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Coscienza di immagine e immaginazione

2. Temporalità e genes

2.5 Coscienza di immagine e immaginazione

Prima delle lezioni del semestre 1904-1905, già nel 1900-1901, Husserl avvia un’importante analisi volta a mettere in luce quelle differenze sostanziali, che verranno pienamente illustrate solo negli anni 1904-1905, tra percezione e coscienza di immagine. Nelle Ricerche logiche, la critica alla concezione, precedentemente illustrata, della percezione come coscienza di immagine, conduce Husserl a mettere in evidenza le differenze essenziali che intercorrono tra queste. L’elemento essenziale che differenzia quest’atti risiede nell’intenzionalità.

Prendiamo come esempi guida la percezione di una mela e la percezione dell’immagine di una mela. Nel primo caso, nel caso della percezione esterna, l’intenzionalità è diretta verso il suo oggetto (la mela) la cui caratteristica essenziale, lo ricordiamo, è quello di offrirsi con il carattere del qui e ora in carne ed ossa. Nel

124 E. Husserl, Zur Phänomenologie des Inneren Zeitbewusstseins: 1893/1917, Hgg. V. Rudolf

Boehm, Martinus Nijhoff, The Hague, 1966, trad.it. a cura di A. Marini, Per una fenomenologia della coscienza interna del tempo (1893-1917), Franco Angeli s.r.l., Milano 2001, p.46 nota 6.

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caso della coscienza di immagine invece, l’intenzionalità è diretta, poniamo, verso un disegno della mela, dunque verso una sua rappresentazione. In questo caso, pertanto, l’immagine è appresa come rappresentante di qualcosa a cui questa rimanda.

Le analisi che Husserl conduce in questa Quinta ricerca non giungono oltre l’obiettivo prefissato di liberare la nozione di percezione dall’idea di percezione come coscienza di immagine. Ciò che rimane in questa sede lasciato a margine, ma che sarà invece pienamente esplorato a partire dal 1904, è la relazione tra oggetto rappresentato e rappresentante.

L’immagine, in questi anni, è pensata come un oggetto percettivo in cui è intrinseco il rimando ad altro da sé.

L’oggetto percettivo immagine si scopre stratificato. Questo è composto da: • Un immagine-cosa (l’oggetto in carne ed ossa, una cosa tra le altre) • Un oggetto-immagine (la raffigurazione, il disegno della mela) • Un soggetto dell’immagine (ciò che è rappresentato nell’ oggetto-

immagine)

La percezione dell’immagine così si struttura per gradi. In un primo momento la mia intenzione è diretta all’immagine-cosa come sostrato materiale. Realizzata questa percezione mi è possibile cogliere all’interno di questo primo oggetto un oggetto-immagine la cui natura peculiare non gli consente né di sussistere come un semplice oggetto percettivo, come nel caso dell’immagine-cosa, né come soggetto dell’immagine in esso rappresentato. L’oggetto immagine si offre così con il carattere della finzione, una finzione, però, non assimilabile alle finzioni percettive

81 dell’illusione.

Nel caso di un’illusione percettiva infatti, l’oggetto è percepito come esistente in carne ed ossa. Si prenda ad esempio l’illusione percettiva di un’oasi nel deserto; io vedo, percepisco come esistente, qualcosa che difatti non esiste.

Differente è dunque il tipo di finzione propria dell’oggetto-immagine: questo porta con sé la caratteristica dell’irrealtà. Ciò che avviene, in presenza di un oggetto che si presenta con tale caratteristica, sostiene de Warren, è che la coscienza “de-temporalizza” l’oggetto immagine, modifica la forma temporale del modo di datità dell’oggetto immagine125. L’oggetto immagine, nella sua funzione

di rappresentante, è percepito con il carattere dell’irrealtà, come se, appunto, esibisse nell’ora qualcosa che non-è-ora. Ciò si realizza all’interno della percezione attuale dell’immagine-cosa generando un conflitto interno alla stessa coscienza. In uno stesso momento, infatti, ho coscienza di un’immagine-cosa come realmente presente in carne ed ossa e una percezione di un oggetto-immagine come “irrealtà” o finzione. La coscienza di immagine sarà allora definita da Husserl come coscienza d’alterità e si fonderà su un fenomeno di raddoppiamento di coscienza.

Mentre per la coscienza di immagine si parla di uno sdoppiamento della coscienza che entra in conflitto con se stessa e che ha luogo nell’incontro dell’irrealtà dell’oggetto immagine con la realtà dell’immagine-cosa come oggetto tra gli altri, l’immaginazione non presenta questa stessa forma di duplicità. Coscienza di immagine e immaginazione convergono, invece, nel presentare una caratteristica essenziale condivisa: entrambe sono coscienza di alterità.

125 Nicolas de Warren, Husserl and the promise of time, Cambridge University Press, New York

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Nel caso dell’immaginazione l’alterità di cui si parla sembra presentarsi in una forma più radicale di quella che è presente nella coscienza di immagine. Vediamo in che modo.

L’atto immaginativo, ad esempio, che ha come oggetto un unicorno non si basa su nessun elemento percettivo realmente presente, come nel caso della coscienza di immagine, al contrario qui il nesso con il presente sembra essere del tutto assente. Se ci soffermiamo sull’intenzionalità dell’atto immaginativo, possiamo constatare come questo assuma le caratteristiche di un atto apprensionale oggettivante, in cui però, a differenza della percezione, l’oggetto viene inteso come irreale. Il carattere dell’irrealtà presentato dall’oggetto immaginativo, dato nella coscienza intuitiva dell’atto d’immaginazione, è tale per cui l’oggetto in questione non viene semplicemente inteso come “non attualmente presente” ma come qualcosa che “non potrebbe mai essere attualmente presente”.

Poniamo ad esempio il caso in cui fantastichiamo di trovarci ad un concerto,

e immaginiamo di ascoltare la Sonata a Kreutzer. In questo caso non percepisco

effettivamente le note nella loro successione, ma immagino di sentire la melodia della Sonata a Kreutzer.

Come precedentemente osservato, sul versante noematico

dell’intenzionalità dell’atto immaginativo, l’oggetto è inteso con il carattere dell’irrealtà. Per quanto riguarda l’aspetto noetico, invece, la coscienza subisce ciò

che Husserl denomina modificazione riproduttiva e che consiste nell’ attuare una

forma di riproduzione della propria attività percettiva. Questa forma di coscienza non viene riprodotta nella sua invarianza, ma, al contrario, a questa si aggiunge il carattere del “come-se”. Per cui potremmo dire che sul versante noetico si realizza

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una coscienza del “come-se stessi percependo”, ora, la Sonata a Kreutzer. La coscienza riproduce la propria attività percettiva senza però credere di esperire qualcosa di reale; questa esperienza prodotta non viene posta come esperienza effettiva.

L’immaginazione è, appunto, una modificazione sostanziale e complessiva della coscienza, all’interno della quale è la presenza-a-sé a venire modificata: il suo carattere di coscienza, di esperienza vissuta, viene ricostruito in una forma differente di temporalità […] L’atto viene esperito come non- attualmente-presente, la coscienza stessa è data a se stessa come non-presente, nella modalità specifica dell’irrealtà.126

I risultati di queste analisi permettono la separazione dell’immaginazione o fantasia, dalla coscienza di immagine. Sebbene questa fondamentale distinzione permetta a Husserl di separare l’atto percettivo tanto dalla coscienza d’immagine quanto dalla fantasia, e la memoria dalla coscienza d’immagine127, non è ancora in

grado di legittimare la distinzione tra memoria e immaginazione.

126 Nicolas de Warren, Husserl and the promise of time, Cambridge University Press, New York

2009, trad it. S. Vicini, Husserl e la promessa del tempo, Edizioni ETS, Pisa 2017, p.145

127 «La teoria delle immagini della memoria […] presuppone quella coscienza del passato che

dovrebbe spiegare: riconoscere un’immagine come la copia di un evento passato presuppone che possa identificare quell’evento come passato in modo da riconoscere questa immagine come un’immagine di quell’evento in quanto passato. […] Come riconosce Husserl, la memoria non è una coscienza di immagine» Nicolas de Warren, trad.it. N. Scapparone, Tempo e memoria in Agostino e Husserl, in La realtà del pensiero. Essenze, ragione, temporalità i in Platone, Hegel e Husserl, a cura di A. Ferrarin, Edizioni ETS, Pisa 2007, pp.134-135.

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