questa occasione egli si è dimenticato della promessa perché ha ricevuto delle brutte notizie riguardanti la salute di un suo caro amico. Considerando quanto è accaduto noi possiamo dire che S è scusato (dal punto di vista esplicativo): delle gravi preoccupazioni lo hanno distolto dal pensare al suo dovere. Ma d’altra parte – ammesso che S non sia stato letteralmente sconvolto dalle brutte notizie – rimane ragionevole esigere da S che egli compia il suo dovere di padre; e così S infine merita di venir biasimato per non aver mantenuto la sua promessa. Nel secondo esempio fornito da Widerker S è un ufficiale dell’esercito, che sul campo di battaglia si trova circondato dal nemico. S elabora un piano per rompere l’accerchiamento, ma questo piano fallisce a causa di una contro-mossa avversaria, che egli non ha previsto: così metà del suo plotone rimane ucciso. Il tribunale militare indaga sull’accaduto e stabilisce che S è colpevole per il suo errore di valutazione tattica. Come nell’esempio precedente S sembra per un verso scusato per aver causato la morte dei suoi uomini – la situazione che doveva affrontare era molto difficile, e si può ammettere che in essa egli ha cercato di fare del suo meglio. Tuttavia, aggiunge Widerker, il tribunale considera la preparazione di S e la sua esperienza di combattimento e lo condanna, perché sulla base di questi elementi risulta che si poteva ragionevolmente esigere da S l’elaborazione di un efficace piano di ripiego – l’ufficiale dunque non ha fatto del suo meglio.98
Gli esempi di Widerker sono suggestivi, ma a mio parere la comprensione del concetto di esigenza ragionevole rimane problematica. Innanzitutto, occorre rilevare che la differenza tra
98 Widerker, David, « Blameworthiness and Frankfurt’s Argument Against the Principle of Alternative
« F-Blameworthiness » e « biasimo propriamente detto » appare artificiale: nei nostri giudizi ordinari di responsabilità non vi è traccia di una simile distinzione – mentre invece è presente la dualità di scuse e giustificazioni, individuata da Austin, che tratterò più oltre.
La nozione di « F-Blameworthiness » - data dall’assenza di scuse esplicative – è stata coniata per spiegare l’intuizione di colpevolezza prodotta dagli esempi à la Frankfurt. Ma questa intuizione può essere generata dal fatto che gli esempi ammettono la presenza possibile di un flicker of freedom nello scenario alternativo: l’azione rilevante così non è inevitabile. La mia analisi sulla realizzabilità delle circostanze speciali richieste dagli esempi si è appunto conclusa con una presa di posizione scettica riguardo la possibilità di eliminare i flickers – ed al contempo di fare in modo che l’azione rilevante non sia causata da fattori che il protagonista non controlla.
Infine, gli esempi di Widerker hanno una caratteristica particolare: essi chiamano in gioco delle persone che ricoprono un ruolo – quello di padre e quello di ufficiale. Ruoli sociali o istituzionali di questo tipo implicano l’assunzione di certe responsabilità, secondo degli standards morali molto elevati. È proprio in ragione di questi standards che si può ragionevolmente esigere dal padre che si ricordi della promessa fatta al figlio (nonostante lo sconvolgimento emotivo), e dall’ufficiale che porti in salvo i propri uomini (nonostante le difficoltà sul campo di battaglia).
Queste osservazioni ci rimandano ad un aspetto delle questioni di responsabilità che non è stato ancora trattato. Per indicare questo aspetto si potrebbe parlare di responsabilità sostanziale, distinguendo quest’ultima dalla responsabilità attributiva. Quest’ultima entra in gioco quando si tratta di stabilire quali motivazioni hanno spinto una persona ad agire, oppure quali conseguenze sono derivate dalle sue azioni.
La responsabilità sostanziale invece entra in gioco quando bisogna capire quali doveri (o quali obblighi) una persona è tenuta a soddisfare. Ciò può variare, appunto, in funzione dei ruoli che una persona occupa: questi ruoli, spesso, sono anzi definiti a partire dai doveri specifici che li accompagnano. La colpa o il merito delle persone risultano da una combinazione di questi due aspetti: come si è visto negli esempi sopra discussi, una dimenticanza o una negligenza possono costituire una colpa lieve per certi individui, oppure una colpa grave per persone che sono sottoposte a particolari obblighi (si pensi alla relazione tra padre e figlio.) Gli esempi à la Frankfurt e la discussione che essi hanno generato risultano carenti per quanto riguarda l’aspetto della responsabilità sostanziale. Si consideri un’ultima volta la tesi di Frankfurt: ciò che è irrilevante per spiegare perché una persona ha compiuto una certa azione è anche irrilevante per valutare la sua responsabilità. Questa tesi costituisce un’interpretazione
della rationale sottesa ai giudizi di responsabilità: ma in realtà essa delimita l’ambito della responsabilità attributiva (quali intenzioni si possono attribuire alla persona?), e lo separa – artificiosamente, verrebbe da dire – dall’ambito della responsabilità sostanziale.
Eppure, come si può intravedere nella discussione del concetto di esigenza ragionevole, questo tema sembra aver una grande interesse, al fine di stabilire l’importanza delle possibilità alternative d’azione. Tuttavia l’analisi di questa importanza, dal punto di vista della responsabilità sostanziale, cambia radicalmente aspetto.
Nel caso del padre e dell’ufficiale si può ragionevolmente esigere che essi facciano degli sforzi per sormontare delle evenienze che diminuiscono il controllo sul proprio comportamento e sugli effetti di quest’ultimo. In questo senso, per giudicare la responsabilità delle persone, si tratta di stabilire che tipo di sforzo o che tipo di capacità esse hanno « il dovere » di esercitare. La ragionevolezza di un’esigenza, dunque, non si stabilisce capendo cosa le persone possono fare, ma piuttosto stabilendo che cosa esse devono fare.
Questa dinamica si può vedere all’opera anche nei casi di ignoranza, che Widerker richiama nella sua analisi. Egli afferma che da una persona all’oscuro di alcuni aspetti della situazione non si può ragionevolmente esigere che eviti di compiere una certa azione. Innanzitutto, non bisogna dimenticare che l’ignoranza determina anche delle questioni di responsabilità attributiva: ad una certa persona non si può attribuire un’intenzione malvagia perché non sapeva quello che stava facendo.
Ma l’ignoranza può anche essere colpevole: si tratta dei casi in cui, appunto, si può ragionevolmente esigere da una persona che faccia più attenzione a quello che fa, oppure che si informi prima di intraprendere una certa iniziativa – si tratta ancora, quindi, di stabilire quali sforzi o quali precauzioni una persona deve adottare. Dunque, in conclusione, si può dire che il concetto di esigenza ragionevole non riguarda delle questioni di fatto riguardo le capacità o le possibilità disponibili ad una persona: piuttosto, essa riguarda delle questioni normative riguardo gli standards che il comportamento di qualcuno deve soddisfare.
Per trattare questi aspetti occorre analizzare i giudizi ordinari di responsabilità morale, valutando l’aspetto causale che essi implicano insieme all’aspetto normativo. Inizieremo un simile percorso nel capitolo seguente, analizzando l’approccio di Peter Frederick Strawson.
III. RESPONSABILITÀ MORALE ED ATTEGGIAMENTI REATTIVI.