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Ritenzione, presentazione originaria e protenzione

2. Temporalità e genes

2.8 Ritenzione, presentazione originaria e protenzione

Nelle lezioni sulla temporalità del 1905 e nei manoscritti di Seefeld, la modificazione temporale, essendo pensata unicamente a partire dalla nozione di ritenzione, viene descritta come un defluire: l’impressione originaria costantemente rinnovantesi defluisce nella coscienza ritenzionale. Sebbene introdotto da Husserl già prima dei Bernauer Zeitmanuskripte del 1917, è solo in questa sede che il termine protenzione diviene un concetto operativo nelle analisi sulla temporalità. Ciò renderà possibile concepire la modificazione temporale non unicamente nella forma di un defluire ma anche nel senso di un fluire.

Tra le trasformazioni concettuali più significative che vengono realizzate da Husserl nei manoscritti del 1917, insieme e strettamente connessa a quella di protenzione vi è quella di impressione originaria. Questo termine viene sostituito con espressioni tra loro equivalenti quali nucleo originario, fase originaria o

presentazione originaria.

L’impressione originaria, fino agli ultimi anni del primo decennio del Novecento, è descritta come la fonte di pienezza intuitiva o anche come quella «forma temporale della sensazione che emerge nella coscienza per la prima volta e con il carattere di qualcosa di assolutamente nuovo e singolare».139 La

presentazione originaria invece, pur mantenendo la caratteristica della pienezza intuitiva, viene pensata non più come punto di insorgenza di un che di assolutamente nuovo ma come una un riempimento intuitivo di un’intenzione

139 R. Bernet, Is the Presente ever present? Phenomenology and metaphysics of presence in

Research in Phenomenology 12/1982 pp.85-112; ora in Edmund Husserl. Critical Assessments of Leading Philosophers, R. Bernet, D. Welton, G. Zavota (eds.) Vol. III, Routledge, New York 2005 pp. 283-284.

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rivolta al futuro. Ogni fase ora è così tripartita in:

• una coscienza ritenzioinale di una presenza originaria appena decorsa

• una presenza originaria come grado massimo di riempimento intuitivo di un’attesa primaria

• una coscienza protenzionale come intenzione rivolta al riempimento intuitivo.

Alla luce della funzione costitutiva della protenzione che va delineandosi in questi anni, Husserl rielabora il suo diagramma del tempo. Come per le precedenti

versioni, l’asse orizzontale, la retta E1- En nella figura a seguire, indica la successione

delle fasi-ora dell’oggetto temporale.

Il segmento verticale E12– E2 – E31, invece, rappresenta la struttura tripartita dalla

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protenzione. Nella fase-ora E3, contemporaneamente al riempimento intuitivo

della protenzione E41, ha luogo uno svuotamento intuitivo in E23.

Se la presentazione originaria costituisce il massimo riempimento intuitivo, tanto la coscienza ritenzionale quanto quella protenzionale sono caratterizzate da una vuotezza intuitiva. Mentre però, come osservato, nel caso della ritenzione si parla di una contro-intenzionalità che da una pienezza intuitiva conduce a uno svuotamento, nel caso della protenzione l’intenzionalità si muove in direzione di un riempimento. Il ruolo costitutivo della protenzione emerge non appena si guarda alla presenza originaria come forma di saturazione di un intendere vuoto.

La protenzione nella sua funzione anticipatrice si dimostra essere di primaria importanza per la costituzione dell’esperienza percettiva in quanto costituisce la condizione del coglimento intuitivo della fase originaria140.

Avendo così riformulato l’articolarsi della fase-ora, Husserl deve constatare che in ogni punto del decorso percettivo è presente una direzione intenzionale141;

infatti, come appena illustrato, la presentazione originaria non è un semplice farsi avanti del dato di sensazione che solo ad opera dell’apprensione acquisisce una direzione intenzionale, ma un riempimento di una direzione intenzionale motivata dalla stessa struttura del decorso temporale percettivo142.

L’analisi formale della struttura temporale costitutiva dell’atto percettivo, fin

140 «Il soggetto che non riesce a guardare in avanti, a svincolarsi almeno in parte dall’assolutezza del

dato attuale, o meglio, che non riesce a scorgere, nel dato attuale, gli orizzonti vuoti del suo sviluppo futuro, si preclude la possibilità stessa di un presente pieno. L’anticipazione esercitata dalla protenzione fa infatti parte integrante della concretezza della datità attuale.» A. Pugliese, Unicità e relazione. Intersoggettività, genesi e io puro in Husserl, Mimesis, Milano- Udine 2009, pp.266- 277.

141 Come cercheremo di illustrare nel prossimo capitolo, questo punto sarà decisivo per il

ripensamento del dato iletico come neutrale dal punto di vista temporale e intenzionale.

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ora discussa, non consente una comprensione completa del modo in cui è possibile per un soggetto percepire, al variare delle manifestazioni, un medesimo oggetto percettivo. Intendere pienamente la funzione costitutiva di ritenzione e protenzione sarà possibile solo con la presa in esame della dimensione contenutistica della percezione. Ciò non si realizzerà prima degli anni Venti quando avrà luogo la svolta genetica della fenomenologia husserliana che permetterà l’avvio e lo sviluppo di una fenomenologia dell’associazione.

§ 2.9 Fenomenologia genetica

Tra le questioni di metodo più significative della fenomenologia di Husserl, vi è quella del passaggio dal metodo fenomenologico statico a quello genetico, realizzato intorno agli anni Venti. Alla luce del compimento di questa svolta, la fenomenologia sembra mostrare ciò che Husserl, nel manoscritto AV3, datato 1933, definisce duplice aspetto143.

Tra allievi e studiosi di Husserl questa duplicità della fenomenologia è stata spesso motivo di incomprensioni che hanno condotto ad una polarizzazione dell'interesse di alcuni tra questi per lo Husserl della fenomenologia statica e di altri per quello successivo alla svolta genetica, quasi come se il secondo rappresentasse un superamento e un abbandono del primo.

143 C. Sini, Prefazione, in E. Husserl, Metodo fenomenologico statico e genetico, a cura di M.

Vergani, Gruppo editoriale il Saggiatore S.p.A., Milano 2003, p.9 (testo originale: E. Husserl,

Statische und genetische phänomenologische Methode-Phänomenologie der monadischen Individualität und Phänomenologie der allgemeinen Möglichkeiten und Verträglichleiten von Erlebnissen. Statische und genetische Phänomenologie – Die intersubjektive Gülitigkeit phänomenologischer Wahrheit – Statische und genetische Phänomenologie. Die Heimwelt und das Verstehen der Fremde. Das Verstehen der Tiere).

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Solo avviando un’analisi della svolta genetica volta a mettere in evidenza come questa rappresenti un passaggio necessario in assenza del quale sarebbe venuta meno la completezza della fenomenologia husserliana e non un repentino cambio di prospettiva, è possibile superare una simile dicotomia interpretativa.

Nel suo saggio introduttivo a Metodo fenomenologico statico e genetico144

Mario Vergani, nel tentativo dichiarato di colmare le lacune interpretative che hanno condotto all'incomprensione di questo passaggio, sostiene l'urgenza di contestualizzare il senso del termine genesi all'interno dell'orizzonte culturale di fine Ottocento e inizio Novecento.

Come abbiamo già avuto modo di osservare, in questo periodo il dibattito filosofico è orientato attorno alla problematica psicologico- genetica. Prima degli anni Venti lo stesso Husserl utilizza l’aggettivo genetico esclusivamente in relazione all’origine piscologica dei vissuti. La psicologia si occupa di questioni genetiche, la fenomenologia delle oggettualità già costituite e della relazione che tra di esse sussistono. Quest’ultima, denominata fenomenologia statica, si basa sul metodo della variazione eidetica che conduce all’identificazione delle forme essenziali della coscienza indipendentemente dalla loro modalità di realizzazione.

Le analisi sulla dimensione temporale, però, conducono Husserl a prendere atto del fatto che l’oggetto noematico si costituisce a partire dalla stessa modificazione temporale che costituisce il flusso coscienziale. Lo stesso eidos che

144 M. Vergani, Saggio introduttivo in E.Husserl, Metodo fenomenologico statico e genetico,

Gruppo editoriale il Saggiatore S.p.A., Milano 2003 (testo originale: E. Husserl, Statische und genetische phänomenologische Methode-Phänomenologie der monadischen Individualität und Phänomenologie der allgemeinen Möglichkeiten und Verträglichleiten von Erlebnissen. Statische und genetische Phänomenologie – Die intersubjektive Gülitigkeit phänomenologischer Wahrheit – Statische und genetische Phänomenologie. Die Heimwelt und das Verstehen der Fremde. Das Verstehen der Tiere).

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guida la fenomenologia statica, pertanto, si offre come una datità di cui posso aver coscienza solo in un decorso temporale. L’obbiettivo che Husserl si pone già a partire dalle Ricerche logiche di comprendere la legalità del dualismo tra essenza pura come idealità sovratemporali e giudizio categoriale come atto di una soggettività temporalmente definita, trova ora, alla luce delle chiavi interpretative acquisite dalle analisi sulla temporalità, una nuova possibilità di conseguimento. La scoperta di una dimensione pre-riflessiva con la sua funzione costitutiva, infatti, pone le condizioni per poter pensare ad una coscienza che già prima di fungere attivamente negli atti costitutivi «è implicata in una sorta di attiva passività, se così si può dire, cioè in un fungere oscuro e inconsapevole».

Le analisi eidetico-statiche condotte in Idee I, come possiamo ricordare, trovano la loro validità nella limitazione ad una dimensione della temporalità già costituita. Questo vuol dire che sono valide quando hanno a che fare con una coscienza già costituita che negli atti intenzionali si rapporta al noema secondo delle modalità altrettanto costituite. «Noi dobbiamo dunque sì partire, come fa l’analisi statica, dalla percezione che abbiamo in quanto adulti, ma questo deve essere considerato come uno stadio preliminare delle analisi, necessario per poterci poi chiedere attraverso quali processi essa si sia costituita, e dunque che cosa la rende legittima»145.

È proprio la domanda sulla legittimità che orienterà l’analisi fenomenologico-genetica e che farà sì che questa possa costituirsi nella sua differenza dall’indagine genetica in senso piscologico. Mentre quest’ultima si basa

145 V. Costa, Elio Franzini, Paolo Spinicci, La fenomenologia, Giulio Einaudi editore s.p.a.,

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sulle leggi della causalità che orientano le scienze della natura, la fenomenologia genetica si baserà sulla nozione di motivazione, o meglio, come ampiamente discusso nel secondo capitolo della sezione terza di Idee II, sulla nozione di causalità motivazionale.

Una volta riconosciuta la possibilità di una genesi fenomenologica Husserl distingue una genesi attiva da una genesi passiva. Nel caso di nuove costituzioni a partire da oggettualità già costituite, per esempio «nel mettere insieme l’insieme, nel numerare il numero, nel ripartire la parte, nel predicare il predicato»146, si ha a

che fare con un’analisi genetica. Questa genesi però, in cui l’io, impegnato in specifici atti147, funge attivamente nella produzione di queste nuove oggettualità,

«presuppone necessariamente come grado inferiore una passività che determina la datità seguendo la quale noi ci imbattiamo nella costituzione secondo genesi passiva»148. Gli atti in cui «l’io funge come costitutivo»149, le apprensioni attive,

possono realizzarsi solo sulla base di qualcosa che si offre come già dato. Questo vuol dire che vi deve essere una sintesi passiva che rende possibile un già-dato come materia sulla quale l’apprensione attiva può dirigersi.

Quel che nella vita ci si presenta come bell’e pronto, come mera cosa esistente […] è ciò che è dato nell’originarietà del se stesso nella sintesi dell’esperienza

146 Edmund Husserl, Cartesianische Meditationen und Pariser Vortäge, Kluwer Academic

Publischers B.V. 1950, trad. it. a cura di Filippo Costa, Meditazioni Cartesiane con l’aggiunta dei discorsi parigini, Bompiani, Bergamo 2002, pp.102-103.

147 Si trovano qui tutte le operazioni della ragione pratica nel senso più ampio. In tal senso anche la

ragione logica è pratica. Il fatto caratteristico è qui che gli atti-d’-io si collegano tra di loro in una comunità sociale (il cui senso trascendentale dovrebbe essere prima stabilito), unendosi in sintesi diverse di attività specifica e costituiscono originariamente nuove oggettività sul fondamento di oggetti preesistenti dati (nei modi di coscienza che costituiscono le pre-datità). Ibidem

148 Ibidem. 149 Ibidem.

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passiva. Come tale, questa cosa è presupposta alle attività spirituali che iniziano con l’apprensione attiva.150

Come si vedrà nel dettaglio nelle Lezioni sulle sintesi passive, oggetto del prossimo capitolo, la legalità universale della genesi passiva che rende possibile le pre-datità verso cui l’io fungente si dirige con le sue apprensioni attive, risiede nell’associazione quale forma di espressione della intenzionalità151.

150 Ibidem. 151 Ivi, p.104.

100 3 – Dati iletici e sintesi passive. Le unità sensibili

§ 3.1 Ricapitolazione

Con le analisi della coscienza interna del tempo Husserl approda ad un’idea di sintesi temporale ormai lontana da quella di operazione del giudizio. La struttura sintetica della temporalità, fin ora illustrata, rappresenta una condizione necessaria per la realizzazione di una qualsiasi esperienza. Se, infatti, ogni istante temporale fosse una coscienza a se stante, privo di qualsiasi tipo di relazione con gli istanti precedenti e successivi, è evidente non solo che non si riuscirebbe ad avere un’esperienza di un medesimo oggetto percettivo, ma anche che, inevitabilmente, verrebbe a mancare una vita di coscienza unitaria.

Come abbiamo visto, perché un’esperienza in generale sia possibile, ogni nuova presentazione originaria deve contemporaneamente sfumare in una coscienza ritenzionale e attendere, nella forma di una coscienza protenzionale, un nuovo riempimento. Ogni momento del flusso temporale è dunque collegato immediatamente o mediatamente agli altri. Questa struttura delle temporalità immanente fa sì che ciascun vissuto, tanto in sé quanto in rapporto agli altri, sia ordinato in base alle forme dell’anteriorità, della contemporaneità e della successione.

Nella coscienza del tempo non ha luogo solo la sintesi temporale che si realizza nel fluire di una protenzione riempita, e quindi divenuta presentazione originaria, in una coscienza ritenzionale, ma anche un ordinamento dei contenuti

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nella forma della successione. Indipendentemente dalla loro natura contenutistica, infatti, i contenuti immanenti passati mantengono la loro posizione temporale proprio nello stesso modo in cui, come precedentemente osservato, un oggetto mantiene la sua posizione nello spazio quando io mi allontano da questo. Dunque, nella coscienza originaria del tempo i vissuti non solo si realizzano nella sintesi temporale, ma ottengono anche una individuazione temporale.

Con quest’ultima forma di ordinamento appartenente alla coscienza interna del tempo, proviamo ora ad esporre sinteticamente i risultati, utili per le ricerche sulla percezione, ottenuti dall’analisi della temporalità quale forma di ogni possibile esperienza.

Avevamo osservato che la percezione di un oggetto temporale è un deflusso reso possibile da un costante e contemporaneo riempimento e svuotamento di intenzioni. Pertanto, se ogni «fase momentanea della percezione è dunque in se stessa una struttura di intenzioni parzialmente piene e di intenzioni parzialmente vuote»152, come già sostenuto, possiamo asserire che ogni punto del decorso

temporale di un atto percettivo è percorso da intenzioni. Questo dato assieme a quello appena acquisito relativo alla individuazione temporale che ottengono i contenuti iltetici nella coscienza ritenzionale, rende possibile una messa in discussione dell’idea di dato iletico: questo non può più essere concepito come neutrale né da un punto di vista intenzionale né da un punto di vista temporale. Non essendo più considerata morta materia in attesa di essere messa in forma dall’apprensione, la hyle nel suo ottenere una individuazione temporale nel decorso

152 E. Husserl, Analysen zur Passiven Synthesis. Aus Vorlesungs und Forschungsmanuskripten

1918-1926, (in E Hussel, Husserliana, Band XI, herausgegeben von Margot, Fleischer, pp.3-222, Martinus Nijhoff, Den Haag 1966), trad. it a cura di V. Costa, Lezioni sulla sintesi passiva, Editrice La Scuola, Brescia, 2016, p.80

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percettivo contribuisce alla costituzione dell’oggetto intenzionale il cui ingresso nelle indagini fenomenologiche, proposto già nelle cinque lezioni del 1904- 1905153, trova a questo punto piena legittimazione.

La sintesi temporale è senz’altro una condizione necessaria per una possibile costituzione di un vissuto percettivo, eppure questa non è sufficiente. Entrando ancora più a fondo nella struttura dell’atto percettivo in occasione di alcuni corsi sulla logica, tenuti tra il 1920 e il 1926154, emergerà, per Husserl, l’esigenza di

volgere il focus delle analisi sul versante contenutistico dell’esperienza percettiva. È in queste lezioni che sarà trattato il tema delle sintesi associative, oggetto questo di una regione della fenomenologia denominata fenomenologia delle associazioni che trova la possibilità di un pieno sviluppo solo negli anni ’20.